L’Attuazione de “I Capisaldi dell’Economia” attraverso il Diritto alla Vita e la Fiscalità monetaria

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di Simone Salve
L’essenziale di tutti gli straordinari contenuti de “I capisaldi dell’economia” – testo base per la comprensione della Triarticolazione di Rudolf Steiner -, trova un naturale sbocco nella istituzione del diritto alla vita e della tassazione monetaria con deperimento del denaro.
Tantissimi elementi di questo ciclo di conferenze tenute a Dornach nel 1922, portano proprio in tale direzione ed è sorprendente che anche in ambito antroposofico si tenga pochissimo conto di queste evidenze, a volte fin troppo schiaccianti.
Ho provato a far emergere tali evidenze in un precedente scritto, gentilmente pubblicato sia da Rinascita18 che da Liberopensare, basato sul ciclo di conferenze “Cultura politica economia”. Qui erano poste delle domande ma da cui non ne è sorta alcuna discussione. Ciò mi fa presumere che in quello scritto non vi fossero errori oppure che vi sia uno scarso interesse per l’approfondimento di questioni sociali di cruciale importanza per tutti e per ognuno.
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Mosso dallo stesso intento, qui vorrei innanzitutto soffermarmi sull’analisi di un punto in particolare e cioè sul concetto di valore espresso da Steiner a conclusione di questo importantissimo testo. Valore che è l’elemento centrale di tutta la vita economica e che si manifesta da ultimo nella formazione dei prezzi. E una economia è tanto più sana quanto più i prezzi corrispondono al loro reale valore e quanto meno vengono falsati come avviene nella attuale vita economica.

Le idee di queste conferenze muovono nella direzione affinché la formazione del valore e dunque dei prezzi corrisponda alla realtà. Nella penultima conferenza de “I capisaldi dell’economia”, Steiner delinea i due elementi determinanti nella creazione del valore: da una parte quello derivante dall’applicazione del lavoro alla natura e, dall’altro, il valore derivante dalle prestazioni spirituali, definito come “lavoro che grazie a tali prestazioni viene risparmiato”.
Così la valutazione del valore economico che si dovrà fare per un insegnante o un segretario comunale “risulterà dalla quantità di lavoro fisico che entrambi potranno risparmiare”. E ancora più in là, a completamento di questo concetto, Steiner aggiunge: “una prestazione spirituale vale tanto quanto è il lavoro che essa fa risparmiare a chi la introduce”.
Vengono determinate così le due correnti fondamentali che concorrono alla formazione del valore e che stanno l’una di fronte all’altra, tendendo a intrecciarsi. La prima deriva in generale dal lavoro fisico, prodotto cioè dall’uso di braccia e gambe, la seconda è quella che scaturisce dal lavoro connesso con attività spirituali.
Quest’ultimo, di primo acchito, viene giudicato generalmente e in un certo senso “distruttivo” del valore generato dalla prima corrente ma questo è vero solo se riferito a un tempo passato. Le prestazioni di tali lavoratori spirituali infatti diventano produttive (e in potenza estremamente produttive) solo se guardate dal punto di vista dell’avvenire. Un bravo medico, per esempio, capace di mettere in sesto in breve tempo un operaio ammalato, è come se contribuisse egli stesso alla futura produzione materiale di nuove merci.
Chi produce valori nel primo campo deve necessariamente soddisfare, almeno in un primo momento, le necessità di consumo di chi svolge attività non fisiche. Così all’aumentare dei lavoratori in campo spirituale deve scaturire un maggior lavoro dall’altra parte in cui si deve di conseguenza produrre di più per via di un accresciuto numero di meri consumatori.
Per riassumere, da un lato abbiamo un’azione economica positiva e dall’altro (in quanto lavoro risparmiato) un’azione economica negativa. Se ne trae una sorprendente sintesi espressa da Steiner nelle due equazioni del valore: da una parte il valore v = n x l (natura moltiplicata per lavoro) e dall’altra il valore v = s – l (spirito meno lavoro). Equazioni che potrebbero essere viste come i poli opposti dal cui incontro si genera la corrente elettrica, o la circolazione dei valori in ambito economico in questo caso.
