Pandemia e Guerra, Dalla Paura all’Odio

di Piero Cammerinesi

Il sentimento di odio deve scomparire dal nostro animo, altrimenti esso si ripresenta nel senso di paura; la paura non è, infatti, che odio represso.

(Rudolf Steiner, O.O. 266a)

Da due anni a questa parte non c’è ormai un solo giorno in cui non assistiamo alla più completa irrazionalità dei governanti, alla sempre più supina sudditanza dei dormienti ed alla crescente incredulità dei desti.

È stato un crescendo di imposizioni di misure prive di senso, contraddittorie quando non apertamente dannose e lesive non solo dei principi democratici ma dello stesso senso comune.

Dell’epopea pandemica mi sono già occupato in vari interventi, di cui ricordo solo l’ultimo e più sintetico: “I conti non tornano”, in cui ho esaminato una per una tutte le incongruenze e le contraddizioni del pensiero unico con cui è stata manipolata la gran parte della popolazione mondiale e quella italiana in particolare.

Non ritornerò qui sull’argomento perché alla pan-demenza della Covid si è aggiunta oggi la nuova pan-demenza degli eventi bellici che stanno scuotendo l’Europa.

Quello su cui vorrei riflettere in queste note è il senso della brusca transizione tra la retorica bellica nei confronti del virus (“siamo in guerra”, ricordate?) e quella – altrettanto militarizzata – nei confronti del nuovo “nemico”, la Russia.

Vorrei altresì analizzare anche il comune denominatore di entrambe, vale a dire la deliberata menzogna dei governi sui fatti, la sistematica censura mediatica nonché la carica di odio che viene fomentata in questi due avvenimenti della nostra recentissima storia.

Della scissione sociale tra pro-va e no-vax che ha condotto ad una vera e propria apartheid ho già parlato in passato, sia in interventi scritti che in conferenze ed interviste, mostrando come alla dialettica democratica si è sostituita una intolleranza dis-umana.

Questo si sta verificando ora con la divisione tra filo-Putin e anti-Putin, a dei livelli orwelliani.

Qui sotto – per quelli che lo ricordassero – ecco un breve brano dal film “1984” tratto dall’omonimo romanzo di George Orwell che descrive l’uso di sottoporre la popolazione della società distopica tratteggiata dal romanzo ai “due minuti dell’odio”.

 

La capacità profetica di Orwell si esprime in maniera incredibilmente realistica in “1984” che, scritto nel ’49, anticipa brillantemente la società del futuro. Interessante notare che il romanzo descrive eventi che si sarebbero dovuti svolgere 35 anni dopo, appunto nel 1894, ma, se aggiungiamo altri 35 anni a quella data ci troviamo, guarda caso, nel 2019.

Coincidenza? Forse.


 

Cancel culture e double standard

Come è stato possibile spazzar via in due anni i conseguimenti di migliaia di anni di democrazia, tolleranza, multiculturalismo per piombare nel baratro della cancel culture, della criminalizzazione del diverso e nella dissonanza cognitiva generalizzata?

Cercheremo più avanti di indagarne i motivi non solo geopolitici ma anche spirituali.

Intanto vorrei dire due parole sulla magnitudo della tempesta perfetta di irrazionalità che si sta aggirando per l’Occidente.

Mi riferisco al fatto che la russofobia – che certamente ha le sue radici storiche che vengono da lontano – sta raggiungendo delle vette inimmaginabili di stupidità e malvagità.

Come diceva Anatole France

“La stupidità è molto più pericolosa della cattiveria, perché la cattiveria si interrompe di tanto in tanto, la stupidità no”.

Alle ondate di sanzioni politiche ed economiche nei confronti della Russia che hanno come obiettivo sia il Paese che singoli individui, si sono aggiunte misure repressive generalizzate nei confronti dello sport, dell’arte, della cultura russi.

Dal calcio al basket, dal volley al nuoto, dal tennis al rugby, dal pattinaggio fino alla Formula 1 e persino gli scacchi, lo sport mondiale ha boicottato gli sportivi russi, tradendo ignobilmente lo spirito dell’agone sportivo, che si basa su valori come fratellanza, lealtà e solidarietà.

