di Andrea Zhok

I sistemi autocratici od oligarchici presentano il difetto di rendere l’ascolto dei senza potere una scelta opzionale di chi è al vertice. Non essendoci sistemi di comunicazione efficace dal basso verso l’alto (esistevano cose come le “udienze regali”, ma avevano un ovvio carattere di estemporaneità) bisogna confidare nell’interesse e nella benevolenza dei vertici affinché gli interessi del popolo vengano fatti.

E qui interviene un noto problema di carattere eminentemente etico-politico. Perché mai un rappresentante eletto dovrebbe fare gli interessi di chi lo ha eletto? È importante capire che un controllo capillare dal basso dei rappresentanti è tecnicamente del tutto impossibile. L’asimmetria di informazione tra chi gestisce il potere direttamente e chi intanto deve sbarcare il lunario, studiare, lavorare, lottare quotidianamente, è incolmabile. Per chi gestisce il potere direttamente non ci vuole niente a fingere finalità e ragioni del proprio agire diverse da quelle reali (“basta una spolverata di sociale” diceva recentemente un presunto difensore di istanze popolari.) E anche laddove la dissimulazione alla lunga venga scoperto, comunque le occasioni di rivalsa sono estremamente limitate: dopo 4 o 5 anni ci si può astenere dal sostenere quel rappresentante.
Andrea Zhok, nato a Trieste nel 1967, ha studiato presso le Università di Trieste, Milano, Vienna ed Essex.
È dottore di ricerca dell’Università di Milano e Master of Philosophy dell’Università di Essex.
È autore di numerose pubblicazioni, scientifiche e divulgative; tra le pubblicazioni monografiche: “Lo spirito del denaro e la liquidazione del mondo” (Jaca Book 2006); “Emergentismo” (Ets 2011); “Critica della ragione liberale” (Meltemi 2020).