Il Cuore dell’Uomo che ama è il Sole morale del Mondo

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di Fabio Antonio Calò


L’essere umano ha dimostrato di essere il centro dell’ordinamento del mondo. Come spirito, l’uomo raggiunge la più alta forma di esistenza e nel pensare realizza il più perfetto processo del mondo.
Solo nel modo in cui l’uomo illumina le cose, esse sono realmente”. (Rudolf Steiner, Linee fondamentali di una gnoseologia della concezione goethiana del mondo, con particolare riferimento a Schiller, O.O. 2)

Percepisco un albero dinanzi a me:

1.⁠ ⁠è reale in sé solo in quanto io lo percepisco?

2.⁠ ⁠se si, è reale in sé anche quando non lo percepisco?

3.⁠ ⁠se no, quando è reale per me che lo percepisco?

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La fenomenologia generalmente ritiene “reale” solo la percezione sensibile del mondo, senza distinguere l’in sé dall’in me: se io vedo un albero, l’unica cosa che posso affermare è che io vedo un oggetto che chiamo albero; non so ancora se l’oggetto che percepisco esista ma, in quanto lo percepisco, posso almeno affermare che esista il contenuto della mia percezione dell’albero, perché io la sperimento. In effetti, io non sperimento mai l’oggetto in sé, ma solo il contenuto della mia percezione dell’oggetto. Contestualmente, sperimento anche me stesso come soggetto della percezione.

La fenomenologia goethiana supera le altre fenomenologie, poiché, pur rimanendo all’interno del fenomeno stesso, essa risale all’idea che in sé già contiene: infatti, quando io percepisco l’albero, esso mi fornisce non solo i suoi elementi percettivi oggettivi (sapore, odore ecc) ma anche, immerso nel contenuto sconnesso dell’esperienza, il suo concetto universale (altrettanto oggettivo, “fornito dall’oggetto”). Il suo concetto vive già dentro l’albero, in quanto soltanto in me, nell’uomo, le cose vivono spezzate in concetto e percetto, non in sé: risultando che io mai mi accorga di percepire ogni volta anche il concetto vivente delle cose, sebbene per un solo fugace istante prima che si spezzino.

Il mondo “esiste” sempre oggettivamente in sé a prescindere che io sia là fuori a percepirlo: è realismo ingenuo sostenere che “esiste solo ciò che io percepisco” o che, “se io percepisco qualcosa, allora essa esiste”; ma sarebbe altrettanto ingenuo credere che, “se io non percepisco il concetto delle cose, esse non esistono”.

Le cose là fuori da me esistono sempre in sé (realismo), ma ordinariamente non sono né “reali” in me né completamente “realizzate” in sé (idealismo).

Le cose diventano reali soltanto nell’interiorità umana, quando sono co-create o ri-create attraverso la conoscenza umana, quando l’uomo ne riconnette il concetto al percetto.

Il mondo “esiste” sempre in sé ma è incompleto senza lo spirito umano: soltanto in me, nell’uomo, l’albero può essere “realizzato”, completato, liberato dalla necessità. Perché solo  in me, quando lo Conosco ovvero quando ne percepisco il concetto, io lo rendo oggettivamente “reale”, in quanto la vera realtà è la “REALTÀ DELLE IDEE”, vivente solo NELL’INTERIORITÀ UMANA.

La fenomenologia goethiana è, invero, idealismo: ma non idealismo critico (“la realtà è solo una mia rappresentazione soggettiva, il percetto non conta nulla poiché altrettanto soggettivo: la realtà è inconoscibile!”) bensì idealismo empirico o realismo ideale (“l’unica realtà è l’idea: l’idea è conoscibile!”). Per Goethe, è “reale” soltanto ciò che non contiene solo passivamente l’Idea ma ciò che dall’Idea si lascia pienamente con-Formare. Il solo mondo reale è l’interiorità dell’uomo: poiché, vivendo l’Idea solo nel pensiero umano, solo nell’uomo il mondo può conformarsi all’Idea del mondo, realizzarsi secondo la Volontà del Logos che si è effuso nel mondo; solo nell’interiorità umana, le cose, nella loro forma particolare, possono acquisire la loro forma archetipica universale, il concetto seppur in esse già vivente.

L’albero, che io percepisco, dunque, “esiste” sempre, ha sempre in sé il suo concetto vivente (o forma archetipica), a prescindere che io lo percepisca o meno, ma attende me per divenire “reale”. Il Logos lo ha creato “incompleto” , ha progettato la sua forma particolare (che l’uomo percepisce) affinché non coincida col tipo, l’Ur-Form (che l’uomo ordinariamente non percepisce); tutta la natura, tranne l’uomo, è progettata per rimanere imprigionata, a gradi diversi, nella necessità, nell’impossibilità di completarsi e liberarsi da sé: solo per fornire all’uomo la possibilità di liberare se stesso liberando l’Essere della natura.

