È possibile riconoscere gli “Esseri privi di Io”?

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di Piero Cammerinesi

Confesso di essere sempre stato attratto, affascinato a livello conoscitivo, dagli – per così dire – “aspetti estremi” dello spettro morale dell’uomo.

Come la luce è visibile solo nelle frequenze intermedie, risultando invisibili senza strumenti esterni l’infrarosso e l’ultravioletto, così ho sempre trovato interessante cercare di comprendere il male profondo ed il bene eccelso nella natura umana.

Forse perché ho sempre cercato di immedesimarmi nell’altro, al fine di comprendere i motivi che sottendono i suoi pensieri, sentimenti ed azioni.

Proprio questa necessità interiore mi ha spinto, negli anni, ad incontrare persone di ogni genere e a scrivere una poesia come questa, intitolata Io sono…:

 

Io sono il bellicoso Acheo dall’occhio lampeggiante
E il cereo Troiano, dopo lo scempio reso al padre.
Io sono il minuto Indiano che ha liberato il continente
E il vile assassino che il sogno ha frantumato.
Io sono il Siracusano che ha sollevato il mondo
E l’oscuro miles, che il petto ne ha squarciato.

 

Io sono il bimbo affogato sulla spiaggia
E il torvo trafficante d’uomini sul mare.
Io sono il soldato ebbro di birra e di bandiere
E la fanciulla stuprata tra i rifiuti.
Io sono la giovane in fuga dall’oltraggio
E l’amante che ne ha spezzato il volo.

 

Io sono la vittima e il carnefice,
Il santo e l’assassino,
Il saggio e l’incosciente,
La preda e il predatore.

 

Serrati avevo i brevi pugni quando nacqui,
Socchiusi gli occhi a ricercar sembianze
D’una obliata tessitura d’anni.
Mi tradì il grido ed il singhiozzo,
L’affanno di portare sulle spalle
Grave, il fardello del ritorno.

 

dove cerco di esprimere il fatto che in ognuno di noi c’è tutto il bene e tutto il male del mondo.

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Per quanto riguarda il bene ho avuto il privilegio di frequentare più di un essere extra-ordinario, a partire dal mio maestro, Massimo Scaligero, per proseguire con Bianca Maria Scabelloni, Judith von Halle, ma anche con altri personaggi meno noti ma animati da una profonda vocazione verso il bene.

Per quanto riguarda il male, invece, la questione del suo significato nell’esistenza umana è antica quanto il mondo.

Sappiamo da Rudolf Steiner che in ogni uomo, in ciascuno di noi, dunque, c’è tutto il male possibile, ma…

Senza una base spirituale non possiamo arrivare a un concetto ordinato del male, per non parlare poi di qualsiasi connessione con lo spirito cosmico. Da quando l’uomo è in grado di pensare, i suoi leader, i pensatori, hanno cercato di risolvere la questione: da dove viene il male? Che significato ha?

A queste domande Steiner risponde così:

La possibilità del male è stata data insieme alla possibilità dell’amore. Solo perché il Dio della terra è il Dio dell’Amore e gli esseri sono diventati esseri umani indipendenti, è stata possibile l’origine del male. L’amore ha reso possibile il male.
L’uomo raggiunge per la prima volta l’amore libero e la vera grandezza attraverso i poteri luciferici, e solo così accoglie in sé le forze del male. Le forze dell’amore devono penetrare tutta la terra, devono aver vinto il male, averlo convertito, per così dire, alla fine del corso della terra.

Vediamo che ciò che l’uomo deve al male è un bene. Egli deve al male la libertà. L’origine del male risiede nel principio luciferico, così come risiede in esso l’origine della libertà, con la quale viene data la possibilità dello sviluppo dell’amore.
Se pensiamo alla terra senza tutto il male, allora solo una piccola forza d’amore è necessaria per vincere le forze del male. Le forze dell’amore crescono perché hanno il compito di trasformare il male esistente in amore.

(…)Così vediamo insieme all’origine del male il significato del male, e se consideriamo il male in modo scientifico-spirituale, allora vediamo, in un certo modo, il male giustificato. Allora, ovunque lo incontriamo, lo consideriamo con altri sentimenti (Rudolf Steiner, L’Essenza del Cristianesimo, Kassel, 20 Febbraio 1908, O.O. 68a)

Franz Stangl e la banalità del male

Le indicazioni di Steiner sul significato del male nel mondo sono certamente preziose per inquadrare il problema in una prospettiva cosmica, tuttavia confesso che ci sono dei momenti in cui faccio davvero fatica a comprendere il senso di certi orrori dovendo ammettere – sulla base di quanto accennato più sopra – che determinate circostanze avrebbero potuto spingere chiunque – dunque anche me – a quelle azioni.

