Senso e Finalità del Lavoro di Gruppo nelle Comunità spirituali

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di Adriana Koulias

Miei carissimi, stimati e onorati amici, in primo luogo permettetemi di dirvi grazie per le tante parole di sostegno e per la vostra gentilezza. Gli ultimi tre giorni circa sono stati piuttosto difficili per la nostra comunità, questa piccola comunità che insieme ci siamo ritagliati in questo piccolo angolo di una vasta rete ahrimanica. Anche così abbiamo superato la tempesta e un nuovo giorno è sorto e il sole splende.

Miei cari amici, pochissimi si rendono conto di quanto sia pericoloso lavorare con l’antroposofia con uno stato d’animo sbagliato.

È pericoloso farlo individualmente, ma lo è ancora di più in gruppo, perché il nostro lavoro ha una realtà nel mondo spirituale. Non importa se quei gruppi sono qui o nel mondo “reale”, perché ciò che colpisce le nostre anime dal nostro lavoro in gruppo rimane con noi quando lo lasciamo e svolgiamo i nostri compiti quotidiani, e questo sale nel mondo spirituale.
Rudolf Steiner ci dice che il nostro lavoro entra nella vita delle Gerarchie Superiori e,

“Attraverso il giusto lavoro antroposofico, gran parte del male che accade in questo mondo può essere contrastato per i mondi spirituali, che influenzano incessantemente ogni cosa”.

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Ma se lavoriamo in modo scorretto, aumentiamo il male nel mondo.
Alla luce di ciò, cari amici, quando ci chiediamo come possiamo cambiare il mondo, la risposta è lì, dobbiamo cambiare le nostre anime proprio individualmente, in modo da poter lavorare insieme armoniosamente e questo cambierà il mondo. Elevare la vita spirituale.

“Ciò che conta più di tutto è diventare consapevoli del vero significato dell’idea di comunità, dicendo a noi stessi: a parte il fatto che come anime moderne apparteniamo alla quinta epoca post-atlantidea di cultura e ci sviluppiamo come individui, elevando sempre più la vita individuale al di fuori della vita comunitaria, dobbiamo a nostra volta diventare consapevoli di una forma superiore di comunità, fondata nella libertà dell’amore tra fratelli, come un soffio di magia che respiriamo nei nostri gruppi di lavoro (Rudolf Steiner).

L’armonia e l’amore sono ciò che conta.

Non è tanto quanto siamo avanzati nella nostra conoscenza intellettuale dell’antroposofia o quanto bene possiamo articolare le nostre esperienze, non importa se siamo chiaroveggenti o chiaroudenti, ciò che conta è che sviluppiamo il giusto stato d’animo quando lavoriamo con l’antroposofia, in particolare quando ci riuniamo in un gruppo perché allora non stiamo semplicemente lavorando con i nostri angeli, ma con Arcangeli e altri esseri superiori che stanno lavorando per lo sviluppo futuro della Sesta Epoca e del Sé Spirituale, come abbiamo detto durante le Notti Sante.

Il nostro lavoro, anche qui, sale dalle nostre anime ai mondi spirituali dove diventa una realtà per le Gerarchie che riprendono il nostro lavoro nella loro creazione del futuro. Questo rende il nostro lavoro insieme molto diverso da qualsiasi altra cosa facciamo, il nostro senso di responsabilità dovrebbe pesare molto su di noi, perché stiamo portando il bene o il male nel mondo.

“Ancora e ancora, in piena coscienza, dovremmo dire a noi stessi che coltivando la Scienza dello Spirito trasferiamo le nostre anime, per così dire, in sfere popolate non solo da esseri della terra, ma anche da esseri delle gerarchie superiori, gli esseri dei mondi invisibili. Dobbiamo renderci conto che il nostro lavoro è importante per questi mondi invisibili, che in realtà siamo all’interno di questi mondi. Nel mondo spirituale, il lavoro svolto da coloro che si conoscono all’interno di tali gruppi è molto diverso dal lavoro svolto al di fuori di tali gruppi e disperso nel mondo. Il lavoro svolto in fraterna armonia all’interno dei nostri gruppi ha un significato molto diverso per il mondo spirituale rispetto ad altri lavori che possiamo intraprendere (Rudolf Steiner).

