Dirigenti lasciano l’FDA contro l’approvazione della terza dose vaccinale

Fda2

La FDA, l’organo statunitense che regola i prodotti farmaceutici, si era vista recapitare il mese scorso le dimissioni di due dei suoi legislatori, la dottoressa Marion Gruber e il dottor Philip Krause. Da subito un articolo del New York Times aveva ipotizzato che alla base della decisione ci fosse la contrarietà all’approvazione della dose di richiamo del vaccino anti-Covid, giudicata senza basi scientifiche. Una ipotesi che oggi diventa certezza, dato che il duo ha partecipato alla scrittura di un articolo, firmato anche da altri 16 ricercatori internazionali e pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet, che spiega come il rapporto rischi-benefici relativo al richiamo vaccinale per il Covid sia troppo ambiguo per giustificarne la somministrazione nella popolazione generale.

In tal senso, bisogna ricordare la posizione da parte dell’amministrazione del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, riguardo l’iniezione dei cosiddetti “booster”: in pratica, la volontà è quella di far sì che questi ultimi siano messi a disposizione degli americani a partire dal 20 settembre. Si tratta di un obiettivo fissato però prima che gli scienziati federali potessero esaminare i dati ed esprimersi in merito, motivo per cui, nonostante i funzionari abbiano ribadito che la somministrazione non sarebbe comunque iniziata senza l’autorizzazione delle agenzie sanitarie statunitensi, l’ipotesi che i due legislatori si siano dimessi a causa dei condizionamenti, o come affermato dal New York Times delle “pressioni” nei loro confronti, non sembra priva di fondamento.


Seppur i due dirigenti non abbiano partecipato alla stesura dell’articolo con l’intento ufficiale di motivare le loro dimissioni, il fatto che esso sia stato pubblicato a distanza di poche settimane dal “terremoto” generato all’interno della FDA e che sia incentrato sulle criticità relative ad una eventuale terza dose vaccinale, induce a pensare che quanto sostenuto dal New York Times possa corrispondere al vero. Al suo interno, infatti, si legge che i booster potrebbero essere utili esclusivamente per gli individui che con la vaccinazione primaria potrebbero non essere stati protetti adeguatamente, ad esempio gli immunocompromessi. Tuttavia, «le persone che non hanno risposto correttamente alla vaccinazione primaria potrebbero farlo anche in seguito ad un richiamo» e inoltre al momento «non è noto se tali individui immunocompromessi riceverebbero maggiori benefici da una dose aggiuntiva dello stesso vaccino o di un vaccino diverso».

Venendo poi alla popolazione generale, i ricercatori sottolineano come nessuno dei dati sui vaccini anti Covid per ora fornisca prove credibili a sostegno di una terza dose per essa. A tal proposito, riguardo la sua necessità, questi ultimi ricordano che vi sono «studi osservazionali che hanno tentato di valutare gli effetti del vaccino su particolari varianti o la durata della sua efficacia» ma che una parte degli stessi non è stata sottoposta a revisione paritaria ed è perciò «probabile che alcuni dettagli siano errati in modo importante». Ad ogni modo, però, mettendo insieme le diverse ricerche sull’efficacia del vaccino, esso «sembra essere sostanzialmente protettivo nei confronti delle malattie gravi provocate da tutte le principali varianti virali».

 

I ricercatori, poi, precisano che

«i benefici della vaccinazione primaria contro il COVID-19 superano chiaramente i rischi»

tuttavia ciò non toglie che

«potrebbero esserci dei rischi con i richiami, nello specifico se essi dovessero essere introdotti troppo presto o troppo frequentemente». Ciò in quanto si parla comunque di «vaccini che possono avere effetti collaterali come la miocardite o la sindrome di Guillain-Barre».

Dunque per tutti questi motivi – e qui sembra esservi un riferimento alla posizione dell’amministrazione Biden

«il messaggio che il potenziamento potrebbe presto essere necessario, se non giustificato da dati e analisi robusti, potrebbe influire negativamente sulla fiducia nei confronti dei vaccini».

Inoltre, concludono gli scienziati, la scelta di dare il via libera ad una terza dose è sicuramente una di quelle

«decisioni ad alto rischio che dovrebbero essere basate su dati sottoposti a revisione paritaria e disponibili al pubblico, nonché su solide discussioni scientifiche internazionali».

E tornando ad essa, infine, va ricordato che nonostante tutto ciò una commissione di consulenti della FDA si riunirà nella giornata di venerdì per esaminare i dati a disposizione relativi alla terza dose del vaccino Pfizer in tutti gli individui di età pari o superiore a 16 anni.

Nel caso in cui, però, il booster dovesse ricevere il via libera, non potranno che sorgere dubbi essendo, come affermato nell’articolo pubblicato su The Lancet, svariate le ragioni per cui sarebbe preferibile non prendere decisioni affrettate in merito.

Raffaele De Luca

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