Come Big Tech ha guadagnato miliardi grazie al terrorismo

Bigtech

Un nuovo rapporto ha messo a nudo il rapporto tra la Silicon Valley e lo stato americano e i trilioni di dollari che hanno guadagnato fin dal 9/11.

La guerra al terrorismo è stata una vera e propria frenesia di guadagno fra gli appaltatori della difesa, con il settore che ne ha tratto profitto per migliaia di miliardi. Tuttavia, non è stata l’unica industria ad incassare, come rivela un nuovo rapporto prodotto da tre gruppi di campagne statunitensi,

“nomi familiari della tecnologia come Google, Amazon e Microsoft hanno rispettivamente raccolto miliardi dalla vendita di tecnologia alla macchina da guerra”.

Praticamente, sembra che l’86% dei contratti governativi assegnati ad Amazon e il 77% a Google siano stati collegati alla Guerra al Terrorismo. Questi guadagni hanno svolto un ruolo fondamentale nel trasformare queste organizzazioni da gruppetti iniziali, che operavano letteralmente da scantinati, in colossi globalizzati. Inoltre, lo scopo ora mira verso l’interno, per tutto, dai database ai droni, riproposti per uso domestico.

Delle cinque agenzie federali che hanno speso di più per i servizi delle principali compagnie tecnologiche negli ultimi due decenni, quattro erano già finalizzate, altre sono state istituite successivamente come risultato della Guerra al Terrorismo: i Dipartimenti della Difesa, della Sicurezza Interna, della Giustizia e dello Stato.

Dal 2004, almeno 44,5 miliardi di dollari sono passati da questo quartetto a Big Tech.

Il rapporto ha calcolato che la somma avrebbe potuto fornire cibo e nutrizione anche più di 15 volte all’intera popolazione dell’Afghanistan, garantire 26 volte l’accesso a riparo, l’assistenza sanitaria, cibo e acqua all’intera popolazione dell’Iraq o distribuire nello Yemen oltre 108 miliardi di sterline in cibo.


Invece, ha finanziato iniziative come il programma Maven di Google, che ha utilizzato l’intelligenza artificiale per rendere più letali gli attacchi dei droni. I dati analizzati coprono solo anche le informazioni disponibili al pubblico, quindi le cifre citate sono “molto probabilmente sottostimate”.

Il costante aumento della spesa tecnologica di Washington negli ultimi anni – nel 2019 Amazon e Microsoft hanno ottenuto rispettivamente cinque e otto volte il numero di contratti ricevuti quattro anni prima – corrisponde ad un calo costante del numero di contratti ricevuti dai tradizionali partecipanti come Northrop Grumman e Raytheon. Nello stesso periodo, anche “centinaia” di personaggi si sono alternati nei posti di lavoro ad alto livello presso i giganti della tecnologia e i dipartimenti che pagavano i loro servizi.

Per esempio, Jared Cohen attualmente guida Jigsaw un’unità all’interno di Google “che esplora le minacce alle società aperte”. È entrato a far parte dell’azienda nel 2010 dopo quattro anni al Dipartimento di Stato, dove è stato coinvolto in parecchi tentativi di destabilizzazione all’estero. Ad esempio, durante le proteste del giugno 2009 in Iran, Cohen si è rivolto a Twitter e ha chiesto al social network di non eseguire una manutenzione programmata che avrebbe temporaneamente chiuso la piattaforma, per assicurarsi che i manifestanti potessero continuare a twittare.

Secondo quanto riferito, i funzionari della Casa Bianca erano furiosi, poiché le sue azioni violavano la politica di non intervento dell’amministrazione Obama negli affari di Teheran – sembra che a volte anche Google sia stato scontento di tale condotta insurrezionale. Le e-mail trapelate dalla Società di Intelligence privata Stratfor rivelano che gli amministratori delegati della compagnia hanno tentato di impedire a Cohen di visitare Gaza nel febbraio 2011, poiché sospettavano che vi fosse la “vaga minaccia” di una “missione specifica per il cambio di regime”.

Forse temevano che la copertura fosse saltata. Un’altra email indica che incontrò Wael Ghonim, il dipendente di Google che diede il via alla rivoluzione Egiziana nel 2011, al Cairo pochi giorni dopo l’inizio delle proteste. Uno dei primi progetti di Jigsaw è stato lo sviluppo di controversi strumenti antiterrorismo per le piattaforme dei media, finalizzati a dissuadere i musulmani dall’unirsi a gruppi come Daesh, indirizzando messaggi mirati a individui che usavano termini e parole chiave che Google aveva deciso essere usati da potenziali terroristi.

