Facebook e il bracciale che legge i pensieri: benvenuti nella Matrix

Procede senza ostacoli la marcia trionfale del transumanesimo, vale a dire la dissoluzione dell’umanità per come la conosciamo.

Di cosa parlo? 

Di questo: “Facebook is making a bracelet that lets you control computers with your brain”. “Facebook ha prodotto un braccialetto che ti permette di controllare i computer con il tuo cervello”.
Vale a dire un braccialetto in grado di tradurre i segnali motori che partono dal cervello in modo da poter interagire con un dispositivo digitale semplicemente pensandoci.

Ma andiamo ad approfondire la questione, dato che dal momento in cui sono state poste le basi per questa invenzione sono passati alcuni mesi.

Partiamo dall’inizio.

Facebook e Ctrl-Labs

L’acquisizione da parte di Facebook della Ctrl-Labs è stata la quarta più costosa della storia dell’azienda di Menlo Park dopo quelle di Whatsapp, Instagram e Oculus.

Ctrl-Labs  è una startup fondata da Thomas Reardon e Patrick Kaifosh nel 2015. Dopo un dottorato in neuroscienze alla Columbia University e varie esperienze professionali i due avevano raggranellato la cospicua cifra di 28 milioni di dollari da un gruppo di investitori tra i quali spiccano GV (venture capital di Alphabet), Founders Fund di Peter Thiel e Alexa Fund (Amazon). 

L’obiettivo dichiarato di Ctrl-Labs era quello di tradurre i pensieri e le conseguenti azioni volitive in un segnale trasferibile ad un computer senza alcun contatto, digitalizzando il movimento anche quando il movimento non c’è.

Infatti, anche avendo una mano bloccata e cercando di muovere le dita, nei muscoli dell’avambraccio e nel polso scorrono i comandi di movimento che vengono registrati dal dispositivo, il quale dunque ”cattura l’intenzione” senza necessità di utilizzare i muscoli. I segnali sono “così chiari” che il sistema è in grado “di recepìre i movimenti delle dita dell’ordine di un millimetro” senza nemmeno la necessità di muoverle: basterà l’intenzione di farlo.

Insomma, di comandare una macchina (computer) con il pensiero, nella più autentica tradizione transumanista.

Tuttavia neanche la realizzazione di questo bracciale questo è l’obiettivo finale, in quanto c’è ancora bisogno di un dispositivo intermedio tra noi ed il computer.

L’obiettivo finale è invece, quello di collegare mente e macchina senza intermediari. 

Così il CEO di Ctrl-Labs, Thomas Reardon:

“ I nostri comandi attraversano tre passaggi: il cervello chiama, i muscoli rispondono disegnando un gesto, uno schermo riceve l’input.
Ctrl-Labs vuole saltare il secondo stadio, traducendo l’attività del sistema nervoso direttamente in comandi per i dispositivi. La rimozione dei vincoli fisici non è un semplice miglioramento ma un moltiplicatore di possibilità: se non siamo più sottomessi ai nostri muscoli potremmo comportarci come se avessimo sei dita, oppure otto braccia, come un polipo. Il corpo non può farlo, ma il cervello sì”.

E questo non con l’ausilio di elettrodi impiantati nel cervello ma mediante un apparentemente innocuo bracciale, che somiglia un po’ all’Apple Watch.

Il bracciale utilizza dei sensori per rilevare i movimenti che si intende fare, usando l’elettromiografia (EMG) per interpretare l’attività elettrica dei nervi motori mentre inviano informazioni dal cervello alla mano.

“Se invii un comando al tuo muscolo dicendo: ‘Voglio muovere il mio dito’, questo inizia nel tuo cervello. Scende lungo la spina dorsale attraverso i motoneuroni, e questo è un segnale elettrico. Quindi si dovrebbe essere in grado di afferrare quel segnale elettrico sul muscolo e dire: ‘Oh, ok. L’utente vuole muovere il dito”,

dice in un video Nathalie Gayraud, una ricercatrice di Facebook Reality Labs.

