Cosa c’è di sbagliato nelle teorie complottiste?

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Il pubblico è stato sommerso da un flusso infinito di attacchi alle cosiddette teorie complottiste, che, ci viene detto, sarebbero molto dannose per gli esseri umani e altri esseri viventi.  Ma il motivo preciso non viene quasi mai spiegato.  E se si considera che i nostri partiti politici e i media mainstream si abbandonano spesso e volentieri a teorie del complotto – come l’affermazione secondo cui la Russia avrebbe interferito con le elezioni del 2016 (altrimenti Donald Trump non avrebbe mai potuto essere eletto) o, all’opposto, che le macchine Dominion per il voto sono state usate per rubare le elezioni del 2020 (altrimenti Trump non avrebbe potuto essere sconfitto) – si nota che queste teorie del complotto sono, nel primo caso, promosse dai media (nonostante praticamente nessuna prova) e, nel secondo, negate recisamente (nonostante le solide prove a supporto).

Entrambe sono teorie del complotto, ma una sembra essere vera e l’altra sembra essere falsa.

Poiché almeno alcune teorie del complotto sembrano essere vere, dobbiamo essere in grado di distinguerle.
Anche i professori universitari hanno mostrato una decisa avversione per le teorie del complotto, sposando la concezione stereotipata che la caratteristica chiave delle teorie del complotto è che sono senza possibilità di confutazione.
Il “suggerimento” di una Università, ad esempio, precisa che

“Il problema principale con una particolare teoria del complotto non è che sia sbagliata, ma che sia indiscutibile; non è che sia falsa, ma che sia non confutabile.  Poiché non è confutabile, una teoria del complotto non è dimostrabile né smentibile”.

Se ciò fosse vero, remerebbe sicuramente contro, rendendole simili ad affermazioni teoriche sull’esistenza di Dio (un caso classico) o sull’esistenza di una “Forza” universale alla Star Wars (più contemporanea).

Ma è proprio vero?

Torri gemelle, 11 settembre 2001

Uno studio pubblicato su Frontiers of Psychology , Che ci dite dell’Edificio 7?’ , uno studio psico-sociale sulla discussione online delle teorie del complotto sull’11 settembre” (8 luglio 2013), ad esempio, suggerisce che coloro che sono spesso definiti “teorici della cospirazione” sono più scettici rispetto a ciò che viene loro detto dal governo (“resoconti ufficiali”), che sono innamorati di alternative specifiche e sono più aperti nell’interpretazione delle prove.  Sono meno inclini a dar credito ai funzionari come autorità e più inclini a esaminare le prove, il che suggerisce persino che lo studio di teorie alternative di eventi come l’11 settembre potrebbe essere un metodo efficace per insegnare il pensiero critico.

Dal momento che le cospirazioni richiedono solo due o più persone che agiscono di concerto per determinare un fine illegale (e risulta essere il reato penale più perseguito in America), perché mai le teorie del complotto dovrebbero essere del tutto bandite dal discorso pubblico?  Conosciamo i criteri da utilizzare nella valutazione delle teorie scientifiche, perché non dovrebbero essere valutate secondo gli stessi standard (o criteri di adeguatezza), che classicamente includono?

(CA-1) la chiarezza e la precisione della lingua in cui sono espresse;

(CA-2) il loro ambito di applicazione ai fini della spiegazione e della previsione;

(CA-3) i rispettivi gradi di supporto empirico sull’evidenza disponibile ; o,

(CA-4) l’economia, l’eleganza o la semplicità con cui soddisfano (CA-1) – (CA-3)

Poiché le teorie del complotto sono teorie, perché non dovrebbero essere valutate con gli stessi criteri, dove la verificabilità di una teoria dipende in primis dalla specificità del suo linguaggio?