La lettura di “Into that Darkness” [In quelle Tenebre] di Gitta Sereny, la giornalista che, nel tentativo di comprendere il senso del male, intervistò in carcere l’austriaco Franz Stangl, comandante delle SS di Treblinka mi colpì profondamente, spingendomi ad approfondire questo importante mistero della nostra avventura terrestre.
Stangl accettò di raccontare la sua carriera a partire dal 1938, quando, con l’annessione dell’Austria, fu costretto a compromessi ed omertà sempre maggiori, per non perdere il posto di polizia che aveva.

Sono loro (i tedeschi) che mi hanno spinto… Avrei dovuto suicidarmi nel 1938. Fu allora che cominciò tutto per me. Devo riconoscere la mia colpa.

E questa fu l’unica volta in cui Stangl riconobbe le sue colpe per le sue relativamente innocue mancanze in quel momento della sua vita, perché aveva bisogno di dire “sono colpevole”, ma non riuscì a pronunciare queste parole quando parlò dell’assassinio di quattrocentomila, settecentocinquantamila, novecentomila, o un milione e duecentomila persone (le cifre variano a seconda della fonte).

Dal resoconto del comandante di Treblinka…

scrive ancora la Sereny:

…emerge la storia di un misero burocrate, tutt’altro che costretto con la violenza a compiere il suo lavoro, ma piuttosto condotto dalle sue paure e dai suoi cedimenti progressivi.
Dal dichiararsi nazista per ragioni di carriera, al rinnegamento firmato dell’obbedienza alla Chiesa, alla partecipazione diretta al programma eutanasia (lo sterminio delle persone handicappate e malate di mente), fino al comando del campo di Treblinka.

Un brav’uomo ed marito affettuoso – affermò la moglie – che rientrava a casa la sera dopo il lavoro al campo di sterminio dove aveva visto e fatto orrori inimmaginabili.

Come era possibile?

Franz Stangl

Continua Gitta Sereny:

Solo a tratti, nel corso del colloquio, emerge il malessere in Stangl. Viaggiando in treno in Brasile, dove era fuggito con la moglie, aveva visto dal finestrino una grande mandria di mucche. Mi ricordò l’episodio che lui mi aveva raccontato, a proposito del bestiame che aveva visto accanto a una stazione, in attesa di essere macellato, e aveva pensato: “Questo mi ricorda la Polonia; anche là la gente aveva questa aria fiduciosa – un momento prima di finire nelle scatole…”

Dopo aver letto il libro della Sereny devo dire che rimasi profondamente colpito dalla doppiezza di questo comportamento – che potrei definire una dissociazione cognitiva radicale – propria di persone che di fronte ad azioni profondamente immorali e criminali da loro fatte, continuano esteriormente a condurre una vita apparentemente normale, in qualche modo evitando di associare tali comportamenti all’immagine che hanno di sé e che gli altri hanno di loro.

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Ho sempre provato un senso di smarrimento, di difficoltà a comprendere quando, di fronte a crimini efferati commessi a sangue freddo – magari lo sterminio dell’intera famiglia – apprendevo dai giornali o dalla televisione che i vicini di casa parlavano del colpevole come di una persona rispettabile che “salutava sempre sulle scale quando lo si incontrava” o che “era un gran lavoratore che non faceva mancare nulla alla famiglia”.

Non riuscivo a far quadrare la situazione senza mettere la “pezza a colori” della follìa, che significa tutto e niente.

Devo dire che sono riuscito a comprendere meglio certi episodi solo dopo aver fatto mia la rivelazione di Rudolf Steiner sugli “uomini senza Io” di cui mi sono poi occupato a fondo.

Perché solo grazie a quella tipologia alcuni eventi diventano più comprensibili.

Sopratutto se andiamo ad esaminare certe caratteristiche che ci possono aiutare ad individuare ed a comprendere quegli esseri.

Rudolf Steiner afferma nella conferenza del 17 Settembre 1924, rivolta ai pastori della Christengemeinschaft:

Nella nostra epoca s’incarnano una quantità innumerevole di persone prive di io, che in realtà non sono esseri umani. Questa è una verità terribile. Le vediamo intorno a noi ma non sono incarnazioni di un io, sono inserite nell’ereditarietà fisica, ricevono un corpo eterico e un corpo astrale, sono in un certo senso interiormente equipaggiate di una coscienza arimanica. Se non le si osserva con attenzione, dall’esterno sembrano esseri umani, ma non sono esseri umani nel vero senso della parola. Questa è una verità terribile, ma è qualcosa che esiste, è una realtà (Rudolf Steiner, Apocalisse ed agire sacerdotale, O.=. 346).

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Si tratta di esseri umani senza l’Io incarnato che, in particolare dagli anni ’90 del secolo XIX, è sempre sempre più facile incontrare essendo – a dire di Steiner – addirittura un terzo dell’umanità. Questi esseri – non dovremmo chiamarli uomini o donne – possiedono corpo fisico, eterico e astrale, ma mancano di Io.

