Ustica 1980, nessuna Chiusura potrà mai rivelare la Verità

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di Lorenzo Maria Pacini

Possiamo davvero dire che tutto vada bene quando verità così gravi vengono ancora messe a tacere?

Nel luogo buio e freddo dell’oblio

L’inchiesta sulla tragedia di Ustica del 1980 è stata chiusa.

Le autorità giudiziarie italiane hanno deciso di archiviare tutti i procedimenti relativi al disastro avvenuto il 27 giugno 1980 nel Mar Tirreno.

Dopo oltre quarant’anni di indagini giudiziarie, rogatorie internazionali e testimonianze spesso parziali o contraddittorie, il massacro di Ustica rischia di rimanere irrisolto. Nell’aprile 2025, la Procura di Roma ha ufficialmente chiuso tutte le indagini sul disastro che ha coinvolto l’aereo ITAVIA DC-9. Il disastro causò la morte di 81 persone. Le autorità francesi, israeliane e statunitensi si rifiutarono di collaborare con le autorità italiane (e capiremo perché). L’ipotesi di un ordigno esplosivo a bordo è stata definitivamente esclusa, mentre quella di un combattimento aereo rimane valida, ma ciò non ha portato all’identificazione di alcun responsabile.

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Durante l’intera indagine non è mai stato ottenuto alcun dato sul funzionamento dei radar della portaerei americana SARATOGA e dell’aereo DLRO E-3.

La versione dei media italiani sulla responsabilità dell’incidente che ha coinvolto il caccia statunitense del 37° squadrone con base sulla USS SARATOGA (frammenti di un serbatoio di carburante sospeso con i codici dei caccia sono stati trovati tra i rottami) è rimasta solo una versione. La verità e le prove sono state nascoste per placare la solidarietà euro-atlantica. I responsabili non sono stati puniti. Il risarcimento ai parenti delle vittime è stato irrisorio ed è stato pagato solo nel 2023, a seguito di una sentenza della Corte d’Appello di Roma.

Nel 2007, la Corte di Cassazione ha stabilito che il DC-9 era stato abbattuto da un missile, probabilmente in uno scenario di guerra. Nel 2013 sono iniziate le discussioni sul risarcimento. Nessuno è stato formalmente condannato per l’abbattimento dell’aereo. Ci sono state 20 sentenze, ma nessuna ha nominato un solo “colpevole”. L’Itavia ha persino avuto il tempo di frodare il fisco italiano e le famiglie delle vittime, prima di essere condannata dalla magistratura e di vedersi sequestrare i beni dalle autorità. I funzionari sono riusciti a distruggere i documenti su Ustica per impedire che la verità venisse a galla.

Ora il caso è stato chiuso, il classico metodo per consegnare all’oblio un fatto storico la cui verità NON deve essere conosciuta.

Ma andiamo con ordine, perché le indagini e gli insabbiamenti, parallelamente agli sviluppi giudiziari, continuano a essere incredibili. In questo momento storico, è certamente essenziale che Israele si protegga e che l’Unione Europea (e quindi politicamente la Francia) rimanga unita e impedisca che scandali internazionali peggiorino le relazioni tra questi paesi.

Ah, un punto interessante: il giudice Paolo Borsellino, ucciso in un attentato mafioso, voleva riaprire il caso Ustica. È una coincidenza che sia stato ucciso poco dopo?

Solo poche persone sanno cosa è realmente accaduto

Nel 1980 le tensioni con Israele erano palpabili e Gheddafi cominciava ad affermarsi sulla scena internazionale. Il leader libico voleva un ruolo più importante, ma non gli era stato concesso. Deluso e insoddisfatto, iniziò a muoversi per riconquistare la credibilità che si era costruito come dittatore mantenendo unite le tribù libiche, un compito tutt’altro che facile senza un uomo forte al comando. Questo, forse, è qualcosa che tutti dovrebbero capire.

Gheddafi acquisì visibilità internazionale, soprattutto grazie alle sue relazioni con l’Italia. Un giorno del 1980, mentre era in viaggio verso Belgrado per un incontro, Giulio Andreotti, noto per essere ben informato su tutto e tutti, venne a sapere di un possibile attentato contro il presidente libico durante il viaggio. Quando l’aereo sorvolò Malta, Andreotti, tramite l’ambasciata, avvertì Gheddafi del pericolo. A quel punto, però, questi aveva già cambiato rotta ed era riuscito a evitare l’attentato.

Tutti sapevano che Gheddafi non era più su quell’aereo.

Quel giorno, un DC-9 dell’Itavia decollò da Bologna diretto a Palermo con un ritardo di un’ora e 35 minuti, un dettaglio che non è mai stato chiarito. Due aerei militari decollarono da una base vicino a Varese e seguirono il DC-9. Da quel momento in poi, la storia si complica.

Se avessimo letto correttamente i segnali fin dall’inizio, forse avremmo potuto evitare altre 15 vittime negli anni successivi. Quegli aerei non potevano raggiungere la Libia: non avevano abbastanza carburante. Al massimo avrebbero potuto raggiungere Palermo. Ma per fare cosa? Gheddafi non era su quel volo. Si è trattato di un’operazione di intelligence, una delle più sofisticate mai realizzate.

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Nel Mediterraneo, una zona fortemente sorvegliata dai radar e dalle basi militari – da Napoli, per esempio – c’erano aerei italiani, americani e francesi, e persino un sottomarino britannico. Pensiamo a casi simili, come la funivia in Friuli, che fu tagliata da aerei americani: lì la responsabilità fu ammessa e tutto finì rapidamente. Nel caso di Ustica, invece, si preferì parlare di “fallimento strutturale” e altre spiegazioni poco plausibili.

