Grand Hotel Ukraine

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Pochi hanno notato che, considerato in questo modo, il piano di pace di Trump assomiglia più a un contratto per un investimento immobiliare.

 

Quanto vale questa pace?

Siamo tutti impegnati a parlare del piano di pace in 28 punti, ma pochi hanno notato che, preso così com’è, assomiglia più a un contratto per un investimento immobiliare.

Donald Trump, il grande imprenditore americano, l’uomo che si è fatto da solo e che incarna i valori del “nuovo mondo”, amico di Epstein, ha elaborato un piano che ricorda molto da vicino un altro piano, quello per la ricostruzione di Gaza, descritto pubblicamente come un progetto per “trasformare Gaza in un resort a cinque stelle”. D’altra parte, bisogna riconoscere che Trump è un vero uomo d’affari, sa cosa fare per ottenere ciò che vuole e sa come raggiungere i suoi obiettivi, a qualsiasi costo. Ed è proprio sui costi che vogliamo concentrarci.

Quanto vale questa pace?

È difficile fare una stima esatta, ma alcuni hanno già iniziato a fare delle proiezioni, come il Gruppo della Banca Mondiale, che nel terzo anniversario dell’SMO ha dichiarato in un comunicato stampa che un documento noto come RDNA4, Rapid Joint Damage and Needs Assessment, redatto in collaborazione con il governo ucraino, la Commissione europea e le Nazioni Unite, stimando che il costo totale della ricostruzione dell’Ucraina ammonterebbe a circa 524 miliardi di dollari in 10 anni, ovvero circa 2,8 volte il PIL nominale stimato dell’Ucraina nel 2024.

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Il RDNA4, che analizza i danni subiti tra il 24 febbraio 2022 e il 31 dicembre 2024, evidenzia che i danni diretti hanno raggiunto i 176 miliardi di dollari (170 miliardi di euro), in aumento rispetto ai 152 miliardi stimati nel RDNA3 del febbraio 2024. I settori più colpiti sono l’edilizia residenziale, i trasporti, l’energia, il commercio, l’industria e l’istruzione. Il 13% del patrimonio immobiliare totale è stato compromesso o distrutto, con ripercussioni su oltre 2,5 milioni di famiglie. Nel settore energetico, si è registrato un aumento del 70% delle infrastrutture danneggiate o distrutte rispetto alla valutazione precedente, compresi gli impianti di produzione, le reti di trasmissione e distribuzione e i sistemi di teleriscaldamento. Le regioni vicine alla linea del fronte hanno subito circa il 72% dei danni totali.

Per il 2025, il governo ucraino, con il sostegno dei donatori internazionali, aveva stanziato 7,37 miliardi di dollari per settori prioritari quali l’edilizia abitativa, l’istruzione, la sanità, la protezione sociale, l’energia, i trasporti, l’approvvigionamento idrico, lo sminamento e la protezione civile. Tuttavia, nello stesso anno rimaneva un deficit di finanziamento pari a 9,96 miliardi di dollari per le esigenze di ricostruzione e ripresa. In questo contesto, il coinvolgimento del settore privato è stato confermato come un fattore decisivo per il successo della ripresa dell’Ucraina.

Di quali investitori privati stiamo parlando?

La Commissione europea ha sottolineato la portata straordinaria della distruzione inflitta all’Ucraina, ribadendo l’impegno dell’UE a sostenere la ricostruzione attraverso la mobilitazione di investimenti privati e la graduale integrazione del paese nel mercato unico europeo, creando nuove opportunità economiche per entrambe le parti.

Le maggiori esigenze di ricostruzione riguardano il settore dell’edilizia abitativa, con un fabbisogno di quasi 84 miliardi di dollari, seguito dai trasporti (circa 78 miliardi di dollari), dall’energia e dalle risorse estrattive (68 miliardi di dollari), dal commercio e dall’industria (oltre 64 miliardi di dollari) e dall’agricoltura (oltre 55 miliardi di dollari). La sola gestione e rimozione delle macerie costerà quasi 13 miliardi di dollari. La valutazione esclude anche oltre 13 miliardi di dollari di esigenze già soddisfatte grazie ai contributi dello Stato, dei partner internazionali e del settore privato. Nel 2024, ad esempio, almeno 1,2 miliardi di dollari sono stati stanziati per la ripresa del settore abitativo, mentre oltre 2.000 chilometri di strade nazionali hanno beneficiato di riparazioni di emergenza. L’RDNA4 sottolinea inoltre che dare priorità agli investimenti nella ricostruzione sarà fondamentale per il percorso dell’Ucraina verso l’adesione all’UE e per rafforzare la sua resilienza a lungo termine. Questi interventi mirano non solo a riparare ciò che è stato distrutto dalla guerra, ma anche a modernizzare il Paese attraverso soluzioni innovative e riforme coerenti con gli standard europei, promuovendo uno sviluppo più solido e sostenibile nel tempo.

