Una società triarticolata è ancora possibile?

1tri

Se ci limitiamo a osservare il piano esteriore, dobbiamo riconoscere che hanno vinto loro. Non mi riferisco soltanto alle elezioni politiche; troppi giovani girano ancora mascherati, tante persone corrono a farsi “tamponare” al primo starnuto, fanno la coda distanziati fuori dei negozi e cercano di dimenticare, vivendo tra un apericena, un telegiornale e il vuoto interiore.

Io, come altri amici, faccio parte di coloro che non dimenticano, il che se da un lato mi rende la vita interiore più difficile quando si affacciano alla coscienza pensieri vendicativi, in compenso mi permette talora di esercitarne altri in grado di trasformarsi poi in azioni positive. Ma questo è un problema tutto mio.   

Sul piano esteriore dunque hanno vinto loro: l’elite mondiale, i signori di Davos, lo Stato Profondo. Ma da soli, malgrado i mezzi economici illimitati a disposizione, poco avrebbero potuto e poco potrebbero senza la schiera di servi obbedienti nei Governi, nei media sopratutto, nelle istituzioni “scientifiche”, in quelle europee, negli apparati militari, e aggiungiamo anche nelle gerarchie delle religioni organizzate. 

Ma anche tutti costoro non riuscirebbero nei loro intenti se un numero consistente di persone rifiutasse di aderire ai ricatti, alle imposizioni, alle leggi liberticide, disumane, o non si facesse incantare dalle sirene che attirano suadenti verso l’agognata “normalità”. 

Sul piano politico-istituzionale il Governo italiano cambia affinché nulla cambi; il Gattopardo vince e arraffa tutto, non fa prigionieri. La finta opposizione di prima va ora al Governo, e i governanti di prima si impegneranno nella finta opposizione, mentre nonno Drago sorveglia gli uni e gli altri… Tutto regolare.

Bisogna dire che anche i commenti dei rappresentanti delle liste che dichiaravano di voler fare una opposizione vera sono abbastanza deludenti. Chi dice di aver comunque fatto una bella esperienza umana nelle piazze, e siamo contenti per lui, chi si cimenta in analisi complesse e articolate, ma con vecchie categorie di pensiero, sulle cause della sconfitta. Qualcuno fa autocritica, e tutti dicono che occorrerà riflettere. E questa è senza dubbio una buona cosa. E dunque provo anche io a riflettere.

Sembra paradossale dover constatare che proprio in queste elezioni, le più cialtronesche dal dopoguerra, si dovevano, o almeno si sarebbero potute confrontare due proposte, non ideologiche ma concrete, di Umanità, due visioni reali di intendere l’essere umano, due prospettive di vita e di organizzazione sociale.

L’una scientista, materialista, vede l’essere umano simile ad un computer, una macchina che può essere manipolata a piacere, migliorata, trasformata; lo crede pericoloso per l’ambiente e vuole controllarlo dalla nascita alla morte, vuole omogeneizzarlo secondo un modello standard, vuole privarlo della libertà di scegliere, o meglio cerca di illuderlo di essere libero. Il modello sociale che ne deriva è quello che vediamo affermarsi di giorno in giorno, o almeno tentare di farlo, sinora con un certo successo. 

L’altra, considera l’essere umano un individuo unico e irripetibile, in evoluzione, capace di trasformare istinti, brame, egoismi in qualcosa di più elevato, capace di scegliere di essere sempre più libero; essa vede nell’organismo sociale una estrinsecazione di tale individuo.

La prima visione richiede una società tecnocratica, dove tutto è delegato alla tecnologia, a esperti, al mercato, ai politici, alle istituzioni, tutti legati a lorsignori di cui sopra. Una società “comoda”, almeno in apparenza, di persone passive, ubbidienti, buoni cittadini rispettosi di qualunque legge. La seconda richiede forza, conoscenza, fatica, e l’uomo trova il suo appagamento nell’evoluzione della propria coscienza e nella conoscenza sempre più profonda dell’essenza dell’umano. 

Il discrimine è da un lato la libertà, e dall’altro il superamento del principio di autorità.


Credere che basti non essersi iniettati il farmaco genico sperimentale, aver rifiutato il documento sanitario, essere “contro” la guerra o altro, credere che tutto ciò basti per riconoscersi tout-court nella seconda visione è una semplificazione irrealistica che non tiene conto della complessità dei processi interiori di cambiamento delle persone. Coloro che si sono candidati nelle varie liste sono più o meno tutti “contro” tutto ciò e altro, ma se li ascoltiamo capiamo che non tutti hanno la stessa visione dell’uomo e del vivere sociale.