Sono dei meri ‘corpi’ utilizzati dal potere e da tutte quelle “fratellanze oscure” che lavorano alla sottomissione ed alla manipolazione dell’umanità.

Essendo ‘vuoti’ possono venir ‘riempiti’ da esseri subumani ed essere preda di esseri malvagi.
Non possiedono una moralità indipendente, sono di fatto amorali, anche se, nel caso vengano amati e seguiti con consapevolezza spirituale, possono seguire e condividere la morale che viene loro insegnata ed anche imparare ad amare, un po’ come accade quando si allevano degli animali i quali rinunciano al loro istinto grazie alla vicinanza dell’uomo.

In tal caso è come se prestassimo loro il nostro ‘Io’.

Quando commettono dei crimini non hanno rimorsi di coscienza né provano pentimento.
Li si riconosce per la loro incapacità di amare.
Altri elementi sono l’ossessione per i beni materiali, la mancanza di originalità e alcune caratteristiche ‘predatorie’ del carattere.

Esaminiamo allora un paio di casi di cronaca per aiutarci a capire se e come possiamo riconoscere questi “esseri senza Io”.

Chiara Petrolini, giovane madre assassina

Partiamo da un caso recente, quello di Chiara Petrolini, la ventiduenne di Traversetolo che ha ucciso e seppellito in giardino due neonati dopo averli partoriti in totale segretezza.

Il caso è all’ordine del giorno essendo in corso il processo; pertanto non mi dilungherò sugli agghiaccianti particolari di cronaca.

Quello che mi interessa è solo di individuare alcuni aspetti della personalità della giovane.

Chiara Petrolini

Afferma Domenico Berardi, uno dei consulenti psichiatrici dell’accusa:

Chiara Petrolini è diventatata spregiudicata con le gravidanze: nel non dirlo ai genitori, nel modo con cui ha partorito. Sembra guidata da un computer, segue un suo disegno, che è difficile da capire e intuire, ma c’è una continuità, nulla si contraddice.

Chiara è – continua – una persona “senza emozioni, fredda, glaciale.

Secondo il il professor Mario Amore, consulente psichiatrico della Procura di Parma, la ventiduenne

non ha un disturbo psichiatrico chiaramente documentabile, non ci sono malattie mentali organiche definite.

“Non presenta un disturbo di personalità” – continua – e, al momento dei fatti, “aveva piena capacità di intendere e di volere” e una “buona capacità di stare in giudizio”.

E ancora:

è una ragazza che vista dall’esterno è un modellino: come baby sitter, come catechista, formalmente ineccepibile, iperadattata.

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Tuttavia – nota ancora la psichiatra – dietro tale apparenza vi è solo una

povertà interiore ed emotiva di una giovane in cui non c’è nulla di vivo.

Eccoci dunque davanti ad alcune caratteristiche tipiche degli esseri privi di Io.
Intendiamoci, non affermo con certezza che Chiara, Stangl o il prossimo personaggio di cui parlerò, siano esseri privi di Io, in quanto non sono un veggente e non li ho neppure incontrati personalmente.
Essi potrebbero, infatti, essere solo dei freddi criminali magari posseduti da entità subumane.
Non posso, tuttavia, esimermi dal rilevare che ne hanno tutte le caratteristiche.
Sta a chi legge prendere in esame questa eventualità.

Gli esperti che hanno esaminato la giovane sostengono che

Chiara ha difficoltà primarie nel contatto empatico e fatica a provare emozioni autentiche, genuine.

La ragazza “non è una psicopatica”, ma con le gravidanze

ha agito senza affetti, in modo freddo e funzionale ai propri scopi, ricordando accidentalmente alcuni aspetti della psicopatia.

Interessante notare che durante i colloqui con gli psichiatri Chiara ha ripetuto varie volte:

Ma io cosa ho fatto? Cosa ho fatto di male?.

Come si vede con Chiara siamo di fronte ad una totale mancanza di responsabilità individuale e ad una assoluta assenza di senso morale che rappresentano i due elementi caratteristici degli esseri privi di Io insieme alla totale assenza di rimorso, dato che addirittura non riconosce la trasgressione morale degli infanticidi commessi.

Angelo Izzo, il massacratore del Circeo

Un altro caso che ci rimanda alle caratteristiche degli esseri privi di Io riguarda la personalità di Angelo Izzo, salito agli onori – si fa per dire – delle cronache con il massacro del Circeo dove, il 30 settembre 1975, insieme a Andrea Ghira e Gianni Guido, stuprò, seviziò per 36 ore due ragazze; Rosaria Lopez, che venne brutalmente assassinata e Donatella Colasanti, che sopravvisse solo fingendosi morta.