Quando Ilhan Omar (D-MN) ha fatto l’osservazione, “Alcune persone hanno fatto qualcosa” (in relazione all’11 settembre), per esempio, la sua osservazione si qualifica come vera, ma banale.  Non può soddisfare (CA-1) o (CA-2), e ancor meno (CA-3) o (CA-4).  Quando la The 9/11 Commission [Commissione 11 settembre], al contrario, conclude che 19 terroristi islamici hanno sequestrato quattro voli commerciali e hanno attaccato il World Trade Center e il Pentagono, sotto il controllo di un tale in una grotta in Afghanistan, tuttavia, il contenuto e quindi la verificabilità di ciò che è stato affermato aumenta in modo sostanziale.
Il governo, tuttavia, non è stato disposto a rivedere la sua “narrativa ufficiale”, anche se una mezza dozzina o più dei 19 “dirottatori suicidi” si sono presentati vivi e in buona salute il giorno seguente e hanno preso contatto con i media nel Regno Unito, come David Ray Griffin osserva, facendone il suo primo argomento nel suo studio magistrale, The 9/11 Commission Report: Omissions and Distortions [Rapporto della Commissione 11 Settembre: Errori ed Omissioni ](2004).
Anche se sappiamo che la teoria avanzata dalla Commissione non può pertanto essere vera, il governo è rimasto impassibile.

Consideriamo l’Edificio 7 (WTC-7), ad esempio, un edificio di 47 piani nel complesso del World Trade Center, che non è stato colpito da nessun aereo ma è caduto in quella che è stata definito una classica “demolizione controllata” – questo evoca lo spettro di una “teoria del complotto”, visto che il suo crollo ha le caratteristiche di essere stata una demolizione controllata – crollo brusco, completo, simmetrico, nel proprio perimetro, che ha lasciato un cumulo di detriti pari a circa il 12% dell’altezza dell’originale e dove persino il proprietario del WTC, Larry Silverstein, ha confermato alla PBS che il WTC-7 era stato “tirato giù”. Niente di tutto ciò viola nessun requisito (CA-1) – (CA-4).

Ci sono molti video e studi di esperti sul crollo del WTC-7 disponibili on-line, il che significa che la sequenza di eventi registrata può essere rivista ancora e ancora.  Non lascia dubbi sul fatto che, contrariamente al rapporto finale del NIST sul WTC-7 (2008) – che attribuisce il suo crollo ai modesti incendi nell’edificio e alla perdita di una delle principali colonne di sostegno – si è trattato di una demolizione controllata che si adatta allo schema di demolizioni controllate in tutto il mondo.  In effetti, l’11 settembre, nel momento in cui è avvenuto, Dan Rather lo ha riportato (in modo perfettamente accurato) come reminiscenza di immagini che abbiamo visto

“in cui un edificio è stato deliberatamente distrutto dalla dinamite ben posizionata per abbatterlo”.

Ma se il WTC-7, che non è stato colpito da nessun aereo, è stato abbattuto da una demolizione controllata, allora che dire del WTC-1 e del WTC-2, le Torri Gemelle Nord e Sud?
Secondo The 9/11 Commission Report (2004), che è il resoconto ufficiale del governo sull’11 settembre, il World Trade Center è stato distrutto come parte di un complotto elaborato da 19 terroristi islamici che hanno sequestrato 4 aerei commerciali, che sono stati usati per attaccare il Pentagono e il World Trade Center.  Ma, poiché una cospirazione richiede solo due o più partecipanti che collaborano nel tentativo di commettere un crimine, il “resoconto ufficiale” dell’11 settembre stesso, si qualifica ovviamente come una “teoria del complotto”.  Una volta che esaminiamo le prove, scopriamo che ci troviamo di fronte a teorie alternative che differiscono nei meccanismi causali che ipotizzano, ma dove entrambe le alternative si qualificano come “teorie del complotto”.