E allora perché stupirci se le liste erano tante, troppe? Il tormentone dell’unità a tutti i costi mi ricorda la sinistra degli anni ‘80 del secolo scorso, in cui ogni volta che si invocava unità, seguiva una ulteriore scissione. Tutto roba vecchia, ideologica, da superare. Le differenze ci sono ed è giusto che ci siano, e da qui occorre partire.

Ho sentito persone che stimo per il loro lavoro e coraggio, ad esempio il giornalista Giorgio Bianchi, sostenere che si deve cercare di penetrare nei media main stream per farsi conoscere. E’ un pensiero ingenuo, è come pensare di vincere giocando in una bisca. E nel contempo è un pensiero che si ferma al già conosciuto. Non si comprende che occorre creare il veramente nuovo, ciò che ancora non c’è. Se si cercano scorciatoie si finisce prima o poi per invischiarsi nella cultura che si vuole combattere. E’ accaduto ormai troppe volte.

Non sto dicendo che bisogna essere “duri e puri”, dico che è facile perdere la direzione quando non si conoscono e non si fa i conti con le proprie ambizioni. Tutti ne abbiamo, ma non tutti sono disposti a riconoscerle, e soprattutto a distinguere quelle solo egoistiche, umane certo,  ma non produttive per ciò di cui parliamo ora, da quelle più elevate che richiedono sacrificio e sofferenza.  

Queste considerazioni possono apparire pessimiste, e lo sarebbero se anch’io pensassi che è sufficiente essere “contro” per dirigersi verso la seconda visione di umanità che ho delineato. Ma occorre partire dalla realtà, altrimenti si rischia di rifugiarsi in speranze ottimistiche astratte, prive di contenuto.

Una di esse, per restare all’attualità, è quella di pensare che non partecipando alle votazioni si  determini di per se un cambiamento. E’ l’inganno dell’omettere. Non dico che è obbligatorio andare a votare; se si fossero presentate solo le liste che hanno vinto le elezioni neppure io ci sarei andato. Ma proprio chi lamentava la famosa unità delle liste di opposizione aveva ampia possibilità di poter scegliere. A chi cerca la lista perfetta (ricordate l’isola che non c’è di Bennato?) risponderei come un famoso omeopata svizzero ai suoi allievi; esasperato dalle continue lamentele e lagnanze sulla presunte carenze della Materia Medica di Kent, disse loro: non vi piace? E’ imperfetta? Bene, costruitene una voi, siamo tutti in attesa della vostra perfezione!

Quello che si dovrebbe realisticamente accettare è che dobbiamo creare il nuovo in tutti i campi se vogliamo che altri lo vedano e magari lo apprezzino; ma senza illusioni, e soprattutto senza usare i loro mezzi, i quali non sono mai neutri. Si dirà che è difficile, ed è vero, ma perché dovrebbe essere facile? 

L’evoluzione della coscienza è un processo personale, non di massa; chi parla di “masse” è ancora infarcito di vecchie formule ideologiche. Ma anche lo slogan è un’altra faccia dell’ideologia, quella mercantile. Un ideale invece, se è di alto contenuto morale, si conquista con un afflato del sentire profondo e poi richiede volontà e forza per la sua realizzazione.

Lorsignori possono fare tante cose, ma non possono evitare che le loro azioni generino accensioni di comprensione in un numero sempre maggiore di persone. Ma non illudiamoci; si formeranno due umanità, due intelligenze, come ho cercato di dimostrare in altro scritto, ma sarà un processo lento, perché la seconda umanità dovrà sviluppare un pensiero triarticolato in molti ambiti, come dirò dopo.

La domanda diventa allora: oltre a essere “contro” quella attuale, esiste un tipo di organizzazione sociale non ancora sperimentata, in grado di voltare davvero pagina, con il quale chi aderisce alla seconda visione possa identificarsi?

Se pensiamo ad una struttura fissa, rigida, diversa da quelle già conosciute ma simile ad esse nella concezione onnicomprensiva, un’ennesima “teoria sociale” astratta, la risposta è: non credo. 

La risposta è si, se al centro non ci sono pensieri morti, strutture o sovra-strutture, ma l’uomo, l’essere umano. La differenza è dirimente, perché prima di poter vincere sul piano esteriore occorre affrontare quello interiore, e il compito diventa allora di competenza di ogni individuo. 

