Quel PD che a Bruxelles lavorava contro l’Italia

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Girano in rete le dichiarazioni dell’imprenditore veneto (artigiano metalmeccanico) che dà del ladro e tangentista a tutti gli eurodeputati del Pd degli ultimi vent’anni; rei secondo l’uomo d’aver intascato tangenti per far approvare le normative Ue che hanno portato a morte il “made in Italy”.

L’artigiano è stato anche intervistato da La7: il suo intervento ha creato l’imbarazzo tra politici e giornalisti in studio.

Per decenni politica e stampa italiana ci hanno raccontato che Bruxelles sarebbe sede d’una sorta di primato politico ed etico, e che lì verrebbero prese decisioni per il bene di tutta l’Europa. Gli euroscettici non hanno mai creduto a questi predicozzi, in considerazione del fatto che le norme Ue hanno di fatto disoccupato buona parte dei cittadini europei: nello specifico hanno favorito la moria dell’artigianato italiano.

Oggi, alla luce dello scandalo che coinvolge per corruzione sessanta eurodeputati, è lecito chiedersi se quelle norme europee non siano davvero state partorite a fronte del pagamento di tangenti da parte di multinazionali.

È certo il lavoro fatto nell’ultimo decennio dalle lobby regolarmente iscritte a Bruxelles nell’albo dei “portatori d’interessi”: hanno avvicinato eurodeputati e commissari, prospettando loro come migliorare la vita dei cittadini europei attraverso domotica, informatica, norme bancarie ed assicurative, chiusura di attività tradizionali, norme sanitarie e farmaceutiche, contatori intelligenti, green economy, auto e moto elettriche, obblighi di messa a norma Ue di case e botteghe.

Gli eurodeputati, eletti dai cittadini, hanno eseguito alla perfezione le tappe nell’agenda dettata da multinazionali e “portatori d’interessi” (sia di grandi società che di stati extra Ue). Ci hanno persino detto che tutto è in armonia con l’Agenda Onu 2030.

Sorge il dubbio che i lobbisti potrebbero anche aver corrotto l’Onu perché redigesse un prontuario utile alle multinazionali energetiche, cibernetiche, farmaceutiche e finanziarie. La recente vicenda di Bruxelles ci dice che degli eurodeputati potrebbero aver preso soldi da privati per fare leggi non gradite ai cittadini.

I sessanta eurodeputati coinvolti nella storia di mazzette appartengono sia alle famiglie politiche dei Socialisti e Democratici che al Partito Popolare come ad altri raggruppamenti della sinistra ambientalista e tecnologica.

Emergerebbe dalle indagini dei servizi segreti belgi che l’intelligence marocchina (Dged, il servizio segreto di Rabat) come quella di altri Paesi africani incontravano esponenti dell’Europarlamento per condizionare, attraverso tangenti, la strategia di Bruxelles e Strasburgo in materia d’immigrazione, le famose politiche utili alle Ong.

Sempre Marocco e Qatar (Stato mediorientale) pagavano esponenti del parlamento Ue per ottenere accordi vantaggiosi, sia sul trasporto aereo che per l’accesso ai mercati europei: con evidenti vantaggi per il Paese africano e per quello arabo. Non è un caso che il ministro della Giustizia belga, Vincent Van Quickenborne, abbia parlato di un consolidato sistema di tangenti per influenzare le decisioni politiche europee da parte di potenze economiche. Van Quickenborne ha chiaramente alluso a “innumerevoli ingerenze straniere in più settori”, lasciando intendere che si tratti sia di Stati che di multinazionali.

Non solo c’è stata ingerenza di apparati esteri che hanno minacciato la sicurezza dell’Ue, ma anche di multinazionali che, dietro il pagamento di tangenti, hanno ottenuto vantaggi economici attraverso l’introduzione di regolamenti capestro per i cittadini europei: emerge nel paragrafo “interferenze nei processi decisionali” redatto dalla Sûreté de l’Etat (servizio segreto civile belga).