Ma l’apice dell’abiezione è stato raggiunto con il Comitato Paraolimpico Internazionale che ha pensato bene di escludere 83 atleti di Russia e Bielorussia dalle paraolimpiadi invernali di Pechino, in programma dal 4 al 13 marzo.

Ora, ditemi voi, che c’entrano giovani già duramente segnati dalla vita che cercano disperatamente un riscatto dalla propria condizione nello sport con la politica del proprio Paese, per esecrabile che sia?

Cosa avrebbe dovuto fare il mondo dello sport nei confronti delle innumerevoli aggressioni belliche degli Stati Uniti, un Paese che ha condotto guerre per 222 su 239 anni della sua storia?

UK e USA oggi si stracciano le vesti per l’invasione russa dell’Ucraina ma dimenticano che nella loro storia hanno invaso o aggredito rispettivamente il 90 e il 99% dei Paesi delle Nazioni Unite.

In “All the Countries We’ve Ever Invaded: And the Few We Never Got Round To” Stuart Laycock racconta come il Regno Unito nella sua storia abbia invaso, controllato o combattuto conflitti nei territori di 171 dei 193 stati membri delle Nazioni Unite (90% dei Paesi del mondo), mentre in  All the Countries the Americans Have Ever Invaded: Making Friends and Influencing People? Christopher Kelly e Stuart Laycock  descrivono come gli Stati Uniti d’America, nella loro breve storia abbiano addirittura invaso, combattuto conflitti o esercitato un controllo in 190 su 193 stati membri delle Nazioni Unite: quasi il 99% dei Paesi del mondo.

Un esempio da manuale del double standard, o doppiopesismo.

Ma se quello dello sport è uno scandalo ignobile, ancor più squallido è il boicottaggio degli artisti russi e dell’arte russa in genere.

Se lo sport ha le sue radici nella cultura greca in cui la vittoria andava al migliore, non certo al più politically correct, che dire dell’arte, una attività che intende innalzare ogni uomo alla bellezza ed all’armonia? 

“L’arte è il significato e la creazione, nascoste dietro una bellezza e comprende ogni attività umana portata a forme di creatività e di espressione estetica” (Wikipedia) 

Che c’azzecca allora con la politica?

I casi che abbiamo visto in questi giorni sono eclatanti.

Partiamo da quello di Vaery Gergiev, il direttore d’orchestra “amico di Putin” che non solo si è visto annullare diversi impegni già previsti in Italia, Francia e Stati Uniti ma anche licenziare dalla Filarmonica di Monaco in quanto avrebbe 

“rifiutato di schierarsi contro la guerra in Ucraina”

 

Gergiev “sarà escluso anche dal Teatro alla Scala di Milano, dove il 5 marzo avrebbe dovuto dirigere la Dama di Picche di Pëtr Il’ič Čajkovskij”

annuncia trionfalmente RAI News.

Parla il sindaco di Milano, Giuseppe Sala: “Non credo che ci sarà, credo che a questo punto lo possiamo escludere”.

Gergiev si è dovuto dimettere anche dalla carica di presidente onorario del Festival Musicale di Edimburgo.

 

 

Per certi versi potremmo dire che non è nulla di nuovo – solo un pretesto diverso per esercitare l’intolleranza e l’odio che abbiamo visto tracimare nei confronti di personaggi, scienziati e medici come Alessandro Meluzzi, Massimo Citro, Stefano Manera, Giuseppe de Donno, Luc Montagnier, senza contare la schiera di insegnanti scolastici o militari ed appartenenti alle forze dell’ordine criminalizzati, denigrati ed esclusi dalla loro professione solo per aver espresso dei leciti dubbi sul siero genico sperimentale imposto per legge.

Ma forse il culmine dell’assurdo è stato raggiunto dalla vicenda del professor Paolo Nori al quale è stato in un primo momento cancellato dall’Università Bicocca il corso su Dostoevskij.

 

Neppure sotto il nazismo si era arrivati a tanto: la proibizione della Entartete Kunst (arte degenerata) si basava sui contenuti e non sulla nazionalità del compositore.

Dopo sport ed arte passiamo alla censura mediatica, un capitolo che da solo varrebbe un volume, ma qui evidenziamo solo un paio di casi pur se assai significativi.

