Emergenza Corona, l’abuso della scienza

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Scienza e illuminismo

A metà marzo in tutte le democrazie occidentali con l’eccezione della Svezia è stato dichiarato lo stato di emergenza con una massiccia limitazione della libertà di movimento e quindi dei diritti fondamentali. Da quando viviamo in stati di diritto, questo è successo solo in caso di conflitti bellici, quando la sospensione dei diritti fondamentali è giustificata dalla necessità di difesa del paese.
Oggi invece abbiamo una motivazione della sospensione dei diritti fondamentali basata su conoscenze scientifiche su un pericolo infettivo per la salute pubblica da parte del Sars-CoV-2. Ovviamente una cosa molto diversa dal respingimento di un attacco militare.
È necessario quindi riflettere su queste conoscenze e anche sul ruolo della scienza nel giustificare misure coercitive per la popolazione.
La scienza è utile all’illuminismo. Ma può anche capitare, che l’illuminismo sia necessario per vedere meglio aspettative derivate dalla conoscenza scientifica e la loro applicazione in politica.
Dal diciottesimo secolo l’illuminismo ha due facce. Un aspetto è la liberazione dell’uomo, espresso per esempio nella definizione dell’illuminismo da parte di Immanuel Kant come “l’uscita dell’uomo dalla sua immaturità mentale autoinflitta”.
L’altro aspetto è rappresentato da uno scientismo che ritiene il suo sapere scientifico illimitato:
Esso comprenderebbe anche l’uomo in tutti gli aspetti della sua esistenza.
Kant intende che le persone usino la loro libertà per prendere le proprie, ponderate decisioni, lo scientismo intende il sapere della scienza della natura capace di determinare adeguate decisioni sia a livello individuale, per la persona, sia per la società. È questa la hybris della scienza, l’arroganza, di possedere le conoscenze sufficienti per indicare come strutturare la società- conoscenze che giustificherebbero di passare sopra la libertà del singolo per raggiungere un presunto bene comune o per evitare una sventura.
È ciò che viviamo – riviviamo – nella emergenza Corona.

Il dilemma del potere dello stato

La motivazione illuministica del potere dello stato contiene una contraddizione:
Da un lato il potere statale è necessario per proteggere la libertà del singolo e delle sue comunità come per esempio la famiglia; l’alternativa sarebbe l’anarchia e quindi il dominio del più forte. Ma il potere statale non è immaginabile essere limitabile da parte degli individui che gli conferiscono la sua legittimità; ciò significherebbe porre il giudizio del singolo al di sopra di quello del potere statale; così si minerebbe la funzione di garante dello stato contro l’arbitrarietà del singolo. Troviamo quindi anche in una moderna definizione del potere dello stato a protezione del cittadino il germe dello stato totalitario.
Questo emerge già nel “Leviatano” di Thomas Hobbes del 1651.
Possiamo trovare molti esempi per questo dilemma di fondo: Per proteggere efficacemente ogni singolo individuo dalla violenza, il potere dovrebbe conoscere costantemente la posizione di ognuno; ne deriverebbe uno stato di controllo totale.
Per proteggere efficacemente la salute di ogni singolo individuo da una infezione virale, lo stato dovrebbe controllare i contatti fisici di tutti gli individui; ne deriverebbe uno stato dal controllo totale.
Il difficile compito è quello di concedere al potere statale potere sufficiente da proteggere efficacemente i suoi individui e le sue comunità, senza conferire però a questa protezione una pretesa di assolutezza.
Concretamente: Ponendo la protezione da una infezione virale come un criterio assoluto, favoriremmo uno stato totalitario.

Dai tempi di John Lockes “Due trattati sul governo”, del 1689, la soluzione del problema consiste nella istituzione del potere dello stato in uno stato del diritto:
La legge è uguale per tutti e serve per proteggere la libertà dell’individuo. Lo stato di diritto si crea dividendo il potere dello stato in potere esecutivo, legislativo e giuridico. Anche questa soluzione però non risolve il problema: Chiunque, anche chi ama la libertà, deve riconoscere, che alla fine, il potere dell’esecutivo deve essere illimitato. Il potere statale può assolvere i suoi compiti protettivi solo se, in un caso di emergenza, può ricorrere a pieni poteri, e se può esso stesso decidere, se si trova di fronte ad un caso di emergenza.
Il problema dello stato di diritto: Deve prevedere la propria sospensione in casi di emergenza e deve delegare la decisione, se si trova di fronte a un tale caso a chi ha il potere di sospendere i diritti fondamentali.
La possibilità dell’abuso è quindi possibile. Lo stiamo vivendo adesso.
La diffusione del Coronavirus non rappresenta un caso bellico e non mette in pericolo la popolazione nel suo insieme. Per questo motivo i provvedimenti presi rappresentano un pericoloso precedente.
Abbassano in maniera irresponsabile la soglia di definizione di stato di emergenza. Non esistono indizi forti che l’attuale epidemia di virus Corona sia più pericolosa per la società delle regolari ondate infettive come per esempio di virus influenzali virulente, che costituiscono regolarmente un pericolo per persone con stato di salute precario, senza per questo rappresentare un pericolo per la salute generale della popolazione.
Se vogliamo davvero proteggerci dal passaggio di questi virus vuol dire chiedere la sorveglianza di uno stato totale, in forma definitiva. Esattamente questo è il pericolo del momento attuale.
Il mio collega filosofo Daniel von Wachter indica la via per farsi un’idea noi stessi sul grado di pericolosità di questo virus Sars-CoV-2.


