Verificare o fidarsi di Sophia?

1
di Fabio Antonio Calò

L’Euristica Vivente, la ricerca scientifica secondo Goethe

Rudolf Steiner raccomandava di verificare sempre quanto rivelato dalla Scienza dello Spirito.

O.O. 121:

“Armatevi della critica più materialistica dei Vangeli, verificate ciò che ho detto su Cristo Gesù; VERIFICATELO il più accuratamente possibile con tutti i mezzi a vostra disposizione sul piano fisico. (…) È lontana dalla mia intenzione in queste lezioni stabilire dogmi e affermare che i fatti sono tali e tali e devono essere creduti. VERIFICATELI con uno scambio di opinioni con persone di mente abile e attiva e troverete la conferma di ciò che è stato detto come un’indicazione profetica della futura manifestazione di Cristo. DOVETE SOLO APRIRE GLI OCCHI e verificarlo oggettivamente; non facciamo appello alla fede nell’autoritàQuesta NECESSITÀ DI VERIFICARE TUTTO CIÒ CHE È STATO RICEVUTO DALLA SCIENZA SPIRITUALE dovrebbe diventare una sorta di ATTEGGIAMENTO DI BASE che permea tutto il nostro approccio.”

Ma poi aggiunse che non possiamo verificare le verità sovrasensibili a meno di non sviluppare noi stessi la capacità di visione sovrasensibile.

O.O. 255b:

Non posso verificare le verità teosofiche a meno che non sia chiaroveggente. Sì, vedete, ovviamente non posso verificare le verità teosofiche a meno che non voglia diventare chiaroveggente, proprio come un uomo non può verificare le verità chimiche senza diventare un chimico. Considera suo diritto diventare un chimico se vuole verificare le verità chimiche, ma non vuole diventare ciò che si deve diventare per verificare le verità teosofiche.”

0.0. 333: 

“Potrei solo dover diventare uno storico, un fisico o un chimico per essere in grado di verificare le cose in modo indipendente. Ma non posso verificare le verità teosofiche a meno che non sia un veggente. Certo! Non posso nemmeno verificare i risultati della ricerca chimica a meno che non diventi un chimico. Ma proprio come ammetto che si deve diventare chimici per essere in grado di verificare i risultati della ricerca chimica, quindi tutti devono intraprendere il sentiero della ricerca spirituale per verificare le verità scientifiche spirituali.”

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Per logica, quindi, se DOBBIAMO verificare noi stessi la veridicità delle rivelazioni antroposofiche e possiamo farlo solo divenendo chiaroveggenti, significa che lo DOBBIAMO diventare. Dobbiamo intraprendere un percorso spirituale che trasformi i nostri organi di senso.

Chi lo faccia, gradualmente purifica e disciplina il suo pensiero ed incontra gli Spiriti di Personalità, che gli conferiscono la capacità di verificare oggettivamente le sue rappresentazioni.

O.O. 96:

“È ingiustificato obiettare: a che cosa mi fa bene conoscere i mondi superiori, le diverse razze e culture, o studiare la reincarnazione e il karma quando non posso vedere e verificare tutto da solo? Questa non è un’obiezione valida perché occupare i pensieri con queste verità purifica il pensiero e lo disciplina in modo che le persone diventino mature per le altre azioni che portano al percorso occulto.”

O.O. 187:

“Quando sviluppi, quando elabori immaginazioni valide, allora incontri gli Spiriti della Personalità sul tuo percorso di conoscenza sovrasensibile, e trovi il potere di verificare la tua immaginazione, di portarla all’oggettività per te stesso. Il corso più elementare per il ricercatore spirituale oggi sarà di solito quello di cercare l’immaginazione dai risultati più solidi della conoscenza moderna.”

Ma poi Rudolf Steiner sembra contraddirsi e affermare il contrario, cioè che non è affatto necessario diventare un ricercatore spirituale per potere, almeno in una certa misura, “riconoscere la verità”. Ma come?? Non devo “verificare tutto ciò che è stato ricevuto dalla scienza spirituale”? Non deve “diventare una sorta di atteggiamento di base che permea tutto il nostro approccio”?

O.O. 70b: 

“Proprio come non tutti possono diventare chimici, cioè non tutti possono condurre esperimenti in laboratorio, non tutti possono diventare biologi per verificare le verità biologiche, chimiche, fisiologiche e astrologiche che vengono comunicate alla coscienza generale dell’umanità, non tutti devono essere ricercatori spirituali; anche se in una certa misura, come puoi vedere dal mio libro <Come conoscere mondi superiori>, TUTTI POSSONO almeno in una certa misura RICONOSCERE LA VERITÀ, la validità di ciò che la scienza spirituale ha da dire; ma in linea di principio NON È NECESSARIO DIVENTARE UN RICERCATORE SPIRITUALE.”

Non è necessario poiché l’uomo è per sua natura già “predisposto alla verità e non all’errore”. Gli basterebbe anche solo liberarsi da ogni pregiudizio e dalla fede nell’autorità ed acquisire una certa forza nei suoi pensieri, per poter riconoscere la verità.

