Lo Specchio deformato dell’Unione europea

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di Andrea Zhok

 

Due considerazioni di passaggio sul tema dei rapporti tra Italia e UE.

1) Spesso si tende ad opporre due immagini astratte, da un lato l’Europa vista come coincidente con l’UE, dall’altra l’immagine dell’Italia, fragile fuscello affidato ai marosi della politica internazionale e dell’economia dei Big Players.
Una volta che il discorso prende questa piega è facile chiedersi retoricamente: dove potrà mai andare l’Italia da sola, come se giocassimo la partita Italia-Resto del Mondo.

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Questo visualizzazione è completamente fuorviante.
Non ha mai senso parlare di un’Italia “con o senza l’Europa”.
Forme di trattati di cooperazione europea ci sono sempre stati, da quando l’Italia esiste come stato unitario.
Il problema non è rappresentato dai trattati europei o internazionali in generale, ma dalle specifiche caratteristiche del trattato di Maastricht (e poi di Lisbona), con l’istituzione di un modello di relazioni assai specifico, votato a politiche neoliberali, mercantiliste, rivolte a massimizzare l’export a scapito del mercato interno, inteso ad indebolire le capacità autoorganizzative delle istituzioni nazionali nel fornire servizi di interesse pubblico, punitivo nei confronti delle industrie di stato e premiale verso le operazioni di privatizzazione. In questo quadro l’istituzione della BCE e il lancio della moneta unica ha trasformato l’Europa in uno hub eminentemente finanziario, in cui la Germania e i suoi paesi satellite potevano giovarsi per l’export di una moneta comparativamente più debole di quanto sarebbe stato una moneta libera di fluttuare sulla scorta della bilancia commerciale tedesca.

Dopo il 1992 in Italia abbiamo assistito ad una colossale svendita di asset produttivi nazionali, oltre che ad una massiva privatizzazione di asset pubblici. E niente di tutto ciò è stato accidentale. Come attestano un’infinità di testimonianze, questo impianto era sollecitato dagli accordi dell’UE, il cui dominus era ed è la Germania.
L’alternativa all’UE per l’Italia non è diventare uno Stato Commerciale Chiuso alla Fichte, non è neanche diventare la Corea del Nord. Trattati di cooperazione simili a quelli che hanno istituito la CEE potrebbero risultare proficui sul piano economico, e ad essi si possono affiancare trattati di cooperazione tecnologica bi o trilaterale in molteplici settori.
L’idea di sovranità nazionale non ha niente a che fare con un aureo isolamento né con un aggressivo nazionalismo.
Questo è semplicemente l’apparato propagandistico di chi ha interessi in solido nell’attuale regime europeo.

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2) L’idea che l’UE rappresenti o abbia mai rappresentato un tentativo di rafforzare la potenza politica europea come contraltare agli altri “Big Players” è una assoluta sciocchezza.
Il modello neoliberale, incardinato negli attuali trattati europei,  mira esplicitamente all’indebolimento di tutti gli ordinamenti statali che non siano meramente a servizio delle multinazionali.
L’UE ha lavorato per la perdita di sovranità degli stati che la compongono, e lo ha fatto NON al fine di sostituirla con una fiabesca supernazione sovrana (gli Stati Uniti d’Europa, su cui non c’è mai stato alcun tipo di accordo, né a livello politico né come premesse storiche o culturali).

Questo specchietto per le allodole, questo “sol dell’avvenir” dei liberali che sarebbero gli Stati Uniti d’Europa non ha mai avuto alcuna chance di nascere e nessuno, che non sia uno sprovveduto, vi ha mai creduto per un minuto.

La funzione reale dell’UE è stata di indebolire le sovranità nazionali degli stati componenti per sostituirle con gruppi di pressione economici e lobby private. Incidentalmente questo processo era visto con grande favore dagli USA, che attraverso la propria dominanza sul piano finanziario, possedeva in questo modo leve straordinariamente efficaci per coltivare i propri interessi dall’interno della politica europea.
In altre parole l’UE è un meccanismo istituzionale che indebolisce sistematicamente la capacità di autodeterminazione degli stati nazione per sostituirla con istanze oligarchiche di matrice economica.
Quanto prima usciremo da questa gabbia di specchi deformanti e illusioni psichedeliche, tanto prima all’Italia (e all’Europa) si riaprirà il cancello del futuro.

Fonte


Andrea Zhok, nato a Trieste nel 1967, ha studiato presso le Università di Trieste, Milano, Vienna ed Essex.
È dottore di ricerca dell’Università di Milano e Master of Philosophy dell’Università di Essex.
È autore di numerose pubblicazioni, scientifiche e divulgative; tra le pubblicazioni monografiche: “Lo spirito del denaro e la liquidazione del mondo” (Jaca Book 2006); “Emergentismo” (Ets 2011); “Critica della ragione liberale” (Meltemi 2020).

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