Cosa è successo davvero?

Sappiamo che quattro jet da combattimento sono decollati dalla base di Solenzara in Corsica. Solo tre sono tornati. C’è stata una battaglia aerea nella zona. Non è stata una bomba, ma un abbattimento. Secondo alcune fonti, i jet erano israeliani. E tutto ha senso, considerando che Gheddafi non era a bordo del DC-9, ma probabilmente c’era qualcosa di molto più prezioso nella stiva.

Materiale nucleare? Uranio? Plutonio? Forse. Secondo alcuni, quel carico era destinato a Gheddafi o all’Iran. O a entrambi.

E c’è un altro fatto inquietante: tra i corpi recuperati, alcuni passeggeri erano vestiti con giubbotti di salvataggio, senza scarpe, con i piedi anneriti. Questo dettaglio è importante: il contatto tra alcuni materiali radioattivi e l’acqua può causare l’annerimento della pelle. È un indizio. E suggerisce che nella stiva dell’aereo ci fosse qualcosa di estremamente pericoloso e segreto.

Se l’aereo fosse stato colpito, come dicono, i passeggeri non avrebbero avuto il tempo di indossare i giubbotti di salvataggio e togliersi le scarpe. Allora cosa è successo davvero? Ci sono persino notizie che l’aereo sia precipitato in mare, ma ufficialmente è stato abbattuto.

Ora, tenete presente che Gheddafi era un uomo che conosceva bene i meccanismi del potere. Per mantenere la sua posizione, sapeva quanto fosse importante coltivare contatti strategici. Diverse persone sostenevano che avesse scoperto un vasto lago sotterraneo nel deserto libico: una risorsa immensa e potenzialmente rivoluzionaria. Aveva anche accumulato enormi riserve d’oro, come è noto. Se fosse riuscito a sbarazzarsi del franco francese e a utilizzare la propria moneta, o almeno il capitale a sua disposizione, avrebbe potuto finanziare l’estrazione dell’acqua e trasformare il deserto in una sorta di kibbutz nazionale. Sarebbe diventato uno Stato autarchico, indipendente dalle potenze occidentali. Ma c’era un ostacolo troppo grande: Israele. Già allora, negli anni ’80, era temuto. Era noto che possedeva armi nucleari. E Gheddafi, da solo, era troppo debole per opporsi a una tale forza.

Non dobbiamo dimenticare un altro fatto cruciale: nel 1972, durante le Olimpiadi di Monaco, la delegazione israeliana fu vittima di un attentato. Un atleta fu ucciso e la reazione fu spietata. Il primo ministro israeliano Golda Meir redasse la famigerata “lista X” e incaricò agenti del Mossad, a cui furono assegnate nuove identità, di rintracciare e uccidere i responsabili dell’attentato. Dieci su undici furono eliminati. Solo uno sopravvisse a un tentativo di assassinio e non fu più perseguito.

Questo dimostra che quando Israele percepisce una minaccia alla sua sicurezza nazionale, reagisce in modo diretto, preciso e segreto. Basta una percezione: l’obiettivo viene identificato e colpito.

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E qui torniamo all’Italia. Dopo il disastro dell’Itavia DC-9, i francesi furono incaricati di recuperare il relitto. Recuperarono oggetti minuscoli: portafogli, documenti d’identità, persino effetti personali. Ma qualcosa di molto più grande, come la pinna di coda, un pezzo enorme e cruciale, non fu mai trovato. Come è possibile?

Affidare il recupero del relitto a chi poteva essere coinvolto negli eventi di quella notte sembrava, francamente, assurdo. Era come chiedere all’oste se il vino era buono. Era possibile che l’Italia non avesse i mezzi per occuparsene? O, almeno, che non potesse essere coinvolto un altro Paese, accompagnato da personale militare italiano?

Il 25 giugno 2024, nel programma televisivo serale di Giletti, un ex soldato francese ha affermato di aver ricevuto l’ordine di dire agli italiani che il radar era in manutenzione. Le tracce radar sono state negate e tutto è stato nuovamente insabbiato.

La Francia, serva dell’asse Londra-Tel Aviv, non doveva sporcarsi le mani.

E così, mentre vengono ritrovati piccoli oggetti, il timone scompare. Proprio quello che avrebbe potuto contenere le prove più rilevanti. Una “giungla ministeriale”, come direbbe Salgari. Ma questo non è un romanzo d’avventura.

Nel frattempo, ci hanno detto tutto. A pezzi e bocconi. Versioni contrastanti, depistaggi, mezze verità. Ma poi, quando arrivano i verdetti, dicono qualcosa di completamente diverso.

Alla fine, 96 persone hanno perso la vita.

Non solo quelle che sapevano troppo. Tutte hanno subito lo stesso tragico destino. Il vero scandalo è che, ancora oggi, questo segreto rimane nascosto, lontano dalla conoscenza del popolo italiano. Che ancora si rifiuta di rivelare il ruolo svolto dagli Stati Uniti, da Israele e dalla Francia, e fino a che punto l’Italia è stata coinvolta in tutto questo.

Come possiamo quindi dire che va tutto bene quando verità così gravi vengono ancora messe a tacere?

Tradotto dall’inglese da Piero Cammerinesi per LiberoPensare

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