Pensiero Pentecostale: Dalla Rappresentazione all’Intuizione

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di Fabio Antonio Calò

Un pensiero è “puro” quando non poggia su percezioni sensibili ma solo su se stessoè puro quando è esso stesso l’oggetto del suo pensare, cioè quando percepisce le cose del mondo ed al contempo il suo pensarle. Seppur utilizzato di continuo, il pensiero puro ci lascia “liberi” dal percepirlo: sI lascia utilizzare poggiandolo su percezioni anziché su di esso, anziché essere esso stesso percepito. Mentre tutte le cose del mondo esigono essere pensate, il pensiero puro è l’unico ente nel cosmo che si lascia utilizzare incessantemente senza mai esigere di essere pensato. Il suo continuo lasciarsi contaminare e degradare in rappresentazioni diviene l’origine del male, della prigionia. Perché lo scopo del suo lasciarsi vincolare è la possibilità di svincolarlo: la guarigione, la Libertà consiste, in definitiva, nel portare attenzione cosciente al pensiero mentre lo si utilizza per pensare, indifferentemente, qualsiasi cosa. Così che esso si sostenga sulla percezione di sé anziché su una percezione sensibile.

L’uomo si ammala perché non è Libero: è “libero” dalla Libertà, affinché possa Volersi Liberare dal suo non essere Libero.

L’uomo non Libero agisce mosso da rappresentazioni, da impulsi esterni, da norme eteroindotte. La sua gabbia è la rappresentazione, l’immagine mentale soggettiva della realtà, riflessa dallo specchio cerebrale, illusoriamente spezzata in percezione e concetto, soggetto ed oggetto.

Scrive il Dottore nella FDL:

Il termine intermedio fra concetto e percezione è la rappresentazione. Allo spirito non libero tale termine intermedio è dato fin dal principio. Fin dal principio i motivi del suo agire esistono infatti nella sua coscienza come rappresentazioni. Quando vuol compiere qualcosa, lo fa come lo ha visto fare, o come gli viene comandato per quel singolo caso.

La rappresentazione non poggia su se stessa: “la rappresentazione poggia sempre su una percezione o su un qualsiasi elemento che poggia su una percezione”, scrive Steiner, cioè è sempre la percezione sensibile che stimola il cervello a produrre l’immagine mentale o rappresentazione. Questa, quindi, deve sempre poggiare sui sensi fisici, perciò non è mai pura, oggettiva, viva, bensì sempre riflessa, astratta, “soggettiva e individuale”La rappresentazione è, per Steiner, un qualsiasi elemento concettuale o percettivo che sia stato “individualizzato“, reso INDIVIDUALE, privato dell’universalità, dell’idea vivente: è una percezione che ha perduto la sua oggettività oppure un’intuizione o un concetto che ha perso la sua universalitàla realtà dell’idea, l’Essere dell’oggetto che pensa se stesso attraverso l’uomo.

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La rappresentazione esclude il soggetto umano a beneficio dell’uomo sub-umano, la cui coscienza è solo a posteriori. L’uomo ordinario crede che il pensiero nasca nel suo rappresentare, proiezione dialettica del vero pensare: non lo avverte nascere in lui come moto dello spirito, non lo percepisce come entità vivente a priori di sé e fluente nel proprio cuore, bensì lo crede un prodotto del proprio cervello. Perché in effetti percepisce solo il “pensiero pensato”, la controimmagine mentale prodotta dallo specchio: non si avvede del “pensiero pensante” ovvero non sente il proprio pensiero che pensa, percependo se stesso e al contempo i concetti viventi che le cose del mondo si producono in esso.

L’uomo ordinario non sente quei concetti che di continuo sgorgano nel suo cuore: percepisce solo l’attività del suo cervello, i suoi impulsi elettromagnetici e biochimici che gli si manifestano in forma di immagini mentali o rappresentazioni. Apparendogli queste, gli appare il suo sé, la sua coscienza inferiore, poggiante sulle sue rappresentazioni; chiamando “io” il suo rappresentare cioè identificandosi col portare a coscienza le sue rappresentazioni, l’uomo non può che attribuire ad esse la stessa qualità di realtà che attribuisce a se stesso. Non sa di entrare in contatto solo col riflesso astratto della realtà e perciò di se stesso. Dice inconsciamente “io sono colui che pensa nella mia testa, cogito ergo sum. Ed il mondo è fuori da me”: non sente il mondo, la realtà vera ed unitaria di oggetto e soggetto, nascere nel suo cuore.

