Lockdown, Quantitative Easing e bipolarismo di sistema

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Se la Covid fosse arrivata nell’Occidente venti anni fa (in realtà c’è stata la Sars), i governi sarebbero stati costretti a gestirla potenziando le strutture sanitarie e i protocolli di cura (invece di smantellare le prime e ostacolare i secondi), oppure, più probabilmente, avrebbero fatto finta di nulla e avrebbero dato l’allarme sanitario nello stesso modo in cui veniva dato ogni inverno a causa dell’influenza stagionale. Questo perché, senza le attuali tecnologie digitali, le misure emergenziali che abbiamo subito sarebbero state impossibili da realizzare, per cui non sarebbe infondato supporre che siano state le pressioni delle lobby interessate a determinare sia la scelta dei lockdown che quella del Green pass, per non parlare dell’iper-performante lobbismo in campo di vaccinazione di massa.

La politica delle chiusure si è poggiata su due pilastri: la digitalizzazione e l’iniezione di liquidità monetaria da parte della BCE. Quest’ultima non tanto grazie al Recovery fund (che in Italia è servito più che altro ad alimentare il mito della Germania e a creare il vincolo esterno che piace tanto alle oligarchie nazionali) quanto al Quantitative Easing, e in particolar modo della sua forma più “hard” – quella del Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP), o il così chiamato Piano anti-covid, che sommariamente ammonta a 1850 miliardi effettivi da spendere per i paesi della zona euro.


Oggi, quando in diversi paesi europei si ritorna a parlare di nuovi lockdown, è sempre più chiaro che, se negli ultimi decenni certe libertà e diritti sono stati largamente concessi alle popolazioni occidentali, questo non è stato per amore della democrazia, ma perché erano strumentali al movimento di capitali, merci e persone, il che a sua volta determinava la crescita dei consumi e della produzione, e quindi anche del gettito fiscale per gli Stati. L’istituzione del Quantitative Easing per opera di Draghi, che significa la produzione illimitata di moneta da parte delle banche centrali per l’acquisto di titoli pubblici e privati, ha comportato una minore dipendenza degli Stati dalle entrate fiscali, il che ha reso possibile imporre la stretta su libertà che sembravano ovvie e acquisite. Prima del Quantitative Easing le restrizioni di queste libertà sarebbero state inammissibili, il che infonde quasi un senso di nostalgia al pensiero che il nemico numero uno per il cittadino medio fino a poco tempo fa era l’Agenzia delle entrate, mentre oggi si scopre che con il QE le oligarchie finanziarie, abilitate a produrre denaro dal nulla, possono occupare quell’astrazione giuridica chiamata “Stato” e spiazzare tutte le resistenze politiche e sociali.

C’è un aspetto abbastanza sottile e meno conosciuto della funzione del lockdown. Visto che perfino la stampa finanziaria mainstream ha ipotizzato che il lockdown in Austria sia stato adottato non per motivi sanitari, bensì per “raffreddare” i consumi e quindi l’inflazione, diventa chiaro come le autorità finanziarie temessero molto più di una emergenza sanitaria l’emergenza iper-inflazionistica, dove per “iper” si intende un’inflazione anche solo di 10%, capace di erodere il valore dei crediti. Ma gli attuali pericoli di inflazione sono stati causati proprio dai precedenti lockdown, in quanto dopo la stasi della produzione e dei consumi c’è stata una corsa all’acquisto delle materie prime con il conseguente rialzo dei prezzi.

Quindi, da un lato abbiamo il lockdown nella sua valenza non propriamente sanitaria da refrigerante dell’inflazione, mentre dall’altro abbiamo un delirio di onnipotenza finanziaria che si inebria della liquidità monetaria e cerca di creare un’emergenza cronica e strutturale (l’annunciazione dell’imminente era delle pandemie) per garantirsi un Quantitative Easing eterno e infinito. 

Si è creato un sistema bipolare, euforico/depressivo, che in una prima fase si droga di liquidità monetaria, mentre da lì a poco deve contrarsi e raffreddarsi attraverso lockdown e misure restrittive per evitare gli effetti inflazionistici dovuti a quella stessa liquidità. Non è difficile immaginare che la possibilità di avere tanto denaro con tassi prossimi allo zero induca nelle oligarchie uno stato di delirio e persino l’illusione di poter fare a meno della propria popolazione, o di poterne disporre a piacimento.
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Tale delirio è stato trasmesso a tutte le istituzioni statali, politiche e al mondo scientifico-accademico, tanto è che in campo di letteratura accademica esiste uno studio danese intitolato “Revolving doors in international financial governance” (Porte girevoli del governo finanziario internazionale) che inquadra dettagliatamente il fenomeno da tempo sospettato di trasferimento di competenze e conoscenze tra settore pubblico e privato, dove la collusione fra multinazionali del credito, istituzioni statali e sovranazionali e il mondo accademico hanno determinato la creazione di un lobbying finanziario pervasivo e onnipresente che non teme alcuna contestazione dei conflitti d’interesse. Non a caso la stampa mainstream (“The Guardian”), riportando il parere di alcuni analisti, ipotizza che la società occidentale sia diventata una sorta di cavia per esperimenti finanziari (anche finanziari, direi). Non va dimenticato che lo scorso anno il provvedimento del lockdown nei paesi occidentali non fu sponsorizzato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, bensì dal Fondo Monetario Internazionale, che non esprimeva alcuna preoccupazione per gli effetti inflazionistici di una successiva ripresa della produzione e dei consumi, probabilmente perché aveva già ben chiara la possibilità di passaggio verso un nuovo ordine finanziario.

