Maschera e volto del potere

Visto che la stampa italiana non si occupa quasi più di della drammatica vicenda dell’assassinio di Jamal Khashoggi, riprendiamo l’argomento.
Dove eravamo rimasti?

Ah sì, eravamo rimasti al 21 Ottobre con l’intervista a Fox News nella quale il ministro degli esteri saudita Adel al-Jubeir affermava che “i sauditi non sapessero come Khashoggi fosse stato ucciso né tantomeno dove si trovi il corpo” aggiungendo che il principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed bin Salman (MBS) non era al corrente dell’uccisione del giornalista, assassino che che definisce “un terribile errore”.

Dal 21 Ottobre molta acqua è passata sotto i ponti di questa storia che trovo particolarmente significativa – nella sua raccapricciante turpitudine – non solo in quanto mette allo scoperto nefandezze che normalmente vengono accuratamente nascoste dagli Stati ma sopratutto perché indica con chiarezza come gli stessi Stati ormai non si sforzano neppure più di camuffare le proprie scelte spietate e perverse mostrando così il vero volto del potere.

Abbiamo visto nel nostro precedente articolo come a metà Ottobre fosse emersa la notizia che uno dei sospetti che le autorità turche pensavano potesse essere collegato alla scomparsa di Khashoggi, Maher Abdulaziz Mutreb, aveva legami con MBS ed al tempo stesso che almeno 9 dei 15 sospettati identificati dalle autorità turche avessero lavorato per i servizi di sicurezza, militari o governativi sauditi.

Trascorsi 10 giorni, il 31 Ottobre, il NYT scrive che dopo tre giorni di incontri con i turchi nel consolato saudita a Istanbul il procuratore saudita Saud al-Mujeb ha affermato che “Il dissidente saudita Jamal Khashoggi è stato strangolato non appena è entrato nel consolato saudita a Istanbul un mese fa, e il suo corpo è stato poi smembrato e distrutto” fornendo così la prima spiegazione ufficiale saudita su come Khashoggi sarebbe morto.

Dunque dopo aver prima affermato che Khashoggi è uscito dopo pochi minuti dal consolato saudita, poi di non saperne nulla, poi che è morto, senza nessuna premeditazione, per…una scazzottata (sic!) nata per costringerlo a tornare in patria, finalmente l’Arabia Saudita ammette che c’era un piano premeditato per uccidere Khashoggi, ma…udite udite…che tale piano sarebbe stato ideato da un gruppo di…disonesti (sic!) senza che il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman ne sapesse nulla.

Ci mancherebbe…

Ma anche questa patetica menzogna è destinata ben presto ad essere smascherata; così il 17 Novembre esce su tutti i maggiori quotidiani internazionali la notizia-bomba che la CIA ha solide prove del coinvolgimento del principe ereditario MBS.

Ohibò.

Nonostante le squallide scuse condivise da Donald Trump e John Bolton scrive il Washington Post: “La CIA è giunta alla conclusione che il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman abbia ordinato l’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi a Istanbul il mese scorso. Nel giungere alle sue conclusioni, la CIA ha esaminato diverse fonti di intelligence … La posizione accettata è che non è possibile che questo sia accaduto senza che [il principe ereditario] fosse consapevole o coinvolto”, ha detto un funzionario degli Stati Uniti a conoscenza delle conclusioni della CIA. Un portavoce della CIA ha rifiutato di commentare”.

 

Tra le prove di intelligence raccolte dalla CIA c’è una registrazione da un microfono che i turchi hanno piazzato all’interno del consolato saudita, registrazione che Erdogan aveva più volte citato e che è stata consegnata all’Arabia Saudita, agli USA, oltre che a Gran Bretagna, Francia e Germania. I turchi hanno fornito alla CIA una copia di quell’audio che – secondo le testimonianze di coloro che l’hanno ascoltato, tra cui il direttore dell’agenzia, Gina Haspel – indica che Khashoggi è stato ucciso pochi istanti dopo essere entrato nel consolato. Khashoggi è morto nell’ufficio del console generale saudita, il quale si lamenta, nell’audio, del fatto che il corpo di Khashoggi deve essere eliminato così come ogni prova del suo assassinio.