O.O. 34

“Molti si dichiarerebbero presto a favore della ragionevolezza e dell’accettabilità degli insegnamenti occulti se potessero affrancarsi delle catene del pregiudizio e della superstizione materialistica. Ma molti sono completamente presi dalla fede nell’autorità e nel culto della personalità verso i loro grandi materialisti e quindi non possono dedicarsi ai messaggi degli occultisti senza pregiudizi. Coloro che si liberano da questo culto dell’autorità vedranno presto quanto siano plausibili gli insegnamenti della cosiddetta scienza occulta per la mente e il cuore. Perché attraverso la ragione, il sentimento e la percezione, l’uomo è predisposto alla verità, non all’errore, e solo il pregiudizio può ostacolarlo.”

 Insomma, la verità illumina e chiarisce, mentre la menzogna oscura e genera “incomprensioni”. Poiché il Vero ha il potere del Tono, ha la forza di risuonare interiormente nell’Essere dell’Uomo ed illuminarlo di gioia e bellezza. Se le rivelazioni dello Spirituale fossero false, noi non avremmo nemmeno la capacità intellettuale di COMPRENDERLE lucidamente col pensiero rappresentativo, come invece siamo in grado di fare con le falsità del mondo materiale. Non riusciremmo a formarcene neanche delle rappresentazioni astratte ma solo fumose suggestioni incomprensibili, prive di senso e di forza. Il fatto che invece risultino comprensibili per chiunque sia “sincero, onesto e spregiudicato”, è esso stesso la conferma della verità che in esse vive e chiede solo d’essere accolta.

O.O. 34: 

“Quando si dice che gli ascoltatori o i lettori non possono verificare immediatamente le cose, si dovrebbe tenere presente che ci sono anche modi e mezzi per coloro che non hanno ancora raggiunto la fase di vedere di persona per diventare sempre più convinti della verità di ciò che viene loro comunicato. La persona che fa la comunicazione, a condizione che sia davvero un occultista o teosofo nel suo cuore, non vuole lavorare in modo diverso da un contabile. Dice: ho sperimentato questo o quello, o mi è stato detto questo o quello da coloro che possono saperlo. Una mente sana e diretta, un vero sentimento nell’ascoltatore prima ascolterà, cioè, né crederà ciecamente né criticherà ciecamente. La verità è illuminante e ILLUMINA, il falso non respinge e chiarisce nulla. L’ascoltatore o il lettore dice della verità: <sì, attraverso ciò che mi viene comunicato posso capire i fatti della natura e della vita; MA SE CIÒ CHE VIENE DETTO NON FOSSE VERO, QUESTI FATTI RIMARREBBERO PER ME <INCOMPRENSIBILI>. Questo atteggiamento nei confronti di un insegnamento è noto anche alla scienza più riconosciuta; tali insegnamenti sono chiamati “utili ipotesi di lavoro”. L’unica differenza è che l’occultista non comunica ipotesi, ma fatti che ha visto di persona. Ma questo non impedisce a nessuno di accettare queste cose come ipotesi di vita utili, purché non possano verificarle da soli. Ed è certo che chiunque si comporti in questo modo, SINCERAMENTE E ONESTAMENTE, prima o poi verrà a vedere di persona. Perché non c’è percorso più fruttuoso verso una visione superiore per l’umanità di oggi che ascoltare prima gli insegnamenti di coloro che hanno già visto e accettare da loro ciò che si può considerare ragionevole e accettabile.” 

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Ma come posso sostenere logicamente che, se una rivelazione mi risulta “comprensibile” e mi risuona interiormente, allora essa sarebbe scientificamente fondata e veritiera? 

Facilmente possiamo invece constatare il contrario, quanto per noi le cose siano soltanto la proiezione che ce ne facciamo: “noi non percepiamo mai gli oggetti ma solo le nostre rappresentazioni degli oggetti”, dice infatti Steiner. Noi non facciamo mai in tempo a vedere le cose oggettivamente, per come esse realmente sono ma le vediamo solo per come siamo noi stessi; ovvero vediamo soltanto quel che di noi stessi esse ci mostrano, facendoci da specchi. Ma se è vero che i concetti astratti fornitici dal cervello sono forme prive di forza, perciò del tutto prive di forza di convincimento, le percezioni in generale, sia sensibili che sovrasensibili, contengono invece tutta la forza dell’oggettività. È quella forza oggettiva del percetto a convincere il realista o “percettista” che tutto ciò che percepisce sia reale e che sia reale solo ciò che percepisce.

