Una Storia americana: Amore o Morte?

di Piero Cammerinesi

Una storia a stelle e strisce, ma potrebbe accadere dovunque; forse solo il ricorso alle armi è tipicamente “made in USA”.

In questa vicenda abbiamo a che fare con il coraggio di un padre che non si arrende davanti ad una sentenza di morte pronunciata dai medici riguardo a suo figlio.

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Siamo in Texas e George Pickering II, un uomo di mezza età si trova di fronte a un dilemma spaventoso allorché i medici di un ospedale texano dichiarano la “morte cerebrale” di suo figlio.

George Pickering III, il figlio 27enne (eggià, negli USA si usa abbastanza spesso dare il nome paterno ai figli, generazione dopo generazione), con un passato di convulsioni epilettiche, viene ricoverato al Tomball Regional Medical Center dopo un ictus.

I medici stabiliscono che il ragazzo non mostra “alcuna attività cerebrale” e comunicano al padre la decisione di fermare le macchine che lo tengono in vita.

“Dicevano che era cerebralmente morto, che era un vegetale”.

Ma lui, il padre, sente che le cose non stanno come gli vengono raccontate; percepisce che c’era vita nel ragazzo e che, se avesse accettato le decisioni dei medici, sarebbe stato corresponsabile della morte di suo figlio.

Il personale dell’ospedale riferisce alla polizia di essere preoccupato per il comportamento di Pickering, perché ubriaco e aggressivo e viene così abilitata l’ex moglie e l’altro figlio a prendere decisioni per il giovane.

I medici ordinano dunque, con il loro consenso, di rimuovere il supporto vitale. Non solo; notificano persino il prossimo decesso ad un’organizzazione di donazione di organi.

“Si stavano muovendo troppo velocemente. L’ospedale, le infermiere, i medici”,

racconta Pickering.

 

 

E qui il colpo di scena. Magari da noi si impreca e si prega, si urla e si strepita, ma non siamo in Texas.

In Texas si tira fuori la pistola, in fondo è terra di cowboys, no?

“Sapevo che se quella notte avessi avuto altre tre o quattro ore a disposizione, avrei potuto essere certo se George era cerebralmente morto o meno”

dice George.

Il padre non ci sta e non esita a tirarla fuori ordinando ai medici di continuare a fare di tutto per salvare la vita di suo figlio, minacciandoli con la pistola in caso di rifiuto.

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La situazione degenera in un teso stallo che dura tre ore. Arriva la polizia, naturalmente, (negli USA gli agenti si materializzano in tenuta di combattimento a pochi minuti dalla segnalazione, mica come da noi, dove aspetti ore e poi ti dicono che non c’erano pattuglie disponibili…) ma lui la affronta irremovibile, mentre l’équipe medica, obtorto collo, esegue ulteriori test sul figlio.

Il padre viene, ad un certo punto, disarmato dall’altro figlio, preoccupato per le possibili conseguenze del gesto, ma minaccia di avere una seconda pistola.

“Vi ucciderò tutti. Non pensate che sia l’unica arma che ho”

afferma.

Come in ogni film americano che si rispetti, l’ospedale viene messo sotto assedio mentre i negoziatori della polizia cercano di ragionare con Pickering II, che non si smuove di un millimetro.

A quel punto si chiude in una tenda per nascondersi con il figlio. Gli agenti della SWAT (eccoli, come da manuale) cercano di negoziare la sua resa, ma invano.

Poi, dopo ore di trattative, la polizia usa un robot per eliminare la tenda che nascondeva Pickering II e suo figlio.

Ma, nuovo colpo di scena, a questo punto sui si arrende pacificamente perché afferma di avere finalmente i segnali che sperava di vedere.

“Durante quelle tre ore, George mi ha stretto la mano tre o quattro volte a comando”,

dice.

Infatti, nel mezzo di tutto questo trambusto da filmone hollywoodiano, il figlio di Pickering II, dichiarato morto cerebralmente, risponde alla richiesta del padre di stringergli la mano, dimostrando una presenza cognitiva.

Il padre, allora, sapendo di aver vinto la più importante battaglia della sua vita, si consegna alla polizia.

George Pickering II ha naturalmente pagato il suo gesto scontando una pena detentiva di 11 mesi.
Dura lex sed lex.

Ma il figlio, intanto, si è completamente ristabilito.

 

Pickering II, che all’epoca aveva 59 anni, disse in seguito di sapere, basandosi su un’intuizione interiore, che la prognosi dell’ospedale sul figlio era sbagliata, e che, nonostante il rischio, non lo avrebbe lasciato in nessun caso morire.

Solo alcune settimane dopo l’incidente, il figlio ha affermato di aver appreso che alla sua famiglia era stato detto che era estremamente improbabile che si sarebbe ripreso dall’ictus e dal coma.

Il giovane racconta che ancora oggi le persone si avvicinano a lui e gli dicono:

“Ti credevo morto”.

Riferendosi a quanto fatto dal padre, il figlio ha dichiarato:

“È stata infranta una legge, ma per giuste ragioni. Ora sono vivo grazie a questo. È stato amore”

Amore per vincere la morte.

Giusto? Sbagliato? Voi cosa avreste fatto nei panni del nostro texano?

Ciascuno tragga le proprie conclusioni.

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