Cosa farebbe oggi Gesù in Palestina?

di Piero Cammerinesi
Dopo oltre cinque mesi di sangue e distruzione a Gaza, invece di pensare al modo di fermare l’orrore, c’è chi non trova niente di meglio da fare che tirare in ballo addirittura Gesù Cristo per portare acqua al proprio mulino.

Oddio, non che sia una storia nuova, questa; da duemila anni slogan come “Dio è con noi”, “Dio lo vuole”, et similia sono sulla bocca di tutti i contendenti dall’uno all’altro versante della carneficina di turno.

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E, purtroppo, proprio i rappresentanti di quella che è una religione di un Dio d’amore, il cristianesimo, sono da sempre in prima linea – dalle crociate alle conversioni forzate dei “pagani” in tutto il mondo – nell’intolleranza di pensiero e nella violenza dell’azione.

Basti pensare che proprio ieri, 8 Marzo, ricorreva l’anniversario dell’assassinio di Ipazia di Alessandria, esempio straordinario di matematica, filosofa ed astronoma greca, fatta letteralmente a pezzi – perché pagana – dai fanatici cristiani seguaci del vescovo Cirillo, in seguito addirittura santificato dalla chiesa di Roma.

Ma veniamo alla nostra storia.

All’inizio della settimana appena conclusasi, la diplomatica palestinese Riham Barghouti, nel corso di una sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, nel condannare gli eccidi di Gaza, dove hanno perso la vita oltre 30.000 persone, ha pronunciato queste parole:

Gesù è nato in Palestina. E se Gesù fosse vivo, la sua anima piangerebbe per l’uccisione dei bambini nella terra in cui è nato.

Parole certamente appropriate – e, aggiungerei, anche moderate – visto il messaggio di pace predicato dal Fondatore del cristianesimo.

Ma, evidentemente, la cosa non è piaciuta alla controparte, tanto che il Ministero degli Esteri israeliano sul suo canale Telegram ha pensato bene di condannare le parole di Barghouti affermando:

I rappresentanti palestinesi alle Nazioni Unite dicono ancora una volta bugie. Gesù era un ebreo, nato in Giudea, e sarebbe stato brutalmente ucciso da Hamas o preso in ostaggio il 7 ottobre. La delegazione palestinese all’ONU avrebbe applaudito a questi crimini, come fa ora.

Come si può notare, anche di fronte ad una ragionevole e condivisibile affermazione riferita alla ipotizzabile sofferenza di Gesù Cristo, qualora fosse presente in questo momento storico, di fronte alla sofferenza delle popolazioni mediorientali, la risposta da parte israeliana è sprezzante e violenta.

A parte l’appropriarsi dell’origine ebraica di Gesù Cristo da parte del popolo che lo ha fatto condannare a morte, va notato che mentre gli ebrei rifiutano completamente l’idea della divinità di Cristo, l’Islam, quantomeno, venera Gesù come uno dei grandi profeti e un precursore di Maometto.

Si tratta, evidentemente, di un episodio decisamente marginale nella dinamica della tragedia mediorientale, ma consentitemi di sottolineare che è sintomatico delle modalità di pensiero del mondo attuale.

Il diavolo, non dimentichiamolo, è nei dettagli.

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