La rappresentazione è etere di luce morto in elettricità ed etere di suono morto in magnetismo.La rappresentazione è un esperimento per tentare di avere come pensiero quello che si è osservato”, scrive Goethe nell’introduzione al suo trattato “La natura”. È un tentativo di pensare ciò che si è percepito, un primo avvicinamento ad una potenziale realtà che però non coincide con essa. Ma ritenere vero un pensiero che esprima cose al di fuori della nostra esperienza, che non sapremmo produrre da noi stessi, non è conoscere. Scrive il Dottore nella FDL: “Possiamo conoscere solo ciò che siamo in grado di creare”, produrre da noi stessi.

Conoscere significa disvelare il concetto nel percetto, “tra i fatti sconnessi dell’esperienza”. La conoscenza deve fondarsi sull’esperienza cioè sui sensi: ma non sui soli sensi fisici bensì sul pensare come organo di senso dell’idea, senso del concetto universale, senso dell’essenza delle cose. Perciò la conoscenza si fonda non sulla sola esperienza “sensibile” pura, non su un “aggregato di particolari completamente sconnessi” rilevato dai soli sensi fisici senza alcun intervento ordinatore dell’intelletto, bensì sull’esperienza PURA attuata dal pensare PURO, l’ORGANO DI SENSO DELL’ESSENZA DELLE COSE: che percepisce immediato, diretto, il concetto universale delle cose nella prima forma in cui si manifesta nel caos delle percezioni sconnesse, prima che diventino astrazioni, rappresentazioni.

Il pensiero, perciò, non è un’immagine mentale, al pari della rappresentazione, bensì un organo di senso, l’organo di percezione dei concetti delle cose. Le cose producono i loro concetti nella coscienza umana; l’uomo percepisce i concetti attraverso il pensiero. L’intuizione è la percezione dell’Essere del pensiero che pensa da dentro le cose osservate, producendo il loro concetto universale nella coscienza umana. L’intuizione è etere di vita (undicesimo senso) armonizzato da etere di suono (decimo senso).

L’uomo “rappresenta” quando si auto-produce, nel suo cervello, le immagini soggettive della realtà e poi le porta alla coscienza inferiore, per richiamarle al bisogno. L’uomo invece “pensa” quando percepisce i concetti che gli oggetti della realtà producono nella sua coscienza nella forma ancora pregna di forza vivente in cui si manifestano inizialmente, senza farli morire in rappresentazioni astratte. Pensa, chi osserva con attenzione e gratitudine la realtà esterna e vi scorge il concetto vivente delle cose all’interno del loro contenuto percettivo: lo vede prima che muoia e si deformi. Pensa chi si forma un’immaginazione, un’ispirazione, un’intuizione OGGETTIVA della realtà.

Dinanzi al mondo, l’osservazione mi ha legato all’immagine mentale che me ne sono costruita, imprimendola nella mia materia grigia. Perciò ora essa condiziona ogni mia determinazione concettuale, volitiva e finanche sentimentale. Ora ogni mio contenuto di pensiero si fonda non su pura ed immediata intuizione bensì su mie percezioni SENSIBILI; la mia azione non deriva dall'<<a priori pratico>>, dalla morale che sorge universalmente dalla mia intuizione, bensì dalla mia percezione a sua volta determinata dalla mia astralità; il mio sentire non è puro bensì condizionato dal mio schema rappresentativo: m’innamoro di te a condizione che tu rientri nel mio “tipo” o modello. T’innamori di me per quanto io riesca a convincerti di essere il tuo “tipo”.

L’intuizione è l’esperienza oggettiva dell’Essere delle cose che pensa attraverso le forze di pensiero umane; ed al contempo è l’esperienza soggettiva del concetto, in quanto è il soggetto che fornisce la sua coscienza come luogo in cui l’oggetto può manifestare il suo concetto.
L’essenza stessa delle cose è pensiero: pensiero che pensa se stesso
; pensiero vivente che correla tutte le sue possibili manifestazioni fenomeniche e le offre all’uomo in forma di concetto universale. Il pensiero vivente è nelle cose: è l’essenza stessa delle cose, è correlazione che rivela se stessa come concetto nella coscienza umana.