Pertanto non importa se il proprio punto di vista è giusto o sbagliato, se si sente di lottare per la purezza dell’antroposofia e si crede fermamente che si stiano scongiurando pericoli tagliando fuori le persone e così via, in modo che il fine (distruggere la comunità) giustifichi i mezzi. Se si fa qualcosa che disturba l’armonia di una comunità, l’umore di una comunità e che la lacera, non importa quanto si creda di avere buone intenzioni, non importa se si basa su ciò che si ritiene essere un “buon giudizio”, non importa se si ritiene di poter sostenere le proprie azioni dure e poco amorevoli, si deve essere pronti ad assumersi la responsabilità karmica davanti al mondo spirituale per la rottura dell’armonia in una comunità. A volte non si può evitare, ma ciò non significa che si possa farla franca, bisogna assumersi la responsabilità davanti agli esseri superiori, ora o più tardi.

Ciò che è importante è, anche nei nostri disaccordi, perché ci saranno sempre opinioni diverse finché non avremo sviluppato un senso comune, ciò che è importante è sforzarsi sempre di mantenere uno stato d’animo equilibrato e misurato, rispettoso, amorevole – veramente amorevole, cioè profondamente interessato all’altro – e gentile. Dovremmo prendere a cuore questo.
In questo giorno, anniversario della nascita di Rudolf Steiner, mentre ci avviciniamo al centenario della sua morte, miei cari amici, vi offro questi pensieri con profondo calore, rispetto e amore.

Adriana

* * *

Rudolf Steiner sul corretto comportamento di un gruppo e sul fare conferenze antroposofiche
Bruce Brunsdon

IL seguente articolo è apparso nel numero di novembre 1949 del Movimento antroposofico, pubblicato dalla Società antroposofica in Gran Bretagna. In esso Adelheid Petersen parla di alcune questioni di “importanza universale e fondamentale”.

Adelheid Petersen scrive:

Il 28 agosto 1919 andai da Monaco a Stoccarda (per cui allora occorreva un passaporto della direzione di Polizia di Monaco) per esporre a Rudolf Steiner, al quale ero stata annunciata, il piano di un nuovo lavoro da incominciarsi a Monaco. Dopo la morte di Sophie Stindes il lavoro languiva. Entro i due gruppi e tra di loro si litigava. Si andò a Stoccarda per accusarsi reciprocamente dinanzi a Rudolf Steiner, che allora era occupato con le sue cure per la salvezza sociale e politica della Germania e per l’apertura della Scuola Waldorf.

All’opposto di precedenti accoglienze, egli mi ricevette freddamente, chiuso nell’espressione e chiese subito in tono severo ed asciutto:

“Che cosa ha da dirmi?”

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Alla mia risposta che, avendo Friedrich Lauer (il pittore morto nel 1935) messo a disposizione del movimento la sua casa con la grande sala, volevo prendere l’iniziativa di un nuovo lavoro, seguì nel medesimo tono la seconda domanda:

“E come si immagina lei questo lavoro?”

Tutto il piano viveva già ben concretamente nella mia rappresentazione. Così poté essere rapidamente e chiaramente spiegato: corsi d’introduzione, corsi di continuazione, lavoro per la gioventù, conferenze dei vari oratori antroposofi, pomeriggi per bambini per i figli dei proletari della periferia cittadina, del cui negligente abbandono – causato dalle condizioni del momento – i maestri si lamentavano nei pomeriggi di vacanza.

Quando ebbi finito il mio discorso, il tono e l’espressione del viso di Rudolf Steiner erano cambiati.

“Questo mi è di grande gioia – disse con calore – ed io l’aiuterò sempre ed in tutto”.

Egli aggiunse però un avvertimento per il grande peso e la fatica che una tale impresa significa, interiormente e esteriormente, per le ostilità e le trafitture provenienti proprio dei “nostri cari membri”. Dopo che ebbe ancora parlato di talune cose che a ciò si riferivano, mi congedò affinché “dormissi su tutto ciò ancora una notte” e mi fissò l’incontro per il giorno dopo, di mattina presto, perché gli dicessi la mia decisione, sulla quale egli era altrettanto poco in dubbio come io stessa. Cos’ì quando tornai il giorno dopo, egli sorrise. Ebbi allora parte a qualcosa di unico, atto a trasformare interiormente, in quanto in quelle ed in altre ore da lui fissate, egli mi diede delle profonde istruzioni sull’attività delle conferenze e sul lavoro di gruppo.

