di Sergio Motolese
Come è possibile che un libro dalla portata rivoluzionaria esplosiva, per l’evoluzione della coscienza e del pensare umano, come la Filosofia della Libertà di Rudolf Steiner sia stato e sia da più di un secolo sostanzialmente ignorato, poco compreso e praticato da chi lo ha letto e conosciuto? Come mai non viene mai menzionato neppure dai filosofi o sedicenti tali, men che meno da scienziati? Una prima risposta si può ricavare da quanto l’autore stesso scrive 26 anni dopo la pubblicazione della prima edizione di quest’opera:
Questo libro non è stato scritto con le intenzioni che oggi stanno di solito all’origine della composizione di un libro. Oggi si conta che il lettore voglia semplicemente informarsi del contenuto, che prenda atto del contenuto del libro a seconda delle sue cognizioni, della sua cultura generica o scientifica. La Filosofia della Libertà non si propone questo; perciò non è propriamente amata da quelli che di un libro vogliono soltanto prendere atto. La mia Filosofia della Libertà intende sollecitare ad ogni pagina l’attività pensante del lettore; il libro vuole essere solo una specie di spartito che occorre leggere pensando attivamente, e progredendo per forza propria di pensiero in pensiero. In esso viene fatto appello continuamente alla collaborazione pensante del lettore, e inoltre si conta sugli effetti che una tale attività di pensiero esercita sull’anima. (R. Steiner – I confini della conoscenza della natura – conf. del 3 ottobre 1920 – ed. Antroposofica)

Se cento anni fa “sollecitare ad ogni pagina l’attività pensante del lettore”, fare appello alla “collaborazione pensante del lettore” risultava già difficile, che dire oggi? Quali effetti sul pensare umano provocano oggi passività e “comodità”, spinte soprattutto dal pensiero dualistico, meccanico, di una digitalizzazione totalizzante? Che dire assistendo allo smantellamento sistematico e criminale, a partire dalle scuole e dalle Accademie, della cultura umanistica in favore della cosiddetta “innovazione” tecnologica?
Il richiamo ad uno “spartito” è quanto mai calzante, uno spartito da eseguire nota dopo nota, da seguire riga dopo riga, paragrafo dopo paragrafo:
Non legge la Filosofia della Libertà nel senso giusto chi, dopo averla studiata in piena attività di pensiero, non riconosca di afferrare ora se stesso in un elemento della vita animica diverso da quelli per lui validi in precedenza; che non avverta di essersi sollevato dal suo modo abituale di pensare ad un pensare privo di elementi sensibili, entro il quale ci si muove liberamente, del tutto sciolti dalle condizioni della corporeità. Se non si è capaci di riconoscere questo non si è ha veramente compreso quel libro. Bisogna in certo modo essere in grado di dirsi: grazie al lavoro di pensiero che ho compiuto, adesso so che cosa è in realtà il puro pensare.”(ibidem)
Dunque, “un pensare privo di elementi sensibili, del tutto sciolti dalle condizioni della corporeità”.
Ci spieghiamo sempre meglio il motivo che fa ritenere difficile la comprensione di quest’opera. Non si tratta qui semplicemente di modificare i propri pensieri, cosa già impegnativa allora e oggi proibitiva, bensì proprio il modo di pensare, e questo non è per nulla agevole:
Il fatto singolare è proprio questo: ciò che dovrebbe realizzarsi nell’anima con lo studio della mia Filosofia della Libertà viene del tutto negato dalla maggioranza dei filosofi occidentali. In molti filosofi si trovano affermazioni nel senso che un pensare puro non esisterebbe neppure, poiché ogni pensare conterrebbe sempre almeno dei resti, per quanto diluiti, dell’esperienza sensibile. Certo, bisognerebbe credere che quei filosofi non abbiano mai studiato matematica, che non si siano mai soffermati sulla differenza fra la meccanica analitica e la meccanica empirica. Ma è proprio così: per effetto della moderna mania della specializzazione, capita che oggi spesso si faccia della filosofia senza possedere neppure una traccia di conoscenza del pensiero matematico. In fondo non si può filosofare senza aver compreso almeno lo spirito del pensiero matematico.
