La coerenza degli uomini extra-ordinari

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Se guardo indietro al percorso della mia vita, mi si presenta prepotentemente la domanda che mi ha sempre accompagnato, fin da bambino: esistono uomini extra-ordinari?

di Piero Cammerinesi

Come, per intenderci, gli eroi della nostra infanzia, i Tex Willer, i Sandokan, i d’Artagnan?

Copertina di Sandokan alla riscossaPossibile – mi dicevo – che esistano solo nelle pagine di un libro o nelle immagini di un film?

Gli anni passavano ma la domanda rimaneva, anche se leggermente modificata: esistono uomini speciali che sono quello che sembrano e che mantengono una assoluta fedeltà al loro compito?

Esistono esseri umani nei quali, per esempio, il binomio uomo-artista non presenti delle discrepanze abissali, come avviene nella maggior parte dei casi?

Un po’, per intenderci, come il grande filosofo Arthur Schopenhauer il quale, mentre da un lato elargiva luminose visioni sulla compassione orientale, dall’altro scriveva, allorché morì una signora anziana alla quale doveva dei soldi, “Obit anus, abit onus”, muore la vecchia, cessa il debito.

Ecco, per dirla in due parole, quello che cercavo in ogni autore sui cui pensieri mi stavo formando, era una prova dell’esistenza della coerenza, fiore invero assai raro, ma altrettanto prezioso, dato che sentivo chiaramente che, in mancanza di coerenza, tutto il resto fosse poco credibile – in qualche modo solo una semplice fiction – che, insomma, non valesse la pena di perderci tempo più di tanto.

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Per verificare l’esistenza di questa virtù nei miei candidati eroi sarebbe stato necessario conoscerli a fondo ed infatti, guardando al passato, mi accorgo di aver sempre sentito una spinta irresistibile a conoscere gli uomini extra-ordinari che hanno ispirato il mio percorso. Da quando, ancora ragazzino, mi perdevo nei romanzi di Emilio Salgari o di Ray Bradbury o di Hermann Hesse.

Se un autore mi ‘prendeva’ non potevo letteralmente fare a meno di cercarne un’immagine del volto, di conoscerne le vicende umane e possibilmente di sperare di incontrarlo.

Per esprimere un giudizio completo sull’autore del libro che mi stava entusiasmando o della musica che amavo sentivo – potrei definirla la sindrome del giornalista – il bisogno di ‘conoscere’ anche l’uomo, non solo l’artista attraverso le sue opere.

Non potendo, evidentemente, incontrare personaggi già defunti mi diedi da fare per conoscere quelli ancora in vita.

Purtroppo, negli anni seguenti, da molti di loro ricevetti delle delusioni brucianti tanto da credere, in un certo momento della mia vita, che la distanza morale tra uomo ed artista fosse incolmabile.

Ovvio che, se questa ipotesi fosse stata corretta, il mio giudizio su ogni spiritualità, su ogni possibile elevazione umana, ne sarebbe stato pesantemente condizionato.

Nell’incontro con Jiddu Krishnamurti, ad esempio, che seguii e frequentai per un breve periodo, sentii che quanto da lui affermato non era del tutto autentico e che il personaggio che si era venuto a creare non aveva quello spessore che appariva all’esterno.

Avvenne lo stesso con molti altri autori o artisti che volli caparbiamente incontrare e di cui non vale la pena fare i nomi, ad esempio scrittori o docenti universitari che facevano vibrare le corde dell’anima nel parlare dei pensieri luminosi di autori amati ma che poi, alla prova dei fatti, mostravano una grettezza umana a volte imbarazzante.

Poi, ad un certo punto, la serie delle delusioni si interruppe.

 

Non che non ne capitassero più di incontri poco convincenti, ma, nel frattempo avevo imparato a sviluppare una certa sensibilità nel rivolgere il mio interesse all’uno piuttosto che all’altro dei personaggi che mi affascinavano.
Una sorta di ‘fiuto’, insomma, che mi metteva al riparo da troppe delusioni.

Tutto cambiò – avevo 17 anni – con l’incontro con Massimo Scaligero di cui ho parlato più volte.

L’averlo incontrato e conosciuto a fondo mi diede finalmente la prova che gli uomini extra-ordinari esistevano veramente, non erano solo una fantasia infantile o una trovata di marketing editoriale.

In Scaligero uomo e pensatore, vita ed opera, erano tutt’uno.
Insomma non era di quelli che, come si dice, predicano bene e razzolano male.
Dopo questa fondamentale scoperta compresi che, se ne esisteva uno, dovevano pur esisterne altri.

Lo stesso avvenne, infatti, incontrando Bianca Maria Scabellone, per tutti Mimma, sua cugina, la cui grandezza interiore era inversamente proporzionale alle sue minute sembianze.

Ora, magari non della loro levatura, dovevano pur esisterne altri di esseri autentici che portassero nel mondo umano dei doni speciali.

Judith von Halle 2Così, mosso da questa congenita spinta ad incontrarli, ho, nel corso dei decenni successivi, sempre colto ogni occasione per fare la conoscenza di altri esseri extra-ordinari.