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Il Logos si è effuso nel mondo”, ma a gradi diversi; solo nel pensiero e nella personalità dell’uomo, il Logos si è dato completamente: non nel resto della natura. Ed il Logos si esprime in un linguaggio differente in ogni uomo: ma è sempre la stessa verità che si manifesta in infinite verità, un’unica verità che ogni uomo può conoscere solo creandola da sé. L’uomo soltanto è libero di Liberarsi da sé, nessun altro essere di natura può farlo: gli basterebbe percepire il proprio Pensare per percepire il Logos agente in sé. Nel resto della natura, il Logos, come essenza ideale delle cose, attende che l’uomo Lo liberi attraverso la conoscenza, l’esperienza vivente del concetto.

Solo grazie all’uomo, il mondo diviene “reale”. L’uomo soltanto fornisce al mondo, nel suo Pensare puro, la “realtà”, l’ambiente in cui il Logos, “l’Idea unica ed eterna“, possa liberarsi/completarsi. Soltanto ciò che vive nel Cuore umano è “reale”; solo quando è illuminato dalla conoscenza, dall’amore creativo dell’uomo, il mondo diviene reale.

Nel conoscere, l’Idea-Logos si manifesta nel mondo in cui si è effuso rinunciando a dirigerlo da fuori: il mondo stesso diviene reale e l’uomo è Libero.

Esiste, quindi, la possibilità per l’uomo di illuminare il mondo con una conoscenza oggettiva e renderlo reale, di vedere gli oggetti per quello che realmente sono.

Mediante i sensi fisici, io posso farmene solo rappresentazioni soggettive ed individuali. Ma se arrivo a percepire il concetto delle cose, che sempre mi sfugge astraendosi, se solo arrivo a trattenermi nel momento intuitivo-creativo del pensare, allora da un lato io restituisco la realtà alle cose in me ma, dall’altro, io completo la creazione delle cose e le rendo oggettivamente reali in sé, ovvero conferisco loro la realtà dell’Idea-Logos.

Io consento all’Essere delle cose di riconfigurare le cose in cui Vive impercepito.

Perciò da un lato, in me Lucifero dilania la Sophia, spezza la “realtà delle cose” in concetto e percetto; dall’altro, offre ed affida soltanto a me, uomo, la possibilità che le cose possano liberarsi dall’illusoria “realtà delle cose”, in quanto, se solo io arrivo a ricostituirla percependone il concetto vivente, allora la loro essenza ideale mi si manifesta, riconfigurandole e rendendole “reali”: in me ed in sé. Il Vasaio offre la Coppa (il concetto- forma-contenitore) affinché l’Amore (il percetto-forza-contenuto) si manifesti e non sia solo accolto ma anche Conosciuto. Senza il Male, senza i condizionamenti esterni, senza gli impulsi immorali che ci premono da fuori, non potremmo mai sviluppare le forze morali necessarie per Conoscere ed essere oggettivamente Liberi.

L’agire morale, l’amore voluto in libertà, connette lo spirito umano all’Essere della moralità che in esso vive. Amando, l’uomo co-crea la verità, crea le condizioni affinché, nel suo cuore, il Logos crei la manifestazione di Sé.

L’amore, la moralità è indispensabile al conoscere, poiché la Conoscenza non è che l’identità tra l’Essere dell’uomo e l’Essere delle cose, tra il Logos in me ed il Logos nelle cose.

Nell’uomo capace di amare, il Logos libera Se stesso, plasma la materia che Lo contiene e si rende Conoscibile allo Spirito.

Chi cerca nel proprio intimo il contenuto essenziale del mondo obiettivo, può situare anche l’essenza dell’ordinamento morale del mondo soltanto dentro la natura umana stessa. Chi crede all’esistenza di un al di là reale dietro alla realtà umana, deve in quello cercare anche la sorgente della moralità. Perché la moralità in senso superiore può provenire solamente dall’essenza delle cose. Perciò il credente nell’al di là presuppone comandamenti morali a cui l’uomo deve sottostare.
(…) 
Goethe fa nascere la moralità dal mondo ideale dell’uomo. Né norme obiettive, né semplici istinti guidano l’azione umana; bensì le idee in sé chiare per le quali l’uomo stesso si dà la direzione, e che egli non segue né per dovere, come dovrebbe seguire norme morali obiettive, né per costrizione, come si seguono i propri istinti e impulsi. Egli le serve per amore; le ama come si ama un bambino; ne vuole la realizzazione e s’impegna in esse, perché sono una parte del suo proprio essere. L’idea è la direttiva, e l’amore è la forza motrice dell’etica goethiana. Per lui è dovere «là dove amiamo ciò che noi stessi ci comandiamo» (Rudolf Steiner, Introduzione agli scritti scientifici di Goethe, O.O. 1).

Il Cuore dell’uomo che Ama è il luogo della “realtà delle idee”, è il Sole morale del mondo, “il centro dell’ordinamento morale del mondo”.

 Immagine di copertina: tela di Sandro Parise (particolare)

 


Fabio Antonio Calò è un musicista compositore, progettista e produttore di componenti elettronici atti a registrare e riprodurre la musica secondo i principi ed i fini della Scienza dello Spirito. Manager del settore trasporto aereo e pilota professionista.

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