Secondo fonti belghe, se è coinvolta la ex vicepresidente del Parlamento Ue (la greca Eva Kaili) significa che in Europa c’è marciume da decenni: la Kaili è emanazione della famiglia socialista greca Papandreou, che ha favorito la svendita di porti, aeroporti, isole, noli e villaggi turistici a società estere, trasformando i greci in un popolo di poveri e nullatenenti. Sorge il sospetto che il fallimento e la svendita della Grecia siano avvenute a seguito di tangenti pagate all’equipollente greco del Pd italiano.

Fino a ieri venivano accusati di complottismo tutti gli euroscettici che parlavano di “norme Ue partorite da accordi tra eurodeputati, multinazionali e stati esteri”. Oggi quei sospetti non sono più illazioni complottiste o “fake news”: grazie alle indagini dei magistrati belgi, che indagano sul sistema che ruotava (e ruota) attorno all’ex europarlamentare Pd, Antonio Panzeri, irradiandosi ad altri eletti, stanno emergendo i nomi di chi lavorava contro l’economia italiana ed europea. Altri tre eurodeputati del Partito Democratico sarebbero nel mirino delle autorità belghe. I servizi segreti di Bruxelles avrebbero già sotto osservazione le attività dei Pd Andrea Cozzolino, Brando Benifei, Alessandra Moretti e dell’italo-belga Maria Arena (membro del Partito Socialista belga): nessuno dei quattro risulterebbe ancor oggi indagato. Ma, spiegano le autorità di Bruxelles, che “Cozzolino costituiva il collegamento diretto perché lavorava con Francesco Giorgi”; quest’ultimo è il compagno di Eva Kaili. Cozzolino era il presidente della delegazione per le relazioni con i Paesi del Maghreb e delle commissioni parlamentari miste Ue-Marocco, nonché membro della Commissione Diritti umani.

Adesso gli euroscettici si domandano:

“Se i socialisti greci hanno preso tangenti per svendere la Grecia, ora potrebbe emergere che il Pd italiano abbia lavorato a svendere l’Italia, intascato soldi per introdurre normative Ue che hanno desertificato le imprese e sacrificato le proprietà italiane?”.

A questa domanda risponderà l’inchiesta della magistratura belga. Si stenta a credere che nelle procure italiane possa ipotizzarsi l’alto tradimento dei tanti esponenti Pd. Un alto tradimento iniziato nel 1992, costruendo una Tangentopoli che ponesse gli ex Pci (poi Pd-Pds) come gestori della “questione morale”, come nuovi intermediari con i poteri internazionali, come amministratori di sostegno di patrimoni, lavoro, risparmi e produzioni italiane. Ora Bruxelles ci dice che l’amministratore è un ladro, e la stampa italiana va in imbarazzo, temendo di perdere il protettore. Gran parte del pubblico impiego è incredulo, avendo timore anche che possa cascare una storica rete di protezione sindacale: quest’ultima ha pure tentato di riversare tutte le colpe su moglie e suocera di Soumahoro; ma, come la si giri e la si volti, emerge che troppi soldi dei cittadini italiani sono andati in tasca a Ong, sindacalisti ed esponenti Pd.

A Bruxelles, oltre ai rivoli di soldi italiani, potevano contare sulle provviste di multinazionali e Stati esteri. Le istituzioni sono corrotte, ora nemmeno i più babbei crederanno più a moniti come “sacrificarsi per il bene dell’Europa” o “i sacrifici li impone l’Ue”.

Sarà dura dare del delinquente all’artigiano “non a norma Ue”, o dare dell’evasore fiscale al ciabattino sotto casa.

Ecco perché il Pd non vuole mollare giornali e televisioni, teme venga svelato il vero volto del potere. Pensare che fino a un anno fa ci dicevano, a reti unificate, che “sotto pandemia sono aumentate le fake news contro Ue e relativi poteri bancari”: che ci volete fare, l’uomo di strada è malpensante… e a volte ci azzecca.

Ruggiero Capone

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