Escludendo ogni elemento direttamente personale, raggruppo qui ciò che ha importanza generale e fondamentale. Egli prese lo spunto da ciò che è spiegato nella conferenza di Monaco del 15 giugno 1915 [Prepararsi per la Sesta Epoca, Düsseldorf, 15 giugno 1915, O.O. 159].

“Il lavoro antroposofico è una realtà nei mondi spirituali. Esso giunge fino ai mondi spirituali, fino alla vita degli esseri delle Gerarchie superiori. Per mezzo del giusto lavoro antroposofico, molta parte del male che avviene nel mondo può essere pareggiata per i Mondi spirituali, che continuamente agiscono su tutto”.

Venendo poi al caso in oggetto, incominciò:

“Al principio del lavoro lei terrà la prima conferenza. Ma le dico questo – egli si piegò un po’ in avanti e divenne molto energico – se vi saranno solo tre persone, se vi sarà una sola persona, lei terrà la sua conferenza come se vi sedessero cinquecento persone. Può esserci quello per cui la cosa abbia importanza”. “Altrettanto coi bambini. Se dopo la sua notificazione si presentano due soli bambini, incominci coi due”.

* * *

Questa conferenza fu tenuta a Düsseldorf all’apertura del Gruppo II, il 15 giugno 1915.

Alcuni brani pertinenti della conferenza:

“Dobbiamo renderci conto che facciamo una distinzione, anche se solo con il pensiero, tra il lavoro che facciamo in un gruppo come questo e il nostro altro lavoro nel mondo. Coloro che non sono disposti ad entrare profondamente in verità più intime connesse al progresso spirituale dell’umanità, potrebbero chiedersi se non possiamo coltivare la scienza dello spirito senza formarci in gruppi, ma semplicemente trovando docenti e fornendo opportunità a persone che potrebbero non conoscersi per riunirsi e avere accesso al tesoro spirituale di cui parliamo. Potremmo, ovviamente, procedere in questo modo. Ma finché è possibile stabilire, nel senso più ampio e più ristretto, associazioni di esseri umani che si conoscono e che si uniscono in amicizia e fratellanza all’interno di questi gruppi di lavoro, continueremo a fondarli nella piena consapevolezza dell’atteggiamento dell’anima che è parte integrante della scienza dello spirito.

Non è senza significato che tra noi ci siano esseri umani che vogliono coltivare il lato più intimo della conoscenza spirituale e che intendono sinceramente lavorare insieme in fratellanza e armonia. Non solo le relazioni e il rapporto sono influenzati dal fatto che possiamo parlare in modo abbastanza diverso tra di noi, sapendo che stiamo parlando ad anime consapevolmente associate a noi – non solo è così, ma anche qualcos’altro deve essere ricordato. La costituzione di singoli gruppi è collegata all’intera concezione che abbiamo del nostro Movimento se ne comprendiamo la natura più intima. Dobbiamo essere tutti consapevoli che il nostro Movimento è significativo non solo per l’esistenza conosciuta ai sensi e per l’esistenza che è colta dalla mente dell’uomo rivolta verso l’esterno, ma che attraverso questo Movimento le nostre anime cercano un legame reale e genuino con il mondi spirituali. Ancora una volta, in piena coscienza, dovremmo dire a noi stessi che coltivando la scienza dello spirito trasferiamo le nostre anime per così dire in sfere popolate non solo dagli esseri della terra ma anche dagli esseri delle gerarchie superiori, gli esseri dei mondi invisibili. Dobbiamo renderci conto che il nostro lavoro è importante per questi mondi invisibili, che siamo effettivamente all’interno di questi mondi. Nel mondo spirituale, il lavoro svolto da coloro che si conoscono all’interno di tali gruppi è del tutto diverso dal lavoro svolto al di fuori di tale gruppo e disperso nel mondo. Il lavoro svolto in fraterna armonia all’interno dei nostri gruppi ha un significato completamente diverso per il mondo spirituale rispetto ad altri lavori che possiamo intraprendere. Per comprenderlo pienamente dobbiamo ricordare a noi stessi le verità che abbiamo studiato in molti aspetti negli ultimi anni”.