Catturare l’intenzione

Così Andrew “Boz” Bosworth, vicepresidente responsabile di realtà virtuale e aumentata di Facebook, illustra il funzionamento del bracciale:

“I neuroni inviano segnali elettrici ai muscoli della mano, ordinando di muoversi in modi specifici per cliccare sul mouse o premere un pulsante. Il braccialetto decodificherà quei segnali e li tradurrà in un segnale digitale che il dispositivo può interpretare. Cattura le intenzioni in modo da poter condividere una foto con un amico usando un movimento impercettibile o anche soltanto con l’intenzione di farlo”.

Attenzione: “catturare l’intenzione”. Vi ricordate il film “Minority Report”? 

“Intenzione” è, infatti, il concetto su cui insiste il CEO di Ctrl-Labs, Thomas Reardon, descrivendo la tecnologia del suo bracciale come “intention capture”. 

Ancora Bosworth:

“Sappiamo che esistono modi più naturali e intuitivi per interagire con i dispositivi. E vogliamo costruirli. È per questo che abbiamo deciso di acquisire Ctrl-Labs. Si uniranno al nostro team di Facebook Reality Labs dove speriamo di sviluppare questo tipo di tecnologia, su larga scala, e di introdurla rapidamente nei prodotti di consumo”.

L’obiettivo non è di creare nuovi dispositivi ma di accrescere le potenzialità del cervello umano: 

“non un dispositivo più capace ma diventare noi stessi più capaci. Le interfacce neurali sono la soluzione a questo problema”.

Quando uscì il film Lucy sembrava solo un film di fantascienza ma così non era come ebbi modo di parlarne diffusamente

Quali sono i reali obiettivi di Facebook?

Ora la questione è: perché Facebook ha speso un miliardo di dollari per questa tecnologia  e, sopratutto, come la vuole utilizzare?

Una delle opzioni possibili sarebbe quella di integrare la tecnologia di Ctrl-Lab con gli Oculus: in tal caso le mani funzionerebbero da controller, possibilità che sembra confermata dal progetto degli occhiali intelligenti. 

Con un bracciale e due lenti ‘intelligenti’ davanti agli occhi, diventeremmo un vero e proprio computer vivente. 

Un obiettivo ormai a portata di mano visto che in una recente ricerca pubblicata su Nature un team della University of California descrive il successo della trasformazione in tempo reale dei segnali elettrici del cervello in parole, con un’accuratezza del 76%. 

Tecnologia “inevitabile”

Sulla tecnologia di Ctrl-Labs, la “cattura dell’intenzione”, il CEO Reardon dice che è “adatta a tutto” e che è “inevitabile”.
Se ha speso quasi un miliardo per questo, evidentemente ne è convinto anche Mark Zuckerberg.  

Già due anni fa, durante una conferenza per gli sviluppatori, Facebook aveva svelato il suo impegno per

“un sistema che permetta alle persone di scrivere con il pensiero”.

Il dispositivo del braccialetto attuale, ancora senza nome, secondo gli sviluppatori, permetterebbe di navigare nei menu di realtà aumentata solo pensando di muovere il dito per scorrere.

Non si tratta di scrivere su una tastiera olografica; si tocca su qualsiasi superficie, e il sistema analizza il movimento relativo delle dita per indovinare quale tasto immaginario hai premuto calibrandosi automaticamente per ogni individuo. 

Facebook conclude:

“Tu sei la tastiera. Con una grande dose di correzione automatica e analisi predittiva, l’azienda è convinta che finiremo per digitare più velocemente che su una tastiera fisica”.

Ctrl-Labs non è la prima azienda che punta  alla “realtà aumentata” ed al controllo dei dispositivi attraverso il pensiero.
Prima di lei, BrainCo, per esempio, aveva sviluppato una fascia provvista di sensori che permette alle persone di spostare oggetti a distanza usando la loro mente. L’azienda ha poi sviluppato arti robotici che rilevano e reagiscono ai segnali muscolari.