PENSARE IN MODO TRIARTICOLATO

Cento anni fa si stavano dissolvendo tre imperi: l’austro-ungarico, l’impero zarista e quello ottomano. Il mondo stava subendo un cambiamento radicale, era terminata una guerra e la pace di Versailles stava già creando i presupposti per la seconda. Proprio in quella circostanza Rudolf Steiner ha cercato di introdurre un pensiero innovativo di organizzazione sociale, e l’ha fatto senza risparmiarsi, senza chiedersi quante probabilità vi erano di riuscita, l’ha fatto perché era il momento, il kairos, il tempo giusto. Come in altre occasioni pochi l’hanno capito e sostenuto e il progetto è rimasto senza seguito. Una sconfitta dunque? 

Eppure io credo che quel pensiero, quella intuizione, sia l’unica realmente capace di mutare le sorti di una umanità che corre verso il baratro. Spiegarla nei dettagli esula da questo scritto. Qui cercherò solo di far comprendere il fondamento su cui essa è costruita.

Anzitutto ritengo che sia molto difficile comprendere a fondo la Triarticolazione Sociale senza prima aver assimilato la visione dell’Uomo triarticolato, nel quale agiscono tre processi separati ma in perenne comunicazione, i quali si integrano, si limitano e si fecondano a vicenda. 

Nell’uomo, nell’organismo umano, trova applicazione l’intelligenza cosmica, il Logos, che ha “pensato” l’essere umano in continuo equilibrio tra due sfere polari: una che costruisce materia e l’altra che la distrugge; al centro un sistema che regola ritmicamente l’equilibrio tra i due poli.

Perché tutto ciò? Per permettere all’uomo non solo di essere vivo (costruzione), ma anche cosciente (distruzione) e autocosciente (rigenerazione), che è un gradino solo umano e non di altri regni. Tutto ciò non è astrazione ma realtà inscritta anche fisicamente nei nervi e sensi, nel metabolismo e ricambio, e nel sistema respiratorio e circolatorio. 

Questi tre processi non sono tre parti separate, anche se sono concentrate prevalentemente in una delle tre parti del corpo (testa, addome-arti, cuore-polmoni), ma agiscono in tutto l’organismo con un diverso gradiente quantitativo e qualitativo. Come si può constatare sono tutti concetti ostici per chi vede l’uomo come un meccanismo scaturito casualmente. 

La disposizione polare dei componenti dell’organismo tripartito (Tavola 7 della conferenza di Rudolf Steiner del 30.6.1924 a Dornach)

Bene, se tutto ciò è abbastanza chiaro non dovrebbe stupire che una organizzazione sociale viva, attiva, dinamica, e oggi è il caso di aggiungere “umana”, possa essere una estrinsecazione di questo pensiero applicato alla vita sociale.

La vita economica deve di necessità distruggere, ma se non è limitata dalla vita giuridica-statale e soprattutto se non è fecondata da una libera vita culturale e spirituale, eccede dal suo ambito. Avviene come se nell’uomo si rendesse sempre più compresso fino ad escludere il ricambio e il processo metabolico e anche la respirazione e circolazione del sangue. Oggi l’economia, o meglio la finanza, che ne rappresenta il cancro, ha inglobato tutto: politica, scuola e cultura, scienza e arte. 

Perché questa intuizione di Rudolf Steiner, che qui è solo tratteggiata molto sommariamente, è attuale proprio oggi? In fondo, si potrebbe obiettare, è vecchia di cent’anni. I motivi fondamentali sono almeno tre.

Il primo è che, come cento anni fa, la situazione geopolitica mondiale si sta trasformando radicalmente, e non possiamo escludere una guerra distruttiva che si va preparando, a causa di scelte criminali da parte anzitutto dell’Occidente, della NATO e dell’Europa.

Il secondo motivo si ricava direttamente dal primo. Come allora, anche ora sono all’opera potenze economiche supportate e guidate da Logge spirituali che hanno il compito di portare le forze contrarie all’evoluzione della libertà dell’Uomo. Ma ora esse sono più potenti di allora perché si possono avvalere di una tecnologia di controllo e di invasione totale dei corpi e delle coscienze umane.

Il terzo motivo è ricavato dall’osservazione dell’unilateralità delle tre ideologie del XX secolo: nel nazismo-fascismo spicca la lotta per il predominio della razza o della nazione; il comunismo nasce con la lotta di classe; nel liberalismo-capitalismo predomina la lotta tra individui, la concorrenza in economia. Le prime due sono crollate, la terza sta crollando e rischia di portarci all’anticipazione della guerra di tutti contro tutti. Come si vede, in ognuna di esse una delle tre sfere soffoca le altre due: nel nazismo riconosciamo una perversione culturale e anche spirituale; nel comunismo l’unilateralità statale; nel capitalismo lo strapotere dell’economia. 

