Ed è per questo che all’inizio di questo articolo abbiamo affermato che l’inchiesta della procura di Bergamo diretta dal procuratore Antonio Chiappani non farà certo giustizia alle vittime di quella strage e non arriverà alla verità.

Non lo farà per il semplice fatto che questa inchiesta parte dall’assunto che le persone sono morte perché ci fu troppo “lassismo” o ritardo nell’applicare le restrizioni di quel periodo. Restrizioni che non hanno mai avuto alcuna vera e valida logica scientifica perché nelle pandemie, quelle vere, è noto che la prima cosa da non fare è quella di rinchiudersi dentro le case.

L’immunità naturale è la cura migliore possibile come hanno affermato quei pochi virologi e scienziati che ancora non hanno il conto in banca rimpinguato periodicamente dalle case farmaceutiche e dalle altre corporation che ormai dominano incontrastate il settore “scientifico”.

Eppure, è proprio da questo errato e inconsistente assunto che l’inchiesta di Bergamo parte. Quello che fu la mancata e tempestiva esecuzione della zona rossa a procurare quella strage. Praticamente l’inchiesta sorvola e si tiene ben distante da tutte le enormi incongruenze della farsa pandemica.

Non risulta che in questa inchiesta si siano ordinate autopsie dei pazienti deceduti in quel periodo. Non risulta nemmeno che in tale inchiesta si sia indagato sul perché delle camionette militari e sulle ragioni di quella assurda sfilata che non fece altro che procurare terrore. Non risulta nemmeno che in tale inchiesta si sia fatto luce su quei protocolli sanitari, vedasi i ventilatori, che piuttosto che curare le persone, le stavano uccidendo.

E non risulta nemmeno che siano stati intervistati i vari sanitari coinvolti in quei drammatici giorni per chiedere loro conto delle “terapie” somministrate. Se dunque nessuno dei nodi principali è stato affrontato, allora come si può pensare di fare veramente giustizia? Non si può e non sembra essere certo questo l’intento di tutta questa “traccia” investigativa. L’intento di questa traccia sembra essere quello di mantenere in piedi una narrazione fondata sul presupposto che un nuovo e pericoloso virus letale si stava diffondendo.

Ma quali prove c’erano e ci sono che effettivamente il cosiddetto Sars-Cov2, ancora nemmeno isolato secondo diversi scienziati, sia veramente un pericoloso virus letale? Questa è la domanda che una qualsiasi indagine penale deve porsi per poter giungere alla verità.

Fino a quel momento, e anche ora, a reggere la narrazione del virus pericoloso erano i media e non certo delle serie ricerche scientifiche.

Le origini dell’operazione terroristica del coronavirus

La storia della “pandemia” iniziò con il viaggio di due misteriosi o quantomeno particolari cinesi, marito e moglie, che giunsero in Italia nel gennaio 2020. Particolari perché non avevano affatto il profilo di due turisti per caso sbarcati nella Capitale per ammirare il Colosseo. Uno dei due, l’ingegnere biochimico Xiang Ming Liu, risulta lavorare per l’istituto di Tecnologia di Wuhan, una università controllata dal governo comunista cinese.

Non è un segreto che Pechino da tempo utilizza accademici, ricercatori e professori per infiltrare i Paesi Occidentali e condurre le sue attività di spionaggio e su questo c’è l’esempio più recente degli accademici cinesi arrestati negli USA per spionaggio. Lo faceva in particolar modo negli anni che hanno preceduto l’operazione terroristica del coronavirus quando la Cina conduceva indisturbata, fino all’amministrazione Trump, il suo programma di espansione e colonizzazione dei vari Paesi nei quali stabiliva i suoi affari ed investimenti economici.

Dunque in quei giorni a Roma e in altre città italiane si aggirava un uomo che lavorava per il governo cinese, e non si può nemmeno escludere che l’ingegnere Xiang Ming Liu fosse vicino all’apparato dei servizi segreti di Pechino considerato l’incarico che ricopre in una università piuttosto importate e strategica per il polo tecnologico cinese.

Altro aspetto che non torna affatto nella storia dei due cinesi è quello della loro lunghissima degenza, pari a 79 giorni. Nessuno in Italia, e probabilmente nel mondo, è rimasto così a lungo in ospedale per l’influenza COVID.

Si può essere sicuri che quella strana coppia di cinesi avesse veramente avuto problemi per il Sars-Cov2? E si può essere veramente sicuri che fossero persino positivi al virus in prima istanza, considerato che lo strumento diagnostico utilizzato per rilevare la positività all’agente patogeno, il tampone PCR, produce una elevatissima quantità di falsi positivi?

Occorrerebbero indagini molto più approfondite su questa storia perché essa è l’intera chiave di volta della falsa narrazione sulla quale è iniziata una “pandemia”.

Nonostante i due cinesi, fino a quel momento, la posizione del governo Conte e delle altre istituzioni ufficiali relativamente al coronavirus era quella di “non diffondere il panico”.

Il coronavirus era, ed è, sino a prova contraria una influenza stagionale che è stata ribattezzata con il nome COVID per far credere falsamente che esso abbia una qualche peculiarità particolare rispetto agli altri virus influenzali.

Non era così nel 2020 e non è così ovviamente adesso. La intera sintomatologia del Sars-Cov2 è quella delle vecchie influenze, inclusi la perdita dell’olfatto e del gusto, anche se molte persone si sono dimenticate, nell’isteria e nella psicosi generale alimentata dai media, che cos’è davvero l’influenza.