Confronto tra teorie complottiste

Una volta che riconosciamo l’ovvio – che il “resoconto ufficiale” dell’11 settembre è una teoria complottista, non siamo più in grado di evitare di occuparci di teorie del complotto, a meno che non evitiamo del tutto l’11 settembre.  Questo, in effetti, sembra essere l’atteggiamento della maggior parte dei filosofi di mia conoscenza, che non hanno interesse a valutare alternative o a valutare l’adeguatezza del rapporto del The 9/11 Commission Report (2004) stesso.
Questa sbalorditiva mancanza di curiosità intellettuale potrebbe essere radicata nel desiderio di non “cadere nella tana del coniglio”, poiché ci sono rivelazioni su rivelazioni sconcertanti, una volta che si affronta la sfida e si inizia a esaminare ciò che ci è stato detto.  Una curiosità affascinante, ad esempio, è che Philip Zelikow, il Direttore Esecutivo del The 9/11 Commission Report, aveva come sua area di specializzazione accademica, prima di entrare al governo, la creazione e il mantenimento di “miti pubblici”.

Shankesville, Pennsylvania

Un altro motivo per cui lo studio dell’11 settembre risulta essere filosoficamente interessante è che gran parte del racconto ufficiale comporta violazioni delle leggi della fisica, dell’ingegneria e dell’aerodinamica.  A Shankesville, Pennsylvania, ad esempio, dove si presume che il volo 93 sia precipitato, c’è un buco di circa 3 metri per 6 metri, ma nessun segno di incidente avvenuto a causa di un Boeing 757 che pesa oltre 100 tonnellate con un’apertura alare di quasi 40 metri e una coda che si trova a 15 metri dal terreno.  Come hanno osservato entrambi i giornalisti giunti per primi sulla scena, l’aspetto inquietante del luogo dello schianto era che, a differenza di altri siti dello schianto, non c’erano segni che un aereo si fosse schiantato lì , il che invita a cercare una migliore spiegazione.
Quale ipotesi è meglio supportata? Che un Boeing 757 si sia davvero schiantato lì oppure no?

Pentagono, 11 settembre 2001

La situazione al Pentagono è ancora più intrigante, dal momento che non solo non c’è un enorme mucchio di detriti di alluminio – nessun corpo, nessun bagaglio, nessuna ala, nessuna coda, nemmeno i motori (che sono praticamente indistruttibili) sono stati recuperati – ma la traiettoria ufficiale (di un Boeing 757 che viaggia a oltre 650 km all’ora, sfiorando il suolo ed eliminando una serie di lampioni) risulta aerodinamicamente impossibile.  A causa del fenomeno noto come “downdraft” (turbolenza, corrente discendente o “effetto suolo”), un tale aereo a quella velocità non avrebbe potuto avvicinarsi a 20 o 25 metri dal suolo, cioè poco più in alto di quanto sia alto il Pentagono che è alto 21,5 mt.

Poiché le violazioni delle leggi della natura sono fisicamente impossibili, qualcosa deve essere sbagliato.  Come potrebbe essere vero il racconto ufficiale?

Vari resoconti del ragionamento scientifico pongono una serie di fasi di indagine, a cominciare da quella di Perplessità (dove qualcosa non rientra nella nostra conoscenza di base e invita all’attenzione), Approfondimemto(durante la quale vengono articolate possibili spiegazioni alternative da prendere in considerazione), Adattamento (dove viene valutata la forza della relazione tra quelle ipotesi e l’evidenza disponibile) e Spiegazione (dove, quando l’evidenza si è “stabilizzata”, la migliore delle alternative può essere accettata, nel modo provvisorio e fallibile della scienza).

Dovrebbe essere già evidente che il “resoconto ufficiale” non può essere riconciliato con le prove disponibili, dove pensatori seri, suppongo, possono cavarsela solo ignorando completamente l’11 settembre.