In effetti il Quantitative Easing sembrerebbe ispirarsi alla Modern Monetary Theory, un’evoluzione della dottrina keynesiana, secondo la quale lo Stato può produrre tutta la moneta che gli serve, perciò il fisco avrebbe solo una funzione di indirizzo economico. Solo che la MMT presuppone una società perfettamente bilanciata, in cui l’obbiettivo sia la piena occupazione e in cui nessuna lobby possa prevalere sugli altri fattori del mercato. Mentre oggi abbiamo un sistema globale con illimitata mobilità dei capitali, dove tendono a prevalere gli interessi della lobby più forte e dove l’erogazione di liquidità monetaria diventa un’arma nelle mani delle multinazionali del credito. E per la lobby dei creditori la piena occupazione è un pericolo da scongiurare, perché qualsiasi aumento del potere contrattuale dei lavoratori, e quindi dei salari, comporterebbe rischi di inflazione. Una vera ripresa economica fa persino paura ai grandi creditori, cioè ai fondi di investimento, perché un rilancio della produzione, e quindi della domanda di materie prime e di beni di consumo, comporterebbero sicuramente un’inflazione a due cifre. Per cui bisogna fidarsi poco delle dichiarazioni dei governanti di voler perseguire un piano di crescita. Con governi che fanno deficit al di sopra del 10% è scontato che ci sia una crescita del PIL, ma questo non corrisponde a un’effettiva crescita dell’economia. Non può esserci una crescita laddove vi sono problemi di approvvigionamento delle materie prime e scarseggiano persino i semiconduttori necessari ai processi produttivi. (Per quanto riguarda quest’ultimi, secondo i dati Taiwan controlla attualmente il 65% della produzione mondiale di semiconduttori, mentre la Corea del Sud ne controlla il 19%, quindi l’intera economia mondiale dipende da due soli paesi.)

Non meno anomala è anche la funzione della leva fiscale, che non viene usata dai governi a fini di redistribuzione della ricchezza, bensì per accelerare la concentrazione dei capitali nelle mani dei soliti noti. Infatti, i governi tendono a colpire la piccola proprietà immobiliare, in modo che il calo del valore degli immobili ne favorisca l’acquisizione a prezzi stracciati da parte delle multinazionali. Un pericolo che incombe anche sulle aziende del turismo, le quali, con il rischio di un nuovo lockdown e a causa del Super green pass, si preparano per un altro inverno buio.

Le oligarchie per loro natura tendono a costituirsi in una sorta di “bolla”, a sradicarsi dal proprio territorio per aspirare ad integrarsi con le altre oligarchie a livello globale. Il punto è che grazie alla pandemia questa bolla ha assunto caratteristiche di autoreferenzialità esasperate, e che la cosa più ingenua sarebbe aspettarsi che la fine dello stato d’emergenza possa essere deciso e dichiarato da queste stesse oligarchie. Qui è il caso di fare il nome anche di Blackrock, il più grande fondo d’investimenti privato, che ha praticamente “occupato” l’Amministrazione Biden (il che spiega perché non era previsto altro presidente al di fuori di Biden), che detiene anche i maggiori pacchetti azionari di Google, Amazon e Pfizer – una concentrazione di capitali e di potere politico in poche mani, le mani di una super-razza di “competenti” ed esperti che si assegna la sacra missione di salvare l’umanità dalle minacce della sua estinzione, non diversamente da come facevano i sacerdoti dell’antichità che con i loro rituali sacrificali simulavano di impedire al sole di spegnersi.

Intanto, i paesi europei si danno la gara di virtuosità emergenziale, per cui l’Italia rischia di essere surclassata, il che significa che possiamo aspettarci qualsiasi nuova, originale ed esclusiva trovata, magari la super variante italiana, come dono di Natale, per ritornare a essere in voga.

Zory Petzova

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Zory Petzova, studiosa dei paradossi sociali nella loro molteplicità e interferenza con la natura umana.

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