Naturalmente ciò è vero numericamente nel complesso ma nella realtà individuale la distinzione non è mai così netta: c’è sempre chi “svolge la sua attività nei due campi… Il caso reale si avvicina ora più alla prima formula (v = n x l), ora più alla seconda (v = s – l)”, perché un po’ di lavoro manuale deve essere svolto anche da chi compie attività spirituali e un po’ d’ingegno deve essere impiegato anche da chi compie un lavoro manuale.
Steiner giunge a questa importantissima conclusione:
“laddove l’azione positiva (lavoro materiale) si intreccia con quella negativa (lavoro spirituale) deve scaturire uno STATO INTERMEDIO… si tratterà di riconoscere come in questo reciproco incontrarsi del lavoro proveniente da due parti, ci si presenti quello che nel processo economico agisce come TERZO FATTORE in mezzo ai due”.
Tale “stato intermedio” o “terzo fattore” è il punto di equilibrio o di bilanciamento oppure di compensazione tra quantità di lavoro manuale e quantità di lavoro spirituale all’interno di una comunità chiusa come è l’attuale economia mondiale: è una sorta di punto di trapasso, di pendolo che oscilla, in un movimento incessante, portando ora a uno stato di squilibrio nell’una, ora a uno stato di squilibrio nell’altra parte delle due correnti della formazione del valore.
Adesso la questione fondamentale è trovare il modo affinché in una comunità di uomini si possa tendere a tale bilanciamento in campo economico e cioè a far oscillare il pendolo intorno a questo punto intermedio.
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L’osservazione personale che ne traggo è che con l’istituzione del diritto alla vita attraverso un reddito di esistenza universale e incondizionato, l’organismo economico tenderebbe in modo naturale ad assestarsi proprio intorno a quel terzo fattore che sta in mezzo alle due correnti.

Dalla parte del lavoro materiale, infatti, verrebbero prodotti solo valori rispondenti ai reali bisogni frenando quella innaturale e immorale corsa alla produzione per esigenze di dare o trovare occupazione portando problemi enormi come l’inquinamento, lo spreco o l’obsolescenza programmata. Con il reddito di esistenza incondizionato verrebbero prodotti i beni materiali che veramente servono all’economia.
Dall’altra parte il lavoro spirituale riceverebbe una forte spinta ad assecondare in modo sano quella spontanea tendenza della moderna civiltà ad accrescere sempre di più il lavoro spirituale rispetto a quello materiale.
Infatti afferma Steiner:
“via via che la civiltà progredisce, l’attività spirituale acquista sempre maggior importanza; per conseguenza il lavoro materiale interviene nella valutazione con forza sempre minore. Esso viene sì applicato, anzi dovrà venir applicato sempre di più, poiché col progresso della civiltà anche la coltivazione della terra dovrà essere resa più efficace; il lavoro nel senso positivo dovrà aumentare. La forza di determinare la valutazione verrà però in fondo sottratta al lavoro materiale, e potrà venirgli sottratta soltanto se in chi lavora con le braccia si accenda sempre più il bisogno di produzione spirituale”.
Tale bisogno di produzione spirituale verrebbe acceso proprio dal reddito universale che liberando l’uomo dalla necessità lo renderebbe libero e massimamente produttivo nell’ambito del lavoro spirituale. La formazione del valore nell’ambito del lavoro manuale risulterebbe così sempre meno determinante.
Ciò è vero non solo complessivamente ma anche rispetto al singolo individuo che sarebbe condotto a un proprio specifico e spontaneo bilanciamento tra quantità di lavoro manuale e lavoro spirituale, in base al proprio personale “stato intermedio”, ora non più sbilanciato da una parte per motivi di necessità e sussistenza.
