L’Uomo che ama è il Cuore pensante dell’Universo

Blue space man and woman look at each other on a black background

Se mi rappresento un qualunque oggetto esteriore del mondo (un’automobile, una pianta), non posso sapere quanto di quell’oggetto sia contenuto nella mia rappresentazione.

Ma se mi rappresento un oggetto interiore, un mio pensiero, esso è tutto contenuto nella mia rappresentazione. Poiché essendo io stesso a crearmi i miei pensieri, quando ho un pensiero io sono tutto dentro di esso e partecipo alla sua intera attività.

Quando mi rappresento un pensiero, avendolo io stesso prodotto, esso non può contenere qualcosa ch’io non abbia pensato, perché, essendo una mia creazione, ho immesso io dentro di esso tutto ciò che contiene.

Se ho creato io la rappresentazione di quel pensiero, posso affermare almeno tre cose:

  1. io sono sempre presente in tutto il mio pensiero, io vivo in ogni parte delle mie rappresentazioni di un pensiero;
  2. io conosco sempre tutto il contenuto di un mio pensiero. Nulla vi è in esso ch’io non abbia creato e che possa sfuggirmi o non appartenermi;
  3. nulla mi appartiene più dei miei pensieri. Nulla al mondo io posso conoscere meglio dei pensieri ch’io stesso creo. Rudolf Steiner si spinge ad affermare che l’uomo può conoscere solo ciò che è in grado di CREARE. Solo la verità che noi creiamo, cioè che sorge da dentro di noi, ci dà soddisfazione e ci toglie ogni dubbio. Conoscenza significa libera creazione dello spirito umano”.

La sola verità che io posso conoscere è racchiusa nel contenuto dei pensieri che io creo.

Posso conoscere soltanto la parte di verità contenuta nei pensieri che creo.

Dei pensieri che mi creo sulle cose, io conosco tutto. Ma non tutto delle cose stesse: soltanto la parte di cui riesco a farmi un pensiero.

L’altro elemento essenziale che va associato al pensare creativo, l’altra condizione alla conoscenza, è l’amore!

La prima forza conoscitiva per la vita è l’amore. Senza l’amore è impossibile giungere ad una conoscenza dell’uomo.” O.O. 310

Posso conoscere solo per quanto sono in grado di CREARE nel concepire e di AMARE nel percepire. Amare e Creare sono le due condizioni necessarie al conoscere!

“Le idee sono per l’antroposofia i recipienti d’amore nei quali viene fatto entrare dai mondi spirituali, in modo spirituale, l’essere umano.

Attraverso l’antroposofia, deve risplendere avvolta, da pensieri pieni d’amore, la luce della vera umanità. La conoscenza è solo la forma di come attraverso l’uomo deve venire data la possibilità che il vero spirito proveniente dalle ampiezze universali si raccolga in cuori umani, affinché dai cuori stessi possa illuminare i pensieri. E poiché l’antroposofia può essere compresa SOLO dall’AMORE, essa è creatrice d’amore quando viene compresa dagli uomini nella sua vera natura.O.O. 257

“L’uomo è l’ORGANO (della natura) attraverso cui la natura rivela i suoi segreti”, scrive in O.O. 2, perché “il mondo interiore dell’uomo è il mondo interiore della natura”.

I due mondi si compenetrano, ed il fondamento dell’uomo è lo stesso fondamento della natura.

Quando penso le cose con creatività, il concetto è il mio intimo che mi parla da dentro.

Quando osservo le cose con amore, il percetto sono le cose che mi parlano da fuori.

L’intuizione è la sintesi tra l’Arte, libera e creativa, e l’Amore, “l’amor che move il sole e le stelle”.

Perché “è l’anima che conosce”, aggiunge ancora Steiner ne l’Iniziazione parlando della devozione.

“E per l’anima i sentimenti sono ciò che per il corpo sono le sostanze che ne formano il nutrimento. Se al corpo si danno pietre invece di pane la sua attività cessa. Qualcosa di simile avviene per l’anima. Per essa la venerazione, il rispetto, la devozione sono sostanze nutrienti che la rendono sana, forte; forte anzitutto per l’attività della conoscenza. (…)

La venerazione risveglia una forza empatica nell’anima, e per mezzo di questa vengono da noi attratte delle proprietà degli esseri che ci circondano, che altrimenti rimarrebbero nascoste.”

