Lobbying e nuove frontiere di (il)legalità istituzionale

Lobby
Occorre raggiungere un compromesso fra gli ‘intellettuali’ fobici del concetto di complotto, come se questo fosse un anatema, e i paranoici che vedono regie occulte dietro ogni contingenza, mettendo finalmente alla base del discorso politico concetti ‘pacifici’ e incontestabili come “lobbying” e “agenda”.
Il pensiero unico è stato molto abile a educare nella parte apparentemente più colta della società una mentalità incapace di concepire meccanismi intenzionali e complessi, pur essendoci nella storia, anche in quella più recente, un’infinità di esempi di complotti e cospirazioni; una mentalità che tende a spiegare anche gli ultimi cambiamenti di paradigma con meccanismi del tutto elementari e casuali, ricorrendo, al limite, al concetto di “convergenza di interessi”, che in questo contesto sarebbe l’occasione ghiotta colta al volo dai soliti noti a seguito della zoonosi spontanea e naturale di un virus, avvenuta al mercato di Wuhan.
Per definizione il lobbying va molto oltre la spontanea convergenza di interessi, in quanto 
“ogni lobby costituisce un gruppo di pressione che cerca di influenzare con varie strategie dall’esterno le istituzioni, per favorire particolari interessi (nonché idee e visioni del mondo), la cui influenza può far leva su elementi immateriali, come il prestigio di cui il gruppo gode, o su elementi materiali, come il denaro di cui dispone” (Wikipedia).

Quindi, perché escludere che un gruppo d’interesse possa anche costruire o provocare degli eventi, come è risaputo per esempio delle guerre d’esportazione di democrazia, dopo di che azionare i propri lobbisti a lavorare per la realizzazione di una determinata agenda? 

Il lobbying è un sistema regolamentato negli USA dal 1946, che automaticamente entra a far parte dei regolamenti delle istituzioni europee, dove oggi si stima che a Bruxelles operano circa 15 000 lobbisti che difendono gli interessi di società industriali, associazioni civili di categoria, gruppi ambientalisti e altri. Dal 2011 esiste il Registro comune europeo dei rappresentanti dei vari gruppi d’interesse, denominato Registro per la Trasparenza, il quale de facto autorizza e legittima i lobbisti alla partecipazione al processo decisionale europeo, alla sua governance tecnocratica centralizzata che, basata su una logica top-down, influenza l’attività legislativa di tutti i parlamenti nazionali. E’ superfluo sottolineare che il lobbying delle case farmaceutiche è fortemente sviluppato e rappresentato, il che è la causa di noti e meno noti fenomeni di disease mongering (disease mongering indica in modo dispregiativo la mercificazione di una malattia attraverso la tendenza di enfatizzare il contrasto di varie patologie allo scopo di trarne profitto). Ai membri del Corporate Europe Observatory è noto da tempo che i lobbisti delle case farmaceutiche tendono a spingere le istituzioni ad adottare e promuovere soluzioni a problemi di salute che non esistono, perlomeno non nelle forme e nell’intensità con le quali vengono pubblicamente presentati, oppure con delle modalità contrarie al buon senso (come si è verificato con la vaccinazione sperimentale adottata ad hoc in presenza di cure efficaci); modalità che non solo aumentano in modo considerevole i profitti delle società private, ma fanno capire che, affinché ciò avvenga, anche parte dei medici, degli ordini professionali, delle agenzie di consumatori e delle istituzioni sia compromessa con le case farmaceutiche, ovvero che una parte di essi sia influenzata dalle pubbliche relazioni finanziate da quest’ultime. Questo sarebbe sostanzialmente la definizione di corruzione, ma visto che ci sono agenzie professioniste specializzate nell’offrire servizi di lobbing, anche le azioni meno trasparenti di reclutamento di collaboratori e adepti vengono poi ‘sanificate’ dalle campagne mediatiche o dall’organizzazione di congressi scientifici e varie iniziative istituzionali. In altre parole, le teorie del complotto sarebbero perfino ingenue e oramai largamente superate in un’epoca in cui anche le decisioni più controverse e le stesse dichiarazioni di intenti repressivi di diritti e libertà accadono tutte alla luce della legalità formale.


Ci sarebbe un altro aspetto, volendo anche più ludico, per quanto perverso, a proposito dei lobbying tanto in competizione in questo periodo, che fa pensare come i padroni filantropi dovrebbero divertirsi non poco con il circo mediatico e sociale che hanno creato, per lo più con i fondi di Stato generosamente elargiti a radio e tv in cambio di spot di propaganda emergenziale. D’altronde, c’è qualcosa di meglio da fare con una massa di individui verso cui si nutre solo un profondo disprezzo? Paradossalmente questo disprezzo traspare anche dalla scelta dei lobbisti mediatici di punta, scelta che pare sia caduta volutamente su personaggi grotteschi, ambigui e privi di credibilità per rendere ancora più esplicito il messaggio di quanto ciò a cui assistiamo sia assurdo. In effetti, nelle varie tappe della campagna vaccinale e greenpass-iana, promossa da esperti e presentatori televisivi sempre più nevrastenici, abbiamo avuto un decrescendo di messaggi che sommati fra loro creano un cortocircuito che solo le menti più attonite e compromesse potrebbero accettare senza una buona dose di cinico divertimento e humor nero.