Se da un lato i Sofisti ci hanno mostrato quanto sia facile per la logica cerebrale convincersi di tutto e del contrario di tutto, d’altro canto, se almeno una volta nella vita lo si è sperimentato, allora si sa che il cuore sussulta e si riempie di gioia e bellezza al cospetto della verità. Si sa che il cuore è l’organo di percezione del Vero ovvero dell’Idea e Ne riconosce il linguaggio, più oggettivo e scientifico di qualsiasi strumento di misura costruito dall’uomo. Si sa allora che nessun’altra dimostrazione matematica è più rigorosa ed illuminante di un cuore risonante del Tono ideale. La forza d’intuizione del cuore è maggiore di qualunque forza di dimostrazione del cervello.

Se, dunque, un concetto risuona solo nella mia anima razionale, io non posso parlare di forza di verità ma solo di autocompiacimento, proiezione e bias cognitivi d’ogni tipo. Ma se giunge a risuonare nel mio cuore, luogo in cui vive il Pensiero del mondo ed in esso il Logos, l’Essere del Vero, allora lo Spirito non soltanto riconosce la verità ma, quando lo fa, riconosce di riconoscerla. Perché “l’essenza interiore dei pensieri dell’uomo è la verità stessa” edinanzi alla verità, lo Spirito non fa altro che incontrare e riconoscere Se stesso, la sua Vera Essenza ed il Tono ideale che La sostanzia.

Pertanto, se il discepolo “sincero, onesto e spregiudicato” accoglie nel suo Spirito gli insegnamenti della Scienza dello Spirito con “energia, pazienza e perseveranza”, potrà gradualmente comprenderli attraverso le sue semplici riflessioni e dunque verificarne la verità.

O.O. 13: 

“Il pensiero umano non diventa vuoto e insignificante quando non è riempito dalle osservazioni dei sensi. Per il discepolo spirituale la via più sicura e più vicina per conseguire tale pensiero libero dai sensi potrebbe essere quella di assimilare gli insegnamenti della scienza dello spirito riguardo ai fatti del mondo superiore, e formare di essi il contenuto del proprio pensiero. Questi fatti non possono essere osservati per mezzo dei sensi fisici; nondimeno il discepolo si accorgerà che li può comprendere, purché eserciti sufficiente PAZIENZA E PERSEVERANZA. Il mondo spirituale non può essere da noi investigato e osservato senza un’adeguata preparazione, ma anche senza la disciplina superiore possiamo arrivare a COMPRENDERE tutto ciò che ci viene riferito da chi è in grado di indagare quel mondo. Se qualcuno ritenesse di non poter accettare con convinzione ciò che viene riferito dagli investigatori, perché direttamente non è in grado di verificare quelle notizie, la sua obiezione sarebbe ingiustificata, essendo senz’altro possibile, per mezzo della semplice riflessione, acquistare l’assoluta convinzione della verità di quelle comunicazioni. Attraverso il rappresentare, io posso arrivare a comprendere i fatti riferiti dall’indagatore del mondo spirituale. Attraverso la riflessione, è possibile arrivare a convincersi della verità di quelle comunicazioni. E se qualcuno non riesce con la riflessione a formarsi tale convinzione, ciò non proviene affatto dall’impossibilità di “credere” a qualcosa che non si vede, ma solo perché la sua riflessione difetta tuttora di imparzialità, di larghezza e di profondità. Per chiarire questo punto bisogna considerare che il pensare umano, quando si stimola interiormente con ENERGIA, arriva ad abbracciare un campo molto più vasto di quello che di solito gli viene attribuito. I PENSIERI CONTENGONO INFATTI UNA ESSENZA INTERIORE CHE È IN RAPPORTO CON IL MONDO SOPRASENSIBILE.

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Ma in virtù di cosa noi saremmo “predisposti alla verità”? Perché tutti possiamo riconoscerla anche senza un percorso interiore, ma ci basta solo essere liberi dal pregiudizio? Poiché la verità non si trova da qualche parte fuori di noi ma vive DENTRO DI NOIPer riconoscerla, non è necessario acquisire la capacità di “vederla”: la verità può soltanto essere creata da dentro. Solo così può essere riconosciuta.

O.O. 3: 

La verità, come abitualmente si ritiene, non è il riflesso ideale di qualcosa di reale, bensì una libera creazione dello spirito umano, che non esisterebbe affatto in alcun luogo se non venisse da noi stessi creata. Compito della conoscenza non è di REPLICARE in forma concettuale ciò che già esiste altrove, ma di CREARE un campo del tutto nuovo che solamente in unione col mondo sensibilmente dato forma la realtà completa.

Con ciò LA SUPREMA ATTIVITÀ DELL’UOMO, il suo creare spirituale, viene inserito organicamente nel divenire universale. Senza questa attività, il divenire universale non sarebbe affatto pensabile come totalità in sé completa. Di fronte al corso del mondo, l’uomo non è uno spettatore passivo, ripetente entro al suo spirito, in immagini, quello che senza l’opera sua si compie nel cosmo, ma un co-creatore attivo del processo del mondo; ed il conoscere è l’elemento più perfetto nell’organismo dell’universo”.

O.O. 1:

LA VERITÀ è il contenuto di pensiero che scaturisce dallo spirito umano, quando esso si pone di fronte al mondo esterno. L’uomo non può richiedere nessun’altra conoscenza all’infuori di quella ch’egli stesso sia in grado di CREARE.