Solo quando le amiamo, le cose del mondo ci rivelano le loro qualità segrete.

Occorre creare ed amare, abbandonarsi all’amore, per conoscere i significati, i segreti delle cose.

Qualsiasi essere al quale tu doni il tuo amore, ti svela la sua Essenza; infatti, l‘assenza d’amore è un velo che si pone davanti alle cose del mondo e le nasconde. 

La conoscenza che scorre verso di te è pari all’amore che scorre da te. (Lezioni Esoteriche)

Da l’Iniziazione:

Il discepolo non deve perdersi in riflessioni sul significato di questa o di quella cosa; un tale lavoro intellettuale non può che fargli perdere la strada giusta.

Egli deve osservare il mondo sensibile con perspicacia, freschezza d’impressioni e buon senso, e poi abbandonarsi ai suoi sentimenti. Non deve speculare con la sua mente per cercare di capire ciò che le cose significano, ma se lo deve far dire dalle cose stesse.

Occorre notare che il sentimento artistico, accompagnato da una natura calma e introspettiva, è la migliore base per l’evoluzione delle capacità spirituali: il sentimento artistico penetra attraverso la superficie delle cose e raggiunge in tal modo i segreti di esse.”

Anziché al “sentimento artistico”, la maggior parte degli uomini invece si abbandona al rappresentare astratto, cioè “specula.

Il sentimento artistico, invece, non è che, ancora una volta, la sintesi tra arte e amore. 

L’amore pensa in immagini. L’arte pensa in ispirazioni.  

L’uomo moderno non ama né crea, ergo non pensa, non produce né possiede pensieri propri ma solo parole. 

L’uomo pensa in parole, numeri, che non crea da se stesso ma adotta come concetti astratti.

Di fatto, quando pensa, parla. Parla a se stesso, nella sua mente o ad alta voce, per dare supporto, fondamento, forza al proprio pensiero. Forza che il pensiero moderno non ha più; e, non riuscendo a fondarsi su se stesso, non riuscendo ad utilizzare solo se stesso come organo di senso delle idee, ha bisogno di un qualcosa su cui poggiare: le parole.

Allora, quando ha tante parole, l’uomo si convince di pensare sulle cose da esse descritte ma non si accorge di accontentarsi soltanto delle rappresentazioni che parole o numeri, di quelle cose, gli evocano.

 

E così l’uomo moderno si è persuaso di avere pensieri, quelli che racconta a se stesso. 

 

Colto e istruito, se ne va per il mondo tronfio del suo sapere astratto, dei suoi lucidi pensieri morti, di teorie e concetti mai sperimentati direttamente.

Concetti che gli hanno consentito di costruire un computer quantistico, far volare un aeroplano a sei volte la velocità del suono, trapiantare un cuore per mantenere un uomo in vita per oltre 100 anni, ma non di conoscere sperimentalmente cosa faccia crescere un filo d’erba o cosa sia il pensiero con cui ha pensato tutto ciò. 

Pensiero con cui percepisce le cose che crede di pensare e che non percepisce mentre crede di pensarle.

Pensiero che non percepisce perché di fatto non pensa, bensì parla o conta senza mai sperimentare la vita di ciò che crede di pensare. E, non conoscendo/percependo il pensiero mentre lo pensa, non può sapere di non pensare. Né che la maggior parte degli uomini non pensa, perché per accorgersene dovrebbe egli stesso pensare.

Si, perché avere cultura e tecnologia non significa pensare, produrre pensieri oggettivi ovvero percepire idee viventi, concetti universali. Avere cultura ormai significa solo possedere parole e numeri: altrui.

Correnti filosofiche come il nominalismo, ritengono non esistano nel mondo pensieri universali, ma che questi siano dei meri «nomi», semplici parole.

Per i nominalisti, pensare non è altro che parlare; allora non serve amare, creare, coltivare la logica, basta la «grammatica».

L’uomo moderno rifiuta i pensieri universali e preferisce rifarsi a pensieri individuali, che altri hanno già pensato, magari a loro volta senza pensare.

Ed è così che uomini di grande cultura, filosofi noti come Galimberti, si sono convinti che l’uomo possa produrre tanti pensieri quante le parole che possiede. 