Ma cosa è la realtà aumentata?

Si tratta di un livello di percezioni ed informazioni che si sovrappongono alla ordinaria visione del mondo reale, siano questi dati, mappe o altre immagini.

Una Matrix, insomma.

Basti pensare al riuscitissimo esperimento di Pokémon Go, quando, nel 2016, i giocatori setacciarono città e quartieri alla caccia dei misteriosi personaggi Pokémon. Fu un test fondamentale per capire che si trattava di una strada da seguire, creando i dispositivi adatti per realizzarne la diffusione sociale.

“Anche se il sistema attuale è ancora troppo “ingombrante, lento e inaffidabile, vale però la pena di continuare a migliorare questa tecnologia perché ha un potenziale significativo”

dichiara Facebook.

In fondo questo potrebbe esprimersi in forma semplificata: non serve che ci sia una comprensione di pensieri complessi e lunghi discorsi. Per iniziare, basterebbe percepire con esattezza comandi come “seleziona” o “elimina”.

L’azione di base: un clic dunque, con il pollice e l’indice per convalidare un’azione. 

Zero-Uno il sistema binario.

Mark Zuckerberg immagina il cervello come una sorta di account social.  E come un account social dovrebbe avere specifiche impostazione sulla privacy. L’interfaccia computer-cervello, spiegava Zuckerberg in un post,

“è un modo di comunicare con la velocità e la flessibilità della voce, ma con la privacy del testo scritto”.

Vogliono leggere il nostro pensiero?

Tranquilli, Thomas Reardon, oggi direttore delle interfacce neuromotorie presso Facebook Reality Labs all’anteprima per la stampa ha affermato che l’obiettivo del dispositivo

“non è il controllo della mente in quanto è collegato alla parte del cervello che controlla le informazioni motorie, non il pensiero”.

Ci sentiremmo effettivamente più tranquilli se non ci tornasse alla mente quanto in termini di manipolazione è stato sperimentato e realizzato a partire dai progetti Monarch e MK-Ultra

Purtroppo la storia ci mostra chiaramente che le cose non stanno così; basti pensare che appena pochi giorni fa, il 9 marzo, Facebook aveva annunciato che i suoi occhiali avrebbero interagito con l’ambiente circostante. Avevano utilizzato l’esempio di chi passando davanti al proprio caffè preferito riceverebbe dagli occhiali indicazioni sull’ordine da fare.

È evidente come in un caso di questo genere – e di mille altri analoghi – Facebook avrebbe tutte le informazioni possibili, ad esempio su quale caffè preferiamo, dove viviamo e, conseguentemente le nostre informazioni demografiche, di salute e altre informazioni personali. 

E data la posizione ben nota dell’azienda sulla privacy, non c’è davvero da fidarsi.

Quello dell’uso dei nostri dati – che Facebook peraltro possiede già in quanto siamo noi stessi a fornirglieli gratuitamente utilizzando il social network – sarebbe comunque solo il primo passo. 

Non è certamente peregrino ipotizzare la futura – ma non tanto – possibilità di interagire da remoto su questi dispositivi in modo da influenzare le nostre esperienze sensorie che nell’ambito della “realtà aumentata” sfuggono al controllo vigile della coscienza individuale.

Non dimentichiamo che Facebook fa profitti grazie alle informazioni personali e un dispositivo che porta a comunicargli non solo i nostri dati ma anche le nostre intenzioni è qualcosa di assolutamente pericoloso. Non solo perché in questo modo il sistema ci porterà ad essere sempre più dipendenti da lui ma cambierà addirittura la direzione del vettore uomo-macchina; l’intenzionalità dell’azione non partirà più dall’uomo ma dal condizionamento che la macchina eserciterà, defraudando il soggetto dei sui residui spazi di libertà ed autonomia. 

Un incubo cui i romanzi ed i film di fantascienza ci hanno abituati da anni. 