Non è noto se questi strumenti abbiano la tendenza almeno in parte a sorvegliare, anche se non sarebbe sorprendente. Secondo dati ufficiali, Google ha consegnato informazioni alle autorità statunitensi, nell’82% dei casi nel 2020. Facebook nel frattempo ha assecondato l’89% delle richieste di Washington. La Divisione di intelligence per la difesa, istituita nel 2015, è un vero e proprio covo di spie, che conta numerosi ex agenti della CIA e della NSA nel personale.

Amazon ha riportato l’anno scorso un picco dell’800% nelle richieste statali di informazioni registrate dai suoi dispositivi Echo, Fire e Ring, nonché nelle ricerche tramite il suo sito Web e la sua app. Ha anche assunto almeno 20 veterani di intelligence solo tra il 2017 e il 2020, alcuni dei quali mantengono i loro nulla osta di sicurezza top secret. Steve Pandelides, capo della sicurezza di Amazon Web Services, in precedenza ha prestato servizio presso la NSA, la CIA e l’FBI ai massimi livelli.

Questo potrebbe spiegare perché la comunità dell’intelligence si fidi così tanto dell’azienda. Nel 2013, la CIA ha investito centinaia di milioni in un sistema di Cloud Computing costruito dalla divisione, per migliorare le capacità di condivisione delle informazioni. Ad agosto, la NSA ha assegnato un contratto del valore di 10 miliardi di dollari ad Amazon Web Services, in base al quale tutti i dati provenienti da segnalazioni dell’intelligence e di sorveglianza estera saranno raccolti in un unico archivio facilmente consultabile. L’accorgimento è stato contestato da Microsoft, che aveva partecipato alla gara.

Joseph D. Rozek che secondo il rapporto ha svolto un ruolo fondamentale nella creazione del Dipartimento per la sicurezza interna, è ora direttore esecutivo di Microsoft per la sicurezza interna e per l’antiterrorismo, dove è presumibilmente responsabile dello “sviluppo e dell’attuazione di un piano aziendale strategico nell’area della sicurezza interna, dell’antiterrorismo e della condivisione delle informazioni”.

La società si è trovata nei guai nel 2013, quando i documenti rivelati da Edward Snowden hanno rivelato che le sue politiche di “condivisione delle informazioni” si estendevano alla collaborazione con i Servizi di intelligence per permettere l’intercettazione delle comunicazioni di utenti con la Microsoft che aiutava attivamente la NSA a eludere la propria crittografia. In un file, la NSA si vantava del fatto che dopo l’acquisizione di Skype da parte del colosso tecnologico nel 2011, aveva raccolto tre volte la quantità di videochiamate effettuate tramite tale piattaforma rispetto a prima.

Per quanto scioccanti possano essere i dettagli del rapporto, in realtà non c’è nulla di nuovo.

Internet stesso è nato da ARPANET, una rete di computer finanziata dall’Agenzia per i progetti di Ricerca Avanzata del Pentagono. Questo ovviamente ha enormi implicazioni per il suo attuale utilizzo. Nelle parole del giornalista Yasha Levine, il web

“è stato sviluppato come un’arma e rimane un’arma”

con gli interessi e gli obiettivi di sicurezza nazionale di Washington che dominano quasi ogni ramo della rete. Allo stesso modo, le origini di Google risalgono a un programma di intelligence degli Stati Uniti negli anni ’90, in base al quale gli accademici furono finanziati per creare un sistema in cui enormi quantità di dati dei privati cittadini potevano essere monitorati, raccolti e archiviati e singoli utenti identificati e tracciati.

Nello sviluppo del motore di ricerca, il cofondatore dell’azienda Sergey Brin si è incontrato regolarmente con i rappresentanti di ricerca e sviluppo degli appaltatori della difesa e della CIA – e c’è chi da allora si è sempre ricordato come egli si sarebbe “affrettato sui pattini a rotelle per fare la presentazione e  schizzar via”.

Non dimentichiamoci mai che è quasi sempre la CIA quella che stabilisce la tendenza nella Silicon Valley: per ogni singolo dollaro investito in una società tecnologica emergente dalla sua parte di capitale a rischio di In-Q-Tel, il settore privato investe 18$.

Potrebbe essere necessario tenerlo a mente la prossima volta che si leggerà sui media mainstream dell’ultimo guru delle compagnie hi-tech destinato a prendere d’assalto il mondo. Potrebbe naturalmente trattarsi di un anticonformista o un appassionato di nuove tecnologie, ma il prodotto avrà quasi inevitabilmente applicazioni militari e/o di intelligence codificate già in partenza.

Kit Klarenberg

Tradotto dall’inglese da Silvia Bertuglia per LiberoPensare

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