Regeni: ancora intrighi e misteri

Giulio

Come un video di cospirazione anonimo ha aggiunto più intrighi al mistero di uno studente italiano torturato e assassinato in Egitto 

È un caso che ha attanagliato l’Italia e l’Egitto.
Ora, un falso documentario ha bollato l’assassinato
  Giulio Regeni come una spia e ha suggerito che il processo a quattro ufficiali dell’intelligence egiziana per la sua uccisione è negativo per le relazioni commerciali tra Egitto e Italia. 

La misteriosa morte del ricercatore dell’Università di Cambridge Regeni ha più giravolte dei  fusilli di pasta della sua nativa Italia, e il tanto atteso processo di quattro agenti dei servizi segreti egiziani accusati del suo rapimento e omicidio è stato affiancato  da un ulteriore dramma. 

Le udienze preliminari nel processo a Tariq Saber, Aser Ibrahim, Hesham Helmi e Magdi Abd al-Sharif – che dovevano iniziare giovedì mattina dopo cinque anni di indagini – sono state interrotte bruscamente quando uno dei membri della squadra di difesa è stato messo in quarantena da esposizione Covid-19. Un inizio frustrante e il processo è ora riprogrammato per il 25 maggio.

Mentre l’imprevista gaffe procedurale sembra un inconveniente, erano in corso mosse più sinistre per far naufragare la giustizia con l’improvvisa apparizione di un subdolo video di 50 minuti intitolato The Story of Regeni  su Facebook e YouTube – un maldestro tentativo di depistaggio, all’inizio del processo  per la verità sulla morte del 28enne Regeni. 

Nel filmato, raccontato in arabo, sottotitolato e montato su una colonna sonora da thriller di spionaggio, il narratore adotta un tono cospiratorio mentre dipinge un’immagine dello studente di dottorato come spia occidentale, con collegamenti ai Fratelli Musulmani, che stava cercando di fomentare problemi tra venditori ambulanti  recentemente sindacalizzati, su cui stava compiendo una ricerca. 

Fin dall’inizio, l’internazionalismo di Regeni è considerato  motivo di sospetto. Il narratore descrive come al suo arrivo nel suo appartamento al Cairo, “si prepara una tazza di caffè americano per ricordare i suoi numerosi viaggi in Thailandia, Gran Bretagna, Turchia … e Israele”. 

Il turismo – o il bere caffè – non è mai sembrato un così chiaro aspetto di una vicenda stile “cappa e spada”. 

Il falso documento introduce la teoria secondo cui c’è qualcosa di molto strano in un italiano con una laurea in arabo e studi politici conseguita in un’università britannica che fa ricerca in Egitto. La domanda ‘Chi lo ha mandato?’ viene posta più e più volte da utili idioti come l’ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica Militare, Leonardo Tricarico, e l’ex ministro delle comunicazioni Maurizio Gasparri. 

Condannando il loro coinvolgimento nella realizzazione del film, il presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, Erasmo Palazzotto, ha dichiarato:

“È gravissimo che esponenti politici e militari italiani si siano prestati a questa ignobile operazione… Gasparri ha screditato non solo Regeni ma il suo stesso paese “. 

Uno degli intervistati nel documentario, l’ex ministro della Difesa italiano Elisabetta Trenta, ha espresso orrore per l’inganno. Il ministro credeva che il documentario potesse aiutare le relazioni diplomatiche ed economiche tra Italia ed Egitto. 

Rimpiangendo il suo coinvolgimento in “questa vergognosa schifezza”, ha detto al quotidiano La Stampa,

“Se avessi saputo che la mia intervista sarebbe finita in un documentario che considero vergognoso e inaccettabile, ovviamente non avrei mai dato il mio consenso”. 

Il falso documentario non cerca di scoprire chi ha ucciso Regeni, ma cerca di discolpare  l’Agenzia per la sicurezza nazionale (NSA) egiziana dall’aver avuto qualcosa a che fare con l’omicidio, nonostante il fatto che la notte in cui è scomparso, il ricercatore sia stato visto in una stazione di polizia del Cairo e nella sede della National Security Agency da due diversi testimoni. 