O.O. 202: 

“Prendiamo, ad esempio, ciò che troviamo dentro di noi come verità matematiche o forse anche come verità della logica. Non possiamo verificare le verità matematiche dall’osservazione esterna, ma dobbiamo sviluppare la verità del matematico, la verità del geometrico, DA DENTRO DI NOI.”

Non è quindi necessario aver fatto un percorso ascetico e raggiunto il potere della veggenza per scorgere il vero nelle cose. Un non-ricercatore spirituale può riconoscere il Vero in una rivelazione tanto quanto un non-pittore può riconoscere il Bello in un quadro. È sufficiente “avere un cuore”: ma quanti uomini hanno ancora “l’aggio del proprio cuore”, il coraggio?

O.O. 84:

“Sebbene chiunque abbia percorso il sentiero della conoscenza, come descritto ad esempio nel libro “Come conoscere mondi superiori”, possa verificare da solo ciò che dice la ricerca spirituale, questo non è nemmeno necessario per il giudizio, proprio come chiunque non sia un pittore può giudicare la Bellezza di un’immagine.”

Cos’è, infatti, il Bello? “Il Bello artistico è il riflesso sensibile dell’idea”, scrive Goethe. “È la manifestazione di leggi naturali segrete che, senza il suo apparire, ci sarebbero rimaste eternamente celate”. In Detti in prosa aggiunge: “Il Vero è simile al Divino: non appare mai immediatamente; noi dobbiamo indovinarlo dalle sue manifestazioni”. 

Si indovina il Vero attraverso il Bello! Il Bello nell’opera d’arte è l’idea direttamente impressa nella materia sotto forma di immagini sensibili (Darstellung), raffigurazioni concrete e viventi che si esprimono all’esterno come Bellezza.

“Il Bello è l’apparire del Vero”,

scrisse Hegel. Non è però il Vero in sé, bensì l’apparizione del Vero; l’arte non deve “apparirci vera”, ovvero come concreta opera della natura, ma come sincera “apparizione del vero”, di quel Vero che continua a creare, attraverso l’artista, la parte ideale della natura, ancora non “realizzata”.

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L’arte non è, quindi, l’imitazione di un qualcosa di materiale già esistente (come ritennero Platone e Aristotele, non cogliendone il potere epistemologico) né qualcosa di creato soggettivamente dall’uomo, bensì è L’ESPERIENZA DIRETTA DI UNO SPIRITUALE CHE GIÀ È in potenza ed ha bisogno dell’uomo per essere realtà in atto. L’arte è l’intuizione delle oggettive Volontà divine, del possibile-realizzabile e della TENDENZA del processo creativo attuato dalla natura: perciò l’arte è la continuazione del processo creativo del mondo, il processo di metamorfosi del vivente, condotto fino al suo completamento e perfezionamento da parte dell’artista.

L’arte è, dunque, anch’essa l’opera della natura ma, secondo Goethe, ad un grado più elevato, perché “nell’opera d’arte è già stata riversata (aggiunta) la legge di natura (l’idea) così come è APPARSA allo spirito umano”, scrive Steiner in O.O. 2.


O.O. 271:

“L’uomo stesso deve infondere l’elemento divino nelle cose della natura che ne sono prive (prive non della Forza-sostanza-contenuto del Tono-Logos onnipresente ma della Forma Tonale del Logos), e questo è un alto compito che spetta agli artisti: hanno per così dire da PORTARE IL REGNO DI DIO SULLA TERRA. Questa è la MISSIONE DELL’ARTE.”

Ma vi sono due modi di fare arte e dunque due modi di “cercare la verità”. 

O.O. 271:

“Attraverso la pulsione apollinea, l’uomo crea una bella IMMAGINE del mondo, un’opera di calma contemplazione. 

Attraverso la pulsione dionisiaca, l’uomo si pone in uno stato di ebbrezza; non si limita a contemplare il mondo, ma si imbeve delle forze eterne dell’essere (ode il tono delle cose, l’idea) e le esprime nella sua arte.

Le opere d’arte poetica e musicale nascono dall’impulso dionisiaco. La persona dalla mentalità dionisiaca si permea dello Spirito del mondo (Tono-Logos) e ne porta alla luce l’essenza attraverso le proprie espressioni. Egli stesso diventa l’opera d’arte. (…)

Con la saggezza auto-creata, lo spirito dionisiaco si muove facilmente nel mondo come un ballerino. (…) Poiché lo spirito dionisiaco trae da sé tutti gli impulsi per le sue azioni e non obbedisce a nessun potere esterno, è uno spirito libero. Uno spirito libero, infatti, è uno spirito che segue solo la propria natura.”

 L’abelita, “l’apollineo”, per verificare la veridicità delle rivelazioni occulte, crede di dover necessariamente acquisire il potere della visione spirituale, poiché crede che la verità gli si presenti da fuori e che quindi la “verifica” consista soltanto nel “vedere” la verità coi propri occhi.

