Dacci oggi la nostra Strage quotidiana

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di Andrea Zhok

Anche oggi [ieri NdR] Israele ci ha regalato la nostra strage quotidiana. Un attacco aereo ha preso di mira l’Al-Baqa Café sulla spiaggia di Gaza, facendo almeno 21 morti. Si tratta di uno dei pochi luoghi in cui è (era) possibile avere un accesso internet nei prolungati blackout delle comunicazioni in Gaza, e perciò è (era) spesso sede di giornalisti e fotoreporter (almeno tre morti in questo attacco).

Insieme alle lacrime, le parole sono finite da tempo.

È come vivere in un dipartimento dell’inferno emerso per accidente alla superficie terrena, come abitare l’incubo di un pazzo sadico.

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È come se la rivolta e il massacro del Ghetto di Varsavia andasse in onda sempre di nuovo, ma moltiplicato per dieci nei numeri, nella durata, nell’efferatezza; ed è come se il tutto venisse trasmesso in mondovisione, e tutt’attorno la buona società del giardino occidentale applaudisse ad ogni nuovo schizzo di sangue, e si guardasse allo specchio soddisfatta.

Questo è il Male.

E in tutto questo orrore c’è un orrore indiretto, nascosto, a scoppio ritardato.

Quest’oscenità morale e umana, infatti, non è solo qualcosa che colpisce le vittime presenti, non è qualcosa che si esprime solo nei confronti di un popolo martoriato e lontano, e che perciò merita la nostra compassione.

Chi pensa così non capisce la portata di quello che sta accadendo.
Ciò che sta avvenendo è la prova provata della metamorfosi dell’anima occidentale in un automa assassino, in un Golem che recita la giustizia e il diritto, ma conosce solo la forza e l’inganno.

Stiamo accettando, legittimando, giustificando un mondo in cui chi non ha la forza per difendersi può essere smembrato e schiacciato senza un battito di ciglia.

Nei ceti dirigenti occidentali il nichilismo è divenuto seconda natura e contano solo la forza e la menzogna.

Che non sia un accidente legato alla Palestina lo si vede rammentando la dinamica del recente attacco israelo-americano all’Iran. Lì, i negoziatori sono stati tratti in inganno fino all’ultimo, mentre l’attacco – oggi lo sappiamo ufficialmente – era preparato da mesi; due capi di stato hanno mentito in mondovisione ripetutamente come parte (anche questo ammesso pubblicamente) di una tattica per far “abbassare la guardia” alla futura vittima; quando l’attacco è partito, esso ha ucciso vertici politici e militari di uno stato rappresentato all’ONU, ha ammazzato scienziati nelle loro case con le loro famiglie, i loro vicini, in due casi con l’intero condominio. Il mattatoio si è fermato solo perché, diversamente da come previsto, la vittima non è risultata inerme.

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Ecco, la cosa che temo ci sfugga ancora è che tutto ciò non ha un bersaglio fatale designato e limitato, che noi possiamo compatire come “altro da noi”.

No, ciò che è avvenuto è che abbiamo sdoganato in maniera completa l’imperio della violenza e della menzogna, che potrà abbattersi, date le condizioni utilitarie adatte, su chiunque non sia in grado di difendersi, dentro e fuori ogni paese ed ogni società, senza un tentennamento.

Una volta superata questa soglia l’esercizio della forza e della menzogna può e potrà colpire chiunque, ovunque, famiglie e individui, associazioni e gruppi, classi e ceti, paesini e città, interni ed esteri.

Passato questo confine della coscienza, chiunque, laddove al potere dovesse essere utile farlo, si trasformerà in  muta carne da macello.

Le stesse facce di gomma possono giustificare e giustificheranno qualunque doppio, triplo, quadruplo standard; gli stessi pupazzi assassini possono e potranno sterminare o incarcerare o affamare chiunque, compiacendosi della propria efficienza; gli stessi scribacchini a ore possono e potranno “governare la narrazione” in maniera da far svanire dalla coscienza pubblica tutto ciò che potrebbe produrre una reazione o un sussulto di sdegno.

Il meccanismo è oliato, i popoli impotenti, gli attori invisibili.

Un tritacarne industriale potrà lavorare a pieno regime al centro del palcoscenico senza che nessuno lo noti.

Immagine di copertina: la giornalista Bayan Abu Sultan, nota per il suo impegno ferita nel Caffé (Foto di Majdi Fathi)


Andrea Zhok, nato a Trieste nel 1967, ha studiato presso le Università di Trieste, Milano, Vienna ed Essex.
È dottore di ricerca dell’Università di Milano e Master of Philosophy dell’Università di Essex.
È autore di numerose pubblicazioni, scientifiche e divulgative; tra le pubblicazioni monografiche: “Lo spirito del denaro e la liquidazione del mondo” (Jaca Book 2006); “Emergentismo” (Ets 2011); “Critica della ragione liberale” (Meltemi 2020).

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