Ebbene, l’Occidente libero e democratico – pur non essendo in guerra (tali misure rientrano solo in una logica bellica) non ha esitato a bandire le trasmissioni dell’Agenzia russa Sputnik e delle reti televisive del gruppo Russia Today.

Da ieri, infatti, è stato bloccato nell’UE anche il canale Telegram, Russia Today.
Il motivo ufficiale? Non meglio precisate violazioni dei regolamenti europei.

Ora, questa decisione di fatto dimostra che sono proprio i Paesi dell’Unione Europea ad aver violato le proprie leggi chiudendo dei canali di informazione senza basi legali. 

Batte la Reuters:

“La sanzione significa che agli operatori dell’UE sarà vietato trasmettere, facilitare o contribuire in altro modo alla diffusione di qualsiasi contenuto RT e Sputnik”

Un bavaglio totale, cui si è associata entusiasticamente Big Tech che di censura – diretta o indiretta – è ormai maestra. Google, YouTube, Facebook e Tik Tok

“stanno già bloccando l’accesso a RT e Sputnik nell’UE”

scrive sempre Reuters. Non è da meno Twitter che può orgogliosamente vantare il ban a vita di un presidente americano ancora in carica…

Dei veri professionisti del doppiopesismo e del bavaglio.

 

Ma se vogliamo proprio strafare ecco le famose liste di proscrizione, sempre care ai dittatori di ogni epoca.

Infatti è notizia di ieri – rilanciata dalle presstitute di casa nostra – che gli americani hanno compilato la lista dei filo-Putin italiani. 

Giornalisti, intellettuali, politici: chi è nell’elenco potete giurare che sarà esposto al pubblico ludibrio se non addirittura licenziato o perseguitato. 

 

Ebbene, se la pan-demenza esordì con linguaggio bellico “siamo in guerra contro un nemico invisibile” “andrà tutto bene”, i termini oggi utilizzati dai media occidentali, “minaccia, disinformazione, manipolazione” sono, ancor di più linguaggio bellico. 

Afferma infatti Josep Borrell, capo della politica estera dell’Unione Europea: 

“La manipolazione sistematica delle informazioni e la disinformazione da parte del Cremlino viene applicata come strumento operativo nel suo assalto all’Ucraina. È anche una minaccia significativa e diretta per l’ordine pubblico e la sicurezza dell’Unione”.

Da un punto di vista mediatico, con ogni evidenza, siamo già in guerra.

E che cosa ci fa gustare di più il sapore della guerra – in particolare da parte di un Paese come gli Stati Uniti che ha ammazzato quattro suoi presidenti in carica e feriti altri due, per non parlare di quelli degli altri fatti assassinare dai propri scherani – del progettare l’assassinio dei propri nemici?

Non poteva mancare dunque la brillante proposta del senatore Lindsey Graham che proprio ieri, 4 Marzo, su Fox News ha pensato bene di incitare pubblicamente ad assassinare il presidente Putin.

Ci sarà pure un Bruto da qualche parte che ci potrà liberare dal tiranno, dice il nostro senatore.

Davvero un luminoso esempio di democrazia e di libertà, non c’è che dire.

Dal tragico al ridicolo con una notizia che va al di là di ogni pensabile assurdità. Eh sì, perché non sono solo gli esseri umani – politici, sportivi, artisti, giornalisti etc – a dover essere banditi e discriminati per essere russi o filo-russi ma anche i…felini!

Oggi, infatti La federazione internazionale dei felini ha vietato le gare ai gatti russi.

Credo che ogni commento sia superfluo.

Potremmo anche parlare delle false notizie e sopratutto delle immagini falsificate dei nostri prodi professionisti dell’informazione ma credo che a questo punto non serva infierire.

Quello che però mi sento di sottolineare prima di cambiare argomento è che la guerra non è scoppiata il 24 Febbraio 2022 con l’invasione dell’Ucraina, ma dura da 8 anni nel totale silenzio dei media nostrani, quegli stessi organi di informazione che oggi ci tempestano di foto di bambini uccisi, colonne di auto di civili in fuga o case sventrate.

Come sinteticamente descritto in questo breve video da Francesco Borgonovo – ebbene sì, ci sono ancora giornalisti degni di questo nome!vicedirettore de “La Verità”.