La gestione dei dati

L’impressione di una minaccia per la salute pubblica è dovuta in parte ad una gestione dei dati ingannevole.
I dati pubblicati sul numero degli infetti e la loro variazione giornaliera non sono validi, perché varia il numero dei testati e perché vengono testate prevalentemente persone che mostrano dei sintomi.
Per sapere qualcosa sulla reale pericolosità del virus per la salute pubblica dovremmo sapere quante persone sono infette senza avere sintomi o con sintomi lievi.
I dati presenti a tal proposito indicano che l’infezione nella maggioranza dei casi, decorre in maniera lieve. Solo persone con malattie pregresse – e soprattutto se sopra i settant’anni – sono a rischio di una malattia grave che può essere pericolosa per la vita.
Per questo motivo anche il numero dei deceduti è ingannevole. Pubblicare numeri di persone decedute testate positive per infezione da virus Corona non indica il numero dei morti per Corona. Se la maggior parte delle vittime erano persone affette da malattie pregresse il virus rappresentava solo l’ultimo anello di un processo che portava alla morte, anche se in forma prematura, ma non la sua causa.
Deceduti per Coronavirus sono persone altrimenti sane che si infettano e muoiono.
Ci sono state ondate epidemiche che hanno decimata la popolazione, indipendentemente dallo stato di salute pregressa, come per esempio la peste, nel medioevo, oppure l’influenza spagnola nel 1918-1920. Per questi casi è prevista l’istituzione di uno stato di emergenza per epidemia. Ma la diffusione del virus Corona è completamente diversa.
Viene suggerito un pericolo generale, utilizzando dati che non lo dimostrano.
Per questo motivo le disposizioni restrittive, previste per situazioni di emergenza, rappresentano un abuso del potere statale.

