Anelito per il Vivente: con Goethe nei Tempi del Divieto di Pensare

Johann Heinrich Wilhelm Tischbein Goethe In The Roman Campagna Google Art Project 2 1280x720
di Lea Söhner

Non ditelo a nessuno, solo ai savi,
perché la folla tosto si fa gioco:
io voglio celebrare ciò che vive,
che sospira la morte in mezzo al fuoco.

La riflessione richiede uno spazio sicuro

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La saggezza può quindi essere compresa solo da chi la ascolta. Tutto ciò la cui sostanza si trova solo sotto la superficie viene ridicolizzata dalla folla. La riflessione richiede uno spazio sicuro per non essere ridicolizzata dal pubblico. In questo senso, la poesia può essere contemporanea. Se si confronta la nostra epoca con quella di Goethe, si può avere l’idea che oggi il pensiero indipendente sia disapprovato, quasi proibito.

“La verità inizia in coppia“, dice Platone. Non è quindi fissa e deve essere costantemente raggiunta attraverso il dialogo. Dove si trovano oggi spazi aperti per la riflessione comune? Come i salotti del passato? O le università?

“Io voglio celebrare ciò che vive,che sospira la morte in mezzo al fuoco.” appare come un pensiero strano; è la previsione, l’intestazione, la cui spiegazione segue nei versi successivi:

Quando tranquilla la candela splende.
nel refrigerio di notti d’amore,

donde tu avesti e dove hai dato vita,
Un ignoto contatto ti sorprende.

Desiderio di luce

Le parole descrivono il mondo monotono delle falene, il cui unico scopo di esistenza è quello di allineare una generazione dopo l’altra nel buio. Ma di tanto in tanto, una su mille risveglia il desiderio di elevarsi al di sopra di se stessa, e questo desiderio è un’attrazione a cui l’individuo non può sfuggire. Vola, attratta dalla luce brillante della candela, e brucia in essa.

La tenebra prigione
in sé più non ti tiene,
ti attira nuova brama
a più alta congiunzione.

Non c’è forse in tutti noi il desiderio di crescere al di là di noi stessi, senza la costante preoccupazione per la vita e il corpo? Di partire e vivere il nostro destino senza preoccuparci di essere fatti a pezzi nell’aria? Senza temere di essere distrutti dal punto di vista medico o addirittura economico se consideriamo questo e quello che non rientra nel collo di bottiglia molto stretto di ciò che è permesso oggi?

Non sentiamo più questo desiderio perché siamo troppo legati al dato, a ciò che ci viene venduto  come“giusto“, “solidale“, “buono“. Siamo attaccati alla nostra vita, alla nostra reputazione, alla nostra cerchia familiare, alla nostra esistenza materiale. La scienza atea di oggi ci tiene intrappolati nella materia. Ma crescere al di là di noi stessi richiede un’immagine di noi stessi che vada oltre il materiale, verso il trascendentale.

Ospiti oscuri nell’oscuro mondo delle falene

Non distanza ti vince, affascinata,
a volo eccoti giunta,
anelando alla luce,
o farfalla, tu infine sei consunta.

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La poesia di Goethe si conclude con uno dei suoi versi più famosi, il pensiero del morire e del divenire, a cui siamo soggetti, ma che raramente “abbiamo”. Siamo vivi solo quando seguiamo l’anelito del nostro cuore a prescindere dalle perdite, senza temere di perdere il reddito o la sicurezza materiale, la reputazione e l’onore. Non è forse anche l’anelito alla trascendenza a renderci vivi, l’aspirazione a qualcosa di più elevato? La libertà di diventare ciò che siamo: Raggi del sole divino?

E finché non avrai compreso questo:
Muori e diventa!
non sei che ospite mesto
qui sulla terra spenta.

Van Gogh, Nietzsche, Mozart, Hölderlin, Kleist e molti altri hanno seguito il loro genio, senza curarsi del rischio di morire. Sono morti e ci hanno lasciato i più grandi tesori culturali a cui il mondo intero attinge ancora oggi. Giordano Bruno era un’altra falena dello spirito. Come uno dei più grandi pensatori della storia dell’umanità, si avventurò ben oltre ciò che era consentito all’epoca e fu letteralmente bruciato vivo. E non è proprio questo che Nietzsche intendeva con il suo superuomo? Individui che si elevano al di sopra di se stessi e delle proprie paure e che accettano di perire di conseguenza?

L'”ultimo uomo” di Nietzsche

Oggi non siamo ancora minacciati di morte fisica. Nessuno viene più bruciato vivo. Tuttavia, si viene rapidamente cremati sulla pira mediatica. Anche l’esistenza materiale è immediatamente in gioco se si pensa qualche centimetro oltre il consentito e si raggiunge una certa distanza. Gli esempi nel presente sono facili da trovare: Sucharit Bakhdi, Ulrike Guerot, Daniele Ganser. Ce ne sono molti altri.

Nietzsche, anch’egli ispirato da Goethe, ha creato un bellissimo contrasto con il suo Übermensch [superuomo NdT]: la descrizione di Nietzsche dell’ultimo uomo è un buon modo per concludere la spiegazione della poesia di Goethe. Gli ultimi uomini sono quelli che preferiscono rimanere nella calda palude delle falene; un furfante che pensa ai nostri tempi. In Così parlò Zarathustra, Nietzsche scrive:

“Che cos’è l’amore? Che cos’è la creazione? Che cos’è il desiderio? Che cos’è la stella?” — così domanda l’ultimo uomo e ammicca. La terra sarà allora diventata piccola, e su essa saltellerà l’ultimo uomo, che farà tutto piccolo. La sua razza è inestirpabile, come la pulce di terra; l’ultimo uomo è quello che ha la vita più lunga. “Abbiamo inventato la felicità” — dicono gli ultimi uomini e ammiccano. (…) Un po’ di veleno di tanto in tanto: ciò fa fare sogni piacevoli. E molto veleno alla fine, per un piacevole morire. (…) Si è intelligenti e si sa perfettamente come sono andate le cose: così non c’è fine al motteggiare. Si litiga ancora, ma ci si riconcilia subito — altrimenti ci si rovina lo stomaco.

Tradotto dal tedesco da Piero Cammerinesi per LiberoPensare

Fonte

Immagine in alto: Johann Wolfgang von Goethe nel ritratto più famoso di Johann Heinrich Wilhelm Tischbein

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