L’Homo Pandemicus fra ragione e stato di minorità

Il Sonno Della Ragione Genera Mostri

Il fatidico 2020, costituitosi da spartiacque fra un prima e un dopo, sarà annoverato dalla sociologia come l’inizio dell’involuzione della specie umana, l’anno in cui alla società post-moderna sono bastate poche pressioni poiché regredisse a uno stato di minorità di feudo-medievale memoria, annullando con un colpo solo tutto lo sforzo dell’evoluzione sociale compiutasi finora, e cancellando per sempre la magistrale lezione di I. Kant, secondo cui il più alto e nobile scopo dell’essere umano è l’eserciziodellaragione.

La ragione intesa come la facoltà primaria dell’uomo di pensare, collegando fra loro concetti e idee secondo rapporti logici, ma anche come una struttura sovratemporale che dà unità e senso alla complessità della vita, che altrimenti si dissolverebbe nella particolarità e nel relativismo delle singole esperienze e dei singoli casi empirici; la ragione come luce, come guida che fa discernere fra il vero e il falso, il giusto e l’ingiusto, il bene e il male. Invitando a uscire dallo stato di minorità da imputare a se stessi, Kant dichiarava che nessuno poteva richiamarsi a dogmi di fede e atti di fiducia cieca, e che nessuna idea poteva essere ammessa in una discussione pubblica senza una argomentazione razionale, volta a spiegare, dimostrare o confutare una data affermazione. 

A partire dall’anno passato, la ragione rivendica se stessa come la grande assente nelle decisioni e le azioni della classe politica, a meno che per quest’ultima non si tratti di uno stato di minorità e di inadeguatezza intenzionali; è assente dall’operato degli esperti tecno-scientifici dell’emergenza, dove prevalgono altri interessi; ma la sua assenza è eclatante oltre tutto nella sintomatologia comportamentale delle persone comuni, persone che, intercettate un anno prima, non avrebbero mai ammesso di poter agire un giorno in modo così cieco e autolesionista, e di dover bandire come un tabù proprio la capacità di pensare.

Musil lesbar machen – Universität Klagenfurt

La debolezza della ragione porta inevitabilmente alla stupidità,scriveva R. Musil, ma non a quella semplice e onesta, dovuta alla mancanza di educazione, bensì alla stupidità pretenziosa, quella dei colti che si prefigurano alla guida della società, ma praticano pensieri banali, poveri di immagini e di bellezza, incapaci addiritturadi nascondere la propria vanità. Il raffinato studioso della stupiditàavvertiva dinon sottovalutare mai la stupidità perché essa è la vera dittatura, a maggior ragione perché sa dissimulare se stessa. 

“A differenza della verità, che ha solo una veste in ogni occasione, la stupidità è mobile in tutti i sensi e può indossare tutti i vestiti della verità, e non c’è praticamente nessun pensiero importante che essa non sia in grado di utilizzare. 

Qualcuno potrebbe obbiettare, dicendo che una gran parte delle persone, senza differenza di posizione sociale, non esercitassero la ragione nemmeno prima, ma a tale obiezione si potrebbe rispondere che forse prima non ne avevano bisogno, e che è nei momenti critici e di straordinaria difficoltà che una capacità, una facoltà latente debba essere tirata fuori. Nello sviluppo sociale che è succeduto all’Illuminismo, l’evoluzione del pensiero è stata portata avanti da una istruzione sempre più diffusa e dall’educazione a pensare in modo critico e razionale, in modo autonomo, il che ha formato e distinto la mentalità dell’uomo moderno. Motivo per cui alcune capacità cognitive, acquisite e rafforzate dal processo culturale-educativo, dovrebbero avere una espressione epigenetica maggiore, essere di tendenza dominante, o quanto meno fungere da filtro rispetto agli istinti atavici come quello della paura della morte o l’inclinazione alle superstizioniche oggi agiscono sotto le mentite spoglie della scienza. 

Quello che è avvenuto, invece, è aver accettato di essere governati proprio dalla paura e dalla suggestione, che non avrebbe potuto che creare un bipolarismo irrazionale, dove alla cieca paura è stata contrapposta una altrettanto cieca fede scientista, con la speranza nel miracolo di un vaccino, nonostante fosse noto a priori che quest’ultimo non poteva disporre dei requisiti necessari di efficacia e di sicurezza. 

