di Mattia Ferraresi
Thiel Equipara la teologia alla politica
“Non immanentizzate il katechon” era lo slogan stampato sulle magliette distribuite durante le lezioni di Peter Thiel a Oxford. In parte scherzo privato, in parte serio monito, la frase gioca sull’affermazione anti-utopica del filosofo politico Eric Voegelin: “Non immanentizzate l’eschaton”. Voegelin utilizzava la teologia cristiana per mettere in guardia dai tentativi utopistici di creare il paradiso (eschaton) sulla terra: le speranze trascendenti non dovrebbero diventare programmi politici. Per Thiel, un pericolo simile risiede nell’immanentizzare il katechon, un potere che tiene a bada l’Apocalisse.

Forza misteriosa dell’escatologia cristiana, il katechon non dovrebbe essere trattato come qualcosa di storico che può essere individuato, identificato e controllato.
Letteralmente «colui che trattiene», deriva dalla seconda lettera di Paolo ai Tessalonicesi, in cui allude al fatto che la comunità sa
«ciò che ora lo trattiene, affinché sia rivelato quando verrà il suo momento».
Una forza tratterrà l’ascesa dell’Anticristo prima del ritorno di Cristo e del giudizio finale. Ma il trattenimento è solo temporaneo, poiché
«il mistero dell’illegalità è già all’opera, ma solo fino a quando colui che ora lo trattiene sarà rimosso».
Il katechon ha affascinato teologi e pensatori politici per secoli. Questa figura o potere misterioso è stato interpretato in vari modi nel corso della storia, riflettendo spesso le ansie e le speranze delle diverse epoche.
Si tratta di una singola persona? Di un governo? Di un’istituzione? Di un potere spirituale che agisce attraverso la storia?
La battaglia che combatte è politica o di fede?
Il primo scrittore cristiano Tertulliano identificò il katechon con l’Impero Romano, considerando la sua autorità imperiale come un baluardo contro il caos e l’ascesa dell’Anticristo.

Secoli dopo, Martin Lutero suggerì che potesse essere la Chiesa istituzionale stessa, che paradossalmente preservava l’ordine sociale anche se ne criticava la corruzione. Ma la Chiesa cattolica finì per condannare i tentativi di identificare il freno con una struttura politica.
Nel pensiero più recente, il katechon è spesso inteso meno come un’istituzione politica concreta e più come un principio metafisico o culturale, una forza che resiste alla dissoluzione, al caos e all’insensatezza di un mondo secolarizzato.
Il filosofo Nikolai Berdyaev interpretò il katechon come la stessa cultura cristiana, mentre lo storico della religione rumeno Mircea Eliade vide il katechon nelle strutture tradizionali del tempo sacro e del mito, che secondo lui trattenevano il mondo moderno dalla deriva verso il relativismo storico e la disperazione esistenziale.
Ora Thiel sta raccogliendo il testimone. L’imprenditore tecnologico di origine tedesca con sede nella Silicon Valley, cresciuto evangelico ma che descrive le sue opinioni religiose come “un po’ eterodosse”, ha esplorato queste questioni in quattro conferenze private tenute finora a Oxford, Harvard e all’Università di Austin. I discorsi sono stati modellati sui quattro sermoni sull’Anticristo che John Henry Newman tenne negli anni ’30 dell’Ottocento, prima di convertirsi al cattolicesimo. L’evento era rigorosamente su invito e agli ospiti è stato chiesto di non parlare pubblicamente di ciò che è stato detto, anche se Thiel ha occasionalmente accennato ai temi trattati in alcune interviste.
Recentemente ha discusso alcune delle sue intuizioni con il giornalista del New York Times Ross Douthat.
“Thiel sta lottando per il ritorno del pensiero apocalittico”.
Il fascino di Thiel per il katechon lo pone in dialogo con Carl Schmitt. Per il giurista e teorico politico tedesco, esso poteva e doveva essere identificato nella storia. In questo modo, Schmitt “immanentizzò” il katechon, credendo che dovesse assumere una forma concreta. La sua paura dell’illegalità e del disordine predetti dalle Scritture lo portò a una conclusione agghiacciante: che il regime nazista, nonostante tutti i suoi mali, potesse essere stato un baluardo contro qualcosa di ancora peggiore. Il Terzo Reich, ai suoi occhi, tratteneva minacce di caos ancora più grandi, come il bolscevismo o il crollo dell’ordine europeo. Credeva che il regime incarnasse un’autorità politica decisiva, capace di resistere alla disintegrazione della sovranità statale e all’ascesa di un liberalismo tecnocratico senza confini.
Thiel è in sintonia con questo paradosso. Per lui, il katechon e l’Anticristo non sono opposti assoluti. Il freno, suggerisce, rischia sempre di diventare ciò che cerca di trattenere. Quando glielo chiedo su Zoom, mi risponde che «il katechon è puramente difensivo e quindi in qualche modo inadeguato» a adattarsi alle varie strutture di potere che nella storia hanno rivendicato un ruolo katechontico. Egli sottolinea come le forze cristiane, come il Sacro Romano Impero, si considerassero più che semplici forze passive di contenimento, ma piuttosto interpreti attivi di una visione salvifica. Una volta esaurito il suo ruolo storico, la forza protettiva può mutare in qualcosa di completamente diverso. Dopo tutto, l’Impero Romano è stato, in momenti diversi, sia persecutore che difensore dei cristiani. Nerone, uno dei grandi persecutori dei cristiani, era un imperatore romano proprio come Costantino, che fece del cristianesimo la religione di Stato. Il mentore di Thiel, René Girard, vedeva chiaramente questa ambiguità:

“Cristo e l’Anticristo sono mescolati e concomitanti fino al raggiungimento dell’Apocalisse, il momento della rivelazione e della decisione”.
Questa tensione attraversa la visione del mondo di Thiel.
Nella nostra conversazione, ha tracciato il ruolo del katechon nella politica del XX secolo.
«Dopo il 1948, Carl Schmitt ha faticato a identificare un katechon nella storia»,
mi ha detto Thiel. A suo avviso, le forze che tenevano lontano il comunismo e il liberalismo secolare erano sfuggenti.
«La mia risposta provvisoria per il periodo 1949-1989 è l’anticomunismo, che ha unito la coalizione di Reagan composta da sacerdoti, generali e milionari contro l’ideologia del comunismo mondiale»,
ha continuato Thiel. Ma dopo la fine della Guerra Fredda, hanno dovuto fare una scelta:
«fare i bagagli e tornare a casa, oppure promuovere il “Nuovo Ordine Mondiale” di George Bush Sr.: l’anticomunismo in un mondo senza comunisti».
La coalizione anticomunista doveva diventare qualcosa di nuovo.
Il potere emerso per frenare il male è così diventato un potere creativo, una tentazione sperimentata da molte forze un tempo considerate impeditori del male. Dopo la Guerra Freda, le forze anticomuniste hanno preso strade diverse. Gli internazionalisti liberali e una parte dei reaganiani hanno rifondato il progetto globalista, mentre la Democrazia Cristiana si è svuotata dall’interno.
“La democrazia cristiana si è trasformata in qualcosa che non è né cristiana né democratica”,
afferma Thiel.
“Quando Angela Merkel è salita al potere nel 2005, la CDU è diventata come KFC [Kentucky Fried Chicken NdT] : hanno smesso di usare il nome completo, solo l’acronimo. Con il cambio di nome, i democratici cristiani hanno perso la loro anima”.
Ciò che per un certo periodo era sembrato un katechon si è rivelato alla fine il suo opposto.

