Se succede Qualcosa a mia Madre ti uccido…

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di Fabrizio Perfumo

Con sentenza del 14 novembre, il Tribunale di Velletri ha rigettato la domanda risarcitoria di un medico che chiedeva oltre 5.000,00 euro di risarcimento del danno ex art.2043 cc a un cittadino che lo aveva minacciato di morte a seguito di una vicenda sanitaria riferita al drammatico periodo covid e vaccinazione.

I fatti si svolgono in una piccola e nota località dei Castelli Romani e l’ubicazione ha la sua importanza, come vedremo in seguito. L’anziana madre di Caio, afflitta da diverse patologie, fisiche e psichiche, si era recata dal proprio mmg, il quale, le consigliava caldamente la vaccinazione, premurandosi anche di prenotargliela, il tutto senza lo svolgimento di alcuna anamnesi dedicata alla paziente che avrebbe meritato, invece, un’attenzione particolare vista le molte patologie e anche una volontà non certo salda, stanti i problemi di ordine psichiatrico.

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Una cosa vista sempre durante la follia vaccinale (cit. Montaigner sulla vaccinazione di massa per il covid 19).

Il figlio dell’anziana signora, impiegato amministrativo presso l’Università, fiero oppositore del regime sanitario imposto tanto da farsi sospendere pur di tenere fede alla sua idea e alle molte informazioni divergenti su quel farmaco che vaccino non era e non è, chiamava il mmg sopra citato e aveva con lo stesso una discussione accesa, prima reclamando un’indagine medica volta a scongiurare effetti avversi in un organismo già tanto debilitato, poi minacciando lo stesso mmg, refrattario ovviamente ad ogni confronto in nome del dogma, che in caso di problemi di sorta alla madre, lo avrebbe considerato responsabile e si sarebbe fatto giustizia da solo.

Seguiranno messaggi WhatsApp sullo stesso argomento e dello stesso tenore.

Ora, va osservato, come accennato in premessa, che questi fatti sono avvenuti tra persone che si conoscono, a ragione del piccolo paese che abitano, dove la conoscenza tra tutti non è soltanto diretta ma anche per genealogie familiari.

Uno di quei paesi dove ancora Caio è figlio di Mevio e nipote di Sempronio e tutto si sa su ogni persona, cose dicibili e non dicibili.

Del nostro Caio tutti conoscevano l’onestà intellettuale, espressa in tante battaglie civili in paese, sempre svolte per cause ideali, difficili, fuori dal luogo comune ma anche legate alla legge e alla legalità, mai vista tanto di buon occhio se non nel periodo sanitario  del civismo e della solidarietà imposta sulla scorta di un falso presupposto.

Tanto era convinto delle sue ragioni Caio, che dopo lo scontro verbale col mmg, procedeva anche ad un esposto ai Carabinieri di zona e un altro all’Ordine dei Medici.

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Entrambi, nel tempo, naufragati nel nulla dell’indifferenza a ragioni e diritti considerati aprioristicamente dalla parte sbagliata. Del diritto e della morale comune.

Il medico provvedeva quindi ad instaurare un giudizio nel quale chiedeva, appunto, un risarcimento per il danno patito, esistenziale e di immagine. Tamquam non esset chi fosse Caio, persona incensurata e mai violenta e tamquam non esset il corollario di prova necessario a dimostrare l’eventuale stato ansioso ingeneratosi nell’attore.

Nella convinzione che una punizione spettasse di diritto e senza i crismi richiesti dal diritto sostanziale e  processuale, a chi si era opposto, seppure in forme censurabili ma di diretta derivazione della paura per la salute della madre, del senso di accerchiamento sociale patito da tutti noi “pecore nere”, dell’impossibilità anche solo di manifestare e far ascoltare le proprie ragioni, ancora prima dei propri diritti.

Nemmeno la morte dell’involontaria protagonista di questa vicenda, avvenuta pochi mesi dopo i fatti descritti per un attacco cardiaco, muoveva a pietà il medico ferito nella sua lesa maestà.

E stiamo parlando di un anziano medico, prossimo alla pensione e pieno di esperienza di casi, sanitari e umani, che accompagnano la vita di un medico di paese, riferimento sul territorio, conoscitore di ogni risvolto connesso ai propri pazienti e alla loro vita.

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Il processo iniziava col rito semplificato, poi su mia richiesta accolta, mutato in processo ordinario.

Primo sintomo, l’introduzione del giudizio, della luminosità dell’atto illecito per chi lo sosteneva, senza dubbio alcuno, senza coscienza di onere della prova.

Nel rito ordinario, svolte le memorie, ancora 183 e sentito il testimone, de relato, del medico, nessun testimone per Caio, si giungeva quindi alla precisazione delle conclusioni e alle comparse conclusionali e di replica.

Il quadro della situazione generale e attuale, ha fatto capolino nei miei scritti finali.

Ciò al fine di lasciare delle molliche di pane come Pollicino per ritrovare la strada di casa.

La pronuncia, di rigetto definitivo della domanda risarcitoria, sulla scorta certo di elementi di merito e procedurali certamente stringenti ma che “un animus non vocatus” avrebbe potuto comunque ignorare.

Sappiamo che spesso il Giudice parte dall’idea che si è fatto (specie in piccoli giudizi come questo) per poi ricostruirne a posteriori gli addentellati di merito e procedurali che fanno da sostegno alla decisione già in cuor presa.

Per fortuna ciò  non avviene in questo caso e la sentenza ha un passaggio significativo.

Lo riporto :

Ebbene dal processo non si ricava l’esistenza certa di un danno conseguenza per il professionista, tenuto conto del dibattito pubblico, diffuso e discordante, riguardante l’efficacia dei vaccini”.

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Ciò restituisce un po’ di calore e fiducia a chi, come me, insieme a pochi altri, ha combattuto e combatte la battaglia contro la propaganda che “infiniti lutti addusse agli Achei”.

Dalla prima ora, da quando sperare in tali parole da parte di un Giudice sembrava solo utopia.

Concludo.

“Lo scopo della propaganda è far dimenticare a un gruppo di persone che altri gruppi di persone sono umani”. Aldous  Huxley.

E’ stata ed è questa la mia battaglia, la nostra battaglia.

Non accettare  questa imposta dimenticanza.

Stare dalla parte degli invisibili.

Le poche parole riportate nella sentenza citata restituiscono molliche di speranza.

Per aspera ad astra.

17 Novembre 2025


Fabrizio Perfumo svolge la professione di avvocato con studio proprio in Roma.
Si occupa di Diritto Penale, procedure monitorie di recupero del credito, Diritto di Famiglia.
Membro della Commissione Monitoraggio Legislativo e Giurisprudenziale del Consiglio dell’Ordine del Foro di Roma.
Socio fondatore dell’Associazione Forense Orgoglio di Toga per la quale cura la video rassegna stampa settimanale.
Socio dell’associazione Avvocati Liberi per la quale si è occupato e si occupa dei diritti violati di lavoratori, medici, insegnanti, cittadini in fase di cd emergenza pandemica.
Collabora con la rivista Vaglio Magazine pubblicando racconti satirici di vita vissuta dall’avvocato nell’esercizio della professione. Ha pubblicato, in qualità di coautore, il libro “il Controsistema Palamara, la parola agli avvocati” Herald editore. Appassionato cultore di conoscenza, Libertà e sampdoria

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