Le due ragazze erano lì perché le volevamo uccidere, non violentarle. Nessuno l’ha ipotizzato e capito

scrive Izzo in una lettera prima di raccontare quelle 36 ore di orrore a Ilaria Amenta, giornalista di Radio Rai, nelle pagine di “Io sono l’uomo nero – dal Circeo a Ferrazzano: la storia mai raccontata di Angelo Izzo e dei suoi crimini”, edito da Rai Libri.

Ma perché pubblicare questo memoriale dell’orrore?

Risponde Ilaria Amenta:

Per provare a capire come un’anima possa attraversare la linea del bene senza riuscire a tornare indietro e come – dopo aver scontato trent’anni di carcere per il massacro del Circeo – si possa compiere lo stesso delitto con la stessa identica efferatezza. Senza un minimo accenno di pentimento.

Angelo Izzo

Un’assenza di pentimento che è evidente ed è messa nero su bianco dallo stesso Izzo:

Avevo pure collaborato con la giustizia, ma l’ho fatto per uscire, per poi tornare a commettere reati di fuori. Non ho mai voluto fare altro.

Giovedì 28 aprile 2005, infatti, Angelo Izzo torna ad uccidere come fece trent’anni prima, ed anche in questo caso si serve di due complici uomini (Guido Palladino e Luca Palaia) mentre le vittime sono ancora una volta due donne (Maria Carmela Linciano e Valentina Maiorano).

Non c’è un movente nella mia decisione di uccidere. Ad un certo punto ne ho sentito solo il bisogno.

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È quanto Izzo, responsabile dunque, oltre che della vicenda del Circeo, anche del massacro della villa di Ferrazzano, scrive in una lettera inviata ai suoi avvocati.

Mentre stavo così Maria Carmela mi trascinava sulla via del male. Mi pressava, non si rendeva conto di come io stavo. Ora ho distrutto tutto e tutti mi odiano. E pensare che appena uccise le due donne i fantasmi che sono all’interno di me mi hanno abbandonato e io ero come purificato. Ero tornato la persona dolce e buona che sono (…) Oggi non cerco di giustificare il mio orrendo gesto. Il mio unico timore è quello di aver perso per sempre la fiducia di chi mi voleva bene.

Interessante notare – per comprendere l’assoluta mancanza di senso morale e di rimorso del soggetto – l’affermazione di  Izzo alla fine del processo per il “massacro di Ferrazzano” secondo cui si aspettava l’assoluzione.

Izzo, infatti, pur non negando l’assassinio a sangue freddo delle due donne, sostiene di averlo fatto per “stato di necessità”, argomentando che la colpa non fosse sua, ma di una madre ed una figlia di soli quattordici anni che avrebbero avuto, secondo lui, la “sfrontatezza” di non trattarlo come “avrebbero dovuto”.

Anche in questo caso, dunque, ci troviamo di fronte alla mancanza della percezione della responsabilità individuale ed all’assenza di senso morale e di rimorso per quanto commesso

In più, con Angelo Izzo, incontriamo ben netto quel carattere predatorio cui si diceva sopra, a completamento degli aspetti che caratterizzano gli esseri privi di Io.

Quella che ho cercato di fare in queste righe è una riflessione sula situazione odierna che ci invita a meditare più attentamente su quanto si manifesta come male nel nostro tempo.

E non voglio oggi parlare del male non solo individuale, bensì collettivo, che è sotto gli occhi di tutti con il genocidio in Palestina.

Ma le cose non saranno sempre così e Rudolf Steiner ci viene in aiuto parlandoci del futuro e del nostro necessario intervento per co-crearlo:

L’essere umano opera lui stesso al suo avvenire. Per ottenere un’idea di ciò che sarà l’umanità su Giove bisogna convincersi che non esiste niente che sia malvagio o buono in assoluto. In ogni esser umano si mescolano bontà e malvagità. L’uomo buono deve dirsi che possiede poca più di bontà di un altro, ma in ogni caso ch’egli non possiede tutto il buono.

Su Giove, il buono e il malvagio non saranno più mescolati, ma gli esseri umani si divideranno in buoni e malvagi. Tutto ciò che coltiviamo sulla Terra come bellezza e nobiltà servirà a rafforzare il buono su Giove e tutto ciò che scaturisce dall’egoismo e dall’utilità andrà a rafforzare la malvagità (Rudolf Steiner, Lezioni Esoteriche vol.I 1904.1909, Monaco, 16 gennaio 1908,  O.O. 266 1).

Tutto ciò che coltiviamo sulla Terra come bellezza e nobiltà servirà a rafforzare il bene, mentre egoismo ed utilitarismo rafforzeranno il male.

Mi pare un buon punto di partenza.

5 Novembre 2025

Immagine di copertina: Arild Rosenkrantz, “Il regno umano”

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