Si suggerisce che quando il suo corpo è stato ritrovato nove giorni dopo, il 3 febbraio 2016, lungo l’autostrada nel deserto del Cairo / Alessandria a solo un chilometro dal quartier generale della NSA, la vicinanza avrebbe dovuto escludere il coinvolgimento dell’intelligence.
L’argomento è:

“Che tipo di agenzia di sicurezza scaricherebbe il cadavere seminudo di uno straniero che porta chiari segni di prolungate torture sulla propria porta di casa?” 

Una risposta plausibile è stata trovata in un documento inviato all’ambasciata italiana in Svizzera, secondo cui l’agenzia di intelligence  e controllo militare egiziana ha ucciso il ricercatore, quindi ha lasciato il corpo di Regeni vicino al quartier generale della sua rivale NSA nel tentativo di metterla in imbarazzo e screditarla, come parte di una faida intestina in corso tra le due agenzie. Vicino al corpo è stata trovata una coperta militare. 

Più avanti, il video si concede anche un lungo sproloquio sul  modo in cui Roma ha affrontato la sua parte dell’indagine, sebbene  in realtà  sia gli italiani che gli egiziani nutrivano  sospetti reciproci su quali segreti ciascuno avrebbe potuto portare alla luce. Il malessere e la sfiducia che sono cresciuti negli ultimi cinque anni sono il motivo per cui l’Egitto non ha consegnato i quattro sospetti, rifiutandosi di riconoscere il processo legale italiano.
I sospetti, tutti ancora in servizio come agenti della NSA, saranno processati in contumacia.
 

Il falso documento termina con un messaggio molto chiaro; l’esito del processo ai quattro agenti dell’intelligence potrebbe avere gravi conseguenze per i rapporti Egitto-Italia
Ed è qui che sono da cercarsi gli indizi sull’identità del regista del filmato. Perché quando si parla di Egitto e Italia, si 
parla del colosso energetico italiano Ente Nazionale Idrocarburi (ENI). Si sta  parlando dell’enorme progetto del gas Zohr dell’ENI al largo della costa settentrionale dell’Egitto, dei nuovi pozzi petroliferi che ha appena realizzato nel deserto occidentale e dei collegamenti cruciali sostenuti dal governo tra il Cairo e l’ENI , la chiave per i bisogni dell’Italia, vulnerabile dal punto di vista energetico. 

Il boss dell’ENI, Claudio Descalzi ha sollevato la questione della morte di Regeni con il presidente egiziano  Abdel Fattah el-Sisi in almeno tre occasioni, e sul New York Times si vociferava che avesse chiesto l’aiuto dei servizi segreti italiani per risolvere il caso. 

Tuttavia, in una classica dimostrazione di piede in due staffe, ha anche risposto a una richiesta di Amnesty International di fare pressione sull’Egitto con una lettera in cui si assicurava che

“le autorità competenti stanno facendo ogni sforzo per trovare le risposte che la famiglia Regeni sta aspettando: risposte importanti anche per noi, perché il rispetto per ogni persona è alla base del nostro lavoro e perché ci impegniamo per lo sviluppo dell’Egitto ”. 

Non posso essere l’unico a trovare strano che un gigante  del mondo economico si occupi delle indagini sull’omicidio di uno studente di dottorato in un paese straniero e poi noti che, per non esagerare con l’interesse, comunque, l’intera faccenda  di certo non favoriva  gli  affari. 


Perché questo  era lo stesso identico argomento  focalizzato nel misterioso documentario. E mentre la pressione esercitata sulle indagini sulla brutale tortura e l’omicidio di un innocente ricercatore universitario italiano, alla fine ha minato gli sforzi per cercare la verità, almeno sotto un certo aspetto i governi italiano ed egiziano sono sulla stessa linea. 

Per un cinico, il loro obiettivo è chiaro.
Finiamo questa sfortunata faccenda di Regeni attraverso un processo farsa di alto profilo con nessuno degli uomini colpevoli e poi andiamo avanti con le cose importanti, come per esempio fare soldi. 

E nel frattempo, chiedi a quei video nerd di sfornare un po’ di propaganda per martellare il  pubblico col suo messaggio. Sicuramente, può solo esser d’aiuto. 

Damian Wilson

Traduzione dall’inglese di Paola Tedde per LiberoPensare

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