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di Adriana Koulias
Qui, miei cari amici, non stringiamo amicizie per un motivo o per una stagione, ma per sempre. Nonostante viviamo in un mondo virtuale, proveniamo da tutte le nazioni, da tutte le razze, siamo nati in molti fedi diverse e per questo le immagini che creiamo l’uno dell’altro, se sono piene d’amore, sono forze creative mondiali, perché, miei cari amici, lo spirito di Cristo vive ovunque le persone si uniscono attraverso lo spirito individuale della comunità.
Oggi ci sono persone che, nonostante dicano di non credere in nulla di spirituale (anzi, sono proprio quelle che lo dicono di più), senza rendersene conto credono nello spirito, ma è lo spirito di un “popolo” o di una nazione. Si uniscono e provano affinità solo per coloro che appartengono a questo “unico spirito”, anche se dicono di essere atei e di non avere nulla a che fare con lo spirito. Seguono inconsciamente lo spirito, ma è uno spirito di divisione perché avere un unico spirito nazionale nell’anima come unico “uno” nega automaticamente (uso questa parola di proposito) gli altri. Coloro che seguono un unico “spirito” sono diversi da coloro che hanno sviluppato il potere cristico, poiché credono di appartenere allo spirito del mondo intero, dato che Cristo è lo spirito di questo mondo, e si sentono uniti a tutti i popoli attraverso di lui, indipendentemente dalla nazione, dalla razza o dalla religione.
Un caro amico che non è cristiano una volta mi ha chiesto:
“Perché ti senti così coinvolta da queste questioni? Devi avere un legame karmico”.
Ma naturalmente prendere in considerazione solo il karma è qualcosa di “vecchio” e legato alla nazione e alla razza, proviene da un’epoca precedente a Cristo, mentre essere in grado di prendere in considerazione il fatto che la necessità karmica ci porta alla libertà del destino è qualcosa di nuovo: Cristo ha portato la capacità di unire il nostro destino anche con coloro con cui non condividiamo il karma.
Per questo, quando Cristo parlò del popolo ebraico, disse che non si può mettere vino nuovo in otri vecchi perché si rovinerebbe. Il vecchio modo di pensare doveva trovare un nuovo recipiente, un’anima piena di Cristo.
Tutte le divisioni nel mondo di oggi derivano dalla mancanza del potere di Cristo nelle anime umane, anche se quelle anime hanno il nome di Cristo sulle labbra ogni giorno! Quello che adorano non è Cristo, è lo Spirito di una nazione.
È nostro destino, miei cari amici, come antroposofi, diventare pienamente consapevoli del potere di Cristo nelle nostre anime e sentirci uniti con il mondo intero, con tutti gli esseri umani, con tutte le creature, perché è questa unità che diventerà l’elemento creativo che darà vita alle future incarnazioni della Terra, una volta che coloro che seminano divisione, coloro che non conoscono Cristo, l’avranno distrutta.
“Nell’antichità lo spirito era menzionato in molti contesti, ma soprattutto in uno. Si sosteneva, e ciò è ora nuovamente giustificato dalle conoscenze acquisite attraverso la nostra attuale scienza spirituale, che quando un essere umano alla nascita entra nell’esistenza tra la nascita e la morte, il corpo in cui questa individualità si incarna è determinato in due modi. In realtà questo corpo ha un doppio compito da svolgere.
Per quanto riguarda la nostra corporeità, apparteniamo all’intera razza umana, ma siamo anche, più in particolare, individui di una certa nazione, razza o famiglia. In quei tempi antichi che precedettero la nascita del Cristianesimo, c’era ben poco di ciò che potremmo chiamare “umanità comune”, c’era ben poco di quel sentimento di appartenenza reciproca che ha guadagnato sempre più terreno nel cuore umano sin dalla nascita del Cristianesimo, il sentimento che ispira le parole:
“Tu sei uomo in comune con tutti gli uomini sulla Terra!”.
D’altra parte, il sentimento dell’individuo di appartenere a una particolare nazione o famiglia era ancora più forte. Questo sentimento è espresso anche nella venerabile religione indù, nella convinzione che solo chi appartiene alla stessa comunità di sangue può essere un vero indù. Sotto molti aspetti, anche se spesso lo avevano infranto, gli antichi ebrei si attenevano rigorosamente a questo principio prima della venuta di Cristo Gesù. Secondo loro, un uomo apparteneva alla loro nazione solo perché i suoi genitori, che a loro volta ne facevano parte per via del legame di sangue, lo avevano inserito in essa. Ma c’era qualcos’altro che si faceva sentire invariabilmente. Nei tempi antichi e in tutte le nazioni, l’individuo si sentiva sempre più o meno membro di un gruppo, membro di un organismo che era la sua nazione, e più ci allontaniamo nel lontano passato, più intenso troviamo il sentimento di appartenenza a un organismo, a una nazione, e più raro diventa il sentimento di essere un singolo individuo. Ma gradualmente l’essere umano imparò anche a essere consapevole di sé stesso come individuo, come essere umano separato con qualità umane distinte. Si sentiva che nella vita umana ordinaria erano all’opera due principi: l’attaccamento a un popolo e l’individualizzazione come essere umano separato”.