Quelli a cui noi stiamo dando le armi, sono gli stessi che hanno compiuto il massacro di Odessa nel 2014. Sono quelli che andavano nelle regioni del Donbass, e anche lì non è che ci andassero per il sottile. E l’Unione Europea ha fatto finta di niente per tutti questi 8 anni”.

Per amor di verità va ricordato che nel Donbass il governo ucraino, con la complicità di bande neonaziste, ha massacrato oltre 15.000 cittadini innocenti e nessuna presstitute del mainstream si è degnata di raccontarlo.

In questa intervista di Franco Fracassi, altro giornalista libero, una breve sintesi di quegli avvenimenti:

* * *

Ampliare la visuale

A questo punto, per farmi aiutare nella mia analisi,  vorrei dar voce ad alcune persone ancora dotate di sano pensiero logico onde inquadrare meglio la situazione in essere.

Inizio con un paio di brani di un’intervista di Alessandro Meluzzi, psichiatra, scrittore, ex parlamentare, che è stato anche primate della Chiesa ortodossa italiana:

“Sono d’accordo con l’analisi che ha fatto l’ex ambasciatore Sergio Romano che ha spiegato come, invece di utilizzare l’Ucraina come una mazza ferrata contro la Russia, si sarebbe dovuto dialogare con l’immenso mondo russo per evitare il formarsi di un blocco con la Cina. Si è preferito invece seguire il progetto di un’omologazione del mondo alle grandi élite finanziarie, le stesse, per intenderci, che negli ultimi anni hanno gestito la pandemia obbligandoci a seguire le direttive in campo vaccinale”.

Alessandro Meluzzi

All’obiezione che, comunque, Putin avrebbe aggredito uno Stato sovrano, Meluzzi così replica:

“Bisogna partire dalla rivoluzione del 2014 che è stata finanziata dai dollari americani dei ben noti filantropi, con le provocazioni dei cecchini che dai tetti sparavano sulla piazza. Poi sono arrivati gli oligarchi al potere, tutti figli di Davos. Questo sta a dimostrare chiaramente che la strategia è stata sin dall’inizio quella di utilizzare l’Ucraina che è slava, ortodossa, largamente russofona, come una chiave per far saltare Putin e il suo mondo. Una strategia dunque che va avanti da molto tempo, dagli anni della rivoluzione arancione. Putin oggi è intervenuto perché ha capito che i giochi si stanno facendo molto pericolosi. Non dimentichiamo che già due operazioni di destabilizzazione sono state tentate in Bielorussia e nel Kazakistan e la tenaglia di Davos si stava stringendo pericolosamente sul collo del presidente russo. Non stiamo inventando niente, sappiamo benissimo chi finanzia in questi Paesi i movimenti anti-russi. La logica dello scontro era inevitabile. Chi semina vento, raccoglie tempesta. Questa reazione russa era stata messa in conto e c’è chi sta tuttora lavorando perché questa crisi faccia saltare gli equilibri mondiali per favorire un’unica volontà egemone. Purtroppo per loro non hanno tenuto conto del ruolo che stanno giocando la Cina, l’India e tutte quelle parti del mondo che non hanno nessuna intenzione di farsi governare dai signori di Davos”.

Piacevole poter leggere ancora qualche pensiero razionale nel Truman Show in cui siamo stati scaraventati, no?

Un altro pensatore che ho conosciuto e con il quale ho avuto il piacere di discutere – tra l’altro un estimatore di Rudolf Steiner e di Massimo Scaligero – è Alexander Dugin, di cui riporto qui di seguito un recentissimo intervento che getta una luce decisamente diversa sugli eventi in corso.

Alexander Dugin

“…Questa non è una guerra con l’Ucraina. È un confronto con il globalismo come fenomenoplanetario integrale. È un confronto a tutti i livelli – geopolitico e ideologico. La Russia rifiuta tutto nel globalismo – unipolarismo, atlantismo, da un lato, e liberalismo, anti-tradizione, tecnocrazia, Grande Reset in una parola, dall’altro. È chiaro che tutti i leader europei fanno parte dell’élite liberale atlantista.