Infatti ciò che afferma Galimberti è vero, per chi pensa come lui. È vero per l’uomo moderno, che anziché pensare si accontenta di parlare interiormente, si accontenta di pensare in parole e numeri, accumulando concetti altrui da ricordare alla bisogna per prodursi una qualche credenza, una convinzione su cui basare le proprie speculazioni.

Parole e pensieri sono diventati la stessa cosa.

“Chi ha un ridotto vocabolario”, dicono, “produce pochi pensieri”.

Se fosse vero, non potrebbe comprendere ad esempio il significato del “sentirsi bene” chi non conosca la parola “cenestesi”.

Non potrebbe crearsi un’immagine, riempiendola di contenuto di pensiero, per afferrare il concetto di “sentirsi bene”. Non potrebbe pensare, intuire ciò che lo fa star bene e rifiutare ciò che lo fa star male.

Basta guardarsi intorno nel colto e civilizzato mondo occidentale, per notare come sia sempre più raro un individuo in grado di avere pensieri autonomi, di discernere ciò che gli giova o che gli nuoce, il bello dal non bello, il morale dal non morale: in grado di intuire un concetto universale.

Perché, per giungere ad esempio al concetto universale di triangolo, bisogna scegliere tra una rappresentazione fissa di triangolo (ottusangolo, rettangolo, acutangolo) oppure una mobile, che di continuo muti angoli e lati. 

La prima non richiede sforzo alcuno; la seconda pretende che la nostra capacità di pensiero soddisfi due particolari esigenze: immaginazione e movimento. Che in fondo sono una cosa sola.

Occorre cioè immaginare che lati ed angoli del triangolo siano in continuo movimento e trasformazione, per poter intravvedere la “triangolarità”, il concetto universale di triangolo e, ancor più in alto, la Potenza che l’ha concepito!

Ma ciò esige la capacità di movimento del proprio pensiero. Quando il pensiero può muoversi, cambiare, plasmarsi di continuo, diviene capace di afferrare pensieri universali.

Il movimento del pensiero è pensiero in movimento, vivo, capace di scivolare da una forma nell’altra creando le molteplicità fenomenica col suo momentaneo fissarsi.

Il pensiero in movimento, creativo, artistico è l’organo di percezione dei pensieri universali, dei concetti archetipici comuni ad una tipo-logia di enti.

Il pensiero invece immobile, non riuscendo a svincolarsi dal cervello in cui è fissato e riflesso, crede sia il cervello a formarlo, proprio come un uomo nato in una prigione senza finestre crede ch’essa sia il mondo che lo ha concepito.

Non può conoscere le sue origini perché non sperimenta la vita, non conosce la natura del pensare. Perciò non può sapere d’essere egli stesso un pensiero.

La sua prigione-cervello ha muri di specchio, affinché nella sua attività l’anima divenga visibile a se stessa.

Quando si muove e si guarda allo specchio, il prigioniero non crederebbe mai d’essere stato creato dallo specchio; invece, non vedendo i suoi pensieri mentre li pensa ma soltanto già pensati, si convince che sia lo specchio a produrli. Percependosi specchiato nel cervello, il pensiero prodotto dall’anima illude il prigioniero che sia la prigione-cervello a produrlo.

Invece qualcosa agisce precedentemente nell’uomo, facendo della sua materia cerebrale un riflettore per la percezione della realtà. Di tale azione preparatoria sul cervello, che lo rende in grado di rispecchiargli il pensiero così che gli arrivi riflesso, il prigioniero non ha alcuna coscienza; ne percepisce solo il risultato finale, il rispecchiamento, il pensato.

Prima che noi pensiamo, noi veniamo pensati. 

Il cosmo ci pensa, ci produce come pensieri affinché noi possiamo pensare il cosmo.

Gerarchie cosmiche emanano forze di cristallizzazione nel cervello umano, così che diventi uno specchio per il pensare ovvero sia in grado di conferire Forme alla sabbia cerebrale.

Ma il cervello è uno specchio diverso da quello in cui ci guardiamo ogni mattina.

Secondo la Scienza moderna, il pensiero è una secrezione, proprio come un ormone, un enzima, una proteina, prodotta dal cervello. Ed in effetti ed in parte è proprio così!

Il cervello produce una microscopica immagine silicea, riflessa e specchiata sottosopra, delle cose che osserviamo. Da questa immagine cristallina origina il pensiero.

Perché pensare significa sciogliere lo specchio, significa sciogliere quelle micro-sculture silicee che gli gnomi “scalpellano” di continuo nel nostro cervello, ci rivela Steiner.