Ecco, “la mania della specializzazione”. Accostare la filosofia alla matematica sembrava già strano cento anni fa e oggi il problema viene risolto trasformando i filosofi in ospiti di talk in cui si parla, per così dire, tutti insieme cercando di sopraffare gli altri anche con l’insulto. Che poi Platone pretendesse che i suoi allievi conoscessero già la geometria per poter accedere alla sua Accademia, deve sembrare qualcosa di eccentrico:
Ammettiamo ora che qualcuno riesca a studiare, con la coscienza ordinaria, la Filosofia della Libertà nel modo che ho descritto: naturalmente egli non potrà affermare di trovarsi già nel mondo sovrasensibile. Infatti, io ho scritto in quel modo il libro col proposito preciso di compiere un’opera puramente filosofica. Basta pensare alle conseguenze che sarebbero derivate per la scienza dello spirito orientata antroposoficamente, se avessi cominciato subito con la pubblicazione di opere scientifiche-spirituali: esse sarebbero state naturalmente trascurate come il peggior dilettantismo da parte di tutti i filosofi di professione. Dovevo prima presentare al mondo qualcosa che fosse concepito in modo rigorosamente filosofico, anche se in realtà andava oltre la filosofia ordinaria. Era pur necessario compiere una volta il trapasso dallo scrivere puramente filosofico a quello scientifico-spirituale. (ibidem)

Si comprende sempre meglio il poco successo di questo libro, sia in ambito filosofico che scientifico e accademico. Pur essendo un’opera squisitamente filosofica, è scritta in modo tale da “costringere”, per dir così, il lettore a esercitare un pensare diverso da quello abituale, non solo da quello dualistico accennato sopra, ma anche da quello dialettico, sillogistico, logico (senza beninteso rinunciare ad esso), pure già poco frequente, a esercitare un pensare adatto a transitare “dallo scrivere puramente filosofico a quello scientifico-spirituale”:
Cercavo di spiegare nel mio libro che non dietro il mondo sensibile esiste qualcosa di sconosciuto, bensì che dentro il mondo sensibile esiste il mondo spirituale; e in questo ha la sua sussistenza il mondo umano delle idee. Dunque, l’essenzialità del mondo sensibile rimane nascosta alla coscienza umana finché l’anima percepisce unicamente per mezzo dei sensi. Quando però alle percezioni dei sensi, si aggiungono le idee come esperienza, il mondo sensibile viene vissuto dalla coscienza nella sua essenzialità oggettiva. Conoscere non è ricalcare un’essenzialità ma immedesimarsi in essa con l’anima. E dentro la coscienza si compie il progresso dal mondo sensibile ancora privo di essere all’essenzialità di esso. Il mondo sensibile rimane quindi manifestazione (fenomeno) solo finché la coscienza non riesce a compenetrarlo. (R. Steiner – La mia vita – ed. Antroposofica)
A ben rifletterci, Rudolf Steiner si è assunto un compito assai gravoso.
Lui era in grado di penetrare la realtà che appare ai sensi e percepire interiormente il mondo delle cause prime, il mondo spirituale; doveva però scrivere un’opera che accompagnasse sì per mano il lettore, ma “attraverso la sua collaborazione pensante” alla soglia di quel mondo, lasciandolo sempre libero di proseguire il viaggio per scelta propria, viceversa sarebbe stata una operazione per portare il lettore a “credere” senza conoscere, non solo, ma anche senza fare esperienza diretta di questo diverso modo di pensare. Doveva portare il lettore a “suonare” lo spartito con una penetrazione artistica che prima non possedeva, in modo tale che alla fine del brano “musicale” avesse acquisito un modo nuovo di suonare tutti gli altri brani musicali (la realtà che appare ai sensi) in modo tale da “afferrare ora se stesso in un elemento della vita animica diverso da quelli per lui validi in precedenza”

Se una parte dei filosofi e scienziati del suo tempo avesse accolto quest’opera comprendendone sino in fondo il potenziale evolutivo di trasformazione del pensare contenuto in esso, ho la ferma convinzione che oggi non assisteremmo allo spettacolo desolante, trasandato, squallido e deprimente che la scienza tutta ci presenta, e le Accademie non sarebbero docili strumenti nelle mani di poteri tecnocratici deliranti, violenti e criminali.