Se il governo Conte quindi il 4 febbraio sosteneva che non c’era motivo di diffondere il panico sul coronavirus perché appena un mese dopo era lo stesso governo a diffondere il panico chiudendo tutto e autorizzando la macabra parata di Bergamo? E perché lo stesso governo praticamente “quasi” vietava di esaminare i corpi e ne ordinava la distruzione se voleva veramente capire cosa stava succedendo nel bergamasco? I corpi sono le prove di ciò che è accaduto. Non si fanno sparire. Si preservano.

I corpi sono in grado di parlare e di dire la verità se li si sa ascoltare e se si vuole giungere davvero a comprendere quello che è accaduto. Ma non sembra essere questo purtroppo l’obbiettivo dell’inchiesta di Bergamo che vuole piuttosto imputare al governo Conte troppa “leggerezza” nel gestire le restrizioni. Qualcuno forse se lo è dimenticato ma nel nostro ordinamento penale e costituzionale non esistono “zone rosse”. L’esecutivo non ha né la facoltà né il diritto di rinchiudere in casa i cittadini attraverso una narrazione principalmente mediatica di un presunto virus letale.

E non ha nemmeno il diritto di distruggere i corpi che sono gli elementi probanti per dimostrare cosa è veramente accaduto.

I reati ci sono e sono questi ma non è qui che la magistratura sta guardando. I togati stanno guardano altrove e non sembrano voler arrivare al cuore della questione. In Italia, non c’è mai stata una pandemia intesa nel senso reale e scientifico del termine né tantomeno un virus letale. E se non c’è stato tutto questo occorre perseguire i responsabili che hanno preso in ostaggio l’Italia, adottato protocolli sanitari omicidi e trascinato l’Italia verso un disastro economico e sanitario senza precedenti.

Questa è la giustizia che va data sia a tutti coloro che sono morti a Bergamo e sia a tutti gli italiani, compresi coloro che ingenuamente credettero a quella marea di menzogne e che ora si stanno ricredendo.

Non sarà però un lavoro che potrà fare la magistratura ordinaria e qui giungiamo ad un’altra ineluttabile constatazione che riguarda le condizioni del sistema giudiziario italiano.

Così come la politica si è resa protagonista di una operazione che aveva un preciso scopo politico, quello di privare le persone delle libertà personali e instaurare un nuovo tipo di società autoritaria globale, così la magistratura è stata inevitabilmente complice di questo piano non perseguendo i responsabili di tutto questo oppure seguendo piste “investigative” che non hanno alcuno vero scopo se non quello di provare a reggere una narrazione che ormai non più in piedi, quella pandemica.

E mentre i media italiani continuano a scrivere anche in questi giorni articoli dove si accusano Speranza e altri ex esponenti governativi della assurda tesi di “non aver aggiornato il piano pandemico” su altri quotidiani, il Telegraph britannico, sta emergendo la verità, quella vera.

Emergono le conversazioni tra l’ex ministro della salute britannico, Matt Hancock, e David Poole, responsabile delle comunicazioni dello stesso ministero.

In quelle conversazioni Hancock scrive di “tirare fuori la nuova variante”. Hancock scrive quello che tutti coloro dotati di buon senso e ragione hanno sempre saputo.

La “pandemia” è stata una enorme frode ed è per questo che vanno trascinati sul banco degli imputati i politici che l’hanno eseguita “ispirandosi” alla famigerata simulazione della fondazione Rockefeller che dieci anni prima della farsa descriveva tutto quello che è accaduto e che abbiamo sperimentato sulla nostra pelle nel 2020.

E qui torniamo a quanto accennato poco fa. Se la magistratura non ha perseguito e non può o vuole perseguire i responsabili non si può non giungere alla conclusione che così come l’Italia ha bisogno di una nuova classe politica che proceda a ricostruire la narrazione e a servirla una volta per tutte fedelmente, l’Italia ha anche bisogno disperatamente di una nuova magistratura.

Non di certo quella attuale che si dichiara ipocritamente “indipendente” e poi ha al suo interno correnti e correntine politiche e non pochi adepti di circoli massonici o paramassonici.

E non è nemmeno più possibile pensare che oggi la figura del magistrato sia praticamente al di sopra della legge, molto di più persino della politica.

L’Italia ha un disperato bisogno di superare una volta per tutte i distorti meccanismi della democrazia liberale che hanno partorito uno dei sistemi politici più corrotti di sempre.

Distorsioni che dal 1992 si sono aggravate sempre di più da quando in quell’anno la magistratura su mandato di poteri transnazionali mise fine ad un’intera classe dirigente risparmiando soltanto il PDS, designato poi negli anni successivi per attuare i comandamenti di Maastricht e trascinare l’Italia dentro quella gabbia monetaria.

La situazione di disfacimento generale delle istituzioni liberal-democratiche suggerisce che il punto di rottura è stato superato già dalla caduta del governo Draghi sul quale si reggeva tutto il fragile equilibrio dello stato profondo italiano.

Il governo Meloni è soltanto accanimento terapeutico destinato a durare ben poco. Una volta che l’Italia entrerà in questa nuova fase storica dove sta crollando tutto il vecchio “ordine” atlantico a sovranità limitata instauratosi nel 1946 sarà probabilmente possibile rendere veramente giustizia alle vittime della strage di Bergamo.

La parola “giustizia” potrà essere pronunciata e onorata solamente in un sistema che si metterà al servizio degli italiani e non da uno che li ha traditi.

Cesare Sacchetti

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