I pericolosi Rantoli dell’Impero

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di Andrea Zhok
Non so in che misura il tema sia seguito sugli “organi di informazione” mainstream, ma Israele e gli USA stanno palesemente preparando un nuovo attacco all’Iran.
Il massiccio spostamento di aerei da rifornimento americani in basi prossime al territorio iraniano, l’insediamento del 38% di tutti i sistemi antimissilistici americani (THAAD) a copertura del territorio israeliano, e l’ultimatum – fatto per essere inaccettabile – che l’amministrazione americana ha fatto al governo iraniano, esigendo non solo il blocco di ogni attività di arricchimento dell’uranio, ma anche l’eliminazione di tutti i missili iraniani a medio raggio (quelli capaci di colpire Israele), appare come il preludio della prosecuzione della “Guerra dei 12 giorni”.
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Questo fronte si (ri)apre, mentre il fronte venezuelano è appeso ad un filo, con la flotta americana alle coste del Venezuela, il bombardamento ciclico di barche che gli USA asseriscono essere di trafficanti, le richieste a Maduro di lasciare il potere.

Tutto ciò avviene mentre l’amministrazione americana è in “shutdown“, con il blocco di tutte le attività statali non essenziali, e licenziamenti di massa all’orizzonte.
Come si è detto più volte, almeno in questa pagina, la crisi profonda dell’egemonia americana, il processo di dedollarizzazione e l’emergere di competitori capaci di sottarre agli USA la sua tradizionale rendita di posizione spingono gli USA ad esercitare senza remore l’unico potere su cui possiede ancora un netto vantaggio globale, ovvero la potenza militare.
Stiamo entrando nella fase più pericolosa, e probabilmente più sanguinosa, della crisi dell’Impero Americano.
Qui l’Europa deve decidere se seguire gli USA nel suo disperato e micidiale avventurismo – pensato alla fine per beneficiare soltanto l’egemone, o se ritagliarsi un ruolo terzo, in un quadro multipolare.
Per ora le classi dirigenti europee si sono schierate senz’altro nella scia americana, sperando che lo squalo alla guida gli lasci qualche pezzo di carcassa.
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Quanto alle popolazioni europee – disabituate da tempo a pensare politicamente – la partita è ancora aperta, e lo è in particolare perché la linea del fronte passa da Gaza. Nella generale marmellata mentale che caratterizza popolazioni avvezze a ragionare per schematismi da tabloid, la tragica vicenda di Gaza è riuscita a fare breccia (faticosamente) nel muro della negazione mediatica e ora mette in crisi gli schemi di appartenenza introiettati. Sono entrate in crisi alcune delle precedenti certezze: quella di essere “dalla parte giusta della storia”, dalla parte dei “diritti umani”, del “diritto internazionale”, della “libertà di stampa, di espressione e di pensiero”, ecc.

Le linee di fronte sono chiare a chiunque abbia occhi per vedere.
Gli USA, Israele, nelle immediate retrovie il Regno Unito e la Germania, da un lato.
Dall’altro lato Cina, Russia, subito dietro Iran e Venezuela, e – come istanza di valore simbolico, sostenuta dai precedenti, – la Palestina.
Il primo gruppo in crisi di modello economico-industriale, cerca – con l’esercizio della propria rimanente superiorità militare – un margine di “estrazione di valore” che lo tenga a galla (che siano le risorse naturali russe o venezuelane o iraniane, che sia la riviera di Gaza, ecc.)
Il secondo gruppo, in espansione economica e tecnologica, e con grandi risorse naturali, non ha nessun interesse a fomentare uno scontro, e cerca di perseguire strategie di consolidamento della propria sicurezza regionale, inquadrandole nella prospettiva della cooperazione multipolare.
Questa è la vera partita in corso, questa è la partita in cui a breve saremo chiamati a decidere da che parte stare.
E ci sarà comunque un prezzo da pagare.

Andrea Zhok, nato a Trieste nel 1967, ha studiato presso le Università di Trieste, Milano, Vienna ed Essex.
È dottore di ricerca dell’Università di Milano e Master of Philosophy dell’Università di Essex.
È autore di numerose pubblicazioni, scientifiche e divulgative; tra le pubblicazioni monografiche: “Lo spirito del denaro e la liquidazione del mondo” (Jaca Book 2006); “Emergentismo” (Ets 2011); “Critica della ragione liberale” (Meltemi 2020).

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