Criminali perché l’attacco al pensare, alla coscienza umana, l’attacco alla libertà nel senso più profondo del termine, come è intesa dalla Filosofia della Libertà, è un crimine contro l’umanità e come tale dovrà essere considerato in un futuro più prossimo possibile.
Ma cos’è il pensare, cos’è questa attività che solo l’essere umano possiede? E perché è così importante?
La difficoltà di comprendere con l’osservazione il pensare nella sua essenza consiste nel fatto che facilmente essa è già sfuggita all’anima che osserva, quando questa vuole sottoporlo alla propria attenzione. Le rimane allora soltanto la morta astrazione, il cadavere del pensare vivente. Guardando solo a tale astrazione, di fronte ad essa ci si trova con facilità spinti a entrare nell’elemento “pieno di vita” della mistica del sentimento o anche della metafisica della volontà. Si troverà strano che qualcuno voglia afferrare l’essenza della realtà in “meri pensieri”, ma chi veramente si impadronisce della vita nel pensare arriva a vedere che nell’ambito di questa il tessere in soli sentimenti o il considerare l’elemento della volontà non può neppure venire paragonato e tanto meno anteposto alla ricchezza interiore e all’esperienza che riposa in se stessa pur essendo in se mossa. Proprio da tale ricchezza, da questa interiore pienezza dell’esperienza, deriva che la sua controimmagine appaia morta, astratta, nell’abituale atteggiamento dell’anima (R. Steiner – La Filosofia della Libertà, cap. VIII – ed. Antroposofica).
Sul pensare regna sovente una gran confusione; esso viene a volte additato addirittura come qualcosa che si dovrebbe escludere in favore del sentimento, ritenuto mezzo privilegiato o unico per la comprensione e conoscenza della “vera realtà”. Si confonde il pensare, ovvero l’attività pensante, con il prodotto di essa, ovvero i pensieri. Il pensare è una attività eterica vivente, ma anch’essa può subire un processo degenerativo, come ho detto all’inizio, per evitare il quale occorre esercitarlo e farlo evolvere. Ancora Steiner:
Nessun’altra attività psichica umana è tanto facile da misconoscere quanto il pensare. Il volere e il sentire riscaldano l’anima umana ancora nel rivivere lo stato d’animo originale; invece il pensare lascia facilmente freddi nella rievocazione, sembra inaridire la vita dell’anima. Pure questo è appunto solo l’ombra fortemente attiva della sua realtà intessuta di luce che si immerge con calore nelle manifestazioni del mondo. Tale immergersi avviene con una forza fluente nell’attività stessa del pensare, una forza che è amore di natura spirituale. Non si può obiettare che chi così vede amore nel pensare attivo, trasferisce in esso un sentimento: l’amore, perché questa obiezione è in verità una conferma di quanto qui si è detto. Chi cioè si rivolge al pensare essenziale vi trova sia il sentimento, sia la volontà; questi ultimi anche nel profondo della loro realtà. Chi si distoglie dal pensare e si rivolge solo al puro sentire e volere, perde in essi la vera realtà (ibidem).

La Filosofia della Libertà rappresenta la prima possibilità per conquistare grado a grado il pensare “essenziale”, “una forza che è amore di natura spirituale”, per cominciare a cogliere l’essenza di questa attività, trovando in esso la pienezza dell’anima. Trascurando il pensare si rischia di confondere il sentire con il sentimentalismo, o anche buttarsi a capofitto in una azione volitiva che si scopre in ritardo essere volontà altrui.
Senza conquistare man mano un pensare vivente, sarà difficile ottenere un sostegno per indagare e conquistare la libertà del volere umano. Senza averlo conquistato non potrà che derivarne sempre più una concezione pessimistica dell’essere umano, ritenuto incapace e limitato nelle sue possibilità evolutive (fenomeno che è in forte crescita), il quale diventa strumento passivo nelle mani di poteri esterni o di istinti e necessità di natura. E allora occorrerà “migliorarlo”, potenziarlo con i potenti mezzi del nuovo dio tecnologico. A questa concezione pessimistica, che parte da Kant e conquista buona parte dei filosofi del suo tempo, si ribella Rudolf Steiner. Basti dire che in un suo precedente scritto “Verità e scienza – proemio ad una Filosofia della Libertà” afferma:
La filosofia attuale soffre di una funesta fede in Kant. La presente opera vuole essere un contributo al suo superamento.
