A proposito di buche e non solo…

L’estate scorsa ho fatto un viaggio in moto in Slovenia e Croazia.

Passato il confine italiano, dopo un paio d’ore di guida ho iniziato ad avere una percezione singolare; come se ci fosse qualcosa di insolito, di strano.
A quel punto mi sono reso conto che quel “qualcosa di strano” era l’assenza di buche e di rattoppi sulle strade.
In Slovenia e Croazia, partorite da quella ex-Jugoslavia che, solo pochi decenni or sono, era simbolo di arretratezza e miseria…
Il fatto è che a questa situazione delle strade italiane – non solo romane, dove però la situazione raggiunge livelli estremi – ormai da terzo mondo ci siamo abituati, visto che anno dopo anno, amministrazione dopo amministrazione, la situazione è costantemente peggiorata.
Come i genitori non percepiscono la crescita del proprio figlio se lo hanno continuamente sotto gli occhi, così i cittadini che vivono sempre nella propria città o nel proprio Paese non si avvedono delle trasformazioni che hanno luogo.
Se, al contrario, si manca per anni dal proprio Paese allora i cambiamenti saltano agli occhi.

E a volte sono un vero e proprio PUGNO NELLO STOMACO.

Una ventina d’anni fa quando mi recavo spesso nella Repubblica Dominicana, Paese in via di sviluppo con viabilità compromessa e sporcizia e immondizia dappertutto mai avrei pensato che in pochi anni quella situazione si sarebbe replicata nel Paese dell’arte, del Rinascimento, della bellezza, in quella che era fino agli anni ’80 la QUARTA ECONOMIA DEL MONDO.
Invece, dopo gli anni trascorsi negli USA il ritorno in Italia è stato drammatico; non era più il Paese che avevo lasciato dieci anni prima.
Le strade erano ormai un groviera di buche; la giustissima scelta della raccolta differenziata aveva prodotto come effetto collaterale il fenomeno di persone che non hanno residenza in un Comune che buttano l’immondizia per strada perché non possono portarla nelle Isole Ecologiche; la totale mancanza di rispetto delle regole da parte degli automobilisti e l’assenza di controlli adeguati, per citare solo alcune delle trasformazioni più evidenti che ho incontrato.
Ho ritrovato insomma un Paese avviato su un sentiero di declino e degrado inimmaginabili solo pochi lustri prima e l’ho potuto notare proprio grazie al fatto di essere stato lontano per molto tempo.
Purtroppo per chi ci vive sempre, queste situazioni diventano abitudine, parte del paesaggio e quasi non ci si fa più caso – fino a che non se ne viene toccati personalmente.
Interviene un senso di rassegnazione visto che, anno dopo anno, qualsiasi sia la gestione politica, la situazione non cambia; per la serie “non c’è niente da fare, i rossi, i verdi, i gialli avevano promesso ma…niente, è sempre uguale”.

Ecco, questa è l’Italia che mi trovo oggi davanti e che mi auguro vivamente possa invertire il percorso di declino ormai intrapreso da anni.

Forse – al di là delle varie gestioni politiche – l’unica speranza è che l’indignazione possa spazzar via la rassegnazione e ad essa faccia seguito l’azione, un po’ come sta accadendo in Francia.

Utopia?
Forse, ma sperare…è gratis!

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