Tutte tre le forme di organizzazione sociale sperimentate non possono che degenerare perché concepite per distruggere: una razza, una nazione, una classe sociale, un concorrente. Una concezione triarticolata armonizza e concilia gli interessi contrastanti, ma a farlo devono essere le persone stesse, che imparano a comprendersi. Finché questo non avviene avremo sempre poteri esterni che si “occupano” di noi.

 

 

Aggiungo ancora un motivo storico, che fa capire come la triarticolazione della vita sociale sia un portato dell’evoluzione. Nell’antichità, nelle teocrazie, tutta la vita sociale in tutti gli aspetti era guidata dalla sfera spirituale. Poi, nell’antica Roma e in parte già prima in Grecia, si introduce la vita statale, il diritto. Infine dall’era industriale in avanti predomina la vita economica. Ora siamo al punto in cui queste tre componenti reali del vivere sociale devono essere armonizzate. Esse esistono e non si possono disconoscere. Un ritorno al passato è anti-evolutivo, oltre che non praticabile. 

Se tentassimo di distruggere il cancro della vita sociale attuale, rappresentato dall’economia finanziaria e dalla tecnologia invasiva che la sorregge, distruggeremmo anche il tessuto sociale. Una chemioterapia sociale non è accettabile e neppure conveniente. Dobbiamo riuscire a ottenere l’annichilimento del cancro sociale, la sua apoptosi, come faremmo con una terapia organica naturale nel cancro dell’uomo: togliere nutrimento alla malattia e rafforzare le difese. I “medici” sono in questo caso le altre due sfere del vivere comune, soprattutto quella culturale-spirituale. 

Credo che la prima medicina più efficace sia sempre quella del pensare vivo e innovativo; la seconda è la costruzione dal basso di gruppi di persone che si autogovernino e cerchino di introdurre in ogni loro attività germi di pensiero triarticolato. In qualunque associazione, comunità, gruppi informali, liste elettorali, partiti ecc. può essere fatto, anche in tutti quelli che in questi due anni si sono formati, persino in quelli di ispirazione antroposofica…. 

Se Rudolf Steiner non avesse portato questo pensiero sociale cento anni fa noi oggi non lo conosceremmo e non potremmo utilizzarlo e trasmetterlo. Come ho detto sopra questo pensiero di un organismo sociale organico triarticolato non è una teoria rigida; esso può assumere infinite modalità ed adattarsi alle singole realtà territoriali, sociali, etniche e culturali. E’ una concezione realmente democratica, essenziale oggi, quando questo termine è divenuto un guscio vuoto.

Viceversa, possiamo aspettare la società che non c’è, l’alternativa che non c’è, il partito che non c’è, l’isola utopica che non c’è, in modo passivo, come farebbe un agricoltore che pretendesse di mietere il grano senza averlo prima seminato. Oggi questo “grano” altri lo stanno seminando intensivamente, con semi ogm e glifosato, e non recederanno dalle loro follie.

Ci sono infiniti motivi per omettere di fare qualcosa, compreso la paura di sbagliare, ma è molto più difficile, e talora impossibile, recuperare un’omissione che riparare un errore. 

Allontanarci dalla concezione produttivistica significa anche accettare di operare senza vederne i frutti immediati, in questa vita. Seminare il futuro significa preparare l’organismo sociale non solo per i nostri nipoti e pronipoti, ma anche per la nostra prossima vita. Possiamo allora chiederci: in che tipo di società vorremmo vivere in futuro? In quale vorremmo ritrovarci?

3 ottobre 2022 

Sergio Motolese 


Sergio Motolese: musicista.
L’incontro con l’antroposofia di Rudolf Steiner gli ha consentito di integrare le esperienze musicali con quelle acquisite in vari ambiti concernenti la salute. Negli ultimi anni si è occupato in particolar modo degli effetti del suono elettronico e dell’informatica digitalizzata sull’essere umano.
E’ diplomato presso la LUINA (Libera Università di Naturopatia Applicata). Tiene laboratori musicali, conferenze, incontri, seminari, gruppi di studio.
E’ autore del libro Liberi di pensare nell’era dell’intelligenza artificiale, ed. L’età dell’Acquario.

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo!

Facebook
Pinterest
Twitter
Email
Telegram
WhatsApp

Ti potrebbero interessare:

it_IT

Accedi al sito

accesso già effettuato