A questo punto si può porre un’obiezione a quanto scritto sin qui: questo “pensare scevro di elementi sensibili”, sviluppato da Rudolf Steiner può essere raggiunto anche con altri metodi? Gli Scolastici, ad esempio, e tutti i filosofi che ad essi hanno attinto non basterebbero a noi oggi per acquisire un pensare qualitativamente simile? La risposta la fornisce Steiner stesso in un libro pubblicato nel 1901:
Ho voluto descrivere i caratteri essenziali della mistica medievale al fine di mettere in evidenza come essa, avulsa dal suo terreno originario, dall’antica concezione, si evolva come una mistica indipendente, senza però riuscire a sopravvivere a lungo, in quanto le manca ormai lo slancio animico che in passato l’indagine le conferiva.
Tale constatazione porta al pensiero che vadano ricercati gli elementi dell’indagine scientifica moderna, i quali portino verso la mistica. Dall’indagine moderna proverrà poi il rinnovato slancio animico che non si arresti alla vita interiore confusamente mistica, legata al sentimento, ma che dal punto di partenza mistico ascenda alla conoscenza dello spirito. La mistica medievale andò estinguendosi perché aveva perduto il fondamento dell’indagine, capace di indirizzare le forze dell’anima verso lo spirito. Questo libriccino vorrebbe incoraggiare la ricerca delle forze che, partendo dalla scienza moderna rettamente intesa, indichino la direzione verso il mondo spirituale (R. Steiner – I Mistici all’alba della vita spirituale dei nuovi tempi – ed. Antroposofica).

Il pensare puro, sviluppato dalla Filosofia della Libertà, pone il fondamento per compiere ciò che la Scolastica non è riuscita a fare con l’irrompere dell’epoca scientifica, in quanto impedita dal contenuto dottrinale della loro teologia. Rudolf Steiner cerca di sviluppare il processo inverso, ovvero partire da una concezione scientifico-naturale ed ampliarla conservandone il metodo, ad una concezione interiore di auto-conoscenza. Ecco perché la Filosofia della Libertà porta come sottotitolo:
Risultati di osservazione animica secondo il metodo scientifico
Credo sia questo il motivo per cui la Filosofia della Libertà rappresenta un unicum, essenziale per acquisire un pensare come qui descritto, un pensare che parte dalla scienza della natura, di cui sposa il metodo scientifico, utilizzandolo poi per un processo interiore di auto-conoscenza cui l’Uomo non potrebbe giungere con i metodi del passato. Così si deve intendere il passaggio “dallo scrivere puramente filosofico a quello scientifico-spirituale”.
Concludo questa mia apologia della Filosofia della Libertà di Rudolf Steiner affermando che essa è un’opera realmente universale in quanto non è destinata unicamente a coloro che vogliono addentrarsi nella sua antroposofia. L’opera non contiene alcun elemento di quella scienza spirituale sviluppata successivamente ed è quindi destinata all’umanità intera.
Essa dovrà essere sempre più compresa e soprattutto praticata nella vita sociale, anzitutto dai gruppi di persone che formeranno l’ossatura dell’umanità futura, quella che dovrà raccogliere le ceneri di questo impero occidentale decadente, di cui vediamo ogni giorno i sussulti.
La comprensione profonda della triarticolazione dell’organismo sociale, portata da Steiner dopo il disastro umano e materiale della Grande Guerra, si è arenata anche perché anch’essa richiede un pensare radicalmente diverso, un pensare non solo logico ma mobile, creativo, intuitivo; un pensare vivente per una società organica, nella quale il fattore umano possa riprendere il posto che gli compete.
Non è una speranza, è una somma di atti di volontà consapevole. L’alternativa è quella che si dispiega tutti i giorni sotto i nostri occhi.
Sergio Motolese,musicista. L’incontro con l’antroposofia di Rudolf Steiner gli ha consentito di integrare le esperienze musicali con quelle acquisite in vari ambiti concernenti la salute.
Negli ultimi anni si è occupato in particolar modo degli effetti del suono elettronico e dell’informatica digitalizzata sull’essere umano.
E’ diplomato presso la LUINA (Libera Università di Naturopatia Applicata). Tiene laboratori musicali, conferenze, incontri, seminari, gruppi di studio.