(…)La natura del sé spirituale è che deve presumere l’esistenza nelle anime umane delle tre caratteristiche di cui ho parlato: vita sociale in cui prevale la fratellanza, libertà di pensiero e pneumatologia. Queste tre caratteristiche sono essenziali in una comunità di esseri umani all’interno della quale il sé spirituale deve svilupparsi mentre l’anima cosciente si sviluppa nelle anime della quinta epoca. Possiamo quindi immaginare a noi stessi che unendoci in fratellanza in gruppi di lavoro, qualcosa aleggia invisibilmente sul nostro lavoro, qualcosa che è come il figlio delle forze del sé spirituale – il sé spirituale che è nutrito dagli esseri delle Gerarchie superiori affinché possa scorrere verso il basso nelle nostre anime quando saranno di nuovo sulla terra nella sesta epoca di civiltà. Nei nostri gruppi eseguiamo un lavoro che scorre verso l’alto verso quelle forze che vengono preparate per il sé spirituale. Quindi vedete, è solo attraverso la saggezza della scienza dello spirito stessa che possiamo capire cosa stiamo realmente facendo rispetto alla nostra connessione con i mondi spirituali quando ci riuniamo in questi gruppi di lavoro. Il pensiero che facciamo questo lavoro non solo per il bene del nostro ego, ma affinché possa fluire verso l’alto nei mondi spirituali, il pensiero che questo lavoro sia connesso con i mondi spirituali, questa è la vera consacrazione di un lavoro in gruppo. Avere a cuore un tale pensiero è permeare noi stessi della coscienza della consacrazione che è il fondamento di un gruppo di lavoro all’interno del Movimento. È quindi di grande importanza cogliere questo fatto nel suo vero senso spirituale. Ci troviamo insieme in gruppi di lavoro che, oltre a coltivare la scienza dello spirito, si basano sulla libertà di pensiero. Non avranno nulla a che fare con il dogma o la coercizione del credo e il loro lavoro dovrebbe essere della natura della cooperazione tra fratelli. Ciò che conta di più è diventare consapevoli del vero significato dell’idea di comunità, dicendo a noi stessi: a parte il fatto che come anime moderne apparteniamo alla quinta epoca di cultura post-atlantica e ci sviluppiamo come individui, elevando la vita individuale sempre più fuori dalla vita comunitaria, dobbiamo a nostra volta prendere coscienza di una forma più alta di comunità, fondata sulla libertà dell’amore tra fratelli, come un soffio di magia che respiriamo nei nostri gruppi di lavoro”.

* * *

Si diffondeva allora nella Società un’ondata un po’ propagandistica, si voleva agire “in ampiezza”, si volevano affrontare le correnti del tempo. Taluni capi gruppo ci misero dell’ambizione nell’aumentare al massimo il numero dei membri.

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Rudolf Steiner era scontento di ciò e mi disse:

“Il movimento deve naturalmente crescere, ma ciò deve avvenire in modo giusto e sano. Come lo si fa ora, rende superficiale l’associazione. Questa è una rovina per la Società”. Spesso rilevava la mancanza della facoltà di discernimento, di tatto, di coscienziosità”.

Parlò, come spesso aveva fatto in precedenza, di mancanza di discernimento, di tatto, di assoluta coscienziosità. Poi proseguì:

“Ciò che è fondamentale per qualsiasi lavoro antroposofico realmente giusto è: può parlare e spiegare soltanto ciò che dei contenuti dell’antroposofia è diventato reale vita interiore. Ciò che è diventato gioia di vita, condizione di vita, ciò che ha riunito con lei. Solo questo penetra negli altri. Solo questo fa realmente d’intermediario all’Antroposofia”.

