Anche Santiago si prostituisce

Screenshot 2023 08 28 At 12.44.41

Il cammino di Santiago di Compostela, fin da quando il culto dell’apostolo Giacomo il Maggiore andò diffondendosi in Europa, nel primo medioevo, ha sempre rappresentato e continua a rappresentare una spontanea tensione verso la ricerca spirituale di sé.

Che il pellegrino sia cattolico, protestante o invece ebreo, credente piuttosto che ateo o agnostico, di fatto eleva il proprio camminare a metafora di ricerca interiore, di superamento simbolico delle mille difficoltà della vita, di impegno e di ferrea determinazione nella possibilità di raggiungere la meta agognata. Che, non a caso, è un Tempio… il quale, nella propria struttura architettonica, lascia intuire il Soggetto metafisico di tutto quel cercare. Questo, e solo questo, può dare un senso all’estenuante camminare del pellegrino, che supera il bello e il brutto tempo, le difficoltà del terreno, i disagi degli alloggi, la stanchezza, lo sconforto e, a volte, anche dolorose piaghe corporee (ai piedi e alle spalle).

Perciò, l’arrivo alla piazza dove sorge il Tempio (la Basilica di Santiago) è motivo di profonda e intensa gioia: racconta dell’impegno profuso, delle mille difficoltà superate fuori e dentro di sé… e preclude al compimento finale del rito. Già… perché fino a due anni fa, superata la piazza, il pellegrino sarebbe potuto entrare nel Tempio attraversando il “Portico della Gloria”, una superba opera d’arte romanica dell’architetto-scultore Maestro Mateo (1168), in cui avrebbe potuto portare a termine il proprio rituale cammino. Chi arrivava ed arriva davanti al Portico della Gloria, infatti, in quanto pellegrino, portava e porta con sé la domanda

“qual è il significato di questo mio camminare e, se vogliamo, della mia intera vita?”

Nel portico trovava la risposta, magistralmente scolpita nella pietra… risposta comprensibile in modo semplice dall’uomo medievale che non sapeva leggere, ma che aveva una concezione della vita che riconosceva, nell’incrociare lo sguardo di Quella Figura che ti aspetta sulla porta, il significato della propria esistenza.

 

 

È paradossale che ora questo messaggio, per noi moderni e colti, sia diventato incomprensibile, anche se il nostro cuore di uomini desidera le stesse identiche cose di quegli uomini medievali: Bellezza, Giustizia, Amicizia, Verità.

Otero Pedrayo, scrittore ed intellettuale spagnolo vissuto due secoli fa, a proposito di questo scriveva:

È commovente osservare la reazione dei contadini di fronte alle figure espressive del Portico (…) Tutti conoscono l’argomento, che si trasmette di padre in figlio.  La Cattedrale parla a loro. 

Il portico si compone di tre archi: al centro e in basso, il primo Adamo, quando ancora dominava gli istinti, sostiene una colonna (l’albero di Jesse) sopra la quale si erge, trasfigurato, l’apostolo San Giacomo, “el Matamoros”… Sopra di lui il Christo Pantocrator, circondato dai quattro evangelisti: il Toro, il Leone, L’Aquila e l’Angelo. Ancora sopra, in una sorta di empireo, schiere di Esseri sono intente a profondersi in una musica celestiale… probabilmente: la musica delle sfere.

Colpisce – nel guardare le figure del timpano, dai musici ai personaggi del popolo – osservare che queste sembrino distratte, conversano tra loro; i loro volti sono distesi, lieti, lo stesso Cristo è rappresentato con un volto lieto, con un atteggiamento di “attesa”.

Perché il Maestro Mateo li ha raffigurati così? Cosa stanno aspettando? 

Aspettano l’arrivo dei pellegrini! Perché chi andava li, dovendo percorrere anche centinaia di chilometri a rischio della propria vita (almeno nel tardo medioevo), potesse camminare con la coscienza certa che, all’arrivo, c’è qualcuno che ti aspetta… che è lì per te. 