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E qui abbiamo la chiave per spiegare perché alcuni importanti “teorici della cospirazione” sono obiettivi relativamente facili di attacchi pubblici.  Alex Jones, l’emblema della categoria, spesso fa un lavoro eccellente per attirare l’attenzione su casi sconcertanti in cui ciò che stiamo imparando non si adatta alla nostra conoscenza e comprensione di base.  Ed è altrettanto bravo a speculare su possibili spiegazioni alternative. Ma non ha l’attitudine o la capacità di approfondire l’indagine proprio dove la selezione della differenza tra prove autentiche e fabbricate può svolgere un ruolo cruciale.
Al Pentagono, ad esempio, un pezzo chiave della fusoliera di un Boeing 757 (che i media hanno spesso citato) non proveniva dal Volo 77 ma da un precedente incidente occorso vicino a Cali, in Colombia, nel 1995, il cui il recupero è stato effettuato da una ditta israeliana, beh, quella fusoliera si è poi trovata sul prato quel giorno come “prova” che un aereo si era schiantato al Pentagono.

Le teorie del complotto di JFK sono senza possibilità di confutazione?

Affinché non si pensi che l’11 settembre possa essere l’eccezione, consideriamone un secondo, un altro caso familiare, quello dell’assassinio del 35 ° presidente degli Stati Uniti, John F. Kennedy.  Se si scopre che le teorie del complotto anche qui sono senza possibilità di confutazione, allora forse l’ammonimento di non prenderle sul serio ha in effetti qualche fondamento.
Ma anche questo non sembra essere vero.
Nelle indagini penali, i detective della omicidi applicano molteplici criteri di motivazione, mezzi e opportunità per identificare e restringere l’elenco dei sospetti.  Tra le teorie più familiari sull’assassinio di JFK, ad esempio, ci sono ipotesi alternative che postulano (1) che sia stato fatto da Fidel Castro, (2) che sia stato fatto dalla mafia, (3) che sia stato fatto dal KGB ; e (4), ahimè, che sia stato fatto dalla CIA.
Queste teorie sono verificabili?  Sono senza possibilità di confutazione?

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Nel “resoconto ufficiale”, Lee Oswald ha sparato tre “colpi fortunati” e ha ucciso JFK e ferito John Connally, il governatore del Texas.  Supponiamo che il presunto assassino fosse stato un esperto;  il Mannlicher-Carcano, che si dice abbia usato, era una scelta appropriata allo scopo; le foto del cortile che mostravano Oswald in possesso di un fucile con indosso una cintura e una fondina con il revolver con cui si dice abbia sparato all’agente JD Tippit (e con in mano due giornali comunisti) erano autentiche – e la teoria dell’“assassino solitario” potrebbe avere valore.  In un unico pacchetto, la versione pubblicata sulla copertina di Life, trasmette sottilmente che questo ragazzo aveva il movente (come comunista), i mezzi (fucile e pistola) e (presumibilmente) l’opportunità (lavorando nel Texas School Book Depository – e incontrando l’agente Tippit, mentre scappava).

Ma cosa succede se si scopre che Oswald era un tiratore mediocre?
Che l’arma che si presume abbia usato fosse una carabina della seconda guerra mondiale conosciuta come “il fucile umanitario” per non aver mai arrecato danni a nessuno; che c’erano quattro versioni delle fotografie del cortile, in cui il suo viso e la sua espressione rimangono esattamente sempre gli stessi in pose diverse prese in momenti diversi; che il mento di Oswald nelle foto è un mento squadrato e non il suo mento affusolato; che c’è una linea di inserimento tra il mento e il labbro inferiore; che le dita della sua mano destra sono state tagliate e che i bossoli trovati sul luogo della sparatoria a Tippit, dal primo ufficiale a comparire sulla scena, erano stati espulsi da (una o più) armi automatiche, non da un revolver, come lui possedeva?