Edmund Husserl. | Scrittori, Scienza, Ritratti

La ragione, benché basata sulla ratio, non è sinonimo di scienza, ma il comune denominatore che unisce la scienza assieme alle altre forme di conoscenza: essa è lo strumento con cui tutto ciò che è nascosto, occultato, confuso viene portato alla luce e all’evidenza, e cioè alla presenza razionale. Un compito che può essere svolto solo partendo dall’evidenza soggettiva, ossia dalla nostra capacità di pensare; solo il soggetto pensante può rendere le cose vere, a prescindere da ogni teoria, propaganda o narrazione dominante, perché solo la ragione ci permette di riconoscere il senso intenzionale di ciò che accade. Come scriveva E. Husserl

il mondo e la storia non sono un accumularsi insensato di fatti, ma il progressivo rivelarsi e realizzarsi di ciò che è nascosto.

Nel corso della storia, la pandemia ‘2020’ avvienenoncerto come un evento accidentale, anche se in questo modo è stata presentata; al contrario, essa si infiltra già carica di inquietudine, di un telos destabilizzante, e le conferme non tardano ad arrivare, implicite nelle stesse modalità – politiche ed ideologiche, della sua gestione. Ma anche volendo ipotizzarla come un fatto contingente, essa appare ugualmente paradigmatica di un nuovo quadro sociale, un quadro inedito. Le reazioni (ir)razionali, provocate dall’emergenza sanitaria, che hanno portato a veri e propri atti di autolesionismo, a partire da quello di porre limitazioni al proprio respiro, sono difficilmente analizzabili, in quanto, da una parte, potrebbero essere interpretate come espressione dell’istinto di autoconservazione, ma dall’altro andrebbero viste come i riverberi di un patto, di una convenzione sociale fatta di pressioni nemmeno tanto velate. 

Analisi ancora più difficile, considerando che, in un contesto fortemente manipolabile dai mass-media, non è possibile stabilire dove finisce la volontà individuale – razionale o irrazionale che sia, e dove inizia la convenzione sociale, comprensiva della persuasione e dell’imposizioni di obblighi e sanzioni, ossia di forme di coercizione. Spesso quello che crediamo essere un comportamento individuale, pensato e misurato a una concreta e specifica esistenza, è espressione di un condizionamento o di una necessità sociale, come quella di essere accettati dagli altri. A questo punto bisogna chiedersi se la volontà e la libertà individuali non fossero solo una chimera giuridica. 



Nell’antichità, il singolo individuo si considerava parte della polis e della comunità, successivamente si considerava un suddito: dell’Impero, del Regno, dello Stato. Lo spazio personale inizia ad emanciparsi dalla comunità con l’avvento del Razionalismo, quando la ragione da semplice accessorio diventa strumento attivo della conoscenza. Nella modernità inizia a emanciparsi dallo Stato anche la società, costituendo parte attiva le cui dinamiche ed esigenze si fanno istanze: nasce lo Stato di diritto. A differenza del passato, quando la pressione sull’individuo veniva esercitata in gran parte dalla tradizione, nello Stato moderno le pressioni, che mirano a conformare i sudditi a un determinato modello di comportamento, vengono svolte con lo strumento delle ideologie, l’istruzione, l’educazione. Con i mezzi di influenza e di controllo più raffinati, l’individuo assorbe e interiorizza i valori delle élite senza percepirli come una coercizione esterna, bensì come una convinzione propria interiore.  

In questo modo l’artificiale costruzione dello Stato, che per lungo tempo è stato percepito e contrastato come un corpo estraneo alla vita organica della comunità, diventa parte integrante della coscienza di ogni individuo. Le ideologie e la promozione delle libertà e dei diritti individuali procedono mano a mano con la sempre più crescente dipendenza dalle garanzie offerte dalle autorità istituzionali, per cui, nel momento in cui le istituzioni diventano sovranazionali e non più democraticamente controllabili dal basso, l’individuo si trova a dover dipendere dalle decisioni e dai dettami di forze economiche e tecnocratiche sconosciute e lontane, e per questo ancora più potenti. Ma in questo percorso la società post-moderna – globale e globalizzante – si trova ripiombata nel buio del medioevo, perché, similmente a come accadeva nei confronti di papi e re, i sudditi non possono più chiedere al potere sovranazionale di legittimarsi all’opinione pubblica in modo razionale, ma devono solo obbedire, riconoscendogli un’investitura divina. 