O.O. 5: 

“All’uomo dionisiaco si contrappone l’uomo apollineo, che soprattutto tiene desto l’occhio affinché acquisisca il potere della visione. Le VISIONI, le immagini di cose che sono al di là della realtà umana, sono ciò a cui tende lo spirito apollineo, NON UNA SAGGEZZA CREATA DA SÉ.”

Ma il cainita, il “dionisiaco” intuisce che verificare significa percepire la verità che si manifesta da dentro di sé, poiché egli si sente tutt’uno con la verità, se ne sente co-creatore attivo e non spettatore passivo.

L’artista dionisiaco NON CERCA l’idea fuori da sé ma LA CREA dentro di sé: vive di continuo afferrato e sommerso nel Tono, la sostanza costitutiva dell’idea. Scrive Goethe: “L’artista ha da sviluppare il sublime dal comune, il bello dall’informe”. E ancora: “La natura ci afferra nel giro della sua danza, senza invitarci o avvertirci”. È l’Idea Vivente nella natura che si crea gli artisti e parla loro di continuo; il compositore “origlia le leggi della natura”, ma “può sentire e comprendere quel linguaggio poiché il suo Spirito è tonale”, è con-forme all’Idea, scrive Steiner ne L’essenza della musica. Lo Spirito tonale dell’artista è l’organo con cui egli percepisce l’Idea ed è al contempo l’organo con cui l’Idea acquisisce coscienza di Sé.

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O.O. 13: 

“L’osservatore del mondo fisico dice: là fuori, nello spazio, vi è una rosa; essa non mi è estranea, perché mi si rivela per mezzo del suo colore e del suo profumo. Orbene, quando agisce nell’uomo il pensare libero dai sensi, basta che egli sia abbastanza spregiudicato per potersi dire ugualmente: qualcosa di essenziale mi si rivela, ricollega in me un pensiero all’altro e costituisce in tal modo un organismo di pensiero. Vi è però una DIFFERENZA NEI SENTIMENTI di fronte a ciò che l’osservatore del mondo sensibile ha nell’occhio, e ciò che di essenziale si annunzia nel pensare libero dai sensi. Il primo osservatore si sente esterno alla rosa, mentre chi si abbandona al pensare libero dai sensi sente l’essenza della rosa che gli si rivela come dentro di sé, SI SENTE TUTT’UNO CON ESSA.”

O.O. 5: 

IL SAGGIO DIONISIACO NON RICERCA, CREA! Non si pone come osservatore AL DI FUORI DEL MONDO che vuole conoscere; è diventato un tutt’uno con la sua conoscenza. NON CERCA UN DIO; ciò che può ancora rappresentarsi come divino non è che se stesso come creatore del proprio mondo. (…) Il saggio dionisiaco si confronta con il semplice osservatore, che si crede sempre al di fuori dei suoi oggetti di conoscenza, come uno spettatore oggettivo e sofferente.”

L’artista ed il veggente traggono dalla stessa fonte: il veggente vede quel che l’artista crea. Ma il veggente in futuro dovrà diventare artista, cioè non limitarsi a <vedere> il mondo spirituale ma spingersi a <crearlo>, portarsi da creatura a creatore del mondo.

O.O. 271: 

“Il musicista che crea, immette nella sua materia, traendolo dall’inconscio, lo stesso elemento spirituale che il veggente osserva. (…) La veggenza sarà sul suo giusto terreno SOLO QUANDO sarà al di sopra di ogni filosofia e si sentirà affine all’arte. Come nel nostro organismo respiratorio vive la musica (il Tono) interiore che poi nell’arte diventa musica, così vive anche la poesia.”

Lo stesso vale per la scienza. Scienza ed arte non possono più essere separate.

“L’arte perfeziona la scienza perché la rende concreta”,

scrive Goethe, o, se vogliamo, “concreata”.

La scienza perfeziona l’arte perché la rende rigorosa, disciplinata.

La scienza cerca quel che l’arte crea. La scienza cerca l’infinito nel finito, e lo esprime attraverso la legge nella natura.

L’arte non cerca ma crea, intuisce l’infinito e lo imprime nel finito attraverso l’opera.

Attraverso la scienza, la natura si manifesta come immagine astratta (Vorstellung, rappresentazione); attraverso l’arte, la natura si manifesta come immagine concreta (Darstellung) dell’Idea.

Nel conoscere, non sono io a creare ma è l’Essenza delle cose a creare se stessa in me, facendosi ri-conoscere come “ispirazione artistica”: questa è il Vero che pulsa dal di dentro, che vuole apparire e liberarsi, creandosi attraverso di me. Solo così io posso riconoscere il Bello nel mondo, che non è UN bello soggettivo ma IL Bello oggettivo che si dà “negli occhi di chi guarda”: è l’Essenza che può manifestarsi soltanto se i miei occhi pregni d’amore La sanno riconoscere.