Anche se la maggior parte dei filosofi potrebbe non saperlo, Oswald era un tiratore mediocre; l’arma era una scelta ridicola per un assassinio; i bossoli trovati sulla scena dal primo ufficiale ad arrivare erano stati espulsi da (una o più) pistole automatiche; e le foto del cortile sono una evidente messe in scena, dove gli esperti sembrano persino aver identificato la controfigura di Oswald, che era Roscoe White, un ufficiale di polizia di Dallas con legami con la CIA.  Uno studente, Jack White, ha utilizzato i giornali nella foto, le cui dimensioni sono note, come misura proporzionale dell’altezza dell’uomo nelle foto, che, a quanto pare, risulta alto 1 metro e 70, laddove Oswald è alto 1 metro e 55 o, il che è più probabile, le immagini dell’uomo sono state inserite un po’ troppo grandi quando le foto sono state create.

La letteratura sull’assassinio di JFK

Da un punto di vista filosofico, se i fatti contano più delle narrazioni, sembra essere empiricamente verificabile che Oswald sia stato deliberatamente incastrato come il “pistolero solitario”.
In effetti, recenti ricerche hanno confermato l’opinione di Harold Weisberg e di Jim Garrison che la persona sulla soglia del Texas School Book Depository non fosse il suo collega Billy Lovelady, come proclama il governo, ma lo stesso Lee Oswald, proprio come aveva spiegato a Will Fritz, il detective della omicidi che lo aveva interrogato, quando gli era stato chiesto dove fosse durante la sparatoria, e cioè: “fuori con Bill Shelley, dove Bill Shelley era uno dei suoi supervisori nel deposito dei libri.  E ciò è stato confermato non solo dagli studi di altezza, peso, corporatura e abbigliamento delle due alternative, ma dalla recente sovrapposizione delle loro immagini nella famosa fotografia “Altgens6”.

Non è necessario avere familiarità con la vasta letteratura cospirativa di autori tra cui (per citarne solo alcuni dei più famosi) Mark Lane, Rush to Judgment (1966); Josiah ThompsonSix Seconds in Dallas (1967), David S. LiftonBest Evidence (1980), Jim MarrsCrossfire (1989), Robert J. GrodenThe Killing of a President (1994) e The Search for Lee Harvey Oswald (1995), Noel TwymanBloody Treason (1997), e Douglas HorneInside the Assassination Records Review Board (5 volumi, 2009), sul fronte della cospirazione, e altri, come Vince Bugliosi, Reclaiming History (2007), che si dilunga per circa 1500 pagine in difesa del The Warren Commission Report (1964), che si dice fosse supportato da 26 volumi di prove, fino a quando non si dà un’occhiata più da vicino, come Sylvia MeagerAccessories after the Fact (1992), che lo ha fatto, dimostrando che il contenuto di quei 26 volumi contraddice il sommario di 888 pagine..

Si scopre allora che la cospirazione (più di rapine, frodi, omicidi e così via) è il crimine più perseguito negli Stati Uniti.  

Le cospirazioni richiedono solo che due o più individui agiscano di concerto per commettere un crimine.

Una volta che sai che JFK è stato colpito almeno quattro volte, una alla schiena, da dietro; una volta in gola da davanti; e almeno due volte nella testa (da dietro e da destra / davanti), dopo che l’autista, William Greer, aveva fermato la limousine per assicurarsi che fosse ucciso – il caso della cospirazione è fuori dubbio.
Vedere, ad esempio, gli studi sulle prove mediche di David W. Mantik, MD, Ph.D., che è qualificato ed esperto in radioterapia oncologica e che ha scoperto che i raggi X dell’autopsia sono stati alterati per fare sparire un colpo delle dimensioni di un pugno alla parte posteriore della testa, che era stato ampiamente segnalato dai medici del Parkland Hospital, dove il corpo fu subito portato, e dal maggior esperto medico del mondo del caso JFK.