E noi siamo in guerra esattamente con questo. Da qui la loro legittima reazione. La Russia viene ormai esclusa dalle reti globaliste. Non ha più che una scelta: o costruire il suo mondo o scomparire. La Russia ha stabilito un percorso per costruire il suo mondo, la sua civiltà. E ora il primo passo è stato fatto. Ma sovrano di fronte al globalismo può essere solo un grande spazio, un continente-stato, una civiltà-stato. Nessun paese può resistere a lungo a una completa disconnessione.

La Russia sta creando un campo di resistenza globale. La sua vittoria sarebbe una vittoria per tutte le forze alternative, sia di destra che di sinistra, e per tutti i popoli. Stiamo, come sempre, iniziando i processi più difficili e pericolosi.

Ma quando vinciamo, tutti ne approfittano. È così che deve essere. Stiamo creando i presupposti per una vera multipolarità. E quelli che sono pronti ad ucciderci ora saranno i primi ad approfittare della nostra impresa domani. Scrivo quasi sempre cose che poi si avverano. Anche questo si avvererà”.

E ancora:

“Cosa significa per la Russia rompere con l’Occidente? È la salvezza. L’Occidente moderno, dove trionfano i Rothschild, Soros, Schwab, Bill Gates e Zuckerberg, è la cosa più disgustosa della storia del mondo. Non è più l’Occidente della cultura mediterranea greco-romana, né il Medioevo cristiano, e nemmeno il ventesimo secolo violento e contraddittorio. È un cimitero di rifiuti tossici della civiltà, è anti-civilizzazione. E quanto prima e più completamente la Russia se ne stacca, tanto prima ritorna alle sue radici. A cosa? Cristiano, greco-romano, mediterraneo… – Europeo… Cioè, alle radici comuni al vero Occidente. Queste radici – le loro! – l’Occidente moderno le ha tagliati fuori. E sono rimaste in Russia.

Solo ora l’Eurasia sta alzando la testa. Solo ora il liberalismo in Russia sta perdendo il terreno sotto i piedi.

La Russia non è l’Europa occidentale. La Russia ha seguito i greci, Bisanzio e il cristianesimo orientale. E sta ancora seguendo questa strada. Sì, con zigzag e deviazioni. A volte in vicoli ciechi. Ma si sta muovendo.

La Russia è sorta per difendere i valori della Tradizione contro il mondo moderno. È proprio quella “rivolta contro il mondo moderno”. Non avete imparato?

E l’Europa deve rompere con l’Occidente, e anche gli Stati Uniti devono seguire coloro che rifiutano il globalismo. E allora tutti capiranno il significato della moderna guerra in Ucraina.

Molte persone in Ucraina lo capivano. Ma la terribile propaganda rabbiosa liberal-nazista non ha lasciato nulla di intentato nella mente degli ucraini. Torneranno in sé e combatteranno insieme a noi per il regno della luce, per la tradizione e una vera identità cristiana europea. Gli ucraini sono nostri fratelli. Lo erano, lo sono e lo saranno.

La rottura con l’Occidente non è una rottura con l’Europa. È una rottura con la morte, la degenerazione e il suicidio. È la chiave del recupero. E l’Europa stessa – i popoli europei – dovrebbero seguire il nostro esempio: rovesciare la giunta globalista antinazionale. E costruire una vera casa europea, un palazzo europeo, una cattedrale europea”.

Nelle parole di Dugin abbiamo assistito all’esprimersi dello spirito russo, che, come vedremo nuovamente più avanti, possiede una carica di socialità e di spiritualità ignota all’Occidente attuale, completamente stritolato nella morsa del liberismo sfrenato e del materialismo.

 

Per finire, allo scopo di meglio comprendere il presente non si possono dimenticare le parole profetiche del compianto Giulietto Chiesa con cui ho avuto l’onore di collaborare e di condividere delle esperienze significative.

 

Ebbene, nell’ormai lontano 2015 Giulietto affermava: 

La terza guerra mondiale inizierà dall’Ucraina”.

“Le forze naziste di Euromaidan erano state preparate da tempo dalla Polonia e dall’Europa baltica, paesi entrati in Europa ma mai denazificati”, 

Per lui il golpe del 2014 fu

“il bastone per colpire la Russia. Fino ad ora ha retto Mosca”.

“E perché se Mosca non ha preso un centimetro estero?”