Ma c’è dell’altro: la CIA ha in mano la registrazione di una telefonata partita dal consolato saudita subito dopo l’uccisione in cui un membro della squadra di killer sauditi, Maher Mutreb dice a Saud al-Qahtani, che “l’operazione è stata portata a termine”. E Maher Mutreb non è uno scagnozzo qualsiasi, bensì un funzionario della sicurezza che è stato spesso visto al fianco del principe ereditario saudita e che è stato fotografato mentre entrava e usciva dal consolato il giorno dell’omicidio.

Non so se rende l’idea; l’assassinio di un giornalista nonché questa serie di scoppiettanti menzogne sono a carico di una nazione, l’Arabia Saudita, eletta nello scorso Febbraio nel Consiglio per i Diritti umani dell’ONU.

Un po’ come se un serial killer fosse nominato capo della polizia, insomma.

Ma ora passiamo a esaminare le piroette e le giravolte di Donald Trump, l’apostolo della democrazia ed al tempo stesso il protettore e sponsor della più feroce dittatura del mondo.

Il 20 Novembre questi diceva, parlando con i giornalisti a Mar-a-Lago in Florida, a proposito delle rivelazioni della CIA: “No no, non hanno concluso. Mi dispiace. No, non hanno concluso. Non sono arrivati a una conclusione. Dirò questo: non lo so, non lo so. Ma se [MBS] lo ha fatto o se non lo ha fatto, lui lo nega con veemenza. Suo padre lo nega, il re, con veemenza. La CIA non dice che l’ha fatto, loro fanno notare certe cose e nel sottolineare quelle cose si può concludere che forse l’ha fatto o forse no”.

Forse l’ha fatto o forse no. Good job, Donald.

Ma il vero capolavoro arriva con un comunicato ufficiale del 20 Novembre in cui Trump afferma:

“I rappresentanti dell’Arabia Saudita affermano che Jamal Khashoggi era un “nemico dello stato” e un membro della Fratellanza Musulmana, ma la mia decisione non è in alcun modo basata su questo – questo è un crimine inaccettabile e orribile. Il re Salman e il principe ereditario Mohammad bin Salman negano con forza qualsiasi conoscenza della pianificazione o dell’esecuzione dell’omicidio di Khashoggi. I nostri servizi segreti continuano a valutare tutte le informazioni, ma potrebbe benissimo essere che il principe ereditario fosse a conoscenza di questo tragico evento – forse lo era o forse no!

Detto questo, potremmo non sapere mai tutti i fatti riguardanti l’omicidio di Mr. Jamal Khashoggi. In ogni caso, la nostra relazione è con il Regno dell’Arabia Saudita. Sono stati un grande alleato nella nostra importantissima lotta contro l’Iran. Gli Stati Uniti intendono rimanere un partner costante dell’Arabia Saudita per garantire gli interessi del nostro Paese, di Israele e di tutti gli altri partner nella regione. Il nostro obiettivo principale è eliminare completamente la minaccia del terrorismo in tutto il mondo!”

Dunque che sia coinvolto o meno il principe ereditario non ha importanza; agli USA non interessa minimamente chi abbia massacrato e fatto a pezzi un giornalista di una delle più prestigiose testate americane, il Washington Post, quello che conta è turarsi il naso e mantenere, costi quel che costi, l’alleanza con il regime più corrotto e dittatoriale del mondo, con buona pace dei concioni sulla democrazia.

Il perché è presto detto. Nello stesso comunicato The Donald afferma:

“Dopo il mio viaggio di complessi negoziati in Arabia Saudita l’anno scorso, il Regno ha accettato di spendere e investire 450 miliardi di dollari negli Stati Uniti. Questa è una quantità record di denaro. Creerà centinaia di migliaia di posti di lavoro, uno straordinario sviluppo economico e molta altra ricchezza per gli Stati Uniti. Dei 450 miliardi, 110 miliardi saranno spesi per l’acquisto di attrezzature militari da Boeing, Lockheed Martin, Raytheon e molti altri grandi appaltatori della difesa degli Stati Uniti. Se annullassimo scioccamente questi contratti, la Russia e la Cina sarebbero gli enormi beneficiari – e molto lieti di acquisire tutte queste nuove attività. Sarebbe un regalo meraviglioso per loro direttamente dagli Stati Uniti!”