“Ciò che è fondamentale per qualsiasi lavoro antroposofico realmente giusto è: può parlare e spiegare soltanto ciò che dei contenuti dell’antroposofia è diventato reale vita interiore. Ciò che è diventato gioia di vita, condizione di vita, ciò che ha riunito con lei. Solo questo penetra negli altri. Solo questo fa realmente d’intermediario all’Antroposofia”.

“Saremmo già molto avanti con l’antroposofia nel mondo se i nostri conferenzieri non parlassero tanto attingendo alla loro testa. Non si può oggi appropriarsi intellettualmente di qualcosa di scientifico spirituale e spacciarlo domani o dopodomani, oppure in un paio di settimane o di mesi, spremendoselo dalla testa. Questo può essere del tutto esatto riguardo al contenuto, può anche essere bello nel porgere. Ma non vive. Tutto deve essere dapprima elaborato concettualmente, ma deve poi trasformarsi. Deve diventare vita, immagine. E ciò deve stare dietro l’elemento concettuale di una conferenza. Si deve parlare con tutto l’uomo, con tutte le forze del cuore sature di volontà. Allora viene afferrato l’essere più profondo degli ascoltatori, anche se esso ancora respinge la cosa e persino la senta con avversione”.

“Una cosa lei deve imprimere nella sua anima: ciò che è decisivo (deve naturalmente essere esatto) non è che cosa lei dice, ma come lo dice. Come ciò che è detto vive in lei, come lei vi sta dentro in serietà e veracità interiore, come è il suo atteggiamento più intimo, la sua più profonda disposizione d’animo, la sua più intima coscienziosità. A ciò sono rivolti gli sguardi del Mondo spirituale”.

Egli divenne della serietà più stringente:

“ E lei deve sapere ancora questo, senza mai dimenticarlo: quando lei tiene delle conferenze o quando vengono a lei degli uomini con delle domande – di qualsiasi specie siano le domande – se lei poi se ne sta lì in piedi o seduta, ma gonfia di un sentimento di appagamento per il fatto che lei può parlare, rispondere, istruire ecc. attingendo da ciò che porta in sé, da ciò che ha raggiunto – se lei dunque sta di fronte all’altro presa da un sentimento di ricchezza, di superiorità spirituale, sarà meglio allora che pianti ogni cosa! Perché allora lei solo danneggia se stessa e non giova affatto all’altro, perché ciò che dice rimane solo estraneo”.

 

“Lei non deve mai parlare traendo dall’interno senso di gonfiezza, dalla pienezza interiore, se vuole servire i Mondi spirituali in senso realmente antroposofico. Deve avere invece un sentimento d’insufficienza, di incapacità, di povertà di fronte a ciò che lei deve fare, a ciò che si aspetta da lei, un sentimento d’impegno di fronte agli uomini e di fronte agli esseri del Mondo spirituale. Lei deve veramente chiedere aiuto. Allora lei si trova nella giusta disposizione animica. Allora lei trova ciò che è esatto nelle sue risposte. Allora le sue parole trovano la via dell’interiorità degli ascoltatori. Allora lei parla attingendo dalla verità”.

“Si dovrebbe sentire sempre ogni lavoro antroposofico, ogni conferenza, come grave responsabilità, si dovrebbe sentire tale gravità”. “Ma questo non è così piacevole come quando si gode di se stessi”.

Venne poi a parlare del lavoro di gruppo e del compito di dirigere il gruppo:

“Qui i compiti sono del tutto diversi dal lavoro verso l’esterno. Qui l’essenziale è la comunità. E invero, una comunità degli uomini più diversi, di cosiddetti colti e di cosiddetti incolti, provenienti da tutte le condizioni sociali e da tutte le professioni, anziani e giovani, sia per gli anni, per la qualità di membri o per le qualità animiche. Questa vuole e deve essere, grazie alla sostanza antroposofica, una comunità vivente e cosciente, che viene elaborata nelle serate del gruppo. E’ un processo cosciente che si sviluppa sempre più nel corso del lavoro. Di tale sviluppo per mezzo del lavoro è responsabile il dirigente del gruppo. Intorno alla personalità del dirigente del gruppo dovrebbero delinearsi i tratti di tale comunità. Ciò dovrebbe essere così, ma anche in ciò la cosa viene presa troppo alla leggera. Come un gruppo è fatto, come vi si lavora, ciò dipende dal suo dirigente”.