Esse devono essere continuamente formate nel cervello, in corrispondenza delle cose che osserviamo, affinché possiamo pensare.

In sostanza, il pensare è “l’acqua del cervello”, fa nel cervello ciò che l’acqua fa nel corpo fisico o ciò che il fegato fa nel sistema metabolico.

Pensare significa eterizzare, spiritualizzare la materia. 

Quando osservo una rosa, io sono dentro la rosa. Posso vederla solo grazie al fatto che, da dentro la rosa, io la vedo specchiata nei miei occhi. Ma non mi limito a vederla, a percepirla dall’esterno ovvero acquisendo un contenuto percettivo proveniente dall’oggetto da fuori di me (dunque percezione oggettiva). 

Guardandola, io me ne produco anche una contro-immagine riflessa e rovesciata nel mio cervello fisico. L’immagine silicea io posso scioglierla solo con il mio pensare, producendomi una rappresentazione della rosa. 

Un tale pensare “solvente” è detto pensiero riflesso, in quanto prima riflette la realtà nel cervello-specchio, poi secerne ed addensa una forma silicea corrispondente ed infine la dissolve, la eterizza per poter sviluppare la coscienza ordinaria della realtà. 

Ma come si formano le concrezioni silicee in noi? Chi conferisce la forma (exusia) allo specchio siliceo?

Così come noi ci formiamo le contro-immagini inverse della realtà per potercele rappresentare e averne coscienza, gli Exusiai o Spiriti della Forma ci pensano, producono noi uomini affinché possiamo fare da specchio per i Loro pensieri cosmici.

Noi siamo per il cosmo ciò che le immagini della realtà scolpite nel nostro cervello sono per noi: noi siamo gli specchi, i riflettori del cosmo.

Sono gli Exusiai che mantengono il cervello umano nella forma di specchio, fissano il pensiero umano nella forma riflessa, e mantengono l’uomo nella coscienza inferiore o “ego”. Se così non facessero, Essi non potrebbero produrre i loro creativi pensieri cosmici; è l’uomo non sarebbe libero di prodursi rappresentazioni astratte e permanere in una coscienza “egoica”.

Sarebbe obbligato a percepire il Logos pur senza volerlo, e, avvertendo possente la Sua Volontà, Ne diverrebbe un “automa morale”, uno Spirito autocosciente ma non autonomo, un servo devoto. Non avendo coscienza del Cielo, l’uomo può così rimanere libero, tanto libero dal Divino quanto schiavo di se stesso.

Ma il Christo non ci vuole servi bensì amici!

“Non vi chiamo più servi, perché il servo non conosce quel che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi”.

L’uomo è dunque chiamato a Conoscere cioè a divenire “co-creatore dell’universo”, collaboratore del Logos, amico del Christo.

Il pensiero umano è cioè chiamato ai concetti universali.

Per giungervi, deve vincere l’Exusia, la forza fissante, immobilizzante; svincolarsi dalle forme fisse, dalle singolarità, dai concetti astratti, dal pensiero solvente; e “rinascere dall’alto”, come il Christo indica a Nicodemo. 

Deve prodursi non più rappresentazioni astratte della materia illusoria bensì viventi immagini, ispirazioni e intuizioni dell’Idea “unica ed eterna”.

Deve cioè ergersi alla gerarchia subito superiore, gli Spiriti del Movimento, le Virtù o Dynameis, che regolano il movimento-battito ordinario del cuore, che origina dal primo impulso al movimento, ancora sull’Antico Saturno. Nel feto, è ancora il movimento, il flusso del sangue che forma il cuore. Ed è sempre il movimento, il battito cardiaco della madre, che forma l’orecchio.

Tela di Sandro Parise

Così come si occupano di regolare il soffio vitale che mantiene il cuore in movimento, le Dynameis attendono solo di concedere – a chi se ne renda meritevole – la Dynamis, la forza che muove il pensiero, per portarlo dal regno delle singole cose, delle forme astratte, al regno degli archetipi, dei pensieri universali.

Ecco perché il pensiero in movimento è <pensiero del cuore>.

Quelle stesse Virtù, che ricevettero l’ordine dal Padre di traviare gli Adepti della Luna affinché strappassero all’uomo la Vita-movimento del pensiero e gli portassero la libertà come incoscienza della Vita eterica, sono le stesse Gerarchie che oggi detengono e concedono la Dynamis, la forza che restituisce movimento, Vita, universalità al pensiero umano e Libertà all’uomo.