Ora, le forze dietro questi due principi erano variamente attribuite ai genitori. Il principio secondo cui l’essere umano apparteneva alla sua nazione, quello che lo rendeva parte della comunità, era attribuito all’eredità materna.
Chi simpatizzava con queste antiche opinioni diceva della madre: “lo spirito del popolo regna in lei; era piena dello spirito del popolo e ha trasmesso al bambino gli attributi comuni a tutti i membri della sua nazione”. Del padre si diceva che era il portatore e il trasmettitore del principio che tende a conferire le qualità individuali e personali. Quando, quindi, un essere umano nasceva nel mondo, si diceva – ad esempio tra gli antichi ebrei dell’epoca precristiana – che era una persona, un individuo, in virtù delle forze paterne, mentre tutta la natura della madre era intrisa dello spirito del suo popolo e lei aveva trasmesso quello spirito al suo bambino. Si diceva che lo spirito nazionale dimorasse nella madre. E in questo contesto lo spirito a cui ci si riferiva in modo particolare era quello che dalle regioni spirituali dirige le sue forze verso l’umanità, facendole fluire nella razza umana nel mondo fisico, attraverso il principio materno”.
“Ma ora, grazie all’impulso di Cristo, era sorto un nuovo punto di vista, ovvero la convinzione che lo Spirito precedentemente venerato, lo Spirito nazionale, dovesse essere sostituito da uno simile a lui, ma la cui attività era di carattere molto, molto più elevato: uno Spirito che aveva lo stesso rapporto con tutta l’umanità che lo Spirito precedente aveva con i singoli popoli.
Questo Spirito doveva essere comunicato all’umanità e doveva riempire gli uomini di quella forza interiore che avrebbe ispirato il pensiero: io non mi sento più appartenere solo a una parte dell’umanità, ma all’umanità intera. Sono un membro dell’intera razza umana e continuerò a sentirmi sempre più membro di quella razza umana! La forza che così riversava sull’intera umanità l’elemento dell’umanità comune era attribuita allo Spirito Santo. Lo Spirito che dimorava nella forza che si comunicava dalla nazione alla madre fu esaltato da “Spirito” a “Spirito Santo”.
Questa esperienza di Pentecoste è il prerequisito essenziale per qualsiasi comunità: un’esperienza di buon senso dello spirito deve sorgere attraverso l’amore, attraverso il nuovo elemento materno, l’anima umana sofianica.
Perché l’amore fiorisce quando tutti intraprendono il giusto sviluppo spirituale.
Qualsiasi mancanza di amore, egoismo, odio e paura dell’altro, nasce da uno sviluppo spirituale sbagliato. Il vero spirito di comunità individualizzato nell’anima umana dona se stesso e si sacrifica per quella comunità e più si sacrifica, più ha da sacrificare.
Creare una comunità è una responsabilità profonda che non dobbiamo prendere alla leggera. È la cosa più importante che possiamo fare per il futuro.
Nell’emisfero australe celebriamo questo spirito in questo periodo e quindi sento l’impulso di dirvi quanto amo questa comunità che abbiamo creato insieme. La amo e la tengo cara.
Con tutto il mio amore e il mio più profondo rispetto,
Namaste!
Tradotto dall’inglese da Piero Cammerinesi per LiberoPensare
In copertina, dipinto di Iris Sullivan
Adriana Koulias è nata nel 1960 a Rio de Janeiro, in Brasile. All’età di nove anni la sua famiglia è emigrata in Australia.
Nel 1989 Adriana ha iniziato a studiare Antroposofia, Filosofia e Storia e ha intrapreso una carriera artistica, vendendo opere a varie gallerie d’arte e partecipando a diverse mostre miste. Autrice di diversi romanzi tra cui tradotti in italiano: Il segreto della sesta chiave, Il tempio del Graal, I custodi del Graal. Oggi Adriana tiene regolarmente conferenze su storia, filosofia e scienze esoteriche. Ha due figli e vive a Sydney.