 

“Il significato e quindi il compito del lavoro di gruppo è: lavorare in profondità nell’elemento esoterico. Nel lavoro in comune del gruppo vive la preparazione per la sesta epoca di cultura, soltanto nel lavoro di gruppo può essere fatto un determinato lavoro in preparazione della vita spirituale della sesta epoca di cultura, nella elaborazione dell’elemento esoterico, nello sviluppo della sostanza antroposofica, come sussiste nei cicli, nelle conferenze interne”.

 

“Ed anche per questo vale naturalmente quanto dissi dianzi: lei può lavorare ed operare giustamente come dirigente di gruppo, se il suo lavoro è vita esoterica in via di accrescimento, indifferente se lei legge una conferenza e ne parla oppure se ha elaborato delle cose e ne parla liberamente. Per il lavoro di gruppo vale bensì in misura preminente il come: ciò che importa è l’interiore disposizione d’animo, la veracità interiore. Quando lei legge una conferenza deve del tutto dominarla interiormente. Nel leggerla, deve propriamente produrla di nuovo. E niente affatto un “trebbiar cicli”. E’ spaventoso quando la gente racconta a qualcuno quanti cicli sono stati fatti nel più breve tempo possibile! Non inzeppi mai le teste! Se le riesce di rendere viva negli uomini una sola idea antroposofica, allora qualche cosa è raggiunto!”.

 

“Lei deve imparare a lavorare partendo dalla sua gente. Lei deve stare in ascolto di ciò che le proviene dai membri, di ciò che è necessario! Se lei può questo, quando poi lei parla o legge traendo dall’elemento esoterico interiormente vivente, allora lei parlerà a tutti e ciascuno giungerà al suo, ciascuno porterà via con sé ciò di cui ha bisogno e con cui può lavorare, non importa se vecchio o giovane, colto o incolto”.

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Egli non desiderava discussioni.

“Esse non appartengono alle serate del gruppo. Nelle discussioni viene disciolta in chiacchiera la sostanza – o l’aura – che si può formare nell’esposizione libera e nella lettura”.

Egli sconsiglia anche di rispondere a domande dopo conferenze dinanzi all’assemblea. Nei primi anni della sua attività, egli aveva curato ciò, ma in seguito interrotto.

“Spesso non vi è alcuna vera serietà dietro a codeste domande., che per di più sono la maggior parte male impostate, spesso non sono mosse da alcuna buona intenzione. E’ meglio dichiararsi pronti a risposte private dopo la conferenza”.

“Che la teoria della conoscenza non appartenga alle serate di gruppo, nemmeno propriamente quei libri che sono stati scritti per il pubblico (Teosofia, Scienza occulta) che furono posti a base dei corsi introduttivi. Nelle serate di gruppo venga invece internamente approfondito, concretato, ampliato, completato ciò che ivi è stato dato”.

Egli si trattenne esaurientemente sulla formazione delle conferenze, sia di quelle di gruppo che di quelle dinanzi al pubblico. Il contenuto e la forma non vadano disgiunti. Una conferenza informe, male costruita, è cattiva, anche quando il contenuto possa essere esatto nei singoli particolari.

“Esso non si imprime nella mente”.

 

“A tale riguardo, lei farà bene elaborare esattamente il principio delle sue conferenze. Poi però lei deve parlare liberamente. Una conferenza letta è un’assurdità”.

“Riguardo alla composizione, i nostri conferenzieri lasciano spesso molto a desiderare. Si ha in mente un contenuto, che si domina, e non ci si cura della forma. Nella sua compagine complessiva, una conferenza deve essere trattata come un’opera d’arte. Devono armonizzare le proporzioni interne: principio e fine devono corrispondersi, in certo modo collimare. Una conferenza deve avere un solido asse, intorno al quale si gira, ma dal qual uno si può allontanare soltanto entro le giuste proporzioni”.

 

Rudolf Steiner accennò perciò alla costruzione delle sue conferenze singole, come dei suoi cicli nel complesso. Egli traccia un asse intorno al quale gira in una spirale ascendente.

