Green pass e velleità politiche

Greenpass

Da testimonianze e cronache sociali sembra che il Green pass si stia sgretolando nella sua insostenibilità economica, prima che giuridica.

A pensarci bene, in uno Stato di diritto un cittadino non può essere perseguitato per il fatto di osservare la legge, e secondo la legge la vaccinazione non è obbligatoria, motivo per cui non dovrebbe essere troppo condizionante per la libertà individuale nemmeno un lascia passare che non tiene conto della legge.

A proposito del concetto ostico di libertà, ultimamente i “costituzionalisti” accreditati dai media hanno sposato una concezione a ribasso, una concezione edonistica della libertà, come se si trattasse di un’espansione ludica dell’io, da comprimere in base alle esigenze della collettività. Va ricordato che i padri costituenti avevano una concezione del tutto diversa della libertà, vista come principio prudenziale, come garanzia sociale.

Principio di prudenza con cui si rinunciava a sacrificare l’individuo alla collettività, poiché, quando si supera una certa soglia, si sa da dove si è partiti, ma non si sa dove si andrà a finire. In effetti, l’evento pandemico non ha tardato a confermare che in Italia lo sperimentalismo politico-sociale in chiave dispotica trova sempre la sponda di intellettuali, accademici, giornalisti e di una fascia di opinione pubblica trasversale, pregiudizialmente favorevole ad ogni misura punitiva nel nome del castigo.

Per tante persone “per bene” la difesa della ‘vita nuda’ è stata l’occasione euforica per trasformarsi in sorveglianti e in sbirri, ma fortunatamente non sono tardate nemmeno le reazioni e le azioni giuridiche da parte delle persone lucide e capaci dell’esercizio della ragione, per cui il pericoloso estremismo di una certa bio-politica ha dovuto arretrare. Con ciò non bisogna però affrettarsi ad esultare vittoria, commettendo l’errore di ignorare il ruolo complice che hanno avuto politici e governanti nel portare avanti questo progetto, che come ogni grande progetto è programmato a procedere per gradi.


Pochi hanno dato il giusto significato alla rinomina di Renato Brunetta come ministro della Pubblica Amministrazione nel governo Draghi, visto che è stato proprio Brunetta a firmare, ancora nel 2009 per nome del governo Berlusconi, un protocollo di intesa con la IBM per la formazione di dirigenti scolastici, grazie a cui la multinazionale americana ha avuto la via libera per poter creare la propria lobby partendo proprio dalla pubblica istruzione. Un patto rafforzato da Matteo Renzi nel 2016, quando l’ex ministro ha ceduto alla IBM anche l’accesso ai dati sanitari della popolazione italiana.

Forse qui bisogna aprire una parentesi per ricordare che negli anni ’30 alcune fra le più importanti oligarchie statunitensi simpatizzavano per il nazismo, finanziando l’industrializzazione del Terzo Reich, ma allo stesso tempo è stato anche il Terzo Reich ad essere ispirato alle grandi corporazioni, copiandone i metodi di gestione. In quella simbiosi fra multinazionali e dittatura, l’IBM ha avuto un posto storico speciale, in guanto è stata proprio l’IBM a fornire al nazismo le macchine tabulatrici che servivano per la schedatura degli ebrei e la loro deportazione nei campi di concentramento. Il che fa capire che i veri custodi dell’ideologia nazista e delle sue tecniche di dominio non sono stati i gruppetti neonazisti e naziskin, bensì le multinazionali.

Oggi l’IBM è il fornitore della tecnologia con cui i governi nazionali gestiscono l’applicazione Green pass ed è il principale promotore dei passaporti vaccinali digitali per tutto il blocco occidentale, partendo da Italia, Francia, New York. La nuova tecnologia ha il vantaggio di integrare i database di diversi enti in modo “orizzontale”, senza che vi sia una centralizzazione del sistema, rassicurando che in questo modo ci saranno costi e rischi molto più bassi rispetto a una gestione centrale. Un’altra questione è come verranno impiegati tali dati, considerati oramai la vera ricchezza dell’economia digitale: le due opzioni sono quella commerciale e quella di fornire carburante all’AI perché possa elaborare previsioni e soluzioni in campo sanitario. È superfluo cercare di valutare se tali soluzioni saranno in buona o in mala fede, visto che le modalità di applicazione non possono che essere impersonali e di massa, quindi omologanti e repressive per definizione.

La Pandemia (o forse è meglio usare il plurale) è necessaria per la crescita dell’economia digitale perché implica la questione della sanità, e la sanità rappresenta il terreno su cui il business del tracciamento ha più possibilità di sviluppo, sia per saccheggiare denaro pubblico che per commercializzare dati personali sensibili.

