Il Nastro vaticano, edizione 2025

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Il bullo del momento ha fatto il suo gioco e se n’è andato prima che il funerale fosse finito. Nemmeno il tempo di cantare un requiem.

Il carrozzone

“Morto un papa, se ne fa un altro”, dice un antico proverbio romano. La vita ha un inizio e una fine per tutti, inesorabilmente. E così ai funerali di Jorge Mario Bergoglio, alias Papa Francesco, è sfilato il solito carrozzone di personaggi politici di ogni estrazione.

C’erano tutti: gli anglicani della corona britannica, i presbiteriani del governo americano, i sedicenti cattolici del governo italiano, gli ebrei del Parlamento europeo, i banchieri dell’alta finanza, i golpisti in toga verde dell’Europa orientale, i colletti bianchi del globalismo. Tutti felici, in prima fila, a rendere omaggio al loro fratello. A giudicare dalla sfilata dei partecipanti, Bergoglio doveva essere davvero una brava persona…

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Se questo è il metro di giudizio, il pontificato di Jorge Mario Bergoglio lascia dietro di sé soprattutto rovine, completando in Occidente un processo di erosione della fede e della proposta cristiana che affonda le sue radici nel tempo, accelerato dal Concilio Vaticano II, che ha ridotto la decadente Chiesa di Roma a una palude putrescente. I più ingenui avevano spalancato cuori, porte e finestre; il regno di Francesco ha significato un ulteriore crollo delle vocazioni religiose, della partecipazione ai riti – sempre più svuotati di significato spirituale – e dell’incisività del cristianesimo nella società. È un bilancio drammatico, aggravato dall’ateismo pratico di massa e dall’islamizzazione dell’Europa, fenomeni di fronte ai quali il cattolicesimo sembra essere spettatore, se non complice.

L’orgia mediatica che ha accompagnato la morte di Bergoglio – preparata con largo anticipo – è una sinfonia quasi unanime di lodi, ondate di retorica e applausi scroscianti in un clima mediatico-culturale-politico quasi privo di voci dissenzienti. È chiaro che la sofferenza personale merita rispetto; ma di fronte alla storia e alla missione petrina, i quasi dodici anni di pontificato di Bergoglio appaiono come una dolorosa salita al Calvario. Non sorprende che i più entusiasti tra i suoi elogi siano spesso non credenti, laicisti e anticlericali. L’impatto è stato avvertito più nel mondo civile e politico che in quello religioso. Curioso? No, non proprio, perché lo “stile Bergoglio” ha contribuito a distorcere ulteriormente il cristianesimo occidentale, assestandogli un altro colpo.

Non c’è nulla di strano in questo: È caduto “uno dei loro”, una figura allineata al pensiero dominante. Un curioso paradosso, visto che il mainstream occidentale è radicalmente anticristiano, materialista e ateo. Compiacere i nemici della fede dovrebbe essere motivo di preoccupazione. Sarà certamente ricordato come il Papa che ha offerto protezione, accoglienza e sostegno ai movimenti LGBTQ+, all’aborto, al liberalismo, alle vaccinazioni di massa e al globalismo nelle sue forme più forti ed estreme. Quando muore un papa, se ne fa un altro e la speranza è sempre che il suo successore sia migliore del suo predecessore.

A ciascuno il suo… o forse no

Al di là delle discussioni teologiche e morali, di cui molti hanno già scritto, è interessante notare un evento non trascurabile: durante le lunghe ore dei riti funebri e delle celebrazioni mondiali per Bergoglio, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, recatosi a Roma per i funerali, ha approfittato dell’occasione per incontrare il suo staff e ben 42 cardinali, diversi politici e, soprattutto, Zelensky.

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La scena è stata la seguente: Trump ha chiesto al monsignore che lo accompagnava di organizzare un dialogo con Zelensky, al centro della Basilica di San Pietro, davanti a uno degli altari laterali. Anche Macron è arrivato, puntuale, e ha fatto aggiungere una terza sedia. I tre politici si sono scontrati verbalmente e Trump ha fatto allontanare Macron, togliendogli la sedia. Trump e Zelensky hanno quindi iniziato la loro “confessione” sotto gli occhi della stampa internazionale e nel momento più inopportuno della storia.

Un’immagine iconica, senza dubbio.

Un’immagine che dice molto su come stanno le cose.

L’americano arriva a Roma e si comporta come se fosse a casa sua. Non gli importa molto del Papa, sia perché non ha legami morali con la Chiesa di Roma, sia perché l’Italia è ancora una sua colonia, quindi comanda lui e fa quello che vuole.

Ora, i più attenti potrebbero obiettare e far notare che il Vaticano non è l’Italia, è uno Stato a sé. Tutto vero. Anzi, dovremmo dire che è lo Stato più “separato” di tutti, perché è grazie al Vaticano che la legge sull’ammiragliato prevale ancora in mezzo mondo, è grazie al Vaticano che il potere di Londra è garantito, ed è ancora grazie al Vaticano che gli americani sono rimasti in Italia nel 1945 invece di tornare da dove erano venuti. Ma questo è un argomento per un altro articolo. Quello che è chiaro è che l’America, a quanto pare, ha una notevole libertà di manovra anche tra le mura dei Sacri Palazzi.

Ciò che è emerso chiaramente è che a Trump non interessano i protocolli. La sua spavalderia, da vero uomo d’affari americano, lo spinge al pragmatismo politico. Carpe diem, come avrebbero detto i latini, e dove il latino è ancora la lingua ufficiale, ha colto l’attimo e applicato la regola.

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Il presidente americano ha avuto colloqui con il presidente ucraino, scarabocchiando le geometrie politiche degli ultimi mesi. Macron, in quanto emissario di Londra e garante degli interessi dell’UE, non è stato accolto bene. Un affronto davvero efficace. Ursula Von der Leyen, presente con il marito alla cerimonia, aveva abbracciato Zelensky poco prima, chiacchierando con lui per qualche minuto. L’appassionato di benzoilmetilcgonina della CIA aveva persino dismesso la sua felpa verde militare per l’occasione, indossando una giacca nera senza troppe pretese stilistiche.

Pensiamo alla potenza mediatica di questa immagine. I leader mondiali hanno visto che Trump fa letteralmente quello che vuole, ovunque vada, anche nel temuto Vaticano. Non c’è da sorprendersi se la sua influenza in vista del conclave, considerando gli incontri che ha avuto con i cardinali, sarà molto forte. Questa è una bomba atomica in termini di infowarfare.

Tutto questo a pochi giorni dal suo viaggio a Mosca per la parata del 9 maggio, mentre l’Unione Europea isterica cerca di correre ai ripari dagli aumenti dei prezzi causati dai dazi, che stanno affossando gli impianti Rheinmetall.

No, quello che è successo non è un “esempio di pace”, come qualcuno ha scritto, cercando di dipingere il Vaticano come una sorta di spazio neutrale dove avvengono i miracoli; abbiamo assistito alla violenza politica in perfetto stile yankee, del tipo “spari tu o sparo io”.

Il bullo del momento ha fatto il suo gioco e se n’è andato prima che il funerale fosse finito.

Neanche il tempo di cantare un requiem.

Tradotto dall’inglese da Piero Cammerinesi per LiberoPensare

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