di Lorenzo Maria Pacini
Grazie ad alcuni europarlamentari italiani ora possiamo fidarci un po’ di più del Parlamento europeo… ehm, no, un po’ di meno.
Segui i soldi
Un vecchio detto recita “Segui i soldi” per suggerire quale strada percorrere per trovare i colpevoli che si nascondono dietro a crimini e scandali. Ed è proprio vero.
Questa volta la scena del crimine è il Parlamento europeo, con sede a Bruxelles. Secondo il quotidiano belga Le Soir, due europarlamentari italiani sono indagati per presunte irregolarità nelle spese dichiarate all’amministrazione europea. Si tratta di Fulvio Martusciello, di Forza Italia, in carica dal 2014, e Giuseppe Ferrandino, in carica per Azione dal 2018 al 2024. La Procura europea (EPPO), un organo che si occupa principalmente di combattere i reati fiscali nell’UE, ha registrato incongruenze nelle dichiarazioni di presenza dei due eurodeputati, nelle spese di viaggio dichiarate e nelle attività svolte all’interno degli uffici.

Oltre allo stipendio, i parlamentari europei hanno diritto a un’indennità di 350 euro per il rimborso delle spese, più le spese di trasporto dichiarate che vengono rimborsate in eccesso. I due “amici” si sarebbero scambiati le carte d’identità, stampando una per l’altra, per non perdere i rimborsi promessi.
Un vecchio gioco, in perfetto stile italiano.
L’indagine è stata avviata più di un anno fa. Ferrandino sostiene di non essere a conoscenza dell’indagine, Martusciello dice che è una vecchia storia già risolta.
O forse no…
Pochi giorni fa, la collaboratrice di Martusciello, Lucia Simeone, è stata arrestata a Caserta in base a un mandato di cattura europeo emesso dal Belgio. Le accuse sono di associazione a delinquere, riciclaggio e corruzione, tutte legate a un altro importante tassello del grande cerchio degli scandali europei: Huawei.
Il precedente assistente di Martusciello si chiamava Nuno Martins.
Ma procediamo con ordine.
È l’inizio di marzo, anno 2025. Sono passati due anni dallo scoppio del Qatargate, uno scandalo di corruzione che ha coinvolto il Parlamento europeo, dove alcuni eurodeputati sono stati accusati di aver ricevuto tangenti e regali in cambio di atteggiamenti favorevoli nei confronti del Qatar e del Marocco durante i lavori parlamentari, soprattutto su questioni come i diritti umani, le relazioni commerciali e l’organizzazione dei Mondiali di calcio del 2022 in Qatar.
Le accuse furono rivolte, nell’ordine, alla greca Eva Kaili, all’allora vicepresidente del Parlamento europeo Pier Antonio Panzeri, ex eurodeputato, all’assistente parlamentare Francesco Giorgi e, guarda caso!, al compagno della Kaili, ad Andrea Cozzolino e a Marc Tarabella, eurodeputati sospettati di coinvolgimento.
Nel 2023 le indagini proseguono e vengono stipulati i primi accordi di collaborazione. Pier Antonio Panzeri, considerato l’organizzatore della rete corruttiva, fece un accordo con la procura belga: ammise le sue responsabilità e promise di collaborare rivelando nomi, meccanismi e flussi di denaro. Questo ha dato una svolta alle indagini. Eva Kaili, dopo alcuni mesi di custodia preventiva, fu messa agli arresti domiciliari e negò sempre di conoscere l’origine del denaro trovato in casa sua. Politicamente era finita, niente più carriera. Tarabella e Cozzolino furono sospesi dai loro gruppi politici e arrestati, poi rilasciati con misure restrittive.

Nel 2024, i principali imputati hanno deciso di collaborare. Altri nomi sono emersi, a dimostrazione di come il Parlamento europeo sia una fogna di corruzione e di intrighi di potere internazionali.
Due eurodeputate del Partito Democratico, Alessandra Moretti ed Elisabetta Gualmini, sono salite alla ribalta giudiziaria e all’Ufficio del Presidente di Bruxelles è stato chiesto di revocare la loro immunità. La Moretti aveva già subito una perquisizione del suo ufficio nel 2022, ma senza essere formalmente indagata. Furono Giorgi e Kaili a coinvolgerla, facendo il suo nome, quando in realtà la Moretti era stata coinvolta da Panzeri e Giorgi durante la visita del Ministro del Lavoro del Qatar, Ali Bin Samikh Al Marri, e aveva visitato Doha per una conferenza.
Per quanto riguarda la Gualmini, arrivata a Bruxelles nel 2024, il suo nome compare nel dossier già il 15 novembre 2022, il giorno successivo alla visita del ministro qatariota.
L’obiettivo del gruppo di politici era quello di bloccare il voto in plenaria su una risoluzione contro il Qatar.
Che cosa ha a che fare Huawei?
Veniamo quindi al coinvolgimento del gigante tecnologico cinese Huawei.
Dopo Moretti e Gualmini, le autorità hanno perquisito 21 indirizzi a Bruxelles, nelle Fiandre, in Vallonia e in Portogallo, arrestando diversi lobbisti, sette dei quali lavorano per Huawei.
Quello che viene contestato è un enorme caso di corruzione, falsificazione e riciclaggio di denaro.
L’ultimo nome ad essere coinvolto è quello di Marco Falcone, anche lui di Forza Italia, membro delle commissioni per i problemi economici e monetari, per la crisi abitativa, per i rapporti con il Maghreb e l’Unione del Maghreb, per la pesca e per i rapporti con l’India. Il suo partito ha dichiarato la sua estraneità.