Il salto di qualità’ che l’emergenza pandemica è riuscita a conseguire è proprio questo: all’improvviso l’individuo si è svegliato in una nuova realtà, dove non solo non poteva esercitare le sue consuete libertà, ma non poteva nemmeno reclamare la mancanza di garanzie giuridiche, e nemmeno esternare pubblicamente il proprio dissenso. In modo repentino e inafferrabile egli è passato dallo statuto di un’entità sociale a una mera unità biologica, in quanto la differenza fra il suo essere e il suo non essere un soggetto di diritto ha assunto le misure di un virus, a discapito di ogni precedente storico-sanitario. A questo punto possiamo chiederci: che valore reale hanno le norme costituzionali, tutt’ora vigenti nella loro formalità, se è stato possibile sopprimerle così facilmente? 

 Vista con un certo cinismo, l’emergenza pandemica è stata l’operazione sanitaria perfetta, dove ‘sanitario’ è riferito non alla malattia Covid, bensì a un esperimento che implica la sanità mentale di tutta la società. Il fatto peculiare di questa emergenza è stato il concorso sincronizzato fra governanti, esperti e media nel creare l’effetto di massanocebo (che sarebbe l’opposto di placebo). Sarebbe bastato riversare 24 ore al giorno per alcuni mesi numeri, immagini e statistiche di malati e morti per creare il fenomeno della Mass Psychogenic Illness che, in assenza di virus e batteri, assume gli stessi sintomi fisici delle malattie respiratorie, con manifestazioni molto simili, tra l’altro, alla sintomatologia della Covid (voce di MPS consultabile su Wikipedia), per cui anche gli individui più ragionevoli e resistenti si sono visti costretti a immaginarsi malati e a cadere nella rete dell’isteria di massa, un fenomeno molto diffuso nel medioevo, ma con implicazioni ben meno deprimenti. 

Quello che più propriamente ha avuto luogo nella nostra società è una lunghissima e lungimirante propaganda dello stress, ma mentre lo stress provocato da una minaccia concreta in una prima fase è utile all’esistenza, in quanto libera l’ormone dell’adrenalina che mobilita l’organismo per difendersi meglio dal pericolo, lo stress protratto, anche se esercitato solo a livello psicomentale, è in grado di cambiare sottilmente il nostro metabolismo bio-chimico, e a portare a un abbassamento delle forze immunitarie, esponendoci maggiormente alle infezioni, nonché a una serie di disagi mentali. Ma i disagi più profondi rimarranno quelli culturali, visto che è stata creata ad hoc una nuova religione, con un nuovo consenso che divide fra buoni e cattivi, con le nuove categorie e il lessico della neolingua, con le nuove liturgie, simbolismi e ritualità che, per quanto artificiosi e sterili, si preannunciano più ambiziosi dei peggiori fondamentalismi. Un nuovo sistema di dogmi, un nuovo senso comune si è fatto dominante, e ci invoca di fidarci ciecamente della scienza senza dubitarci, senza metterla sotto esame. Il sacrificio dell’intelletto è l’atto supremo della nuova religione: il fanatismo dello scientismo. 

 Chi ancora conserva la ragione sa che essa ha bisogno di pensare il pericolo, qualsiasi esso sia, come qualcosa che può essere affrontato e gestito con calma e lucidità, e che in questo modo tutto il corpo psico-fisico darà le risposte ottimali, ma si trova a dover combattere con la suscettibilità dell’immaginazione che tende verso le tonalità oscure e distopiche. Inoltre, la ragione sa, o in qualche modo intuisce, che questa è stata la finalità di chi ha gestito la situazione pandemica, e di chi ha contribuito a creare le sue premesse. 

Ma nel nefasto 2020 la ragione si è trovata come un gigante imbrigliato dai Lilliput del regno del nanismo mentale, costretta a tempo indeterminato un semi-pensiero, un semi-volere, a una semi-esistenza.Uno stato di minorità che sarà difficile da superare e quasi impossibile rimarginare.  

Zory Petzova

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