L’arco a sinistra del portale, invece, è rappresentativo dei primordi della creazione, mentre quello a destra racchiude mirabolanti scene dell’apocalisse. Il pellegrino, dunque, terminata la propria fatica, entrava nel portico della gloria, si l’asciava coinvolgere dalla potenza di tutte quelle immagini, poi, in ginocchio, metteva la propria mano in una delle fauci dei due “Leoni-Istinti-Drago”… a dimostrazione di non aver più paura alcuna della propria natura inferiore, perché fiducioso della benevolenza del santo e di Colui che rappresenta – poi una volta alzatosi, avrebbe poggiato la mano sulla colonna centrale del portico (Jesse) come testimonianza del suo passaggio. Infine, avrebbe poggiato la propria testa su quella del Maestro Mateo (rappresentato in basso, dietro la colonna centrale). E solo allora sarebbe entrato nella cattedrale vera e propria…

Bene… questo meraviglioso rituale non è più attuabile. Perché con la “scusa” di voler proteggere un’opera inestimabile (il che è sacrosanto) oramai da due anni (dopo il Covid. Sarà un caso?) la porta frontale della cattedrale è stata chiusa e i visitatori vengono convogliati alle due entrate laterali che escludono, così, di fatto, la possibilità di visitare il portico.

Che dunque è interdetto?

Ovviamente no…

La visita del portico ora è a pagamento.

Santiago ha scoperto il business… e va ancora bene… Perché no? In una civiltà iper-capitalistica come quella attuale nulla da eccepire.

Ma la cosa vergognosa è che le visite al portico possono essere acquistate via Internet… anche giorni e giorni prima e da turisti qualsiasi che nulla hanno a che spartire con il pellegrinaggio.

Il risultato è che i pellegrini arrivano, stanchi e spesso piagati e, se proprio gli andrà bene, riusciranno a vedere l’interno della cattedrale, dopo ore e ore di fila (almeno nei mesi canonici delle vacanze estive)… ma non il portico.

Perché, di loro, in realtà, non frega più niente a nessuno.

Agli amministratori di Santiago, dei pellegrini in cammino non importa più di tanto… l’importante è vendere migliaia di souvenir con su scritto: “Buen camino”… ma che poi questi “strani” personaggi possano avere l’opportunità di completare il loro rituale… be’ non è cosa che riguardi le autorità ecclesiastiche o chi di dovere…

Se così non fosse, senza nulla togliere al sacrosanto guadagno dei diretti interessati, sarebbe bastato evitare gli acquisti online, istituire una vendita diretta in tempi reali e, apprestando due corridoi distinti (uno per i villeggianti e uno per i viandanti), privilegiare sempre e comunque il pellegrino al turista qualsiasi che non ha speso una sola goccia di sudore per meritare un qualche privilegio.

Sì… in un mondo migliore, più giusto e più sano, non sarebbe stato così difficile rispettare coloro che hanno dato fama e lustro a questo tradizionale pellegrinaggio, forse uno dei più famosi di tutto l’occidente Cristiano… ma l’epoca è quella che è.

D’altronde, come tante altre cose dei tempi passati, anche il cammino si è sputtanato: c’è chi lo compie in mtb, chi in e-bike e chi a cavallo, con taxi bagagli al seguito e in discrete pensioni dove mangiare e dormire. E, infine, c’è chi si vanta di aver completato il cammino originale (800 km) in soli 7 o 8 giorni, facendone di fatto una performance sportiva. Perciò, forse, sì… in un clima come quello attuale, era inevitabile che tutto degenerasse e che si perdesse il significato dei rituali più antichi, con buona pace di quei pochi che ancora si sforzano di praticarli ma senza avere poi la capacità di pretenderne il rispetto.

Anzi… forse senza neanche conoscerlo.

P.S. Per vedere le splendide foto e un buon approfondimento sul Portico della Gloria aprire questo link.

Piero Priorini

Nella foto di copertina: El Pórtico de la Gloria della Cattedrale di Santiago de Compostela, 1849, Jenaro Pérez Villaamil, Palacio de la Moncloa, Madrid.


Psicologo psicoterapeuta ad indirizzo Psicanalitico Junghiano.
Antroposofo, conferenziere ed autore di libri ed articoli.
Specializzato in bioenergetica, transazionale, ipnosi e sessuologia.

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo!

Facebook
Pinterest
Twitter
Email
Telegram
WhatsApp

Ti potrebbero interessare:

it_IT

Accedi al sito

accesso già effettuato