E l’Anticristo? Raramente presentato come una figura apertamente diabolica dedita alla distruzione, l’Anticristo appare come una presenza unificante e irresistibile. Il filosofo russo Vladimir Solovyov, nel suo Racconto dell’Anticristo, lo immaginava come un uomo magnetico di 33 anni, con un dottorato in teologia e un sincero interesse per l’ambiente. Il suo obiettivo non era quello di distruggere il cristianesimo, ma di addomesticare le chiese e unificarle sotto la sua guida e la sua visione di buon governo.
Allo stesso modo, nel romanzo di Robert Hugh Benson Lord of the World, il leader mondiale Julian Felsenburgh è una figura carismatica che unisce il globo sotto una versione tollerante del socialismo, promuovendo la pace e la sicurezza per tutti, tranne che per i cattolici ribelli. Dopo la prima guerra mondiale, papa Benedetto XV mise in guardia contro «l’avvento di una repubblica universale» in cui «non esiste più alcuna distinzione di nazionalità». L’ascesa di una repubblica socialista internazionale, disse, «porterebbe a terribili convulsioni sociali».
Sebbene il progetto internazionale del comunismo sia l’esempio più evidente, Thiel individua questo modello in molti fenomeni storici. La diffusione del califfato islamico in Europa – dalla battaglia di Tours nel 732 all’assedio di Vienna nel 1683 – fu, a suo avviso, un altro tentativo di imporre un governo universale. L’equivalente odierno è ciò che lui chiama «socialismo woke», o ciò che i teorici post-liberali chiamerebbero semplicemente «liberalismo». In questa lettura, le stesse strutture di potere che un tempo frenavano il male ora ne sono i custodi.
“Si potrebbe sostenere che lo Stato profondo e l’apparato di intelligence degli Stati Uniti abbiano storicamente svolto un ruolo katechontico”,
ha spiegato Thiel.
“La loro segretezza ha permesso loro di farla franca con ogni sorta di attività moralmente discutibile in nome della lotta al comunismo o al terrorismo islamico. Ma la loro segretezza ha anche oscurato il loro decadimento nel loro opposto. Le rivelazioni dell’USAID hanno mostrato fino a che punto si sono spinti“,
ha continuato Thiel, riferendosi a come la macchina degli aiuti esteri sia stata conquistata dall’ideologia woke, sostenendo programmi quasi parodistici come spettacoli di drag queen per i migranti venezuelani in Ecuador, operazioni di cambio di sesso in Guatemala o corsi di formazione per giornalisti dello Sri Lanka per evitare il ”linguaggio binario di genere”.
L’elefante in questa stanza apocalittica è Donald Trump. Senza dubbio i suoi critici lo vedono come una sorta di Anticristo, ma nello schema di Thiel il suo ruolo è aperto all’interpretazione. È un katechon? Un katechon che potrebbe diventare l’Anticristo? Un’immanentizzazione inutile? Nessuna delle precedenti? Thiel non lo direbbe. Ma la crescente consapevolezza di quanto profondamente il pensiero woke abbia penetrato lo Stato amministrativo non ha fatto che aumentare la fiducia di Thiel in Trump. Ha sostenuto il presidente molto prima che fosse accettabile nei circoli tecnologici, e molti convertiti al trumpismo della Silicon Valley ora riconoscono che era in anticipo sui tempi. Inoltre, è il mentore del vicepresidente J.D. Vance, che ha iniziato il suo percorso verso il cattolicesimo dopo aver ascoltato un discorso di Thiel a Yale.
Trump non sembra un grande candidato per diventare l’Anticristo.
L’idea che Trump sia una figura katechontica è molto diffusa nella destra religiosa. Lo scrittore conservatore Rod Dreher ha affermato di vedere Trump come un katechon, pur criticando aspramente alcuni aspetti del suo programma. Interpretare Trump come una forza che frena il male permette di riconoscere la sua necessità storica, senza però giustificarne i difetti. Seguendo questa logica, alcuni evangelici sostengono che il carattere di Trump debba essere giudicato nel contesto della fine dei tempi.
“Prima delle elezioni americane, ho detto a Elon Musk che avrei lasciato il Paese in caso di sconfitta di Trump”,
mi ha detto Thiel.
“Lui ha risposto: ‘Non c’è nessun posto dove andare’. Credeva che gli Stati Uniti avrebbero esportato il socialismo woke in tutto il mondo”.
E non solo in tutto il mondo. L’ideologia scatenata in questi tempi apocalittici, avverte Thiel, ha una portata interplanetaria.
“Per me, il 2024 sarà ricordato come l’anno in cui Elon ha rinunciato a Marte, non come progetto tecnologico, ma come progetto politico, perché ha capito che questa minaccia lo avrebbe seguito nello spazio se non l’avesse affrontata qui sulla Terra”.

Qualunque sia il ruolo di Trump – katechon, Anticristo o entrambi – la preoccupazione principale di Thiel è quella di rivitalizzare il pensiero apocalittico, qualcosa che la tarda modernità ha in gran parte rifiutato. Ma non del tutto.
«Penso che molte persone, anche all’interno del mondo cattolico, ragionino in termini apocalittici, ma ammetterlo rimane un tabù»,
ha detto, spiegando il suo fascino quasi mistico per Benedetto XVI.
«Credo che Benedetto XVI vedesse il nostro tempo in questo modo. C’era un insegnamento ufficiale secondo cui la Chiesa, di fronte alla secolarizzazione dilagante, sarebbe diventata più piccola e più pura. Ma poi c’era la convinzione segreta che stiamo assistendo ai segni della fine dei tempi. A mio avviso, uno dei motivi per cui non ne parlava apertamente è che farlo sarebbe stato accelerazionista, avrebbe affrettato l’arrivo dell’eschaton. La mia replica a Benedetto sarebbe che le cose non avrebbero potuto accelerare più rapidamente di così lungo quel percorso”.
Thiel sta lottando per il ritorno del pensiero apocalittico, un profondo cambiamento nel modo in cui comprendiamo la storia, il potere e i limiti dell’azione umana. La modernità, con la sua fede nel progresso inevitabile e nella stabilità istituzionale, ha cercato a lungo di esiliare l’immaginario apocalittico, considerandolo irrazionale e dirompente. Ma in un’epoca caratterizzata dall’accelerazione tecnologica e da minacce esistenziali incombenti, la narrativa della fine dei tempi ha riacquistato il suo ascendente sull’immaginario politico.
Per Thiel, la politica e la teologia sono in definitiva la stessa cosa, entrambe fondate su una visione di salvezza o catastrofe finale.
La rinascita dell’apocalittico rivela non solo la paura del collasso, ma anche la fame di significato, la ricerca delle forze che frenano o scatenano i drammi finali della storia. In questa ottica, il discorso politico non riguarda più solo la politica o il governo, ma torna a riguardare il destino.
Tradotto dall’inglese da Piero Cammerinesi per LiberoPensare
Immagine di copertina: Spadaccino celeste, castello e esercito sopra Strasburgo (1531)
Mattia Ferraresi è redattore capo del quotidiano italiano Domani e borsista Nieman ad Harvard nel 19° anno. Il suo lavoro è apparso anche su The New York Times, The Boston Globe, Foreign Policy e altri media.