Ed è la volontà applicata al pensiero che metamorfosa i corpi sottili umani fino a renderli in grado di sopportare la potenza della Dynamis che a sua volta libera Šakti, imprigionata nella testa, tra epifisi ed ipofisi, dalle forze di cristallizzazione e pietrificata come pensiero riflesso nella morsa tra Lucifero ed Arimane.

Ma se risvegliata e liberata dalla Volontà che Pensa, la Potenza creatrice può discendere al cuore e incarnarsi.

La coscienza immobile, impietrita, per gli Indù è Spirito; la coscienza dinamica, libera di muoversi, è Šakti, la Grande Madre, la “Verità che rende Liberi”!

Se accoglie quella Dynamis, l’uomo “rinasce dall’alto, dall’acqua e dallo Spirito”: diviene Libero Artista Creatore, “fantasista morale”, perché sperimenta direttamente la Potenza creatrice che vive in tutte le diverse forme e ha la qualità di modificarsi durante il suo passaggio attraverso i singoli casi, a seconda di come la mobilità venga disposta.

Non è più costretto a “riflettere” silicei rispecchiamenti della realtà nel cervello fisico, da sciogliere per prodursi mere rappresentazioni mnemoniche o quantitative.

Può Pensare davvero!

Può crearsi viventi immagini di pensiero, in cui percepire un quid, una potenza di Luce nell’eterico, di Colore nell’astrale, di Tono nello spirituale. Quella Potenza è l’Idea, “unica ed eterna”!

Essa non ha alcun bisogno di parole per essere sperimentata direttamente; anzi di solito le parole sono solo un intralcio alla sua manifestazione.

Ne ha ovviamente bisogno solo per essere comunicata, descritta, ma non per essere percepita; ma la sua ordinaria comunicazione è pura dialettica tendente a sostituirsi al pensiero: sia di chi la esprime, sia di chi la accetta come pensiero.

Un tempo, circa otto secoli prima del Golgotha, il pensiero riflesso non esisteva ancora.

Allora l’uomo ancora pensava per immagini, sperimentava il mondo per immagini.

Nel Medioevo i grandi artisti pensavano ancora per ispirazioni.

Poi venne, per l’anima umana, la necessità di estinguere la Vita del pensiero.

L’immaginazione vivente si fece concrezione silicea e il pensiero divenne rappresentazione astratta, riflessione. Il pensare diventò mera “funzione” fisiologica, ripetizione supina delle parole che ci confortano e rigetto automatico di quelle che ci destabilizzano, costringendoci a cambiare, a muovere il pensiero fuori da una nostra posizione fissa: fuori dalla prigione-specchio.

Dimostrazione del fatto che l’uomo moderno non pensa è il pregiudizio.

Se soffre di pregiudizi ossia fatica a cambiare la sua opinione, è perché non pensa. 

Fatica anche solo ad ascoltare serenamente punti di vista differenti dal suo, a scollarsi dalla sua credenza letargica ed osservare la realtà da posizioni diverse dalla sua.

Al pregiudizio si associano poi la paura, l’orgoglio, l’ira, che affliggono la sfera del sentire, che sempre più stringono e immobilizzano la forza vivente del pensiero.

E allora sempre meno pensiero, sempre più parole.

Anche l’apprendimento è divenuto oggi solo un ripetere acriticamente una lezione, una materia di studio, un progetto di lavoro che andranno poi ancora ripetuti per mostrare di ritenere quei concetti (altrui). A volte si tratta di mettere a confronto più autori, più visioni, più opinioni e magari di farne una “sintesi”; ma una sintesi così concepita non ha alcun Potere sintetico, è solo un richiamare concetti di autori diversi sottolineandone differenze e similitudini.

Nessuna creazione, nessun pensiero, solo “secrezioni sciolte”.   

Solo surrogati di pensiero che garantiscono il benessere in un sistema fondato sull’illusione, ma non le risposte alle più intime, impellenti o inconsce, domande dell’uomo.

Quelle sono afferrate solo da un pensare vivo e mobile, che non quello funzionale, meccanico, mnemonico e quantitativo a cui siamo stati conformati nei luoghi accademici.