Dagli studi scientifici all’azione politica

Come era possibile questa reazione politica? Il governo britannico e quello degli USA hanno abbandonato la loro precedente reticenza di imporre le restrizioni dopo la pubblicazione di uno studio di ricercatori del 16.3.2020 dell’Imperial College London che annunciava 250.000 morti e il crollo del sistema sanitario britannico (e numeri in proporzione per gli USA), se il governo non avesse imposto misure restrittive per sopprimere la diffusione del virus.
Ma questa prognosi non rappresenta uno studio scientifico sul futuro, se queste misure restrittive non vengono invece applicate.
Prognosi affidabili sono possibili soltanto in sistemi deterministici, dove risultano trascurabili le influenze esterne e dove piccole variazioni dei dati iniziali non causano grandi effetti sui risultati nel futuro. Condizioni simili le troviamo in fisica, quando per esempio vogliamo calcolare la traiettoria di una pietra che cade a terra. Ma già lanciando al posto della pietra una moneta, non è più possibile predire se cadrà sulla testa oppure sulla croce: piccolissime variazioni iniziali possono modificare completamente il risultato.
Quando si tratta di uomini e le loro interazioni sociali, nessuna delle tre condizioni sussiste: Non ci sono leggi deterministiche, influenze esterne modificano il comportamento, piccolissime variazioni iniziali determinano grandi differenze nei risultati.
Anzi: gli uomini adattano il loro comportamento alle condizioni in cambiamento.
In che modo, è imprevedibile. Valutazioni prognostiche non sono comunque inutili, in questi casi, perché possono indicare possibili scenari futuri che possiamo includere nelle nostre valutazioni. Ma non devono essere scambiate per verità, scoperte dalla scienza.
Il caso concreto della prognosi sul numero dei morti e il collasso del sistema sanitario con la raccomandazione di sospendere i diritti fondamentali per sopprimere la diffusione del Corona virus dimostra tutte queste carenze: A metà marzo non avevamo dei dati che ci avrebbero permesso di stabilire dei parametri iniziali per i calcoli previsionali. Questa mancanza di dati venne indicata da John Ioannidis della Stanford-University.
Inoltre: persone, per le quali l’infezione con il Coronavirus potrebbe avere conseguenze gravi, si proteggono da sole, e il significato della solidarietà, nella società, consiste proprio nel proteggere queste persone a rischio. Uno studio dell’Imperial College si dimostra pessimistico riguardo alla possibilità di protezione delle persone a rischio, nella società, ma questo pessimismo non è fondato su dati.
Quando si avvicina un’ondata infettiva, che rischia di minacciare un determinato gruppo di persone, l’alternativa non è fra non fare niente oppure chiudere tutto considerando il pericolo assoluto e quindi facendo tutto per evitarla, costi quel che costi.
Nel caso concreto l’alternativa era, o, di proteggere in maniera mirata e con il loro consenso le persone a rischio, per le quali l’infezione con il virus avrebbe rappresentato un autentico pericolo per la salute, oppure di dichiarare lo stato di emergenza, concentrando le forze per impedire la diffusione del virus.
È un abuso della scienza quando si suggerisce che per la prima ipotesi c’erano prove certe che non avrebbe funzionato e che la seconda era l’unica modalità d’azione ragionevole.
Il secondo caso, intrapreso dai nostri governi con il sostegno di una grande parte dei media e della scienza, non risolve il problema: usare tutti i mezzi per sopprimere la diffusione del virus impedisce il formarsi di una immunità contro il virus. Rimarrà con noi, una continua minaccia per chi è persona a rischio.
Corriamo il rischio di finire in una spirale di sempre più forti limitazioni dei diritti fondamentali: Il prossimo passo sarebbe la sorveglianza degli spostamenti delle persone e la conservazione di questi dati tramite una Corona-app.
Il prossimo ancora, l’obbligo di una vaccinazione.
Nel frattempo è diventato chiaro, che il picco dell’attività infettiva era già superato, quando furono introdotte le disposizioni restrittive.
Anzi, dall’inizio fu chiaro, che le disposizioni restrittive minacciavano di causare più morti di quanti si prospettavano, anche con le previsioni più pessimistiche, a causa del Coronavirus. Solo che queste morti non avvengono in una volta sola e non avvengono sotto i riflettori dei media , ma in diversi anni e nel silenzio:

*   Indurre le persone di rimanere confinate nelle loro case, di impedire i loro contatti sociali e il movimento all’aria aperta, nuoce alla loro salute e indebolisce il loro sistema immunitario.
*   Orientare il sistema sanitario esclusivamente alla lotta alla diffusione del virus porta ad altri morti per aver trascurato altri trattamenti.
*   La recessione economica, voluta e profonda, porterà nei prossimi anni a centinaia di migliaia di ulteriori morti. La recessione del 2008-2009 per esempio causò , nei paesi OECD, 260.000 morti in più soltanto di casi di cancro.
*   Causare coscientemente una profonda recessione porta ad un aumento della povertà fra i socialmente più deboli, con un conseguente aumento dei morti soprattutto nei paesi in via di sviluppo.

Rendere assoluto, nell’agire politico, un unico aspetto della funzione protettiva dello stato, porta a danni più gravi di quanto potrebbe fare il pericolo stesso.
Non solo da considerazioni sullo stato di diritto, ma anche per un bilancio di utilità per limitare il numero dei morti, la gestione dell’emergenza Corona si è rivelata un errore politico.

 
Macrolibrarsi
 

Il fuorviato imperativo della responsabilità

Com’è possibile, che tutte queste considerazioni furono ignorate?
Nel 1979 il filosofo tedesco-americano Hans Jonas ha pubblicato un libro dal titolo “Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica”.
L’edizione inglese del 1984 esprime meglio il concetto: “The imperative of responsibility”.
L’imperativo della responsabilità di Jonas consiste nel privilegiare, da parte della scienza, di modelli e dati che mettono in primo piano gli scenari più pessimistici e che la società e la politica orientano il loro agire per evitare questi scenari.
Ma i disastri che si creano in questo modo sono sempre maggiori del danno evitato.
Quando cadde nel 1989 il muro di Berlino, sembrava, in Europa e in gran parte del mondo, che il totalitarismo, dominante in molte parti del mondo nel 20esimo secolo, venisse superato e istaurata una società libera e aperta. Oggi sappiamo che questa speranza era prematura.
Da circa 10 anni assistiamo al ritorno, lento e poco percepito, dello stato repressivo.
Per prima venne la crisi finanziaria seguita da una repressione finanziaria in forma della destituzione in molti campi del libero formarsi del prezzo di mercato e soprattutto degli interessi, che ha salvato i grandi attori finanziari e gli stati indebitati dalle conseguenze del loro agire, ma ha privato i piccoli risparmiatori dei frutti dei loro risparmi e delle loro previsioni di pensione.
In seguito fu portata la crisi climatica al centro della coscienza, dell’attenzione pubblica.
La conseguenza era una repressione economica istituendo una economia statale pianificata con interventi regolatori e sovvenzioni invece della creazione di regole generali, valide per tutti gli attori e per tutte le attività, che tenessero conto delle conseguenze del consumo di risorse naturali, permettendo così il dispiegamento di ingegno e creatività per superare le sfide.
Infine, adesso, la crisi Corona, con la repressione dei diritti fondamentali.
Fa paura il modello comportamentale di reagire a ogni nuova sfida con direttive statali, come se fosse, in seno allo stato, concentrato il sapere per risolvere le sfide.
La scienza rischia di rivestire un ruolo che apparteneva nel tempo passato alla religione di stato, il ruolo di giustificare la repressione.
Contro questa pericolosa tendenza era ed è necessario l’illuminismo.
Altrimenti si rischia la deriva verso lo stato totalitario e quindi verso il maggior danno possibile.

