di Roberto Pecchioli
La vita è sogno e i sogni, sogni sono.
Così conclude Calderòn de la Barca la sua opera massima. Ma senza sogni non si vive; i più volitivi riescono talvolta a trasformarli in realtà. Scrisse Nicolàs Gòmez Dàvila, coltissimo reazionario, che si può essere partigiani irriducibili solo delle cause perse. Forse aveva ragione, ma la sconfitta o la vittoria non sono prove della validità o dell’errore di una tesi, di un’idea, di un principio. Forte di questa certezza, confido ai pazienti lettori un sogno di mezza estate.

L’Italia era uscita dalla Nato e dall’Unione Europea e la gente sembrava felice. Nell’universo onirico diventavano immagini vivide i racconti di papà e mamma sul clima di speranza attiva, di febbrile volontà di rinascita del dopoguerra che vissero nei loro difficili vent’anni. Gioia, voglia di fare, progetti, desideri e su tutto la convinzione che le cose sarebbero andate per il meglio, che il peggio era alle spalle.
Sogni, appunto, o nostalgie di chi, giunto alla terza età, forse scambia il giusto e il bene con ciò che amava in gioventù. Eppure anche da sveglio continuo a immaginare che molte cose cambierebbero in meglio se ci liberassimo dalle catene europee e atlantiche.
Poiché sto sognando, non prendetemi sul serio, anzi perdonatemi l’ardire. Catene, replicheranno accigliati i Realisti, i Buoni e i Benpensanti con la bocca a cul di gallina? Ma no, le catene della Nato e dell’UE sono opportunità, benedizioni del cielo senza più dèi: “son fatte di fior”, come quelle di Cin Ci Là, operetta italiana che quest’anno compie un secolo.
Servirebbe una rivolta ideale che non c’ è e non è all’orizzonte, ci vorrebbe un sentimento di popolo sepolto da ottant’anni, che gli italioti ritrovano per un attimo se la nazionale di calcio conquista un trofeo internazionale o un tennista di Innichen/San Candido dal nome ostrogoto e di residenza monegasca vince i grandi tornei di tennis.
Ma la vita è sogno e allora fatemi immaginare a occhi aperti un‘Italia indipendente, sovrana, neutrale, amica di tutti ma non serva o colonia, con una sua moneta, leggi proprie, un esercito che risponde al suo popolo e al suo governo. Dunque estranea all’UE e alla Nato, con cui,eventualmente, può stringere accordi in base all’interesse nazionale. Dite che non è possibile? Periodo ipotetico dell’irrealtà formato con il congiuntivo trapassato, come nella grammatica? Probabile, quasi certo. Ma lasciatemi divertire come nella bizzarra poesia di Aldo Palazzeschi : tri tri tri, fru fru fru, ihu ihu ihu, uhi uhi uhi! Il poeta si diverte, pazzamente, smisuratamente! Non lo state a insolentire, lasciatelo divertire poveretto, queste piccole corbellerie sono il suo diletto.
Corbellerie, infatti. Come accettare che la corte di giustizia dell’unione (minuscolo, perbacco) si sostituisca al governo e al parlamento per imporre regole all’immigrazione. Nulla di strano, dal momento che tutti, nel baraccone di Bruxelles, sono cooptati, non eletti, messi al loro posto da un sistema teso a distruggere gli Stati, la sovranità e innanzitutto la democrazia, di cui calpesta non solo i principi, ma anche le procedure. Potremmo fare un elenco interminabile, dalla dittatura finanziaria al liberismo fatto legge sino alla tragicomica sottomissione agli Usa della cotonata contessa tedesca sulla questione dei dazi. Inutile, nel sogno tutto è chiaro e ha un nome : vincolo esterno, ovvero dittatura di leggi , ambienti, poteri che nessuno ha scelto ma che sono onnipotenti di fatto.
Il sogno si fa incubo quando – i cambi improvvisi sono tipici della condizione onirica – il soggetto si vede nel bel mezzo di un luogo in cui sventola una bandiera che non è il tricolore italiano ma uno strano vessillo raffigurante una rosa dei venti bianca in campo azzurro, simbolo della Nato. Stando a Wikipedia, enciclopedia ufficiale del mondo globish, il cerchio che la racchiude rappresenta l’unità e la cooperazione, il colore blu simboleggia l’Oceano Atlantico. No, non sono capitato in una caserma, è un punto qualsiasi del nostro territorio, costellato di basi straniere – pardon extraterritoriali – in cui la lingua ufficiale non è la nostra e il comando delle operazioni è in capo a militari Usa. E be’, ma è scritto nei trattati che abbiamo liberamente sottoscritto e confermato con il voto parlamentare, dice una voce fuori campo il cui ronzio ricorda una zanzara.
Mi sveglio sudato e irritato: questo è troppo. L’ Italia sconfitta nel 1943 (capitolazione di Cassibile chiamata pietosamente armistizio) , trattata come tale a fine guerra e nel 1947 – trattato di pace – avrebbe liberamente scelto di aderire alla Nato!