Vedere David W. Mantik,  John F. Kennedy’s Head Wounds: A Final Synthesis—and a New Analysis of the Harper Fragment  (2015). La maggior parte dei filosofi non è nemmeno a conoscenza del fatto che, il giorno dell’assassinio, due ferite furono ripetutamente riportate sulle reti nazionali: uno sparo alla gola, che Malcolm Perry, MD, ha spiegato alla stampa durante una conferenza dopo l’annuncio della morte, era una ferita di ingresso (dove il proiettile stava andando verso di lui), e un colpo alla tempia destra, che gli fa saltare in aria la nuca, in un rapporto attribuito all’ammiraglio George G. Burkley, medico personale del presidente, e riportato da Malcolm Kilduff, segretario stampa ad interim, che ha detto che si trattava di una semplice questione di un proiettile in testa mentre indicava la tempia destra e annunciava la morte.  In effetti, Frank McGee, che era un appassionato analista, quel giorno su NBC, quando i rapporti che indicavano che il tiratore era stato sopra e dietro hanno cominciato ad emergere, ha astutamente osservato:

“Questo è incongruo. Come può aver sparato all’uomo sia di fronte che da dietro? “



Implicazioni per la politica pubblica

Questo, ovviamente, era l’enigma che la Commissione Warren doveva risolvere: come sostenere la versione di un assassino solitario, quando c’erano prove di pubblico dominio che JFK era stato colpito da diverse direzioni in un breve lasso di tempo?  Fu una sfida gigantesca, e non si può dire che ebbero del tutto successo, dal momento che larghe fasce di pubblico ancora oggi dubitano che Lee Oswald abbia agito da solo.
Molti, ed io tra loro, credono che la sfiducia nel governo americano risalga all’inganno perpetrato al pubblico americano sull’assassinio di JFK, dove tanti stavano ascoltando le loro radio e incollati alla loro televisione e hanno appreso con le proprie orecchie e i propri occhi che gli avevano sparato alla gola e alla tempia destra. Frank McGee aveva ragione: come ha fatto a sparare all’uomo sia di fronte che da dietro?
Eppure il governo insiste ancora oggi sul “pistolero solitario”.

Negli ultimi due decenni, studi scientifici sull’assassinio sono stati intrapresi da esperti in diversi campi, tra cui un’autorità mondiale sul cervello umano (che era anche un esperto di balistica delle ferite), diversi dottorandi (uno dei quali è anche un medico) e un medico che era presente nella Trauma Room # 1 quando il corpo moribondo di JFK è stato portato al Parkland Hospital e che, due giorni dopo, è stato responsabile delle cure e del trattamento del suo presunto assassino.  Assassination Science (1998), Murder in Dealey Plaza (2000) e The Great Zapruder Film Hoax (2003), per esempio, sono stati descritti da Vincent Bugliosi, Reclaiming History  (2007), come gli unici volumi “esclusivamente scientifici” mai pubblicati sull’assassinio, dove Douglas Horne,  Inside the Assassination Records Review Board (2005), estende quella tradizione con altri cinque.

La scoperta di più di 15 indicazioni di complicità dei servizi segreti nell’incarcerarlo per l’omicidio;  che il corpo è stato alterato e le radiografie dell’autopsia sono state cambiate e che i filmati amatoriali dell’assassinio sono stati modificati in modo massiccio per nascondere le vere cause della morte, forniscono prove che invalidano (1) che ciò sia stato fatto da Fidel Castro, (2) dalla mafia e (3) dal KGB.  Nessuno di loro avrebbe potuto esercitare il controllo sui servizi segreti, sull’autopsia di Bethesda o sui filmati, compreso il film di Zapruder, che era sotto la custodia dei servizi segreti.
Il che significa che non solo le teorie del complotto di JFK sono dimostrabili empiricamente, ma molte di esse sono già state falsificate. 
Mentre la numero (4, inside job) rimane valida in tutte le sue manifestazioni, compresa l’indispensabile collusione di LBJ e FBI.