Un uomo ormai svuotato della sua individualità, sempre maggiormente vittima degli impulsi – chiamati al momento ingenuamente ‘suggerimenti’ o ‘soluzioni su misura’ – di cui è semplice antenna ricevente.

Dopo i “Fashion slave” ecco i “Tech slave” nella loro accezione più estrema.

Benvenuti nella Matrix di Facebook

Va detto che Zuckerberg non è l’unico pioniere del transumanesimo, ha un degno compare/competitor in Elon Musk, che con Neuralink vuole far dialogare le persone paraplegiche con smartphone e personal computer tramite un microprocessore impiantato nel cervello.

Elon Musk, il milionario e visionario imprenditore sudafricano naturalizzato statunitense creatore di Tesla e di SpaceX, ha già anni fa affermato che i test sull’interfaccia cervello-computer stanno procedendo a passi da gigante, con l’obiettivo di una tecnologia più evoluta, verso una nuova frontiera nel trattamento di malattie neurologiche.

 

Tuttavia l’obiettivo finale di Musk è quello di realizzare una versione talmente avanzata da generare “superintelligenze digitali”. 

“Alla lunga potremmo creare un’interfaccia cervello-macchina completa per ottenere una sorta di simbiosi con l’intelligenza artificiale”

ha spiegato l’imprenditore 48enne.

“‘Basterà’ realizzare 4 minuscoli fori di 8 mm nel cranio per impiantare quattro chip sensori di 4 millimetri collegati a un centinaio di microscopici fili flessibili, quattro volte più piccoli di un capello, che a loro volta contengono migliaia di microscopici elettrodi. Il chip aiuterà a preservare e accrescere le capacità del cervello. L’operazione sarà poco invasiva e verrà effettuata da un robot sotto la guida di un neurochirurgo”.

Cosa c’è dietro tutto questo?

Per inquadrare in modo corretto questi fatti è necessario ricorrere ad una visione più ampia della storia e dell’evoluzione umane. Altrimenti si oscillerà inevitabilmente tra il il modernismo acritico e l’antimodernismo a tutti i costi.

E per fare questo solo la dimensione spirituale della storia ci può venire in aiuto.

Dunque, allora a cosa assistiamo qui?

Abbiamo dinanzi ai nostri occhi un crescente dilagare – un tracimare direi –  della tecnologia nelle società e nelle singole vite umane.

La tecnologia di per sé non è male né bene, trattandosi sostanzialmente dell’attività di trasformazione delle forze e delle sostanze del mondo fisico esteriore per dare loro nuove strutture e proprietà in funzione di quelli che sono i nostri obiettivi di sviluppo.

Ma sappiamo per esperienza che la tecnologia priva dell’elemento morale diviene un elemento distruttivo da cui è difficile non venir sopraffatti – come ben ci mostra la storia che parte dalla liberazione delle forze sub-umane dell’atomo.


È anche vero che la tecnologia – e qualsiasi innovazione scientifica che presenta risvolti etici sovente difficilmente accettabili – ci viene presentata sempre come qualcosa di positivo, anzi, indispensabile per noi.

Quando Musk, ad esempio, annuncia la prossima creazione di una

“interfaccia cerebrale completa, che consentirebbe la ‘simbiosi’ tra uomo e AI che servirebbe…per magari riparare le lesioni cerebrali”

vediamo nella sua narrazione la conferma del fatto che questa, come altre nuove creazioni tecnologiche, sono sempre presentate come buone e indispensabili per la nostra salute ed il nostro benessere.