L’imperativo della libertà

La limitazione dei diritti fondamentali può durare soltanto finché è accettata dalla società – tranne, se mantenuta da uno stato di polizia, oppure, in maniera più subdola, da mass media consenzienti a indottrinare, sopprimendo lo spazio per opinioni diverse e pluralismo, che permetterebbero il formarsi di un’opinione personale.
Per questo motivo è così importante una società aperta e libera: è l’unica strada per risolvere i problemi, problemi che non può risolvere lo stato con le sue disposizioni per le emergenze, sospendendo lo stato di diritto.
Fondante per una società libera e aperta è la convinzione seguente: nessun individuo, nessun gruppo o istituzione possiede un sapere che permetterebbe attraverso una pianificazione statale centralizzata della società, dell’economia e della conduzione della vita individuale di raggiungere un bene comune o di allontanare un male.
Negli anni 40 del secolo scorso Karl Popper in “La società aperta e i suoi nemici”, e Friedrich von Hayek con “La via della schiavitù” hanno dimostrato, che l’applicazione dei metodi delle scienze naturali al campo delle scienze sociali rappresenti un abuso, un tentativo di progettare la società come un sistema definito, fisico, controllabile come in esperimenti di laboratorio.
Alla base di questo errore, già prefigurato in parte come scientismo nell’illuminismo, è l’opinione di poter trattare le persone e le loro interazioni come oggetti fisici che interagiscono.
Leggi universali valide in fisica, meccanismi genetici e biochimici in grado di influenzare il nostro comportamento fanno sì, che parti del mondo scientifico anche allargato ritenessero erroneamente che non esistesse la libertà. Contro un tale abuso delle conoscenze scientifiche è necessario l’illuminismo: la libertà, nel pensiero e nell’azione, è necessaria premessa già per trovare il linguaggio adeguato per formulare e verificare in laboratorio le teorie delle scienze naturali.
Nel frattempo l’abuso della scienza si è allargato in quanto vengono manipolate date e modelli della scienza naturale stessa per giustificare la repressione statale – motivato da un imperativo della responsabilità fuorviato, che consiste nel rendere assoluto un possibile pericolo per istaurare una pianificazione dell’emergenza da parte dello stato centrale. È la via verso lo stato totalitario.
L’imperativo della responsabilità è un imperativo della libertà.
Il potere statale si giustifica esclusivamente per garantire il contesto, nel quale si può dispiegare la libertà degli individui. Fanno parte di questo contesto la sicurezza sociale per tutti, un quadro definito per la limitazione dell’uso delle risorse naturali nell’interesse della libertà di azione degli altri, incluse le generazioni future.
Ne fa parte anche la consapevolezza, che non può esistere una protezione assoluta da parte del potere statale per il corpo, la vita, la salute, la proprietà; la protezione assoluta richiederebbe uno stato assoluto, totalitario con la soppressione della libertà.
La dignità di ogni uomo risiede nella sua libertà e la connessa responsabilità per il proprio agire.
Questa dignità verrebbe distrutta, se gli uomini ed i loro spazi di libertà venissero trattati come oggetti di direttive statali, qualunque sia la finalità di queste direttive.
 
Michael Esfeld

* * *

Michael Esfeld è professore universitario di filosofia a Lausanne, membro del consorzio scientifico più esclusivo della Germania, la Leopoldina e membro della Deutschen Akademie für Wissenschaften. Ha pubblicato sulla filosofia nella fisica, sulla filosofia della natura e su questioni inerenti al rapporto fra scienza e libertà. Premiato per il dialogo fra scienze naturali e scienze spirituali.
 
(Dal settimanale “Das Goetheanum”, numero 23, del 5.6.2020)

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