Mi torna alla mente un bellissimo romanzo di John Fante, molto divertente ma drammatico nello stesso tempo, dal titolo “La confraternita dell’uva” in cui un anziano padre muratore vecchio stampo richiama continuamente alla necessità della sussistenza suo figlio che invece aspira e ha talento per fare lo scrittore ma non ha gli strumenti per autosostenersi.
Tralasciando per un momento il pragmatismo che esige sempre ogni questione economica, mi piace pensare all’istituto del reddito universale e quindi del diritto alla vita come allo strumento che metterebbe fine alla lotta tra Caino e Abele. Il primo potrebbe essere immaginativamente visto come rappresentante del lavoro materiale, il secondo di quello spirituale.
L’offerta di Caino viene infatti respinta dagli Dei oppure, in altre parole, viene svalutata ed è ciò che avviene nella nostra civiltà in continua progressione, in cui il contributo, l’offerta di Caino e cioè il lavoro materiale “interviene nella valutazione con forza sempre minore”.
Nel concetto di valore economico e in quello di compensazione tra le sue due correnti, si trovano anche delle indicazioni precise riguardo alla questione della tecnologia e del problema della crescente automazione dei processi produttivi attraverso le macchine.
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Il progresso tecnologico è certamente frutto del lavoro spirituale, appartiene cioè alla seconda formula o corrente del valore e come tale tende a fare abbassare continuamente i prezzi, in contrapposizione alla corrente del lavoro fisico che tende invece a farli aumentare. La tecnologia è dunque di per sé una benedizione perché spinge continuamente il PUNTO INTERMEDIO dalla parte del lavoro spirituale, facendo abbassare i prezzi e andando a erodere il peso del valore generato dall’altra corrente.

Il reddito di esistenza favorirebbe una continua progressione della tecnica e dell’incidenza della formazione del valore dalla parte del lavoro spirituale a scapito di quello fisico e dunque la contestuale discesa dei prezzi.
I lavori pesanti o rischiosi verrebbero così compiuti sempre di più dalle macchine e l’uomo, ponendo la tecnologia al suo servizio e non viceversa, tenderebbe a emanciparsi dal lavoro più strettamente fisico fino a ridurlo a zero in un avvenire più o meno lontano. Detto in altri termini, il “terzo fattore” in mezzo alle due correnti si sposterebbe sempre di più dalla parte del lavoro spirituale, fino a scomparire.
Riguardo ancora al concetto e alla necessità della compensazione tra le due correnti del valore, si potrebbe obiettare che lo stesso Steiner affermi che dovrebbe essere compito delle associazioni condurle a un bilanciamento.
Ma l’errore in cui a mio avviso si può facilmente incappare è quello di considerare la creazione delle associazioni come l’idea giusta.
Certamente le associazioni non sono, di per sé, l’idea giusta per un’economia sana ma ne sono un effetto. Esse dovrebbero essere il naturale strumento al servizio dell’idea giusta. Le associazioni non possono essere istituite per legge ma dovrebbero comparire come naturale e spontanea conseguenza di strumenti o istituzioni che ne garantiscono il libero fiorire. Uno di questi è senz’altro il reddito universale associato al diritto alla vita.
E di diritto alla vita, legato ancora al concetto di valore, Steiner tratta in modo ancora più chiaro nell’ultima conferenza:
“Quando ci si accingesse a portare la vita economica a uno stato sano, bisognerebbe dare a ogni singolo individuo una quota della superficie del suolo che corrisponda alla totalità del suolo produttivo diviso per il numero di abitanti (di ogni specifico territorio economico ndr). Se ogni bambino, venendo al mondo, ricevesse semplicemente quel dato appezzamento di terra da coltivare, allora si formerebbero i prezzi che sono possibili in quel territorio, e ogni cosa avrebbe il suo vero e naturale valore di scambio”.