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Quindi, in altre parole, l’investitore che vorrebbe trarre profitto da questo grande progetto è proprio l’Unione Europea.

Immaginate 524 miliardi di dollari (oggi, alla fine del 2025, possiamo immaginare che la stima sarà più alta) in investimenti. Immaginate che grande opportunità di business. Immaginate quanto ne abbia bisogno l’UE, dato che ha già speso circa 185 miliardi di euro in aiuti all’Ucraina e sta cercando di ottenere 800 + 150 miliardi di euro per muovere guerra alla Russia. Se la matematica non è una questione di opinioni… l’UE deve diventare il principale investitore in Ucraina, perché solo in questo modo potrà recuperare risorse e garantire la sopravvivenza del suo apparato burocratico, politico e finanziario, indebitando l’Ucraina per il resto della sua esistenza.

Questa pace, quindi, è preziosa. È estremamente preziosa. Ma se è Donald Trump a proporla, l’UE non può accettarla.

Un mega resort sul fronte orientale

Parliamo quindi di Trump. Nel suo piano in 28 punti, ha proposto di utilizzare 100 miliardi di dollari di beni russi congelati per la ricostruzione. Una mossa brillante: si tratta fondamentalmente di finanziare una start-up con denaro russo. Una gigantesca presa in giro di Mosca. Considerando che il governo degli Stati Uniti ha già ufficialmente speso 185 miliardi di dollari per la guerra, l’investimento richiesto è praticamente un recupero del 50% della spesa. Una strategia eccellente sia per recuperare parte dei fondi persi che per utilizzarli a proprio vantaggio.

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Ora proviamo a immaginare cosa potrebbe diventare l’Ucraina: un gigantesco resort a cinque stelle, guidato dal Grand Hotel Ukraine – e facciamo un po’ di ironia con il famoso Hotel Ukraine di Mosca, che in seguito è diventato il Radisson Hotel, una delle sette sorelle di Stalin – che rappresenterebbe l’egemonia degli Stati Uniti che si estende all’estremo oriente dell’Europa. Questa immagine ha un significato molto più profondo della semplice estetica.

In questo modo, gli Stati Uniti otterrebbero una serie di risultati.

Il primo sarebbe quello di stabilire un nuovo avamposto in Europa, in quell’Europa dalla quale si è allontanata politicamente, ma non in termini di influenza ed egemonia. Se Washington fosse già riuscita a separare Kiev da Mosca, questo le garantirebbe un’intera colonia a sua disposizione, a pochi chilometri dal confine. Se guardiamo tutto questo dalla prospettiva della Guerra Fredda, stiamo parlando di un’altra vittoria americana.

Gli Stati Uniti, come abbiamo detto, avrebbero anche un nuovo centro di comando politico e militare in Europa. Ma quale Europa? Il modello attuale è già una colonia, ma l’influenza britannica e francese è troppo forte per i gusti di Trump. L’America vuole un’Europa “libera” dai suoi poteri interni, per trasformarla in una provincia del suo impero decadente, da sfruttare fino all’ultimo cittadino.

È la legge del karma: l’Europa ha creato gli Stati Uniti per colonizzare il “nuovo continente”, e ora il “nuovo” si sta rivoltando contro il “vecchio”.

Trump è consapevole che per disintegrare Londra e i suoi vassalli ha bisogno di tempo e di numerosi attacchi mirati. Escludere l’Europa dai negoziati con l’Ucraina è un duro colpo alla credibilità e alla stabilità dei governi europei. La stessa NATO, un importante progetto britannico per mantenere un controllo esteso sul mondo occidentale, sta perdendo la sua forza perché la leadership britannica non è più in grado di tenere insieme l’apparato militare.

Il punto è che l’Europa non è destinata a vivere in continuità con l’America, ma con la Russia. L’Eurasia non è un’opinione, è un grande spazio geopolitico, uno spazio vitale per l’espansione e l’integrazione di modelli di civiltà diversi, tellurocratici e contigui. La dipendenza dall’Atlantico appartiene al regno delle menzogne.

E l’Ucraina, terra di confine, è chiamata ancora una volta a decidere da che parte stare. Ritornare alla Russia e consentire l’integrazione eurasiatica, oppure rimanere nell’orbita delle potenze occidentali, in attesa di essere trasformata nel nuovo terreno di gioco di qualche imprenditore visionario.

26 novembre 2025

Tradotto dall’inglese da Piero Cammerinesi per LiberoPensare

© Foto: Dominio pubblico

Fonte: https://strategic-culture.su/news/2025/11/26/grand-hotel-ukraine/


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