I (miei) Diari della Covid

Si sa che una cosa è parlare per sentito dire e un’altra per aver vissuto una certa esperienza.

Questo vale sicuramente per ogni evento della vita umana. 

Non fosse altro se non per schivare la litania dei: “Eh, parli bene tu, ma non hai vissuto questo o quello…” oppure “Facile parlarne senza averlo vissuto sulla propria pelle…” e via dicendo in un florilegio di ovvietà e luoghi comuni che sono in genere la foglia di fico che cela la latitanza della ragione.

Dove vuole andare a parare questo? – vi chiederete.

È presto detto; dopo averne parlato e scritto per un anno e mezzo, finalmente – e sottolineo finalmente – mi sono preso, anzi mi sono presa la – perché ora pare che anche lui/lei, il/la Covid abbia cambiato genere e sia femminile – quella del gender è un’ossessione ad ampio spettro, pare.

Perché “finalmente”? Ma ve l’ho appena detto; perché una cosa è parlarne esibendo dati necessariamente di seconda mano, un’altra è viverlo sulla propria pelle.

Ma partiamo dal principio.

In realtà stavo pensando di scrivere un “Diario della motocicletta” visto che stavamo facendo un bellissimo viaggio settembrino (la stagione migliore per andare in vacanza, ve lo garantisco) in Croazia in moto, ma forse ora è più indicato scrivere un “Diario della Covid”

Infatti al ritorno in Italia ce la siamo presa, la Covid…

Il colmo è che ce la siamo presa da una persona appena vaccinata.

Ma noooo, direte voi. Come è possibile, se il vaccino serve proprio a NON prendere il virus?

Misteri della virologia. Siete medici, biologi, virologi? Allora zitti che non capite nulla.

Ecco, questo è stato l’inizio.

Per fortuna è arrivato al ritorno a casa, se no era una bella seccatura.

Primo giorno un po’ di raffreddore e la sensazione di avere un febbrone. Ma era solo 36.1.

Corriamo a fare il PCR tanto per avere una pezza d’appoggio onde dimostrare di averla avuta, la Covid, hai visto mai? 

Non certo per esibire il lasciapassare verde, a quello non mi piegherò mai. La Costituzione non è Tex Willer.

Poi la prima regola, quella che abbiamo sentito e ripetuto fino allo sfinimento: iniziare la terapia ai primi sintomi. Non aspettare neppure un’ora.

Se si parte subito con la terapia si ha la garanzia di avere un decorso benigno che assomiglia per lo più a quello di una normale influenza. Se si fanno passare dei giorni c’è il rischio di complicazioni anche gravissime. E che nessuno mi venga ancora a dire che la Covid sarebbe una normale influenza perché cosi non è. Né – evidentemente – al contrario, che sia una malattia per la quale non esistono cure, se non i vaccini.


Ora, ovviamente, per poter iniziare la terapia tempestivamente è indispensabile aver precedentemente acquistato i prodotti necessari, avendoli a disposizione a casa.

E già qui casca l’asino.

Per due motivi.

Primo, perché ho notato che anche le persone più informate che ben conoscono la situazione sono bravissime a parlarne ma non ad agire. Quindi non si sono procurate le medicine necessarie e quando è arrivato lo…oops, scusate, è arrivata la Covid sono, come si dice a Milano, cadute dal pero.

Secondo perché il presidio sanitario più importante per affrontare la malattia – l’ivermectina – è difficilissimo da reperire.

E qui si aprirebbe un discorso infinito che non può che condurre ad una sola conclusione: la volontà di seminare più male e morte possibile, togliendo di forza dal mercato il principale strumento per una cura precoce della malattia.

Lo sapevate cha hanno mandato i NAS a sequestrare in tutte le farmacie italiane il preparato-base per produrre l’ivermectina?  La quale non è una pericolosa droga o veleno, ma è un agente antiparassitario in circolazione dal 1975. È nell’elenco dei “medicinali essenziali“ dell’OMS, per trattare un’ampia varietà di parassiti nell’uomo e negli animali.  Addirittura il team che ha scoperto l’ivermectina ha ricevuto il premio Nobel per la medicina.

E allora, direte voi? Come è possibile che un medicinale in circolazione da quasi mezzo secolo, i cui trattamenti l’Oms raccomandava di rendere disponibili in tutti i Paesi, sia divenuto improvvisamente talmente pericoloso da venir ritirato manu militari da ogni farmacia?