Di cos’altro qui si sta trattando se non di diritto alla vita? Ci sono altre ipotesi in merito?
Qui inoltre Steiner sta dicendo che se ogni bambino ricevesse dalla nascita alla morte l’equivalente del valore dell’appezzamento di terra che gli spetta (reddito di esistenza), allora i prezzi che si formerebbero sarebbero quelli giusti e non prezzi falsati. E il valore in senso economico mostrerebbe il suo vero volto. Dunque il reddito di esistenza è il fondamento per un’economia sana la cui grande distorsione è quella di falsificare i prezzi.
Steiner in buona sintesi ci sta dicendo che il diritto alla vita (assegnazione delle terre/reddito base) è l’istituzione, l’unico modo, al netto dell’intervento dello Stato nell’economia, attraverso il quale le due correnti di formazione del valore si assesterebbero in un punto intermedio e cioè sarebbero bilanciate.
Riguardo invece all’esigenza imprescindibile della deperibilità del denaro, ne “I capisaldi dell’economia” Steiner non poteva essere più chiaro:
“Se il denaro equivale alle merci, alle merci lavorate, dovrebbe anch’esso consumarsi, deperire; il denaro dovrebbe subire lo stesso deperimento a cui soggiacciono le altre merci”.
Altrimenti con il denaro che non deperisce come le merci esso si pone con disonestà di fronte a queste e falsifica il valore e dunque il processo di formazione dei prezzi.
Ma al di là di quest’ultima citazioni di Steiner così netta in merito, la necessità del deperimento del denaro si può certamente ricavare con una certa logica conseguenzialità dalla suddivisione del denaro nelle sue tre diverse sfere: quella di acquisto, di prestito e di donazione.
A proposito ancora della morte del denaro, Steiner aggiunge nell’ultima conferenza di questo ciclo:
“Così anche per il concetto del denaro che si logora, si potranno trovare, secondo i casi, diversi modi in cui quel logorio possa prodursi”.
Un modo geniale e impeccabile affinché tale logorio possa prodursi è proposto dall’Antropocrazia ed è l’idea della fiscalità monetaria che in un colpo solo risolverebbe la questione della necessità del deperimento del denaro, eliminerebbe inoltre il gravissimo problema della finanza speculativa a danno dell’economia reale e nello stesso tempo rappresenterebbe lo strumento perché si ponga fine alla tassazione sul reddito, ripetutamente scongiurata da Steiner, causa principale della illegittima intromissione della sfera giuridica in quella economica e culturale.
Il deperimento del denaro così congegnato farebbe riacquistare alla vita economica la sua natura di processo organico ed eviterebbe il problema centrale indicato da Steiner per cui le malattie più profonde dell’organismo economico stanno nella tendenza del moderno capitale a fissarsi e conservarsi nella natura (rendite fondiarie e immobiliari) ma andrebbe a scomparire nella natura stessa e a tornare al lavoro.
Il reddito base e il deperimento del denaro con contestuale tassazione monetaria rispondono dunque alla perfezione all’esigenza di lasciar esprimere all’organismo economico il suo carattere di movimento. “Il denaro come tale”, afferma Steiner, “acquista un valore grazie alla circolazione stessa” e la tassazione monetaria conferisce una grande spinta alla formazione dei giusti prezzi, alla circolazione del denaro frenandone la possibilità di accumulo e quindi di speculazione finanziaria, oggi indicata spesso come causa dei principali problemi in campo economico.
Quest’idea di fiscalità monetaria muoverebbe la sfera economica entro processi viventi e organici, più volte evocati in immagini da Steiner nelle sue trattazioni in campo economico sociale, in cui la quota di denaro in deperimento diverrebbe il terreno fertile per finanziare reddito di esistenza e le spese dello Stato: quel “residuo”, quella semente necessaria, come in agricoltura, a dare nuova vita alla ricchezza prodotta, in un circolo organico e virtuoso ad esclusivo vantaggio di tutti gli uomini.

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