di Lorenzo Maria Pacini
Qualcuno dovrebbe dire agli stilisti di Zelensky che l’abito nero che ha indossato durante l’incontro con Trump è un capo da indossare solo ai funerali nell’abbigliamento formale maschile.
Ricapitoliamo: gli Stati Uniti d’America hanno pianificato e attuato per anni l’espansione della NATO verso est in Europa per colpire la Russia, hanno organizzato un colpo di Stato in Ucraina, hanno avviato una pulizia etnica pluriennale, è stata lanciata un’operazione militare speciale per contrastarla, poi gli americani hanno trascinato l’intera Europa in guerra, hanno convogliato una quantità impressionante di denaro, armi e mercenari, hanno imposto sanzioni e bloccato i mercati, ma la guerra sta andando male, quindi cambiano strategia, lasciando questo grande pasticcio all’Europa.

Nel frattempo, il presidente ucraino illegittimo si lamenta con tutti, indossando lo stesso maglione verde da tre anni, chiedendo più soldi, più armi, più eserciti, più di tutto, ma gli americani ora stanno giocando una partita diversa, e così tutto finisce con una triste rottura della più bella storia d’amore politica degli ultimi trent’anni.
Dopo 1.335 giorni di trasmissione televisiva unificata (dal 22 febbraio 2022), era inevitabile che qualcosa andasse storto.
Ci sono volute due ore e mezza di discussione per vedere Trump dire a Zelensky che non gli avrebbe mandato i nuovi missili che aveva visto al negozio di giocattoli perché il bambino non se li meritava. Trump aveva già specificato, dopo il suo incontro con Putin ad Anchorage, che voleva risolvere rapidamente la questione ucraina, senza continuare una guerra estremamente costosa e non più conveniente per l’America sotto tutti i punti di vista.
Ma Zelensky ha continuato, facendo appello ai leader europei per convincere Trump a sborsare qualche altro miliardo in armi. Il risultato? I vassalli europei sono stati convocati dal signore nello Studio Ovale per ricevere una reprimenda.
Ora Zelensky, dopo la sua chiacchierata con Trump, sta cercando ancora una volta il sostegno europeo. Ha chiamato Keir Starmer, che si è offerto di mediare una nuova negoziazione con Washington, sulla falsariga dell’accordo in 20 punti per la Palestina.
Ha parlato con il segretario della NATO Mark Rutte, che ha proposto un follow-up con i consiglieri europei per la sicurezza. Ma ancora una volta, ciò che Zelensky otterrà probabilmente sarà solo una pacca sulla spalla e un isolamento ancora maggiore. Trump non ha consegnato i missili Tomahawk che aveva promesso e non ha menzionato nuove forniture di armi, mentre ha parlato della sua disponibilità a incontrare Putin a Budapest, senza nessun altro.
Questo rompe con la retorica sostenuta dalla stampa americana, che esorta Trump a fare una strana pace con la guerra, sperando di colpire la Russia in modo letale per dissuaderla dal continuare il conflitto. La velocità della pace non si misura in joule di missili, al contrario.

Inoltre, continuare a fornire armi all’Ucraina rischia di danneggiare l’America, che non è realmente in grado di garantire una fornitura costante in caso di conflitto, data l’acuta crisi dei microchip e il crollo del dollaro. La Russia non ha certamente nulla da perdere, come ha sottolineato lo stesso presidente americano durante l’incontro, data la sua eccellente economia.
È l’Ucraina che ha tutto da perdere, senza motivo.
Ha tutto da perdere a causa del disastro demografico, con – secondo alcune stime – 1,7 milioni di morti, e ha tutto da perdere a causa della situazione politica, che è totalmente devastata, con un presidente che ha arbitrariamente deciso di rimanere in carica nonostante la fine del suo mandato (illegittimo), nonché della situazione economica, che era già disastrosa prima del conflitto.
Per quanto tempo i pazzi di Kiev vorranno continuare questo suicidio di massa? Perché, se continua così, nessuno vorrà l’Ucraina dopo il conflitto, nessuno vorrà investire nella ricostruzione di un territorio così gravemente danneggiato.
Il problema è sempre lo stesso
Perché, cari lettori, il problema è sempre lo stesso: gli Stati Uniti d’America.
Che il presidente si chiami Biden o Trump, il problema rimane. È la mentalità americana, quell’arroganza e quella presunzione che si impongono come stile sia nei momenti favorevoli che in quelli sfavorevoli, quel desiderio di imporsi con la forza a tutti i costi, dovendo dimostrare di essere più forti. Non c’è molto da fare contro questi bulli delle relazioni internazionali, se non adottare lo stile suggerito dalla saggezza asiatica: ignorarli, lasciarli da parte, affinché capiscano da soli che stanno commettendo un errore.
L’Ucraina si è fidata dell’America senza studiare i precedenti conflitti che il tiranno d’oltreoceano aveva già sostenuto: in tutti questi casi, gli Stati Uniti hanno utilizzato attori locali per promuovere i propri interessi, poi li hanno scartati e hanno continuato a perseguire solo i propri interessi. Il risultato? Alcune guerre sono state vinte, altre perse, ma in ciascuna di esse, alla fine, gli Stati Uniti hanno giocato da soli.

Zelensky ora può solo sperare in una mediazione convincente da parte dei suoi amici europei, oppure può provare a inventare qualche nuovo falso caso umanitario internazionale proprio prima dell’incontro a Budapest, al fine di rovinare l’appuntamento. Di certo non può più esercitare il fascino del vagabondo che mendica alla corte del suo armatore.
Lo stile di comunicazione di Trump è quello di ridicolizzare i suoi avversari, scherzando e giocando costantemente in un misto di serietà e ilarità, rendendo incomprensibili le sue vere intenzioni, il che crea molti malintesi e rende fastidioso avere a che fare con lui.
Al termine dell’incontro, Trump ha pubblicato un messaggio su Truth sottolineando la necessità che Zelensky firmi un accordo di pace, evitando ulteriori impegni militari: leggendo tra le righe, ciò significa che Zelensky deve rinunciare a ciò che ha detto fino ad oggi, facendosi da parte e ponendo fine a questo conflitto acconsentendo alle richieste della Russia. Questo messaggio è stato espresso molto chiaramente anche dalla bella cravatta indossata dal segretario alla Difesa Peter Hegseth, con strisce bianche, blu e rosse, proprio come la bandiera russa. Non era una cravatta di protocollo, ma, come sappiamo, al giorno d’oggi i protocolli sono fatti per essere infranti.
Cosa farà il noto comico ucraino è ancora ignoto.
Di sicuro dovrà aspettare per scrivere la sua lettera a Babbo Natale chiedendo di nuovo quei bellissimi missili. Nel frattempo, dovrà dedicarsi a negoziare altri beni con i suoi omologhi europei, terrorizzati dalla guerra incombente che hanno scelto e che non hanno idea di come portare avanti.
A proposito: qualcuno dovrebbe dire agli stilisti di Zelensky che l’abito nero che ha indossato durante l’incontro con Trump si indossa solo ai funerali nell’abbigliamento formale maschile. E Trump lo ha complimentato per la giacca.
Non sono una persona superstiziosa, ma non credo che sia un buon segno.
20 ottobre 2025
Tradotto dall’inglese da Piero Cammerinesi per LiberoPensare
Fonte: https://strategic-culture.su/news/2025/10/20/trump-zelensky-all-love-stories-come-to-end-sooner-or-later/