E, se il vero pensare muore mentre l’uomo moderno si sottopone al torchio dello studio mnemonico, muore anche la sua Libertà cioè la capacità di muovere il suo pensiero fuori da schemi, sistemi, modelli, preconcetti, settarismi, fanatismi.

Ormai gli basta solo ricordare parole, azioni, schemi e modelli a cui viene omologato, così da poterli azionare a memoria in “conformità” a norme, leggi, protocolli, in sicurezza ed efficienza.

Se ha cultura, istruzione, addestramento, l’uomo non ha più bisogno di pensare: meno pensa, meno sbaglia! 

Il “21st century schizoid man” cantato da Greg Lake dei King Crimson, ha ormai solo bisogno di “sapere” (knowledge) e “saper fare” (skill). 

 

Copertina dell’album “In the Court of the Crimson King” del 1969

 

Il sistema gli ha fornito da fuori i pensieri che gli servono: parole, procedure, protocolli, linee guida, “funzioni” sempre più specifiche e settorializzate. 

L’homunculus moderno è diventato un ottimo “funzionario”, applicatore di procedure. Sempre più conformato, omologato e sconnesso dalla realtà, dal Vero, Giusto e Bello; sempre meno pensante, discernente, morale, Libero.

Meno è libero di pensare, meglio funziona.

Meno è libero di pensare e più dev’esser libero di agire, dev’essere “tutto ciò che vuol essere”. Qualsiasi cosa dev’essere lecita, purché sia omologabile, inquadrabile in una tendenza voluta.

Ogni anticonformismo prenda forma, così da divenire anestetico per qualsiasi moto di pensiero, così che ogni topino trovi il suo pifferaio.

Nessun Bello oggettivo, nessun concetto universale di Bellezza dev’essere intravisto: tutto soggettivo perciò tutto lecito.

Nessuna autonomia di pensiero, ogni cosa va incanalata in una cultura specifica a cui ricondursi.

L’ignorante invece, quello vero, quello che non sa di non sapere, non può che muovere il pensiero per cercare (di percepire) un concetto che non ha. Ma così muovendosi, non trova solo quello particolare ma anche il concetto universale, l’Essenza vivente manifestata dalle cose del mondo.

Totalmente libero da “parole” o pensieri dialettici, l’ignorante muove il suo pensiero, ma non sa esprimerlo e nemmeno vorrebbe farlo perché, esprimendolo in parole, sentirebbe subito di perderlo. Lo sentirebbe subito morire, perché solo la vita percepisce altra vita; solo un pensiero dotato di Vita, cioè di moto, percepisce la vita dei pensieri.

Perché per l’ignorante saggio, pensare è produrre vive immagini di pensiero, suggerite dalla natura, dagli esseri viventi stessi, che gli suggeriscono quando arare o seminare, quando potare le piante ecc: pensieri che non abbisognano di parole per essere prodotti e attuati.  

Cosa possiamo fare? Non smettere di pensare.

Iniziare a pensare. Imparare a pensare davvero!

Conoscere prima di tutto le leggi e gli impulsi interiori del pensare.

Non si tratta di rifiutare la cultura ma l’omologazione che, attraverso la cultura odierna, si vorrebbe imprimere.

Rimanere liberi, discernenti, dubbiosi.

La Scienza è quel modello di pensiero fondato proprio sul non credere, sul dubitare, sul tentare d’invalidare di continuo ogni sua affermazione. 

Se il pensiero scientifico diviene autoritario, autoreferenziale, è morto.

Ne rimangono solo gli slogan ripetuti a vanvera: 

“La Scienza non è democratica. Io credo nella Scienza!”, 

Frank Zappa

No, non è il testo del brano “Who are the Brain Police?” scritto da Frank Zappa nel 1966, ma la realtà che vediamo oggi sotto i nostri occhi.

Lui la vide arrivare già quasi sessant’anni fa. 

Oggi è talmente abbagliante da essere divenuta invisibile. 

Imparare a creare pensieri e a percepire le idee.

Imparare ad amare, amare, Amare!

Divenire Uomini!

Perché solo l’uomo che Ama È: e solo chi È, pensa.

Amo ergo Sum. Sum ergo Cogito.

L’Uomo che Ama è il cuore pensante dell’universo!

 

Fabio Antonio Calò


  Fabio Antonio Calò è un musicista e ricercatore spirituale indipendente

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