“I giornali per un anno intero hanno ripetuto la falsificazione dell’invasione di Putin”, parlando allora della Crimea.

“Hanno fretta perché sanno negli Stati Uniti che questo secolo non potrà essere americano senza una vittoria militare degli Stati Uniti. In questo momento l’unico che può difendere se stesso e noi perché fa paura all’America si chiama Russia”,“L’unico modo di uscire dalla guerra è uscire dalla Nato”.

* * *

Paura e odio

Ciò detto, come promesso all’inizio di queste riflessioni, vorrei tentare di afferrare il senso più profondo delle vicende che stiamo vivendo e che ogni giorno di più facciamo fatica a credere reali, vista la loro carica di menzogna e di insensatezza.

Vorrei ripartire dalla citazione riportata nell’incipit:

Il sentimento di odio deve scomparire dal nostro animo, altrimenti esso si ripresenta nel senso di paura; la paura non è, infatti, che odio represso!

(Rudolf Steiner, O.O. 266a)

La paura – afferma dunque Steiner – è odio represso.

Rudolf Steiner

Se questo è vero allora la transizione dalla prima al secondo ci risulta più comprensibile.

Transizione che abbiamo incominciato ad incontrare con la violenta discriminazione, con la vera e propria avversione verso i no-vax e cui oggi assistiamo conr i filo-Putin.

L’odio, dunque, non viene più represso e può manifestarsi apertamente. 

In più l’obiettivo dell’odio è quanto mai privilegiato, ci conferma sempre Rudolf Steiner:

“Il genio si esprime nel linguaggio quando, invece di dire come si fa in Occidente: gli inglesi, i francesi, gli italiani, i tedeschi – dell’Europa orientale dice “l’uomo russo”.

Molti intellettuali russi attribuiscono importanza all’uso dell’espressione “l’uomo russo.”

Questo è profondamente connesso con il genio della particolare cultura. Il termine si riferisce all’elemento di virilità, di fratellanza che si sviluppa in una comunità. Si tenta di indicarlo includendo una parola che faccia emergere la “virilità” nel termine. Ma è anche ovvio che l’altezza da raggiungere in un lontano futuro non è stata ancora raggiunta, in quanto il termine include una parola che contraddice vistosamente il sostantivo. Nell’espressione “l’uomo russo”. l’aggettivo annulla davvero ciò che è espresso nel sostantivo. Perché quando viene raggiunta la vera virilità non dovrebbe esserci alcun aggettivo per suggerire alcun elemento di esclusività.

Ma a un livello molto, molto più profondo, risiede nei membri dell’intellighenzia russa la consapevolezza che una concezione della comunità, della fratellanza deve prevalere nei tempi ancora a venire. L’anima russa sente che il sé spirituale sta per discendere, ma che può discendere solo in una comunità di uomini permeata dalla coscienza della fratellanza, che non può mai diffondersi in una comunità dove non c’è coscienza della fratellanza (Rudolf Steiner, O.O.159)

In queste parole appare evidente come da parte dell’Occidente – con il suo egoismo ed individualismo sfrenati – non possa esistere un ostacolo maggiore verso il dominio del mondo di quello rappresentato da una cultura che in profondità tenda verso la “fratellanza che si sviluppa in una comunità”, parole che riecheggiano quelle di Alexander Dugin riportate più sopra.

Allora sembra proprio questo l’obiettivo che le élite stanno cercando di vanificare attraverso il divide et impera e le opposizioni create ad arte che si stanno manifestando con sempre maggiore virulenza in questo fondamentale momento di transizione dell’umanità. L’obiettivo di ostacolare il più possibile quella che dovrà essere la missione del popolo russo: una comunità di uomini permeata dalla coscienza della fratellanza.

Perché come ho già sottolineato altrove, questa non è una semplice congiuntura pandemica o geopolitica ma una vera e propria mutazione antropologica che trasformerà in profondità il mondo per come l’abbiamo conosciuto sino a ieri.

Allora, per una volta, concordo con chi – con ben altre motivazioni ed intenti – afferma che  “nulla sarà come prima”.

Con la differenza che sta a noi configurare il nostro futuro, non a chi vuole disumanizzarci.

5 Marzo 2022

 

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