Del mio incontro con Judith von Halle, la veggente berlinese stigmatizzata, che non assume cibo o bevanda dal 2004, ho già scritto, così come di quello con Brian Weiss, lo psichiatra e autore americano che ha portato alla superficie della coscienza di migliaia di pazienti le esperienze di esistenze precedenti ed ha contribuito non poco alla diffusione della verità delle ripetute vite terrene.

L’incontro con loro mi ha fatto comprendere la loro autenticità, pur nelle diversità delle vie percorse.

Il guardare in faccia la persona, lo scambiare dei pensieri con lei è, a mio avviso, elemento necessario, anche se non sempre sufficiente, per intuirne lo spessore e la coerenza di vita.

Ma veniamo al presente.

Ebbene, recentemente, mi si è presentata un’altra occasione nella mia ricerca di esseri particolari.

Un caro amico mi aveva parlato di un personaggio, che vive e opera a Milano, in grado di ‘vedere’ con assoluta chiarezza – e precisione – la dimensione animica e corporea di chiunque gli si presenti davanti.

Come nel caso di Judith von Halle, che mi risolsi ad incontrare personalmente visto che in rete se ne diceva tutto e il contrario di tutto, ho deciso di incontrare Mario Azzoni – questo il suo nome – per farmene un’idea diretta.

Sono dunque andato qualche giorno fa a trovarlo – senza neppure leggere il libro su di lui “Ti parlerò di te” per non esserne condizionato – a Milano dove riceve.

Mi sono trovato dinanzi una persona semplice, gentile e sorridente, in grado, con stupefacente precisione, di fornire una diagnosi completa sia del corpo che dell’anima di chi ha davanti.

Appena entrato nella sua stanza Mario Azzoni mi saluta sorridendo e inizia con tutta naturalezza a parlarmi.
Ci tiene a sottolineare di non essere un medico, né un guaritore, né tantomeno un medium.
E che, se a volte può facilitare una guarigione, non è lui a farlo ma il mondo spirituale attraverso di lui.

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…e se anche, improvvisamente, quel paziente dovesse guarire dal tumore mentre fa il mio trattamento, non guarisce certo per merito mio. È perché così doveva andare.

Mentre mi parla rivolge lo sguardo a qualcosa che si trova in alto a destra rispetto al mio capo, qualcosa – o qualcuno – che solo lui vede e che, come lui asserisce, gli parla di me.

La storia di ogni uomo è scritta sulla sua fronte, ma in una lingua che nessuno sa leggere, se non è illuminato dalle rivelazioni di chi gli sta accanto.

Quello che mi dice nel corso dell’incontro è talmente preciso, inoppugnabile, dettagliato, che si fatica a credere possibile che una persona che vedi per la prima volta possa conoscerti meglio di quanto ti conosci tu stesso.

La medesima cosa accade facendogli vedere la fotografia di un familiare, la cui salute mi sta a cuore.

Anche in questo caso la diagnosi, nonché l’anamnesi, sono precise, dettagliate e senza nessuna sbavatura; carattere, eventi della vita, malattie pregresse, problemi di salute attuali e possibili patologie future.

La malattia indica mancanza di coordinamento del corpo, dell’anima e della mente. Il segmento del cosmico, che è la ‘personalità’ dell’anima individuale, ha una forma precisa alla quale il corpo dovrebbe conformarsi. L’anima, infatti, ha una sua personalità. La mente, la coscienza e la volontà devono contribuire a rendere il corpo un tempio armonioso. Bisogna avere la forza e il coraggio di cambiare la nostra vita e riaggiustare tutte le abitudini fisiche e mentali che generano attrito. Le richieste sincere per renderci migliori sono vitali. Noi otteniamo dal cosmico ciò che domandiamo con sincerità.

Se vai a scavare più a fondo scopri che Azzoni – come, ad esempio, prima di lui, Bruno Gröning, Maître Philippe, Edgar Cayce e altri – ha avuto, sin dalla prima infanzia, esperienze particolarissime come la visione dell’aura, incontri con defunti e capacità di guarire.

La morte è solo un arrivederci: ci si ritrova sempre. Io partecipo molto al dolore degli altri, quando c’è una perdita, perché vorrei consolarli, comunicare che non è finita.

Esperienze che, naturalmente, non poteva condividere con altri ma che lo hanno sempre accompagnato nel suo percorso terrestre.

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Fin da bambino mi capitava di vedere vicino a me delle immagini che non riuscivo a distinguere. In ogni momento. Ma non mi hanno mai fatto paura. Erano come degli amici, eravamo cresciuti insieme: non me ne preoccupavo, mi sembrava normale.

Sono uscito dal suo studio con una gradevole sensazione di calma interiore; avevo ottenuto un’altra conferma – se mai ce ne fosse ancora bisogno – della contiguità del mondo extra-sensibile con quello terrestre.

Una ulteriore conferma dell’esistenza degli uomini extra-ordinari, di aiutatori dell’uomo, che nel loro specifico ambito e grazie ai loro – piccoli o grandi – talenti, illuminano qualche passo del nostro sentiero.

(Le citazioni di Mario Azzoni sono tratte dal libro di Giovanni Benincasa su di lui “Ti parlerò di Te”)

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