Nell’osservare attentamente un oggetto, l’uomo fornisce all’oggetto le sue forze di pensiero: non produce il concetto universale delle cose; di esse, può soltanto prodursi rappresentazioni o concetti astratti. L’uomo fornisce solo le sue forze di pensiero all’oggetto; chi davvero pensa, chi attua il pensiero, è sempre l’essere dell’oggetto, che produce il suo concetto universale nella coscienza dell’uomo mediante la forza di pensiero umana. L’uomo non produce il concetto universale delle cose; di esso, può soltanto prodursi rappresentazioni o concetti astratti. “Il concetto è tratto dalle cose”: quando l’uomo pensa, i suoi pensieri sono nelle cose, non in lui. Le sue forze di pensiero si muovono nelle cose che osserva.

Un oggetto è “osservabile” se è accessibile alla mia osservazione, cioè in grado di penetrare nel mio orizzonte percettivo e produrre il suo percetto nella mia coscienza.

Un oggetto è “pensabile” quando il suo Essere è in grado di entrare nel mio mondo di pensiero, utilizzare le mie forze di pensiero e produrre il suo concetto universale nella mia coscienza. Se un oggetto pensabile è anche osservabile, se cioè può fornirmi un concetto ed un percetto, allora può essere oggetto di esperienza, diventare mio “contenuto dell’esperienza”.

L’intuizione è l’unico fatto dell’esperienza a cui si applica il principio di esperienza, in cui cioè si trattiene il concetto nella prima forma in cui ci si manifesta.

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L’intuizione “è l’esperienza cosciente e scorrente nel puro spirituale di un contenuto puramente spirituale”: il concetto, nella sua prima forma – vivente ed universale – in cui appare, che è la manifestazione dell’entità del Pensare nella coscienza umana. “L’intuizione è, rispetto al pensiero, ciò che l’osservazione è per la percezione”. Così come possiamo percepire i fatti dell’esperienza non osservandoli attentamente, possiamo rappresentarci le cose del mondo non intuendone i concetti.

In O.O. 12, Steiner afferma che

l’uomo, nella vita ordinaria, ha soltanto una intuizione, quella dell’io”.

L’intuizione del concetto di se stesso.

Ed in O.O. 115, aggiunge:

La nostra anima è in verità aperta da due lati, dal lato dell’immaginazione e da quello dell’intuizione (…) Come penetra l’intuizione nella nostra coscienza? La dobbiamo cercare dalla parte dei moti animici. Essa penetra sì nella nostra coscienza, nella nostra anima, ma appunto dalla parte dei moti animici, NON dalla parte delle rappresentazioni. L’intuizione è in grado di penetrare nella nostra coscienza, nella nostra anima, SENZA che si abbia la possibilità di farsene una rappresentazioneAnche dell’immaginazione abbiamo detto che la si può avere senza esserne coscienti; allora essa entra nella fantasia, poiché agisce direttamente nella rappresentazione. Dobbiamo invece collocare l’intuizione dall’altra parte, dalla parte dei moti animici. Nel corso dell’intera vita umana l’intuizione risiede in genere dalla parte dei moti animici.”

Non si arriva all’intuizione partendo dalla rappresentazione. Al contrario, senza volontà ovvero senza “volere il pensare”, pur partendo sempre da un’intuizione vivente ogni volta che si afferra un concetto universale nella prima forma, vivente e oggettiva, in cui si manifesta, irrimediabilmente si cade in una rappresentazione morta, soggettiva, individuale. Ciò in quanto manca il potere di intuizione, la Potenza creativa di Sophia o Shakti.

C’è infatti un concetto fondamentale comune e ripetuto in tutti i primi quattro testi noetici dell’O.O., quel possiamo conoscere solo ciò che siamo in grado di creare!. La facoltà creativa o il potere di intuizione non è altro che la capacità di determinare, fino ad inibire, l’attività cerebrale luciferico-arimanica del rappresentare, evitando che il cervello de-formi il concetto universale svuotandolo di vita e ne faccia una rappresentazione astratta e illusoria. In tale capacità di “trattenere il concetto nella prima forma in cui si manifesta” consiste la massima applicabilità del principio di esperienza ovvero la “scienza pratica”, per dirla con Goethe, conoscenza diretta, oggettiva. Dominato il cervello, il cuore può Pensare, cioè percepire i concetti nell’istante in cui sono prodotti dall’Essere delle cose. La potenza creativa-intuitiva non è che Sophia liberata nella sfera di Lucifero, Suo Custode e carceriere.

Dalla parte del pensare, la rappresentazione può condurci al massimo fino all’immaginazione passando per la fantasia, quando siamo in grado di percepirla provenire da un essere spirituale. Quando non abbiamo forze sufficienti per portare le forze dell’immaginazione a coscienza, essa ci si dà come fantasia. L’artista concepisce le sue opere mai arbitrariamente bensì soggiacendo sempre alle leggi della verità. La sua fantasia poggia sul fondamento oggettivo del mondo. In O.O. 271, Steiner afferma che l’artista crea ciò che il veggente vede. Entrambi attingono dalla stessa fonte conoscitiva, solo che l’artista vede ma non sa di vedere.