Misteri della scienza. Siete medici, biologi, virologi? Allora zitti che non capite nulla.

Dunque dove eravamo rimasti? Ah già, all’ivermectina.

Ebbene, questo medicinale è oggi difficilmente reperibile ma ci sono fortunatamente delle farmacie che – in modo quasi carbonaro – lo producono quindi è necessario darsi da fare per averlo a disposizione in caso di necessità.

Ricordiamo ancora una volta che la garanzia di non aver problemi seri c’è solo se si iniziano le cure precocemente – come dice la parola – ai primissimi sintomi.

La stessa IppocrateOrg, che ha curato a domicilio oltre 60.000 persone, essendo la saturazione un indice importante per individuare lo stadio della malattia, consiglia a chi pensa di attivare il loro servizio di Assistenza, di verificare – non rimanendo in attesa della telefonata – se c’è un repentino abbassamento della saturazione.  Questo è verosimilmente un segnale che fa pensare ad una polmonite interstiziale che richiede visita medica in presenza e diagnosi attraverso rx/tac ed esame ematochimico.
L’attesa è un rischio, ma ciò non toglie che, a meno di situazioni gravissime, anche pazienti con malattia in stato avanzato vengono curati da IppocrateOrg.

Il senso della tempestività dovrebbe essere ormai ben noto a tutti: se passa troppo tempo dall’infiammazione virale si passa ad una sovra-infezione batterica e la tempesta citochinica può rapidamente avere la meglio delle difese dell’organismo del paziente con le conseguenze tristemente note.

Ma non c’è solo l’ivermectina da procurarsi; ci sono tutta una serie di altri rimedi e di integratori da avere sotto mano.

Poi, nella migliore delle ipotesi, serviranno ad altri se noi saremo graziati dal virus.

Bene, ora passiamo ai sintomi.

Come dicevo, il primo giorno congestione e raffreddore, sera un po’ di febbre.

Presa subito l’ivermectina insieme a tutto il protocollo sviluppato dalla migliore ricerca scientifica – quella che, cosa incredibile, vuole guarire i pazienti, non farli morire – dopo aver passato una nottataccia di mal di testa e dolori ossei, la mattina dopo solo lieve alterazione e grande spossatezza.

L’assunzione massiccia di ivermectina dura per 5 giorni nella dose di 0,4mg per 10 Kg di peso corporeo. Allo stesso modo prosegue la terapia completa .

Se queste fondamentali regole vengono rispettate:

1-procurarsi le medicine ed un saturimetro in anticipo

 

2-iniziare la cura ai primissimi sintomi

 

3-stare a riposo e farsi seguire da un medico di IppocrateOrg o di un’altra associazione di volontari

 

4-mantenere uno stato d’animo di calmo coraggio e di vicinanza al mondo nella natura

 

…potete stare tranquilli – ammesso che non abbiate più di 80 anni e varie co-morbilità – di deludere l’avvoltoio della “vigile attesa” che vi aspetta al varco.

Il resto è tutto in discesa, naturalmente ci possono essere differenze individuali; io per esempio non ho perso la percezione di odori e sapori.

Ecco, ora i soliti geni del “Eh, parli bene tu ma non l’hai avuto il Covid…” oppure “Facile parlarne senza averlo vissuto sulla propria pelle…”  – per non parlare della litania dei camion militari di Bergamo e altri fantahorror del genere – non potranno più obiettare perché – come volevasi dimostrare – questo virus ha un doppio volto: accondiscendente se affrontato subito e nel modo giusto, terrificante se preso sotto gamba o affrontato nel modo sbagliato – tipo Tachipirina e vigile attesa, per intenderci.  

È arrivato il momento di trovare un equilibrio tra gli ipocondriaci che hanno paura anche della propria ombra e corrono a mettersi in fila per farsi inoculare come pecore alla marchiatura e gli incoscienti che a parole sanno tutto ma nei fatti non si premurano di farsi trovare preparati dalla malattia.

Che, come è noto, colpisce indifferentemente vaccinati e non.

L’equilibrio è stato sempre un dono raro ma forse mai come oggi sarebbe assolutamente indispensabile.

Piero Cammerinesi

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