Il sognatore non si diverte più; nel suo piccolo si incazza (ahi, il turpiloquio, ma nel sogno non ci sono censure) . Certo, meglio la Nato – ossia servi degli Usa – piuttosto che dell’URSS. Fino al 1989, però, quando l’Unione Sovietica si dissolse e con essa il comunismo novecentesco. Dopo, liberi tutti, tanto più che il Trattato di Varsavia sovietico venne sciolto nel 1991, trentaquattro anni or sono. Invece la Nato esiste ancora e ha inglobato quasi tutti gli ex membri della defunta alleanza orientale. Sempre in chiave americana, mostrando con plateale evidenza che non la libertà dei popoli era la mission dell’alleanza “atlantica” le virgolette servono, eccome) ma il potere imperiale degli Usa e del suo sodale britannico, che, ceduto lo scettro imperiale , resta la testa del serpente (galassia Rothschild, City of London).
Poiché nei sogni si perdono i freni, lo scrivano lamenta anche il nome e la sigla. Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico. Che c’entra tutto il resto, le missioni nei sette mari e nei cinque continenti a diffondere la democrazia e la libertà (di mercato) in salsa americana? E poi perché, maledetti noi incapaci di difendere ciò che è nostro, la chiamiamo Nato, all’inglese? In Francia e Spagna dicono e scrivono OTAN, traducendo l’acronimo nelle loro lingue. Noi, al solito, siamo colonizzati felici, emuli di Alberto Sordi /Moriconi Nando in quel vecchio film in cui rinuncia finanche al nostro cibo per ingozzarsi di intrugli Made in Usa, salvo tornare ai maccheroni con l’immortale “ rigatone, mi hai provocato, me te magno!”.
Da trentacinque anni la Nato è esclusivo strumento della volontà imperiale americana, diventata unipolare sino all’irruzione cinese e al ritorno russo. Che c’entriamo noi con gli interessi d’oltre Manica (prudentemente estranea all’euro e all’UE) e di oltre Oceano? Perché dobbiamo riarmarci contro un nemico che non c’è se non dal punto di vista della geopolitica dell’ex impero britannico ereditata ed estesa dagli Stati Uniti, da Mackinder a Spykman, Brzezinski e neocons. Addirittura impressionante è l’accordo in base al quale acquisteremo armi americane (l’Europa è tecnologicamente indietro precisamente per scelta imperiale altrui) da puntare contro un nemico , la Russia, niente affatto atlantico che osserva sogghignando. I nemici, come gli amici, dovremmo sceglierceli senza rendere conto a Donald, a Ursula e a Rutte (il nome è un presagio) la figurina europea messa a capo della Nato, finta giacché contano la volontà politica e il comando militare di Washington.
L’Italia è un paese – non nazione – occupato; lo Stato che la rappresenta è prigioniero di trattati vecchi di ottant’anni e di protocolli riservati coloniali che la costringono, come si diceva dell’Europa orientale, alla sovranità limitata. O inesistente. Possiamo forse, a Bruxelles, Londra, Francoforte, Washington, eccepire alla volontà altrui? Non possiamo e il dramma è che neppure vogliamo. Dunque, conclude triste il menestrello sognatore, non siamo una nazione. Se i nostri interessi reali collidono con quelli dell’Impero nelle sue diramazioni- militare, politica, culturale, finanziaria- peggio per i nostri interessi e per la nostra dignità, un bene immateriale di cui non sappiamo che farcene.
Nel sogno echeggia una frase di Vilfredo Pareto sugli Usa: gli ipocriti d’oltremare che per far sparire la prostituzione danno il nome di matrimonio ad ogni accoppiamento. Una prova è la torsione della costituzione americana che consente la guerra solo per difesa. Da due secoli gli Usa sono in conflitto permanente montando ad arte provocazioni per farsi attaccare e poter rispondere “legalmente”. Capitò nella guerra ispano americana di fine Ottocento, con il piroscafo Lusitania all’alba della Prima Guerra Mondiale, quasi certamente a Pearl Harbor nel 1941, nell’incidente del Tonchino che giustificò l’intervento in Vietnam, nella false armi di distruzione di massa di Saddam, con la provetta brandita da Colin Powell all’Onu. Potremmo continuare ricordando il ruolo di potentissime ONG americane nel cambio di regime in Ucraina nel 2014, innesco della guerra alle porte di casa, in cui gli ucraini (e i russi) forniscono il sangue, europei e americani le armi, pagate dai nostri popoli impotenti. Nonostante la democrazia, la libertà, il suffragio universale.
Almeno nel sogno, almeno nel cuore, lasciatemi divertire. E sperare di vedere, al tramonto della vita, l’Italia indipendente, sovrana, liberata dalle catene della finanza, dell’UE e della Nato. Anche le cause perse, in un mondo che cambia in tempo reale , possono diventare speranza e poi realtà.
Sogno di una notte di mezza estate in compagnia del folletto Puck, di Oberon e Titania, i re delle Fate. Al risveglio, torna l’incubo, Von der Leyen, Christine Lagarde della BCE, Rutte con i generali della Nato, Hollywood, Donald, Bill Gates con Elon Musk.
Dietro, il partito collettivo italo straniero, MontiDraghiMattarellaSchleinSalviniMeloniSegreVespaMentana.
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