Insomma: assassinare i giornalisti non è bello, ma ancora peggio è incolpare una sanguinaria teocrazia medievale. Qui non c’è posto per i sentimentalismi: Jamal Khashoggi è stato fatto a pezzi, ma perché lasciare che il suo cadavere costringa a cambiare i rapporti con Riyad?

Trump, come si vede, ha i suoi stati ‘canaglia’ di cui preoccuparsi, e definisce l’Iran il Paese destabilizzatore dell’Iraq e uno Stato sponsor del terrorismo nonché “responsabile di una sanguinosa guerra per procura contro l’Arabia Saudita nello Yemen”, che provocherebbe la morte di “molti americani e altre persone innocenti”.

Amen.

Poi c’è il vil danaro, l’importo “record” di 450 miliardi di dollari promesso dall’Arabia Saudita come parte degli investimenti negli Stati Uniti.
Ecco allora che viene calata la maschera dell’ipocrisia politically correct del cosiddetto “sistema di valori” della politica estera degli Stati Uniti, che cela il volto mostruoso di un calcolo spietato, di un egoismo assoluto.

Eppure, nonostante queste prese di posizione a dir poco nauseabonde nella loro assoluta oscenità e di tradimento degli ideali americani, ci sono ancora dei punti da chiarire in questa vicenda.

Prima di tutto il reale motivo di questo assassinio.

In altri termini, come mai un Paese si è assunto il rischio di organizzare un sanguinoso crimine in un proprio consolato in un altro Stato per un semplice giornalista se pur critico del regime?

Ebbene Jamal Khashoggi, secondo fonti a lui vicine, stava indagando sull’uso di armi chimiche da parte dell’Arabia Saudita in Yemen.

Ahi ahi, questa è una tessera fondamentale del nostro puzzle.

Citando un suo amico, il tabloid britannico Sunday Express ha rivelato che Khashoggi stava per ottenere “prove documentali” per dimostrare l’uso di armi chimiche in Yemen.

Ma come, gli USA hanno annientato l’Iraq per il sospetto – rivelatosi poi una montatura – di armi chimiche, hanno sparato varie decine di missili Cruise contro la Siria per lo stesso sospetto – rivelatosi poi una montatura – e ora, se il loro alleato saudita le usa si girano dall’altra parte?

Una lectio magistralis di double standard, o doppia morale.

“L’ho incontrato una settimana prima della sua morte. Era infelice e preoccupato”, ha detto un accademico mediorientale che non desidera essere nominato. “Quando gli ho chiesto perché era preoccupato, non voleva rispondere, ma alla fine mi ha detto che stava ottenendo la prova che l’Arabia Saudita aveva usato armi chimiche”.

Fuocherello, ora iniziamo ad avvicinarci alla verità…

A questo punto c’è un’altra domanda che dobbiamo farci.

Come è possibile che gli USA che spiano ogni sospiro e ogni battito di ciglia di tutti gli abitanti del globo non sapessero nulla del progetto di neutralizzare questo scomodo ficcanaso?
Ma siamo proprio sicuri che non ne sapessero nulla?

Io non ne sarei così certo…

Guarda caso, cercando cercando scopriamo che il 16 Novembre nell’articolo sopra citato del Washington Post emerge che Langley [CIA] era a conoscenza del complotto dell’assassinio ma l’intelligence degli Stati Uniti non ha mosso un dito:
“Gli Stati Uniti avevano anche ottenuto l’intelligence prima della morte di Khashoggi che indicava che poteva essere in pericolo. Ma è stato solo dopo la sua scomparsa, il 2 Ottobre, che le agenzie di intelligence degli Stati Uniti hanno iniziato a cercare archivi di comunicazioni intercettate e scoperto materiale che indicava che la famiglia reale saudita stava cercando di attirare Khashoggi a Riyadh.”

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Bizzarro no?

Hai visto mai che facesse comodo anche alla CIA fare spezzatino dello sventurato Khashoggi?

Ma c’è ancora dell’altro.