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Posso conoscere le cose solo se so guardarle amorevolmente, solo se so RIVOLGER LORO IL MIO LATO CORRISPONDENTE ALLA LORO NATURA, perciò se so metamorfosarmi, conformarmi ed omologarmi ad esse.

Le cose sono già la teoria delle cose”, scrive Goethe. L’Essenza ideale è già nella cosa. “Dio si manifesta sempre nelle cose ma non a tutti, va indovinato!”: si manifesta solo all’artista del Pensiero Creativo cioè a chi sa intravedere il Bello nell’informe poiché ha il Bello negli occhi con cui guarda.

O.O. 6: 

“Per Goethe, vi è solo un unico regno della verità che include e avvolge arte e natura. Perciò, LA FACOLTÀ DELLA CREAZIONE ARTISTICA NON PUÒ ESSERE ESSENZIALMENTE DIVERSA DA QUELLA CHE CONDUCE ALLA CONOSCENZA DELLA NATURA. Afferma Goethe: «lo stile di un artista riposa sulle più profonde basi della conoscenza, sull’essenza delle cose, per quanto ci è dato coglierla nei suoi aspetti percettibili e concreti».” 

Platone vedeva l’Iperuraneum ancora fuori dall’uomo, quel mondo dell’Idea “unica ed eterna” che più tardi, sul Golgotha, si sarebbe “effuso nel mondo”: da allora, “la luce è scesa nelle tenebre”, l’Idea vive DENTRO il pensiero umano. Perciò l’arte, che per Platone fu solo la copia della copia della realtà ma poi divenne la “risalita” dalle cose alle Idee, è oggi la “discesa” dal mondo sensibile giù nei meandri dell’anima umana, nel proprio mondo delle Madri-Sorgenti (Quelles): è il ponte mancante tra scienza ed esperienza, concetto e percetto, l’idea e le cose. Perciò l’artista e scienziato, nel conoscere, diviene “pontefice” e si sente Uno con l’Idea che vive in tutte la cose del mondo. Tramite il suo pensiero creativo, l’uomo dovrà imparare a dominare gli elementi, come un tempo fecero gli Egizi usando matematica e geometria (ad esempio operando sull’elemento acqueo, in cui vive l’etere di suono ovvero la forza di levità con cui costruirono le piramidi e scolpirono statue in diorite). L’uomo dovrà imparare ad agire operando in continue creazioni, metamorfosando e plasmando la materia e gli eventi atmosferici.

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O.O. 93a:

“Lucifero è rappresentato come il Drago alato; Ezechiele lo descrive come il Toro alato. Allora arrivò un eroe solare, simile a quelli che apparvero nell’epoca iperborea, rappresentati da Ezechiele come il Leone alato. Questo Eroe, che ha dato il secondo impulso, è il Cristo, il Leone fuori dalla tribù di Giuda. Il rappresentante dell’Aquila arriverà solo più tardi; esso rappresenta il principio del Padre. Cristo è l’eroe solare, il Leone, il Pitris solare (il Principio Figlio).

Il terzo impulso sarà rappresentato da un Adepto che FU già adepto su Saturno. Tale personalità non può ancora incarnarsi sulla Terra.

Soltanto quando l’uomo sarà non solo in grado di sviluppare la sua natura superiore, ma saprà rinunciare completamente alla natura inferiore ed OPERARE CREANDO, allora l’Adepto più elevato, l’Adepto di Saturno, il Principio-Padre, il Dio Nascosto, potrà incarnarsi.”

Sebbene con i testi del Dottore il lettore inizialmente fatichi a “comprendere” quelle descrizioni dei mondi sovrasensibili, perseverando nella lettura quei testi iniziano a sviluppare in lui l’organo di senso della verità e contestualmente una nuova capacità di comprensione. Così come si accorge di capire sempre più quel linguaggio per lui prima impenetrabile, contestualmente aumenta la sua percezione di veridicità che da quegli insegnamenti gli emana.

Ma con i primi sei testi, in particolare OO2 ed OO4, le cose vanno diversamente. In quei testi,

“in cui nulla è tratto dalle comunicazioni della stessa scienza dello spirito, viene dimostrato che il pensiero puro, che opera solo in se stesso (in sich arbeitende), può acquisire <<informazioni>> sul mondo, sulla vita e sugli uomini. Questi scritti si collocano su un livello intermedio molto importante tra la conoscenza del mondo sensoriale e quella del mondo spirituale (O.O. 13).” 

Quei primi sei testi scritti nel 19esimo secolo, non forniscono astratte informazioni sulle cose dello Spirito, che nel tempo acquistano comprensibilità e forza di verità; essi agiscono direttamente sulle Forze viventi del Pensiero del mondo che Vive in noi. Tali Forze hanno il potere di “in-formare” davvero il pensiero umano, di imprimervi le Forme archetipiche e trasformarlo in organo di senso del linguaggio ideale, così che l’uomo possa udire e comprendere l’Essenza delle cose che gli parla di continuo per crearSi nella sua coscienza.