Ma poi, quasi inavvertitamente, vengono aggiunti altri pensieri come, ad esempio:

“il chip potrebbe modificare anche il modo in cui avvengono le relazioni tra esseri umani. Una simbiosi con l’AI è auspicabile, dato che dobbiamo imparare a stare al passo con la tecnologia”

Poi basta minimizzare quanto si sta presentando come nuove tecnologie aggiungendo, ad esempio, che in fondo siamo già – è sempre Musk a parlare – a metà del guado anche senza accorgercene:

“Siamo già in qualche modo un cyborg, giusto? Perché hai il tuo telefono, hai il tuo laptop, hai i tuoi dispositivi elettronici. Oggi se non porti il telefono, è come se avessi la sindrome dell’arto mancante. Sembra che qualcosa sia davvero, davvero mancante. Entro una manciata di anni saremo in grado di leggerci la mente a vicenda, in modo non verbale e non fisico”.

Vedete, in qualche modo Musk ci offre anche un elemento ’spirituale’…peccato che questo interscambio telepatico dovrà avvenire tramite il connubio cervello-AI (intelligenza artificiale) che farà da ‘ponte’ tra i singoli individui.

Quello che Musk – e gli altri profeti del transumanesimo vogliono – è farci diventare un nodo di una gigantesca ragnatela facente capo al cloud centrale, una sorta di Akasha elettro-magnetica, per usare un termine dell’antica India.

Ancora Elon Musk:

“In poco più di 25 anni potremmo riuscire a creare un’intera interfaccia cerebrale, in modo che tutti i neuroni di una persona siano collegati a un’estensione. È un pò come quando lasciamo tracce di noi stessi nei nostri computer e nei nostri smartphone, solo che in questo caso sarebbe una porzione più abbondante delle nostre identità ad essere nel cloud”.

Verso quale mondo ci porta il transumanesimo?

Un mondo in cui il materialismo ci legherà alla Terra in un nodo indistricabile nel quale il motivo centrale è quello di un’evoluzione intesa in senso assolutamente materiale, in cui tutto nasce da una cellula – venuta da dove? – che si divide in due, poi in quattro, poi in otto e così via, sino a giungere ai sistemi complessi degli animali superiori ed allo stesso cervello umano, ancora sotto-utilizzato.

Un cervello, però, che se mai fossimo in grado di utilizzare totalmente – a questo punto grazie alla fusione con la macchina – ci farebbe diventare, di fatto, degli dei, esseri in grado di influenzare tempo e spazio.

Ma che tipo di dei?

Degli dei che limitano il proprio campo d’azione al cosmo materiale, alla materia dove sarebbe bandito – come già sta accadendo – ogni tipo di pensiero autonomo.

Sto esagerando?

Forse, ma come esageravano quegli scienziati che preferirono perdere il lavoro piuttosto che partecipare con le loro ricerche alla costruzione dell’atomica. 

Anche allora la ricerca veniva giustificata come necessaria e indispensabile per sconfiggere il nazismo, ma poi abbiamo visto come siano stati sacrificati centinaia di migliaia di esseri umani senza nessuna reale necessità bellica con le bombe lanciate su Hiroshima e Nagasaki.

E fu in qualche modo proprio grazie a Hitler, nella corsa per decifrare i codici criptati dei nazisti ed alla bomba atomica che si giunse alla realizzazione dei primi computer della storia con Alan Turing e lo si fece grazie ad una tecnologia su base binaria dove la triplicità venne persa, distrutta. 

Da quel momento la tecnologia informatica si è sviluppata in uno stampo binario, sfruttando la dualità del magnetismo e dell’elettricità. A causa questa dualità si è potuto conferire l’intelligenza alle macchine, un’intelligenza in grado di elaborare le informazioni, ma un’intelligenza sub-umana dove gli elementi dell’empatia e della moralità non trovano posto. 

Il collegamento pensiero-computer reso possibile dalla ricerca di Ctrl-Labs è oggi solo ai primi passi ma le sue possibili implicazioni etiche sono già enormi.

Chi ha una certa dimestichezza con l’esoterismo sa che il futuro dell’umanità prevede il nascere in un numero sempre più vasto di uomini di nuove facoltà interiori che potranno permettere loro di relazionarsi direttamente anche con i processi elettrico-magnetici. Ebbene, il sorgere di queste facoltà viene messo a rischio dalla fisicizzazione del collegamento mente-computer come viene prefigurato dalle intenzioni dei profeti del transumanesimo di cui si è parlato.