“Coll’esercizio progressivo lei avrà soltanto ancora bisogno di fissare il principio e la fine. In mezzo lei si muoverà liberamente entro la forma data. E’ penoso quando un conferenziere perde la pagina e si confonde, si appresta ripetutamente a finire, e ciò fa sbiadire tutto quanto ha detto prima”.

Quando giunse alla fine, il suo sguardo acquistò quella serietà e quella bontà così impenetrabile, nella cui luce uno si ripiegava personalmente in un nulla, mentre vedeva al contempo dinanzi a sé tutte le forze e le possibilità del proprio essere.

“Sia sempre cosciente della santa serietà del compito che si è prefisso” – disse – “L’antroposofia è cosa pericolosa se si procede in essa senza questa serietà. Pensi sempre a questo! Ne va dell’avvenire dell’Umanità. Ne va degli uomini che siedono lì dinanzi a lei. Lei deve badare agli uomini. Nell’uomo che siede lì dinanzi a lei, deve amare gli uomini, lei deve amare quest’uomo nascosto come lei ama l’antroposofia”.

Ed ancora una volta ripeté le parole del sentimento di povertà interiore dinanzi a ciò che si ha da fare.

“Allora lei sentirà l’aiuto del Mondo spirituale”.

Ancora due parole di Rudolf Steiner, che egli espresse in altra occasione (e più volte in quel tempo).

“Potrebbe essere possibile che un giorno l’antroposofia si debba staccare dalla Società Antroposofica. Non dovrebbe essere, ma ci sarà codesta possibilità”.
Quando io non sarò più qui, ci sarà una intellettualizzazione della Società antroposofica. Questo è un grande pericolo, poiché significa il ristagno di tutto il movimento. Perciò è così importante la giusta cura del lavoro esoterico interno”.

“La gente non sa e in fondo non vuole nemmeno sentirne parlare volentieri, ma è così: quando un uomo se ne sta quieto nella propria stanzetta e con reale serietà interiore, con tutta la dedizione del suo cuore legge, per esempio, il Vangelo di Giovanni o qualche cosa di antroposofico, e lo vive, egli fa di più per la salute del mondo e degli uomini, di taluni che si danno importanza con dei pettegolezzi antroposofici”.

Ed egli aggiunse:

“Ma a questo scopo si deve conoscere la realtà degli Esseri superiori”.

Per farla breve: il lavoro di cui si trattava riuscì. Sarebbe da riferire in particolare sui pomeriggi dei bambini con la pittura, l’euritmia, il canto, i racconti di fiabe. Alla fine c’erano oltre settanta bambini di tutti gli strati sociali. I nostri corsi d’introduzione e di continuazione erano costantemente bene frequentati e tra gli ascoltatori c’erano sempre dei lavoratori e degli operai. Intorno a Wilhelm Petersen si stringeva un gruppo di studenti, dal quale affluirono poi all’antroposofia le migliori “reclute”. Nella “Casa nuova”, come avevamo denominato la casa Lauer, oltre ad altri hanno ripetutamente parlato in una sala gremita, Albert Steffen, Michael Bauer, Carl Unger, Ernst Uehli, Hermann Beckl. C’erano rappresentazioni pubbliche di euritmia dei bambini e delle allieve adulte, concerti e la rappresentazione natalizia di Oberpfalz fatta da bambini.

Nel 1922 le chiassate clericali intralciarono il lavoro dei bambini. A causa dell’inflazione, poco dopo, la casa dovette chiudere i battenti.

 

Tradotto dall’inglese da Piero Cammerinesi per LiberoPensare

In copertina, immagine di Doris Harpers

 


Adriana Koulias è nata nel 1960 a Rio de Janeiro, in Brasile. All’età di nove anni la sua famiglia è emigrata in Australia.
Nel 1989 Adriana ha iniziato a studiare Antroposofia, Filosofia e Storia e ha intrapreso una carriera artistica, vendendo opere a varie gallerie d’arte e partecipando a diverse mostre miste. Autrice di diversi romanzi tra cui tradotti in italiano: Il segreto della sesta chiave, Il tempio del Graal, I custodi del Graal.
Oggi Adriana tiene regolarmente conferenze su storia, filosofia e scienze esoteriche. Ha due figli e vive a Sydney.

 

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