 La Vaccinolatria ha segnato un decrescendo tragi-comico, che è partito dalla premessa che “se ti vaccini hai l’immunità”, per poi proseguire con “no, non hai l’immunità, ma se ti vaccini non ti ammali”. Se ti ammali, però, “non vai in terapia intensiva”, “ma se vai in terapia intensiva, non muori”. Se però da vaccinato dovessi morire, hai la soddisfazione che “i morti non vaccinati sono di più”, ma se poi sono i morti vaccinati ad essere di più, sarà colpa dei non vaccinati.

Lo stesso parossismo di idiozia riguarda anche il discorso sulla variante Delta, che notoriamente buca gli anticorpi vaccinali. Insomma, se Fauci in prima persona dice che la Delta annulla le differenze fra un vaccinato e un non vaccinato, per cui anche la carica virale e la contagiosità fra i due sembra non segnare rilevanti differenze, e nonostante ciò la campagna vaccinale continua ad andare avanti con volume a bomba, scandendo perfino l’assalto alla terza dose, che è sempre il vecchio vaccino tarato sulla variante di Wuhan che non esiste più? E cosa dire invece del decrescendo del Green pass? Nato come un “capolavoro del genio italiano” (se lo dice Prodi è una garanzia), con cui inizialmente si è voluto creare delle isole felici di sicurezza e aria purificata, mentre in seguito si è capito che serviva per smaltire le scorte di dosi prima della loro scadenza,  per poi diventare un’umiliazione oltre tutto per i vaccinati, che come dei sorvegliati speciali dovranno esibire il lascia passare a ogni passo. Almeno i non vaccinati possono mostrare un po’ di dignità con la consapevolezza di far parte della resistenza e di non esserci cascati in un ricatto giuridicamente assurdo. E’ possibile che poi tutto quel mitologico discorso sulla Quarta Rivoluzione abbia partorito un topo morto come il Green pass? Questo sarebbe il progresso e il futuro promessi dai signori non più tanto giovani e svegli di Davos? Per la mentalità più raffinata con cui fin ora si erano distinti i giganti della hi-tech, il senso dell’economia delle app avrebbe dovuto essere quello di favorire l’auto-tracciamento dei consumatori, facendogli scaricare e infilarsi spontaneamente nella rete di app sempre più personalizzate.

Per fare un esempio di quanto sia insidiosa l’attività del lobbying, possiamo citare un report del Corporate Europe Observatory, da cui emerge che Microsoft e IBM hanno speso, a livello ufficiale, circa 100 milioni per allestire le reti di lobbying sul territorio europeo, ma la spesa sommersa dovrebbe essere molta di più. E’ da notare che già i nomi di una buona parte delle agenzie sono un modo per auto-proclamarsi depositari del futuro. C’è la non profit “The Future Society” che promuove la digitalizzazione e che a sua volta fa parte dell’orbita di ONG più grandi come il World Government Summit, cioè Vertice del Governo Mondiale, che tiene i suoi forum a Dubai – luogo noto per il riciclo del denaro sporco e l’esilio di evasori fiscali e personaggi pubblici inseguiti dalla legge. Forum che ospita, similmente al Club di Bilderberg, oltre politici e funzionari governativi anche uomini della cultura e dello spettacolo, per alimentare nei soggetti da manipolare l’euforia e l’illusione di essere accolti nel mondo delle persone che contano. E’ doveroso menzionare anche la più nota attualmente organizzazione non profit: The World Economic Forum, fondato per il bene dell’umanità dall’economista Klaus Schwab e svoltosi nella sua ultima edizione sotto l’emblematico slogan del Great Reset, titolo del suo ultimo libro in cui viene descritta l’epopea di una rivoluzione/palingenesi che si deve ancora compiere.

Tutto questo fa preannunciare quale propaganda ancora più infervorata e pressante ci tocca subire con l’agenda dell’emergenza climatica, con la nuova schiera di fanatici lobbisti dietro la bandiera del volto di Greta, che manipoleranno i media, i politici e i funzionari, e faranno redigere leggi e standard normativi contro cui i parlamentari nulla potranno fare se non votare per tenersi la sedia, perché l’influenza esterna sarà presentata come attività disinteressata, finalizzata al progresso umano e sociale. 

Il lobbying deciderà tutto, ma nulla potrà essere deciso contro di esso, in quanto una delle maggiori risorse delle società lobbiste è quella di essere “non profit”, come lo sono le fondazioni: un paradiso fiscale tenuto al riparo dalle tasse grazie a ipocrisie pseudo-legali che dissimulano i conflitti d’interesse.

Le associazioni non profit per la digitalizzazione e l’ambiente green stanno promuovendo le nuove politiche, spacciando il lobbying come progettualità sociale, il perfetto alibi per legittimare all’opinione pubblica gli appetiti degli affaristi e il parassitismo dei privati sul denaro pubblico. In realtà il lobbying non è altro che un espediente ‘geniale’ per comprimere i redditi da lavoro e assicurare l’assistenzialismo per i ricchi. La dicotomia sempre più estrema nella distribuzione dei redditi è indispensabile affinché degli emeriti parassiti possano decidere sulle sorti del mondo, divertendosi a promuovere agende di sostenibilità piene di insostenibili cazzate, oltre che di intenti palesemente criminali.

02 Ottobre 2021

Zory Petzova

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Zory Petzova, studiosa dei paradossi sociali nella loro molteplicità e interferenza con la natura umana.

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