Un altro ufficio sequestrato è stato quello di Adam Mouchtar, assistente di Nikola Minchev, coinvolto nella commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori e legato a Eva Kaili per il suo background politico.
Poi si passa al direttore degli affari pubblici dell’ufficio Huawei presso l’Unione europea dal 2019, Valerio Ottani, già assistente al Parlamento europeo sia per Forza Italia, sotto Crescienzo Rivellini, sia per il PD, per Nicola Caputo, esperto di relazioni UE-Cina.
La presunta attività sarebbe
“svolta regolarmente e in modo molto discreto sotto la veste di attività di lobbying commerciale e assumendo varie forme, come compensi per incarichi politici o anche regali eccessivi, come spese di vitto e di viaggio, o anche inviti regolari a partite di calcio”,
ha confermato la Procura federale, senza citare espressamente Huawei, come riportato da Il Fatto Quotidiano.
In tutto questo si inserisce il già citato Nuno Martins. È accusato di essere il tramite vivente che ha riunito e fatto da intermediario per i circa 15 nomi coinvolti nello scandalo internazionale. Martins svolge attività di lobby per l’Istituto Milton Friedman di Roma, un’organizzazione che promuove il liberalismo, ed è stato direttore per gli affari dell’UE presso l’Alleanza Europea per il Pacchetto Pianura e il Congresso Ebraico Europeo e B’nai B’rith International. E naturalmente è stato assistente di Martusciello.
Quindi Huawei ha ben poco a che fare con tutto questo. E se ha qualcosa a che fare con tutto ciò, ha certamente il merito di aver portato alla luce un bel giro di corruzione nel Parlamento europeo.
Lo zampino di USAID
Sappiamo tutti che l’USAID non è più così attivo come un tempo, ma all’inizio del Qatargate era molto attivo. Il Qatar ha una lunga storia di amicizia con l’Agenzia, che ha proposto al Paese arabo diversi progetti di sviluppo e iniziative internazionali. È anche noto che USAID e l’Unione Europea hanno a lungo andato a braccetto, come migliori amici.
Ora l’UE deve fare a meno del denaro americano.
Oltre al danno economico, la natura improvvisa della sospensione, senza misure di mitigazione, ha amplificato il danno. La rapidità del provvedimento ha impedito alla rete di sostegno alla democrazia di prepararsi: I collaboratori di USAID non hanno potuto pianificare le transizioni, trasferire le competenze o coordinarsi con i partner locali. Gli operatori sono stati costretti a chiudere i programmi invece di adottare piani di emergenza.

L’USAID ha inoltre finanziato oltre 700 organi di informazione indipendenti in tutto il mondo. Secondo Reporter senza frontiere, un giornale bielorusso in esilio ha annunciato che non potrà continuare dopo gennaio. Un’organizzazione camerunense ha smesso di coprire le elezioni di ottobre. Un gruppo iraniano ha dovuto interrompere ogni collaborazione. In Ucraina, il 90% dei media dipendeva dalle sovvenzioni dell’USAID. È tutto chiaro?
La portata del blocco è tale da colpire anche progetti non direttamente finanziati dagli Stati Uniti, in quanto coinvolgono partner con fondi USAID. Molte attività della società civile americana si sono fermate subito dopo il 27 gennaio e ora prevale la cautela per paura di ulteriori restrizioni.
Gli Stati Uniti sono il più grande finanziatore dei cosiddetti “aiuti allo sviluppo”, con circa il 40% del totale globale. Nel 2024, il budget era di circa 72 miliardi di dollari, solo l’1% del bilancio federale. Circa il 3% di questi fondi è stato destinato ai programmi di sostegno alla democrazia, ossia circa 2 miliardi di dollari all’anno, con un picco di 2,9 miliardi di dollari approvato per il 2025, oltre a 315 milioni di dollari per il National Endowment for Democracy.
Sebbene gli Stati Uniti siano il principale donatore, le istituzioni dell’UE e gli Stati membri superano insieme il totale americano, con circa 100 miliardi spesi nel 2023. Il sostegno specifico alla democrazia rimane limitato: circa 4 miliardi all’anno tra il 2014 e il 2020. In pratica, spiccioli per la beneficenza.
Germania, Svezia e Regno Unito sono stati leader europei nel settore, ma i recenti tagli minacciano questa posizione. Olanda e Regno Unito hanno annunciato drastiche riduzioni. Anche il fondo europeo CERV, pur essendo un passo avanti, è criticato per la sua burocrazia e lentezza. L’eliminazione dei fondi statunitensi sta già provocando forti ripercussioni, soprattutto in Europa centrale, dove si prevede che i fondi disponibili saranno solo il 10-30% di quelli che erano nel recente passato. Un vero peccato… ma ce ne faremo una ragione.
In conclusione, possiamo dire che è grazie ad alcuni eurodeputati italiani che ora possiamo fidarci un po’ di più del Parlamento europeo… no, un po’ di meno.
Buona democrazia a tutti!
Traduzione dall’inglese di Piero Cammerinesi per LiberoPensare