Il linguaggio di quei testi noetici è qualcosa di possente; è un linguaggio diverso, non soltanto ermetico ma “creativo”, dionisiaco, dinamico, che costringe il lettore a muovere il suo rigido pensiero riflesso e a portarsi fuori dal cervello, oltre il sistema neurosensoriale.

Se vuol “comprendere” quei concetti e riconoscervi la verità, qui non gli basta più l’ordinario riflettere; deve abbandonare la comoda base di sensazioni e rappresentazioni su cui ordinariamente la sua coscienza riposa, e poggiare su un pensiero che a sua volta, in continua metamorfosi, poggi solo su se stesso. Ed appena inizia a muoversi in risposta allo stimolo di quei concetti, il pensare in lui risorge, si metamorfosa e diviene lo stesso Spirituale che gli parla da dentro, in concetti viventi, forme pregne di forza di verità; forza più imponente ed oggettiva di qualsiasi evidenza scientifica, percezione sensibile o visione sovrasensibile: verità-Sophia che riemerge, diretta e perentoria, dagli oceani interiori in cui era stata dilaniata e inabissata.

O.O. 13: 

“Quei due libri rappresentano un gradino intermedio molto importante fra la conoscenza del mondo sensibile e quella del mondo spirituale, e offrono ciò che il pensare può conseguire quando si eleva al di sopra dell’osservazione sensibile, sebbene ancora eviti l’accesso all’indagine spirituale. Chi fa agire questi libri su tutta la sua anima è già nel mondo spirituale; soltanto che questo gli si palesa come mondo del pensiero.” 

 Se la verità è dunque qualcosa che può essere conosciuta soltanto creandola dal di dentro, la verifica della verità non può che essere un altrettanto creativo processo interiore: alla portata di qualsiasi uomo che abbia il coraggio e la disciplina di portarsi al centro della propria testa, tra ipofisi ed epifisi (organo di senso immaginativo), e da lì discendere per la laringe (organo di senso ispirativo) giù fino al cuore (organo di senso intuitivo), per liberare la “Potenza creativa” o Sophia-Sakti colà imprigionata, anziché sperare di “vedere” la verità in un mondo sovrasensibile esterno del quale si crede solo spettatore.

O.O. 2:

“IL PRINCIPIO VIVENTE delle cose NON possiamo ottenerlo da fuori attraverso l’esperienza; DOBBIAMO CREARLO DA DENTRO, nel nostro interno. (…) Tanto l’attività conoscitiva quanto quella artistica si fondano sul fatto che l’essere umano si eleva dalla realtà come PRODOTTO alla realtà come PRODUTTORE (realtà di oggetti incompleti, che devono essere completa prodotti; vanno completati dalla conoscenza ovvero dalla creazione artistica); realtà che ascende dal CREATO al CREARE, dal caso alla necessità. Ogni oggetto della realtà ci presenta UNA delle infinite possibilità nascoste nel grembo della natura creatrice.  Il nostro spirito si eleva alla intuizione (Anschauung) di quelle SORGENTI (Quelles, “LE MADRI” di Goethe) in cui sono contenute tutte queste infinite possibilità”.

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O.O. 202: 

“Prendiamo, ad esempio, ciò che troviamo dentro di noi come verità matematiche o forse anche come verità della logica. Non possiamo verificare le verità matematiche dall’osservazione esterna, ma dobbiamo sviluppare la verità del matematico, la verità del geometrico, da dentro di noi.”

In conclusione,

con questo breve articolo si è voluto fornire un piccolo esempio del linguaggio “creativo” che Steiner adotta per esporre la teoria goethiana della conoscenza agli intellettuali del tempo.

 

Non avrebbe potuto esprimerla in rappresentazioni accademiche e astratte, per poi farla “comprendere” passivamente tramite attenta lettura e vigorosa riflessione, come invece è possibile fare nei testi successivi. Il suo intento andava ben oltre la mera enunciazione ed era non solo quello di dimostrarne il valore scientifico ma di proporla come via evolutiva più sicura ed efficace.

Doveva pertanto essere presentata in modo dinamico e vivente, poiché solo in un continuo moto di metamorfosi creativa può operare una conoscenza che voglia giungere al nucleo essenziale della vita. Quei testi non potevano che esporre la teoria in modo conforme alla teoria stessa ovvero in maniera frammentaria, contraddittoria e inafferrabile per la comune logica razionale, così che essa non possa essere compresa e validata se non a patto di attuarla concretamente, cioè a patto di acquisirne e adottarne a pieno il modello di pensiero artistico-scientifico.

Così come un tempo, col nome di Aristotele e discepolo di Platone, ricevette la missione di lasciar morire l’intelligenza cosmica nella logica dell’intelletto affinché l’umanità potesse divenire del tutto indipendente dallo Spirito, più tardi, col nome di Rudolf Steiner e discepolo di Karl Julius Schroer (Platone), quella stessa individualità si assunse il peso di dimostrare all’inaridito mondo intellettuale il valore ineguagliabile del metodo scientifico-euristico di Goethe: veniva il tempo per l’uomo di resuscitare, per propria libera volontà individuale,  quella stessa intelligenza cosmica anticamente sepolta nel cranio umano.