Come ho avuto modo di accennare nel mio precedente articolo, Jamal Khashoggi non era uno stinco di santo ed aveva forti legami con la CIA e con il Deep State; considerando le sue connessioni passate e presenti con la CIA e i legami della sua famiglia con Lockheed Martin e con l’establishment politico statunitense, non è del tutto peregrina l’ipotesi che la scomparsa di Khashoggi sia stata sfruttata dall’alleato a stelle e strisce per fare pressione sul governo saudita in seguito alla decisione di Riad di rinunciare al piano di acquisto del sistema THAAD di Lockheed.
Insomma è lecito supporre che l’omicidio di Khashoggi sia stato utilizzato dagli Stati Uniti per ragioni che hanno più a che fare con il complesso militar-industriale statunitense e con ragioni economiche, piuttosto che con la situazione dei diritti umani del Regno.

Sappiamo che c’era una scadenza del 30 Settembre per l’Arabia Saudita che si era impegnata ad acquistare 15 miliardi di dollari di prodotti da Lockheed Martin, principalmente il sistema di difesa aerea THAAD, che faceva parte di un più ampio accordo sulle armi che il presidente Trump ha promosso per oltre un anno – un affare da 110 miliardi di dollari di armi. È noto che Trump ha fatto della vendita di armi la pietra miliare la sua politica estera.

M0001.jpga ad un certo punto viene fuori che l’accordo non è ancora stato siglato. Ci sono delle lettere di intenti, certo, lettere di interesse che i sauditi hanno inviato agli Stati Uniti e ai fabbricanti di armi statunitensi per quanto riguarda gli armamenti che avrebbero pianificato di acquistare in futuro. Tuttavia i sauditi non hanno realmente ancora dato seguito alle loro precedenti lettere di intenti, in particolare nel caso di questo acquisto previsto di 15 miliardi, anzi, avevano accennato al fatto che avevano in programma di acquistare il sistema S-400 dalla Russia.

Apriti cielo!

Guarda caso tutti i Paesi che hanno in animo di acquistare il sistema antimissile russo più efficace ed economico di quello statunitense sono ora sotto schiaffo da parte dell’amministrazione USA: Turchia, India, Qatar, Cina e, appunto, Arabia Saudita.
Quella scadenza abbiamo visto essere il 30 Settembre, e cioè due giorni prima che Jamal Khashoggi entrasse nel consolato per non uscirne vivo.

Dei tempi piuttosto sospetti, non trovate?
Sarà pure che a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca…

Dunque per concludere abbiamo un Paese che fa parte del Consiglio per i Diritti umani dell’ONU, l’Arabia Saudita, che assassina e fa a pezzi un giornalista per di più in un Consolato, che mente spudoratamente – e ripetutamente – davanti all’opinione pubblica internazionale, che usa armi chimiche sulle popolazioni di un Stato confinante, lo Yemen, oltre a reprimere nel sangue qualsiasi dissenso interno.

IlDpzf2-tXcAE0Hr1.jpg tutto impunemente perché è alleato fondamentale del campione mondiale della democrazia, gli Stati Uniti, i quali aggrediscono altri Paesi solo per il sospetto di possedere armi chimiche ma si girano dall’altra parte quando è un loro alleato a farlo, esaltano i valori della democrazia ma si girano dall’altra parte se un loro alleato è il Paese più antidemocratico al mondo, strombazzano a tutti i venti il rispetto dei diritti umani e la libertà di stampa ma si girano dall’altra parte se un loro alleato massacra impunemente un giornalista, parlano di “ideali morali americani” ma si girano dall’altra parte se sono in gioco miliardi di dollari di commesse.

Questo è il punto cui siamo giunti con la deriva morale e culturale del nostro mondo; sembra che da parte delle élite e dei Governi non si reputi più necessario mostrare il benché minimo ritegno nel mascherare le nefandezze che vengono compiute quotidianamente.

Se è così significa che le élite ormai hanno la ragionevole certezza che i popoli siano talmente soggiogati e neutralizzati da non dover più temere nulla da loro – qualsiasi crimine venga commesso o menzogna venga pronunciata.

E proprio questo è l’aspetto più inquietante di questa turpe vicenda.

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