La facile retorica della tutela della salute travolge qualsiasi argine giuridico-legislativo all’esposizione della privacy, attribuendone inesistenti basi medico-scientifiche ed etiche. Il Green pass è il predecessore della diagnostica a distanza, che viene presentata come una conquista per il benessere personale, senza considerare gli effetti alienanti e la fine della cura medica come approccio personalizzato e vitale.

Bisogna forse ricordare che il Green pass all’inizio era stato presentato come un semplice passaporto sanitario da esibire alle dogane fra uno stato ed altro. Dopo di che in Italia e Francia è stato promosso come un passaporto interno. Tutto il business delle app sanitarie è basato su un’idea semplice: trasformare ciascun cittadino in un sospetto malato che deve dimostrare la sua non pericolosità, per cui nel nome della ‘sicurezza pubblica’ egli viene messo in condizione di fornire i propri dati personali per “discolparsi”.

Tale controllo conferisce però una certa gratificazione a una vasta categoria di individui. Dover certificare la propria non pericolosità sanitaria riempie il vuoto esistenziale, dà senso alla vita e soddisfa il bisogno di identità. Ciò spiega perché il continuo rinnovo dell’emergenza  sanitaria riscuote ancora tanta popolarità. Per molti la pandemia è “il grande evento della vita”, a cui non si vuole rinunciare così presto, il che ci pone di fronte a un quadro di narcisismo patologico dilagante.

Sarebbe quindi limitativo considerare la pandemia solo come un piano con finalità affaristiche.

Non bisogna sottovalutare la sua enorme portata di sperimentazione sociale, dove la prontezza e la credulità di coloro che hanno aderito alla narrazione ufficiale e alle rispettive disposizioni sanitarie hanno superato di gran lunga le aspettative, e questo senza che i singoli avessero alcun interesse economico, anzi, spesso contro ogni loro interesse sostanziale. Le lobby degli affari sono abili ad usare la divisione della politica interna degli Stati, contando su una collaborazione trasversale alle varie fazioni, ottenendo in questo modo un consenso di maggioranza con cui portare avanti le proprie velleità globaliste, coinvolgendo dall’interno selezionati personaggi politici non privi di tali velleità (velleità – desiderio o aspirazione impotente a definirsi o affermarsi).

In effetti, la pandemia ha rappresentato un’occasione di protagonismo internazionale anche per alcuni governatori regionali di appiglio autoritario (degni protagonisti della satira politica), oltre che per figure politiche di ruolo nazionale. Un governo tutto politico come il Conte bis ha allestito con la pandemia un’operazione liberista in funzione della netta predominanza tecnocratica dell”Unione Europea, dove il Bel Paese ha sacrificato il proprio PIL allo status mondialista. Per non rimanere indietro, Macron è stato il primo ad imporre ai francesi un Green pass interno, molto più draconiano di quello italiano, per dimostrare di essere lui il migliore. Le lobby finanziarie e della digitalizzazione sono state ampiamente soddisfatte, ma non avrebbero potuto ottenere mai il loro successo senza la collaborazione degli operatori mediatici della pubblica opinione (fra cui in primis gli esperti virologi), selezionati fra ciò che di più osceno, losco e ammortizzato poteva esserci per impiegarlo nella campagna vaccinale e pro Green pass.

Negli anni ’30 l’IBM aveva trovato la sponda del nazismo, oggi invece ha trovato sponde insospettabili.

L’emergenza sanitaria ha reso possibile che uno come Roberto Speranza (un “grandissimo figlio del popolo”, a detta di Travaglio) abbia avuto addirittura l’occasione di “fare la Storia”. Da leader della “sinistra pura e dura”, non ha trovato alcuna contraddizione nel diventare un lobbista della Big Pharma (abolendo freneticamente ogni protocollo di cura non remunerativo per quest’ultima), cosi come della digitalizzazione di massa in funzione del lockdown e del Green pass. Nelle sue dichiarazioni Speranza non riesce a dissimulare la propria euforia per aver svolto un ruolo di primo piano nel “grande evento” della digitalizzazione di massa.

Il moralista diffida dal potere ‘corruttivo’ del denaro su piccola e media scala (quello dell’economia reale, per intenderci), ma poi rimane folgorato dal suo enorme potere suggestivo di rango corporativo. Il denaro è spesso la pragmatica e comprensibile ragione delle azioni umane, ma i veri problemi per la società iniziano quando le azioni politiche si fondano con perversi meccanismi psicologici (le velleità, appunto) che portano a una incontrovertibile distorsione del potere e della realtà. Per liberarsi dal Green pass bisogna liberarsi dalla politica del complesso di inferiorità, e dai politici di bassa statura, giusto per usare un eufemismo.

15 Agosto 2021

Zory Petzova

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Zory Petzova, studiosa dei paradossi sociali nella loro molteplicità e interferenza con la natura umana.

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