Era il tempo di rimuovere il velo da quella verità che Michele, precipitando il Drago nella testa dell’uomo, aveva definitivamente ingabbiato e custodito all’interno del luciferico, del contraddittorio, dell’illogico, del paradossale.

Quella verità, che per l’aristotelica logica del cervello ha sempre meno senso, può oggi essere ricercata con logica del cuore, con “la ragione, sintetica e percettiva”.

Perché la verità, come si è mostrato, non è qualcosa di già compiuto ed immobile che vive fuori dall’uomo in attesa di essere percepita, ma è un Essere, è il Fondamento del Mondo che, in continua metamorfosi, si è effuso entro il Pensiero umano ed è divenuto uno con l’uomo.

La verità, l’Idea, il Logos: Dio, ha rinunciato a reggere il mondo dal di fuori e, fondendosi con l’uomo nel suo pensiero, gli ha affidato il destino del cosmo. In ogni sua scelta ed intuizione morale, sarà l’uomo a decidere le sorti dell’universo. Perciò ogni uomo, metamorfosando se stesso, conferisce nuova forma alla verità oggettiva, al Pensiero del mondo perciò al mondo intero. Ogni uomo è una forma, una coscienza individuale dell’unica verità, dell’unica Idea.

È dunque solo nel Pensiero Creativo dell’uomo che la verità può essere cercata e riconosciuta, ricreandola secondo un moto artistico-scientifico purissimo, quella Potenza creativa-intuitiva o Šakti-Sophia di cui l’uomo può riappropriarsi per atto volitivo di sintesi percettiva.

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Quella Sophia-Potenza creativa fu dilaniata dal Drago, il Suo custode affidatario, proprio affinché l’uomo potesse esserne liberamente privo oppure riappropriarsene, per ricreare direttamente la verità da dentro di sé: secondo un’euristica fondata non più sulla deduzione logica da concetto in concetto, bensì su un “movimento pendolare vivente”, che risalga (induca) dalle cose (percetti) alle idee (concetti) e al contempo discenda (deduca) dalle idee alle cose.

L’euristica goethiana si fonda sull’intuizione creativa, sull’arte di ricreare soggettivamente la verità che sempre si dà all’uomo oggettivamente ma non immediatamente: “Dio si manifesta ovunque ma non a tutti: bisogna indovinarlo”, scrive Goethe. La verità si dà sempre ma nel suo linguaggio unitario: ogni suo contenuto sostanziale è posto al centro di (almeno dodici) frammenti formali (o punti di vista) contrapposti, così che un concetto è vero soltanto se risulta altrettanto vero il suo contrario.

Il linguaggio stesso della verità fa sì che essa sia sempre disvelata e al contempo secretata, all’interno di apparenti paradossi e contraddizioni “incomprensibili” per un pensiero morto, riflesso, affinché solo un pensiero vivo, in grado di muoversi circolarmente tra tutti i frammenti contrapposti dell’Idea, possa sperimentare se stesso ed, in se stesso, la verità, ricreandola per riconoscerla.

Quando leggo un contenuto concettuale dei primi testi noetici del Dottore, non posso “comprenderlo” e verificarlo fissandolo in comode rappresentazioni astratte (come posso fare con gli altri suoi testi), ma devo muovermi circolarmente, partirmi dal centro di quel contenuto di pensiero fino a quelli contrapposti, così che soltanto dinanzi alla loro correlazione dinamica essi mi si disvelino unitari e veri. Solo così io posso “verificare la veridicità” tanto di un concetto spirituale quanto di una teoria scientifica: quella correlazione vivente, cui solo io stesso posso dare vita, è l’unica verità che io posso conoscere e che troverò solo cercandola al centro della contrapposizione che riesco far ruotare in me, al centro della “enantiodromia” di contenuti concettuali che scorrono l’uno nell’altro scontrandosi creativamente nella mia coscienza, fino a metamorfosare se stessi nella Forma “unica ed eterna” del Bello oggettivo, l’Idea che mi si dona.

La teoria goethiana della conoscenza, quella via euristica “più sicura e precisa ma più difficile” espressa nei primi testi del Dottore, non è che la <Via di Damasco>, quel “rinascere dall’alto” (dalla testa) anziché dal basso (dal chakra della radice): è la Via dei Nuovi Tempi, quella che il Cristo indicò a Nicodemo: quella che mi conduce all’incontro diretto, nel mio Pensiero, del “Christo in me”.

 

Nell’immagine di copertina: Odilon Redon, Riflesso


Fabio Antonio Calò è un musicista compositore, progettista e produttore di componenti elettronici atti a registrare e riprodurre la musica secondo i principi ed i fini della Scienza dello Spirito. Manager del settore trasporto aereo e pilota professionista.

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