Durante il nostro periodo storico, infatti, l’intelligenza artificiale dovrà comunque raggiungere uno stadio di sviluppo molto avanzato e gli uomini cresceranno insieme alle macchine. 

Questo è effettivamente “inevitabile” come affermava della “cattura dell’intenzione” il CEO di Ctrl-Labs, Reardon.

Dai primi goffi inizi della robotica, si svilupperanno esseri-macchina oggi inimmaginabili.

Ma se non si saprà andare verso una ‘tecnologia morale’ assisteremo ad un totale asservimento dell’umanità a poteri sempre più sofisticati e dittatoriali.

La gran parte dell’umanità verrà attratta da uno stile di vita totalmente materialista, poiché la scienza e la tecnologia diventano sempre più incomprensibili per l’uomo della strada. Questo farà il gioco delle forze – occulte e manifeste – come ben vediamo oggi con il progetto del Great Reset che eserciteranno un crescente dominio su tutta l’umanità…

 

Abbiamo dunque due direzioni che la tecnologia potrà prendere in futuro.

La prima – le cui prime manifestazioni sono oggi predominanti – si basa sul dominio del regno minerale inanimato della natura ed utilizzerà una forza simile all’elettricità. Le facoltà nell’anima umana che sono collegate ai processi nel sistema nervoso saranno utilizzate per produrre effetti sulla materia nel mondo esterno. Consentiranno pertanto all’uomo di provocare grandi devastazioni su lunghe distanze.

Alcuni individui o gruppi di persone senza scrupoli saranno in grado di esercitare un potere inimmaginabile con il loro uso.

L’altra forma di tecnologia – che dovrà nascere se non vogliamo che l’umanità sia condannata ad un inarrestabile declino – si basa sulle facoltà dell’anima che operano attraverso il cuore: il potere dell’amore altruistico. Per sua stessa natura, questa tecnologia non può essere utilizzata per fini egoistici.

Una tecnologia che era nata con gli esperimenti di John Worrell Keely – il quale scoprì come usare il principio della moltiplicazione di risonanza per liberare forze enormi, che chiamò “forze intereteriche” – e probabilmente presente nella ‘macchina’ di Ettore Majorana. 

Come ebbe modo di affermare Rudolf Steiner: 

“Oggi siamo scesi sul piano fisico con tutte le nostre organizzazioni.  Se accanto alla cultura sul piano fisico non esiste anche una cultura etica, le organizzazioni fisiche hanno un effetto demolitore. Sviluppando la morale, l’uomo potrà produrre forze ben diverse da quelle che esistono sul piano fisico.  John Warrel Keely mise in moto la sua macchina per mezzo di vibrazioni ottenute nel suo organismo.  Queste vibrazioni dipendono dalla natura morale dell’uomo. È questo il primo bagliore di quella che sarà la tecnica in avvenire. In futuro avremo macchine che si metteranno in moto solo se riceveranno le forze da uomini morali.  Gli uomini immorali non potranno farle funzionare.  Il meccanismo puramente meccanico si dovrà trasformare in meccanismo morale.  (12 Febbraio 1906 O.O. 97)

La vittoria di uno di questi due filoni sull’altro segnerà il futuro destino della terra e dell’uomo.

Se non saremo in grado di comprendere come le future evoluzioni di tecnologie che, spacciate come utili quando non indispensabili, potranno costituire minacce spaventose per gli uomini, ci troveremo ben presto a subirne gli effetti devastanti sia a livello personale che globale.

Non diamo loro il nostro appoggio, restiamo umani!

Pillola azzurra, fine della storia.

Domani ti sveglierai in camera tua e crederai a quello che vorrai!

Pillola rossa, resti nel paese della meraviglie e vedrai quanto è profonda la terra del bianconiglio!

 

Piero Cammerinesi

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