Ciò che conta qui, tuttavia, non è la specificità di “chi diavolo sia stato”, ma che la situazione riguardo alle teorie del complotto non è affatto come la credenza popolare vorrebbe.
Non solo non sono confutabili, ma l’applicazione del ragionamento scientifico ha prodotto risultati significativi, che hanno portato all’identificazione dei probabili criminali. 
La filosofia, insegnando la logica, il pensiero critico e il ragionamento scientifico, ha molto da contribuire al bene pubblico.  Non c’è niente di sbagliato nelle “teorie complottiste” che giustifichi il loro abbandono da parte dei filosofi. 
Al contrario, poiché la maggior parte degli studenti ha un vivo interesse a conoscere la verità su JFK, l’11 settembre e una miriade di altri eventi politicamente significativi ma controversi, ci sarebbe una dovizie di materiali con cui lavorare se i docenti ed i filosofi in particolare, scendessero dalle loro torri d’avorio e si mettessero alla prova con gli eventi del mondo reale.

Un esempio lampante della differenza che questo fa per quanto riguarda gli affari pubblici può essere trovato negli attacchi a Marjorie Taylor Greene (R-GA), che i Democratici (come partito di maggioranza) hanno rimosso dai suoi incarichi in Commissione perché sollevava troppe questioni che loro non volevano affrontare (su Sandy Hook, Parkland, Las Vegas, incendi in California e altro).  Dopo aver fatto ricerche su tutti questi fatti, ho composto una valutazione, in cui risulta che, su ciascuna delle questioni su cui veniva attaccata, Marjorie Taylor Greene era chiaramente nel giusto o supportata dal l’evidenza delle prove.  La maggior parte delle sue affermazioni, ovviamente, si qualificarono (nella mente dei suoi critici) come teorie del complotto; ma se si fossero soffermati a considerare le prove riguardo a ciascun fatto, sarebbero rimasti alquanto sorpresi, purché avessero una mente aperta.

E qui sta il problema. 
Come mi ha detto James Files, che potrebbe essere stato o meno dietro la staccionata sulla collinetta erbosa: “Quando il governo ordisce un complotto, gli resta fedele!”, il che ovviamente conferma l’impossibilità del governo nel cambiare la sua posizione (sui 19 dirottatori islamici dell’11 settembre o Lee Oswald come il solitario, demenziale bandito il 22 novembre 1963).  Il che significa, a sua volta, che il governo non opera sulla base di principi di scienza o di razionalità, per cui la scoperta di nuove prove o ipotesi alternative può richiedere che rifiutiamo ipotesi precedentemente accettate, accettiamo ipotesi precedentemente rifiutate e ne lasciamo altre in sospeso.  Il governo opera come una fonte autoritaria di conoscenza (politicamente infallibile), e ammettere gli errori indebolirebbe la sua presa sul corpo politico che governa.

Riflettere sul trattamento di Marjorie Taylor Greene (R-GA), mi ha colpito come un fulmine a ciel sereno.
I complottisti stanno indagando sui crimini: non c’è da stupirsi che vogliano zittirci!  Il governo è stato coinvolto nell’assassinio di JFK; il governo è stato coinvolto nell’11 settembre; il governo era coinvolto anche in Sandy Hook, Parkland e Las Vegas!

Pensiamo alla genialità di tutto questo: i criminali stessi sono nella posizione di dettare al pubblico chi è credibile e chi no, quando si tratta di indagare su crimini di cui lo stesso governo è complice! 

Da tutto questo risulta che la risposta alla domanda che ci poniamo, “cosa c’è di sbagliato nelle teorie del complotto?”  non potrebbe essere più ovvia se si va a fondo nei fatti.
Dovremmo essere tutti teorici della cospirazione!
Il Paese può solo trarre vantaggio dalla separazione delle vere teorie del complotto da quelle false.

James H. Fetzer


James H. Fetzer, Ph.D., ex ufficiale del Corpo dei Marines e professore emerito McKnight nel campus di Duluth dell’Università del Minnesota, ha pubblicato più di 24 libri accademici e più di 12 di ricerca sulla cospirazione.

Fonte

Tradotto dall’inglese da Diana Ambanelli per LiberoPensare

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