Per divenire immaginazioni, le nostre rappresentazioni devono perdere la loro individualità. Dobbiamo imparare a vivere nella pura vita interiore del pensiero e a produrci un nuovo genere, non più individuale, di rappresentazioni: libero dalla corporeità, dalla personalità e dall’astralità. Fino ad identificarci non più col contenuto della nostra pelle, bensì conl’immagine che si manifesta viva dinanzi a noi: il proprio “concetto di sé”, lo Spirito Libero. Il termine “immaginazione” deriva dal latino Magus e Imago (apparizione, spirito), ove la magia non è che l’apparizione sensibile di ciò che il mago ha prima immaginato nell’eterico. Scrive Giovanni Colazza:

L’immaginazione non è suggestione. Immaginare è creare. Immaginazione e realtà coincidono nei centri della conoscenza occulta, quando si può cogliere uno stato di coscienza e fissarlo nell’immaginazione”.

All’ispirazione si arriva solo passando dalla parte del sentire. L’ispirazione è l’avvicinamento agli esseri che attuano i fatti dello spirito; è il contrario dei processi che provengono dal mondo corporeo esterno, dalle percezioni sensibili che riempiono le nostre rappresentazioni.

All’intuizione si arriva solo dalla parte della volontà, a partire dai moti animici e passando per la morale o la voce della coscienza. Non la si può volere direttamente; si può solo volere il volere, operare sul pensare morto attraverso la vita del volere, anteponendo la volontà al pensiero rappresentativo, determinandolo. Nell’intuizione, “il mondo interviene nella nostra coscienza”. La “volontà operante” è la chiave che apre la porta dell’intuizione, poiché consente di vivere gli eventi creativi cosmici entro la propria coscienza e non più come astratto sapere, come rappresentazione dell’evento.

L’intuizione è l’aprirsi del cuore, l’“occhio interiore”, che vede la realtà delle idee, percepisce il concetto universale affiorare dalle cose. L’intuizione si manifesta come folgore di luce, come impeto di gioia: è il moto del cuore che afferra la Vita del concetto universale, l’Essere delle cose, e La trattiene in sé nella prima forma in cui il concetto si manifesta, facendolo scendere nella coscienza ordinaria così che che questa lo sperimenti direttamente “a priori”, prima di farsene un’immagine riflessa, una rappresentazione nel cervello, a posteriori.

La qualità primaria dell’intuizione è, dunque, la sua oggettività. Essa dà l’immediata percezione dell’oggetto nella sua interezza perché contiene in sé l’insieme di tutte le manifestazioni correlate che estinguono organicamente l’intero oggetto: differenziandosi così dall’immagine mentale o rappresentazione che è parziale, analitica, soggettiva, individuale. Il pensiero intuitivo è benefico, terapeutico, guaritore. 

L’intuizione è pura ed impersonale, libera da astralità e da automatismi, perciò deve essere sempre “voluta” cioè agevolata dall’intervento del volere. Voluta non in quanto direttamente desiderata o richiamata al bisogno dalla coscienza inferiore (a nulla varrebbe il richiamo se non a rafforzarne gli ostacoli) bensì indirettamente agevolata dalla disciplina del pensiero, che ha il solo duplice scopo di:

1. liberare la coscienza dalla morsa cerebrale, imparando a convergere l’attività rappresentativa verso un unico elemento fino a non dipendere più dalle proprie rappresentazioni, elevandole di qualità sino a renderle immaginazioni;

2. liberare Sophia-Šakti, la Potenza creativa, risvegliando le forze intuitive-artistiche del cuore, fino a udire il linguaggio degli archetipi, degli Esseri nelle cose che ci parlano, il tono devachanico finora inaudito poiché sovrastato dal brusio del nostro rappresentare.

Il primo punto si coltiva mediante gli esercizi; il secondo attraverso l’arte.

La “volontà operante” e il “sentire artistico” sono le chiavi che aprono la porta del “pensiero pentecostale”, fornendo accesso al cuore, il luogo in cui si vivono gli eventi creativi cosmici entro la propria coscienza e non più come astratto sapere, come rappresentazione dell’evento.


  Fabio Antonio Calò è un musicista e ricercatore spirituale indipendente

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